Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: Melanto    04/01/2008    5 recensioni
Aria. Acqua. Terra. Fuoco. Alla disperata ricerca del Principe scomparso, mentre nel cielo rosseggia un'alba che odora di guerra. Una lotta contro il tempo per ritrovare la Chiave Elementale, prima che finisca nelle mani del Nero, e salvare il pianeta.
Siete pronti a partire?
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Hajime Taki/Ted Carter, Mamoru Izawa/Paul Diamond, Teppei Kisugi/Johnny Mason
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Elementia Esalogy'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

ELEMENTIA
- The War -





CAPITOLO 5: Quarantena (parte I)

Via Crociata – Regno degli Ozora, Terre Centrali

Le settimane successive le trascorsero in un reciproco ignorarsi.
Mamoru si rivolgeva a Yuzo solo per stretta necessità, sotto gli sguardi rassegnati di Hajime e Teppei che, per quanto gioissero all’idea di non vederli scannarsi per un nonnulla, non poterono non trovare pesante il clima che si era venuto a creare.
Da parte sua, il volante era ben disposto a mettere una pietra sopra all’accaduto, ma Mamoru era un dannato permaloso e non si era smosso dalla sua posizione.
“Dovresti scusarti con lui” esordì a un tratto Hajime, fortemente intenzionato a risolvere quella questione, mentre cavalcavano in direzione dell’ennesima città.
L’Elemento di Fyar inarcò un sopracciglio, dipingendo una smorfia di puro disgusto sulle labbra. “Io… cosa?! Puoi scordartelo! Perché dovrei? Al massimo dovrebbe essere il signorino a scusarsi con me. Come responsabile, esigo il massimo rispetto e, soprattutto, non tollero che vengano discussi i miei ordini.”
Il Tritone roteò gli occhi. “Ma ti rendi conto di cosa gli hai chiesto di fare? Anche i sassi sanno che gli Elementi di Aria non userebbero mai i loro poteri per uccidere qualsivoglia creatura. Lo stesso motto di Alastra esclude tale eventualità…”
“Me ne frego!” ed il tono era fermo e deciso, a dir poco irritato. “Io ho bisogno di gente su cui poter contare, sempre, e Yuzo non è affidabile.” Sbuffò, tornando a guardare la strada davanti a sé. “Sarebbe capace di lasciarci morire, pur di non uccidere l’avversario. Tsk! Maledetti volanti!”
“Ah! Questo non puoi dirlo!”
“Ah, no? Non rammenti più ciò che è successo nel deserto?”
Hajime sorrise, inarcando un sopracciglio. “Certo che lo ricordo: ti ha salvato la vita.”
L’altro sbuffò di nuovo. “Bah! Al diavolo! Parlare con te è inutile, cerchi sempre di difenderlo.”
“Ma io non lo sto difendendo, è solo un dato di fatto.” Il Tritone tentò di trattenersi dal ridere, nonostante fosse conscio di averlo messo con le spalle al muro, ma Mamoru sapeva sempre come negare l’evidenza, infatti, sbottò: “E allora ascolta anche quest’altro dato di fatto: io non mi scuserò in alcun modo con lui, perché non mi fido. E fino a che non mi dimostrerà il contrario, continuerò a non fidarmi. È la mia ultima parola a riguardo.”

Il volante emise un profondo sospiro, attirandosi l’occhiata interrogativa di Teppei.
“Qualcosa non va?” domandò il tyrano e lui si strinse nelle spalle.
“Hajime spreca il suo tempo, Mamoru mi odia.”
L’Elemento di Terra spostò rapidamente lo sguardo da Yuzo agli altri due che erano molti passi più avanti.
“Ehi! Ma come hai fatto a sentirli da qui?”
“Non c’è bisogno che io senta” spiegò, indicando la schiena del giovane di Fyar “Mamoru si agita così solo quando parla di me e non è mai in accezione positiva.”
Ed infatti, i gesti dell’Elemento erano quantomeno collerici.
Teppei sghignazzò. “Oddea, hai ragione.” Poi sorrise e gli diede una amichevole pacca sulla spalla. “Tranquillo, vedrai che gli passerà.”
“Non gli è passata in tutto questo tempo” sospirò l'altro scuotendo il capo “non credo avverrà in futuro.”
“Nemmeno se gli chiedi scusa?”
“Ma scusa per cosa?” sbottò il volante con rassegnazione. “Per non voler ammazzare la gente? E devo scusarmi per quello?” Scosse il capo. “Io e lui siamo molto diversi, ma non capisco perché non debba accettare il mio modo di essere.”
Il tyrano si grattò la folta massa ricciuta. “Non hai tutti i torti, ma se provassi a spiegarglielo con calma?”
“Lo farei, credimi! Lo farei davvero; ammetto di essere stato quantomeno intransigente nel Poli-Poli e devo essermi posto in maniera irritante ai suoi occhi, ma Mamoru…” Sospirò profondamente. “Non credo mi permetterà mai di farlo. Non resterà ad ascoltarmi.” Poi si volse ad osservare il suo interlocutore. “Mi spiace davvero di aver messo te e Hajime in questa situazione spiacevole.”
Il giovane scosse il capo, continuando a sorridere. “Oh, non preoccuparti per noi, non è un problema, e sono sicuro che Hajime cercherà di far ragionare quel testardo a ogni costo, ma anche tu non devi arrenderti.” E gli poggiò la mano sulla spalla. “Prova a parlargli e se non vorrà sentirti, costringilo. A Tyran mi hanno insegnato che l’esser schietti è un pregio di cui far tesoro: le parole non dette creano solo confusione. E la confusione genera inutili fraintendimenti che non fanno che inasprire situazioni già conflittuali.” Mosse lo sguardo alla schiena di Mamoru che aveva smesso di discutere con Hajime. “Anche lui finirà con l’apprezzarti se sarai sincero nei suoi confronti.”
Yuzo rimase ad osservare i capelli corvini dell’Elemento di Fuoco, che oscillavano a ogni movimento del cavallo.
Esser chiaro.
Forse Teppei aveva ragione, ma ciò non toglieva che Mamoru non l’avrebbe mai ascoltato di buon grado e lui non aveva il temperamento adatto per costringere la Fiamma di Fyar a farlo. Soprattutto se leggeva astio in quei tizzoni carbone che aveva al posto degli occhi.
Era incredibile come gli bastasse solo lo sguardo per metterlo in soggezione, sprigionava una forza schiacciante che, probabilmente, non sarebbe mai riuscito a contrastare, però… almeno un tentativo doveva farlo.
Solo uno.
Se fosse andato a buon fine, tanto di guadagnato, ma se fosse andato male… allora avrebbe aspettato che all’altro passasse il risentimento, per quanto fosse cosciente che sarebbe stata una lunga attesa.
“Ehi, voi due.” Li richiamò proprio Mamoru, mostrando loro la coda dell’occhio. “Datevi una mossa, ormai siamo arrivati.”
“Potresti anche dirlo in maniera meno ostica!” ironizzò Teppei, spronando la sua cavalcatura, mentre a Yuzo gelava il sangue nell’avvertire astio puro da quella scheggia di ossidiana che si era focalizzata su di lui per un attimo. Fu sufficiente a metterlo a disagio e fargli spostare, all’acciottolato di quella spina della Via Crociata, i suoi occhi nocciola.
Mamoru non l’avrebbe mai ascoltato.

Sundhara era la settima città toccata nel lungo percorso che il Principe Tsubasa aveva compiuto nel suo viaggio verso Sud, senza contare i piccoli villaggi che aveva solo attraversato e in cui loro avevano ugualmente indagato per ricostruire, passo dopo passo, quelli che erano stati i suoi spostamenti. La fortuna non li aveva assistiti, visto che non avevano scoperto niente di rilevante che potesse in qualche modo indirizzarli verso il ritrovamento del giovane erede.
Fino a quel momento, la traversata era stata tranquilla e senza incidenti e il Principe aveva rispettato tutti gli impegni che aveva programmato, senza il minimo ritardo.
Mamoru sperò ardentemente che a Sundhara gli raccontassero qualcosa di diverso dal: “Giovane Altezza è arrivato a tale orario. Ha pranzato/cenato con tali pietanze. Ha discusso amabilmente di tali argomenti. Ha visitato tale tempio Elementale. Ha salutato i cittadini. Se n’è andato.”
Voleva un indizio. Uno solo, anche misero, ma almeno un maledetto punto di partenza dal quale cominciare a formulare congetture. Le informazioni date da Vulkan e le ipotesi di Hajime erano state interessanti, ma ancora troppo poche. E poi più il tempo passava, più la guerra si faceva terribilmente vicina e lui terribilmente lontano dal fronte dove avrebbe dovuto essere.
“Agiamo come al solito” affermò senza nemmeno voltarsi. “Cerchiamo una locanda, ceniamo, poi, all’indomani, mentre io ed il volante andiamo dal Doge, voi fate qualche domanda in giro.”
“Va bene” accordò Hajime, osservando l’ingresso alla città ed inarcando un sopracciglio. “Da quando Sundhara ha una cinta muraria?” Era perfettamente visibile sotto l’attenta illuminazione serale.
Anche Mamoru assunse un’espressione più seriosa. “E’ molto strano. Non è un tipo classico di fortificazione…”
Teppei convenne, alzando lo sguardo fino alla sommità delle mura; da esperto carpentiere, quali erano gli Elementi di Terra, notò subito la differenza.
“Sembra quasi che abbiano voluto… ingabbiare la città.”
La cinta sembrava molto spessa, a occhio e croce, e chiusa.
Non c’erano le solite torrette dove la Guardia Cittadina, dall’alto, rimaneva appostata ad osservare l’arrivo di eventuali ospiti o pericoli. Non c’era nemmeno il camminamento sommitale o portoni laterali. Era solo uno spesso e compatto muro color ocra dove svettavano la bandiera degli Ozora ed il vessillo della casata cui il Doge apparteneva.
E a Mamoru la cosa cominciò a non piacere.
Poi, ad alcune centinaia di metri dall’unico portone di ingresso, accanto al quale restava solo un soldato, apparve l’ultimo cartello che si sarebbero mai sognati di vedere.

ATTENZIONE!
Città in Quarantena.

“Quarantena?!” fece eco Teppei, sgranando gli occhi per la sorpresa.
“Ci mancava solo questa” sbuffò invece Mamoru, imprecando poi in fyarish, mentre Hajime appariva quantomeno perplesso.
“Ma che diavolo è successo?”
“Sembrerebbe un’epidemia. Sarà per quello che hanno eretto un muro.”
“Beh, deve essere qualcosa di decisamente violento, Mamoru, per aver fatto prendere loro una simile decisione” suggerì Teppei “e deve durare da parecchio: per tirare su una muraglia come quella ci vogliono mesi!”
Rimasero fermi presso il cartello per qualche minuto, mentre l’Elemento di Fyar prendeva una decisione sul da farsi. Attraversare una città in quarantena era comunque una mossa pericolosa, visto e considerato che vi avrebbero dovuto addirittura pernottare, e il fatto che fossero Elementi, e quindi dalle elevate capacità immunitarie, non li rendeva comunque immortali.
Par contro, aggirare Sundhara era fuori discussione: avevano bisogno di ogni possibile informazione e non potevano permettersi di fare a meno di quelle che il Doge avrebbe potuto fornire loro, a costo di doversi sorbire la solita tiritera.
Dovevano rischiare.
“Andiamo ad accertarci di persona della situazione” decise, dando un leggero colpetto di speroni al cavallo che oltrepassò l'avviso sotto gli sguardi non del tutto convinti di Hajime e Teppei. Yuzo li seguì, ma continuava a guardarsi intorno e scrutare il cielo notturno sopra le loro teste.
Inspirò a pieni polmoni.
“L’aria è pesante in questa zona.”
“Pesante?” fece eco Mamoru con sufficienza. “Ti stai facendo suggestionare, volante. L’aria non ha niente che non vada.”
Nonostante Yuzo pensasse il contrario, preferì accordare in tono rassegnato, onde evitare inutili polemiche. “Sì, forse hai ragione."
Appena furono abbastanza vicini, la Guardia, che malferma si reggeva su di un bastone usato per appoggio, sollevò a fatica una mano, intimando loro di fermarsi. “Alt!” disse e ne seguì un convulso colpo di tosse. Poi sputò uno strano grumo nerastro, pulendosi le labbra secche col dorso della mano inguantata. “Chi siete? Non avete letto il cartello? La città è in quarantena, andate via…” e tossì ancora, con più forza.
“Siamo messaggeri del Re, provenienti da Raskal” rispose severamente Mamoru, estraendo il loro lasciapassare avvolto dal sigillo reale. “Dobbiamo parlare con il Doge.”
L’uomo vi diede una rapida occhiata, scuotendo il capo. “Se vi lasciassi entrare, poi non potreste più uscire…”
“Stammi a sentire.” Mamoru si sporse dalla sella con fare minaccioso. “Non ho tempo da perdere con te, quindi, ora ci aprirai quel portone e, dopo che avremmo svolto i nostri compiti, ce ne andremo allo stesso modo in cui siamo venuti.” Il suo tono non ammetteva repliche.
Il soldato tossì ancora, sputando un ennesimo grumo. “Fate come volete, la vita è la vostra, io vi ho avvertiti.” E smosse una leva con estrema fatica. Le porte si aprirono con un pesante cigolio, permettendo ai loro occhi di cogliere le prime, e per nulla rassicuranti, immagini della città.
Sundhara, la Città del Sole, ma di solare le era rimasto solo il nome.
Lamenti e pianti furono i primi suoni che giunsero alle loro orecchie, gelando il sangue nelle vene. Le strade erano attraversate da uomini e donne che si coprivano il viso con scialli e fazzoletti, mentre morti o morenti restavano accasciati lungo gli acciottolati. I corpi erano pallidi e sudati, scossi da rantoli, e sembravano sforzare in ogni modo l’aria a entrare nei polmoni.
Un uomo cominciò a tossire con violenza inaudita e i colpi lo scossero talmente forte che sembrò quasi che gli occhi sfuggissero dalle orbite, poi, muco nero colò dalle narici, mentre si scorticava la gola nel disperato tentativo di aprire un varco all’aria. Le unghie scavarono la carne e altro liquido nerastro schiumò al lato della bocca.
“Divina Yoshiko, aiutaci…” mormorò Hajime, distogliendo lo sguardo, mentre Yuzo rimaneva pietrificato dalla scena. Le labbra serrate e gli occhi spalancati per il terrore.
“Non guardate e proseguiamo.” La voce di Mamoru era gelido distacco, come se la cosa non lo riguardasse.
“Come puoi essere così indifferente?” Lo rimproverò Teppei con un sibilo. “Quell’uomo sta morendo…”
“E noi non possiamo farci assolutamente nulla. Restandolo a guardare non allevieremo le sue pene. Recitate una preghiera e andiamo avanti.”
Lo sconosciuto si era accasciato al suolo, gli occhi vitrei, sbarrati, immobile. Un carretto passò accanto a lui e due uomini ne scesero, caricandolo sul piccolo rimorchio dove altre sei salme restavano raccolte.
Anche i cavalli proseguirono controvoglia, addentrandosi per le vie cittadine illuminate dalle torce.
I Naturalisti e i loro assistenti giravano, prestando il miglior soccorso possibile, ma per molti non ci fu nulla da fare, e i cadaveri aumentarono su quel carro trascinato da uno stanco bue.
“Fermiamoci qui.” Mamoru indicò una locanda dall’insegna sbiadita, mentre il tanfo marcio di morte era divenuto soffocante, quasi irrespirabile.
Yuzo si coprì la bocca per ricacciare un conato di vomito, avvertendo lo stomaco sottosopra, non solo per il lezzo pestilenziale.
Non aveva mai visto nulla del genere. Mai. Né aveva mai ipotizzato che potesse esistere un simile orrore.
“Ti senti bene?” Il volante si girò, avvertendo la mano di Hajime sulla sua spalla. “Sei pallido.”
Deglutì con uno sforzo sovrumano, annuendo. “Sì…”. Oddea, quell’odore era insopportabile. E l’aria pizzicava la sua gola, facendolo tossicchiare per il fastidio. Doveva essere per quello che gli era sembrata pesante: era satura di morte.
Il Tritone inarcò un sopracciglio. “Yuzo… quante volte hai lasciato Alastra?”
L’Elemento d’Aria aggrottò le sopracciglia con espressione visibilmente sorpresa: era così evidente che non avesse mai messo il naso fuori del suo nido volante?
“Io… ecco…”
“E’ la prima, vero?” Il tono era amichevole, ma lui sospirò gravemente, spostando altrove lo sguardo.
“Si vede molto?”
“Un po’. Mi sei sembrato quello più spaesato in questa missione. Avrei voluto chiedertelo prima, ma poi siamo arrivati nel Poli e abbiamo avuto altre… distrazioni. E ora che ho visto le tue reazioni a questa città, me ne sono ricordato.”
Il volante scosse il capo, smontando lentamente dal cavallo. “Io non immaginavo che… potessero esserci luoghi così…” gli occhi vagarono nell’intorno che sarebbe rimasto impresso come un marchio a fuoco nella sua mente. “…non avevo… mai…”
“Visto morire qualcuno?” concluse Hajime per lui, scendendo anch’egli dalla cavalcatura.
“Sì…”
Lo sguardo del Tritone si addolcì, mentre afferrava la sacca da viaggio, caricandosela sulla spalla. Gli diede un colpetto di conforto al braccio, avviandosi all'ingresso della locanda. “Si tratterrà solo di una notte e domani a quest’ora Sundhara sarà già alle nostre spalle.”
Lui rimase all’esterno con Teppei e i cavalli, aspettando che un garzone li prendesse per portarli alle stalle. Tossicchiò ancora una volta, mentre il pizzicore alla gola non accennava a passare.
- Sì, solo una notte. - cercò di farsi coraggio - Solo una notte… -.
Un giovane malconcio, con pesanti occhiaie violacee e l’aria ammalata, uscì all’esterno della locanda. “Le briglie, miei signori” mormorò tra i denti, nel tentativo di non sforzarsi. Lui e l’Elemento di Terra gliele porsero con un cenno del capo, prima di entrare anche loro nell’edificio dall’aspetto trasandato.
La città era lasciata a sé stessa.
“Una sola notte…” disse ancora in un bisbiglio e gli sembrò lunga un’eternità.

“Hanno solo due doppie” esordì Mamoru appena Yuzo e Teppei lo raggiunsero. “Gli ospedali sono pieni e molti malati stazionano nelle locande, tanto i visitatori sono fin troppo rari. Ci accontenteremo.” Concluse, cominciando ad avviarsi ai piani superiori. “Tu con me, volante: così sarò sicuro che non combinerai danni” ordinò con il suo tono di comando e l’interpellato si limitò ad annuire. Poteva essere l’occasione giusta per tentare di parlargli.
Intanto, altri lamenti provenivano dalle stanze occupate dai malati.
“Ma si può sapere che diamine sta succedendo?” bisbigliò Teppei. Hajime scosse il capo.
“L’ostessa non ha voluto dire nulla, intimandoci solo di lasciare questo Inferno il prima possibile.”
“E noi così faremo, appena avremo parlato col Doge.” Mamoru aprì la porta della sua camera. “Voi avete fame? Non sapendo da dove arrivi il batterio, suggerirei di cenare con ciò che abbiamo preso dall’ultimo villaggio.”
“Sono d’accordo” appoggiò il Tritone, trovando l’assenso anche di Aria e Terra.
“Allora andiamo a dormire, l’ora è comunque tarda. Eviteremo anche di stare nella sala comune e ridurre, così, il rischio di contagio, se si tratta di un’epidemia, almeno fino a che non ne sapremo di più.”
Gli altri annuirono nuovamente, dividendosi come si erano organizzati.
La camera doveva esser stata bella e accogliente, una volta, prima che la malattia cominciasse a infestare Sundhara. Magari l’ostessa l’abbelliva con fiori freschi ogni giorno per far sentire a proprio agio i clienti, ma ora… l’ambiente era piuttosto trasandato e le finestre sbarrate avevano ristagnato l’aria, rendendola viziata.
Mamoru arricciò il naso, aprendo una delle imposte per far uscire quell’odore di chiuso, ma il tanfo esterno di medicinali e disinfettanti lo costrinse a richiudere con un gesto seccato.
“Maledizione” ringhiò, augurandosi che il Doge avesse tempo per riceverli il giorno seguente, in modo da lasciare di corsa quella città.
In più, c’era quel maledetto volante che continuava a tossicchiare e lo irritava.
“Non ti starai ammalando anche tu, vero?!” sbottò, fulminandolo con un’occhiata traversa mentre si cambiava. “Ci mancherebbe solo questa, con tutti i fastidi che hai già creato a causa del tuo ritardo!”
Yuzo si affrettò a negare, arrossendo per l’imbarazzo. “No, no! Sto bene! È solo un lieve pizzicore, forse a causa dell’aria viziata che si respira in questa città…”
“Lo spero per te.” Inarcò minacciosamente un sopracciglio. “O ti lascio a marcire in questo luogo dimenticato dalle Dee.” A Mamoru non sfuggì il modo repentino in cui il volante impallidì, mentre un guizzo terrorizzato ne attraversava le iridi scure. Abbozzò un sorrisetto ironico. “Era solo una battuta. Voi di Alastra non avete un gran senso dell’umorismo.”
Che fifone.
Altro che ‘morale’ ed ‘etica’: i volanti non uccidevano nessuno perché erano semplicemente dei vigliacch. La Fiamma ridacchiò, scuotendo il capo.
Alle sue spalle, Yuzo non sembrò particolarmente sereno nemmeno nell’apprendere che l’affermazione di Mamoru fosse solo uno scherzo. La sola idea gli aveva gelato il sangue nelle vene e contorto le viscere, provocandogli dolorose fitte. Si era limitato a ignorarle con uno sforzo, cambiandosi d’abito e infilandosi sotto le coperte di cotone pesante, ma fresche.
A Sundhara faceva piuttosto caldo e forse era anche per questo che l’aria era così pestilenziale.
Tossicchiò ancora un paio di volte, bevendo l’acqua della borraccia in piccoli sorsi per cercare di sedare il prurito alla gola, ma con scarsi risultati.
Intanto, Mamoru aveva cavato dalla sacca della carne secca e fibrosa con del pane; giusto qualcosa per riprendere le energie. Avrebbero dovuto arrangiarsi fino alla prossima città e quello era il massimo che potevano permettersi.
“Non mangi nulla?” domandò in direzione di Yuzo che scosse il capo: gli veniva la nausea solo all’idea di portare roba solida alla bocca.
“No… non avevo mai visto nulla di simile… e mi si è chiuso lo stomaco.” Si giustificò, aspettandosi una battuta sarcastica a riguardo che non tardò ad arrivare.
“Oh, che animo delicato.”
Yuzo deglutì con uno sforzo: e avrebbe dovuto intavolare un discorso con lui che lo avrebbe preso in giro una parola sì e l’altra pure, se non lo avesse mandato a quel paese prima?
Facendosi coraggio, tentò di superare i timori. “Mamoru… senti…” ma fu la sua stessa gola a tradirlo. Il pizzicore aumentò all’improvviso, facendolo tossire più forte e troncandogli le parole.
“Non parlare e dormi.” Lo liquidò l’altro senza mezzi termini. “Se ti sforzi a blaterare non fai che peggiorare la situazione.”
Al volante non restò che annuire, bevendo un altro goccio d’acqua. Il chiarimento rimandato alla prossima occasione.
Yuzo si rintanò sotto le coperte, rigirandosi su un fianco e cercando di chiudere occhio. Mamoru lo osservò dargli le spalle, con sguardo indagatore. Ogni tanto lo sentiva tossicchiare leggermente e poi acquietarsi e la cosa non gli piacque per nulla. Forse aveva sottovalutato la pericolosità di quella città in quarantena. Non sapeva nemmeno che diavolo di malattia l’appestasse, ma i sintomi li aveva capiti in quei pochissimi metri che avevano fatto nell’arrivare alla locanda e Yuzo li stava mostrando.

Durante la notte, le cose non migliorarono.
Nonostante bevesse in continuazione, la gola persisteva a non dargli pace e ogni colpo di tosse diveniva più forte, mentre uno strano bruciore cominciava a diramarsi nel petto.
Si girò e rigirò nelle lenzuola, sforzandosi di non tossire per non svegliare anche Mamoru e, alla fine, fu costretto ad alzarsi.
Non riusciva più a restare oltremodo sdraiato.
Velocemente scivolò oltre la porta, venendo colto da un attacco improvviso che gli mandò a fuoco il petto per il bruciore intenso. Ma poté tossire liberamente; i suoi versi coperti da quelli degli altri ospiti obbligati della locanda.
Piano, si mosse in direzione delle scale, accasciandosi sul primo gradino e appoggiando la schiena alla parete.
L’aria diveniva difficile da respirare ogni momento che passava o forse era lui che non riusciva a farla entrare nei polmoni nonostante gli sforzi?
Cercò di effettuare dei respiri profondi, che gli provocarono violenti colpi di tosse, così optò per altri più brevi e veloci, ma anche in questo modo gli sembrò sempre che l’aria mancasse.
Forse si stava davvero facendo suggestionare troppo, come gli aveva detto Mamoru, ma una semplice suggestione poteva provocargli simili dolori al torace?
Sentì gli alti degenti tossire in maniera convulsa e l’immagine dell’uomo, morto soffocato lungo la strada, comparve per un attimo davanti ai suoi occhi, facendolo rabbrividire per il terrore improvviso che si insinuò dentro di lui. Le frasi di Mamoru a peggiorare la situazione.

“Non ti starai ammalando anche tu, vero?... ti lascio a marcire in questo luogo dimenticato dalle Dee…”

“No!” Si disse energico. “Non sono malato! Sto bene! È solo un po’ di-” Un attacco lo fece tossire. Si portò subito il fazzoletto alla bocca, mentre ebbe l’impressione che il petto esplodesse per lo sforzo. Quando la crisi passò, i suoi occhi si abbassarono sul pezzo di stoffa che stringeva nella mano e un pallore tombale stinse il suo viso. Le labbra serrate, mentre scuoteva lentamente il capo.
“Non è possibile…” mormorò con un filo di voce “…mia Dea…”

Mamoru smise di contare i secondi scanditi dal rumoroso ‘tac’ dell’orologio appeso alla parete della stanza dopo circa tre ore.
E il volante non era ancora rientrato in camera.
Spalancò gli occhi nel buio, rigirandosi verso il suo letto e trovandolo vuoto.
Lo aveva sentito per tutto il tempo che cercava di fare il minor rumore possibile, trattenendo i colpi di tosse, ma aveva finto di dormire. Similmente si era comportato quando l’aveva sentito uscire dalla camera e nel restante silenzio aveva misurato il tempo della sua assenza.
Dopo tre ore aveva smesso e dovevano esserne trascorse almeno altre due.
Con un gesto secco scansò le coperte, alzandosi e dirigendosi alla porta: si era assentato da troppo ormai. Lentamente ne aprì uno spiraglio: non voleva certo che quello stupido si accorgesse che era andato a cercarlo perché era preoccupato! Non lo era affatto!
Doveva solo andare a vedere dove si fosse cacciato: era comunque suo compito, come responsabile della missione. L’incolumità dei compagni rientrava tra i suoi doveri, ma tutti sembravano quasi dimenticarsi di quel piccolo particolare e poi gli toccava fare da balia.
Ma perché non gli avevano affidato una missione in solitario?
Avrebbe potuto agire molto più liberamente.
“Pivelli” ringhiò, dando un’occhiata all’esterno.
Il pianerottolo sembrava deserto, mentre le candele alle pareti ricreavano una penombra che a stento riusciva ad arrivare negli angoli più remoti dell’ambiente. La sofferenza dei malati presenti nella locanda arrivò più forte alle sue orecchie. L’aveva sentita anche da dentro la camera, ma sapeva essere sordo a quei lamenti senza particolare difficoltà. Lui non era uno che si lasciava intenerire facilmente, differentemente da un certo volante fin troppo impressionabile. E dire che l’Airone di Cristallo gli era sempre sembrato una persona totalmente distaccata e inamovibile, come se nulla avesse mai potuto fare effetto su di lui, stupirlo o spaventarlo. Le emozioni sempre perfettamente controllate dietro l’espressione calma e signorile. E anche tutti gli altri Elementi d’Aria che aveva conosciuto mantenevano un simile temperamento.
Invece, Yuzo aveva una trasparenza disarmante, certe volte, cert’altre si trincerava dietro il distaccato autocontrollo di cui i volanti si facevano fautori. Ma da quando erano entrati a Sundhara, lo aveva visto per tutto il tempo sul ‘chi vive’, spaventato a morte, e forse la battuta che gli aveva detto prima avrebbe potuto evitarsela.
Sorrise con una punta di ironica perfidia, ricordando la sua espressione, mentre avanzava sul pianerottolo e si avvicinava alle scale. Si fermò quando lo trovò seduto sul primo scalino. La testa appoggiata sulle ginocchia che cingeva con un braccio; raggomitolato su sé stesso. Ogni tanto, qualche breve colpo di tosse lo faceva sussultare, ma non cambiò posizione e non sembrò essersi accorto della presenza dell’Elemento di Fyar.
Quest’ultimo si sedette lentamente di fronte a lui, con la schiena appoggiata alla ringhiera, e vide che aveva gli occhi chiusi e il respiro affaticato.
- Che stupido - sbuffò senza però essere realmente arrabbiato; come se non l’avesse capito che aveva lasciato la stanza per non dargli fastidio. Inutilmente, tanto era rimasto comunque sveglio.
Scosse il capo lentamente. “Sei proprio un disastro” bisbigliò prima di muoversi per sollevarlo e portarlo nuovamente in camera, quando l’altra mano, che teneva abbandonata al suolo, attirò la sua attenzione: stringeva convulsamente un fazzoletto. La prese piano, per non svegliarlo, e girò il palmo verso l’alto.
L’espressione mutò repentinamente da seccata a preoccupata e, questa volta, per davvero.
Un grumo nerastro lordava la stoffa candida.
“Maledizione…”

Il frutto lasciato a terra.
Il fiore sfiorito, disseminante petali.
La carcassa abbandonata.
Tutto marciva.
I vermi decomponevano la sostanza, tramutandola in poltiglia maleodorante.
E anche lui stava marcendo.
Dall’interno.
Si svegliò di soprassalto, spalancando gli occhi e tirandosi a sedere con foga. Il respiro ancora più difficoltoso della sera prima e la tachicardia si sommarono ai colpi di tosse che seguirono il risveglio.
“Hai avuto un sonno piuttosto agitato.”
La voce di Mamoru si attirò subito la sua attenzione, facendogli volgere lo sguardo a individuare la figura seduta sull’altro letto. I gomiti poggiati sulle ginocchia e le mani intrecciate davanti alle labbra.
In quel momento, si accorse di essere nuovamente in camera, ma lui non ricordava di esserci tornato.
“Ti ho portato io qui” affermò Mamoru come a leggergli nel pensiero. “Visto che non rientravi, ero venuto a vedere se ti fossi perso. Ti ho trovato addormentato sulle scale.”
“Oh… io…” Tossicchiò nuovamente, arrossendo. “…scusa…”
“Come ti senti?” Era neutralmente serio, nessuno ironia o sarcasmo, ma si stava sinceramente informando sulle sue condizioni.
Il volante abbozzò un sorriso. “B-bene…”
“Ti ho chiesto: ‘Come ti senti?’” ripeté imperturbabile, segno che non gli credeva e Yuzo non poteva dargli torto. “Ho visto il fazzoletto.” Mamoru confermò i suoi timori, lasciando che il silenzio aleggiasse per qualche secondo. “Te la senti di accompagnarmi dal Doge? Altrimenti chiederò ad Hajime-”
“No, no!” si affrettò a rifiutare, non voleva dimostrare di essere un debole. “Posso farlo! Verrò io, è il mio compito.”
“Dopo passeremo da un Naturalista, intanto Teppei ed Hajime si informeranno su questa epidemia.” Mamoru lo vide annuire, poi gli indicò il comodino che separava i due letti. “Ti ho fatto preparare del latte con miele: bevilo, finché è caldo. Non servirà a molto, ma allevierà un minimo il pizzicore alla gola.”
Yuzo osservò la tazza per poi guardarlo con reale sorpresa. “Grazie…”
La Fiamma di Fyar inarcò un sopracciglio, mettendosi sulla difensiva. “Beh?! Cos’è quella faccia?!”
“No, è che… è così raro che tu sia gentile con me…” ma il tentativo di giustificarsi fece irritare l'altro ancora di più.
“E con questo?! Significa che non posso esserlo una volta tanto?!” Sbuffò, alzandosi in piedi. “Vai a far del bene ad un volante!” Con passo spedito si diresse alla porta. “Vedi di darti una mossa, ti aspetto giù e siamo già in ritardo!”
Yuzo non riuscì a trattenere una risatina, anche se gli provocò un ennesimo eccesso di tosse.
“E ride pure!” borbottò l’altro, lasciando la stanza con un moto di stizza, ma quando richiuse la porta alle sue spalle non trattenne un sospiro pesante, riacquistando subito il piglio severo.
Appena arrivò nella sala da pranzo, accanto al banco dell’ostessa, Hajime e Teppei lo raggiunsero.
“Come sta?” domandò il primo con preoccupazione e lui si strinse nelle spalle.
“Il peggioramento è lento, ma continuo, e mi domando perché diavolo abbia attecchito solo su di lui tra noi quattro, e in maniera così fulminea, poi!”
“Interrogheremo i Naturalisti, cercheremo di scoprire il più possibile di questa epidemia. Soprattutto la causa.”
Mamoru annuì alle parole del Tritone. “Appena Yuzo scenderà, andremo dal Doge. Chi farà prima ritornerà alla locanda e aspetterà gli altri, in modo da mettere insieme i pezzi.”
Acqua e Terra accordarono, lasciando subito la taverna, decisi a cominciare le ricerche quanto prima.
Poco dopo, l’Elemento di Fyar venne raggiunto dal volante che non aveva affatto una bella cera. Il sonno poco ristoratore e la tosse continua gli conferivano un’aria stanca, nonostante si ostinasse a minimizzare la sua condizione. Ecco, in questi casi si comportava come un irritante Elemento d’Aria.
“Pronto?” gli domandò, inarcando un sopracciglio e l’altro annuì, nascondendo un breve colpo di tosse nella mano. Insieme lasciarono la taverna e l’afa di Sundhara rendeva ancora più difficile la respirazione, per non parlare del pessimo odore che era costantemente presente nell’aria.
I due si avviarono a piedi al palazzo del Doge che era perfettamente visibile dalla loro posizione, quindi, non dovettero fare altro che seguire il torrione svettante nel centro della città. Durante la camminata, incontrarono un paio di quei carretti che avevano visto la sera prima e avevano contato circa otto salme complessive. Era una vera ecatombe e a Mamoru sembrò impossibile che non avessero ancora trovato una soluzione.
Lanciò una rapida occhiata al volante accanto a lui: continuava a camminare con lo sguardo fisso alla strada, alzandolo solo di tanto in tanto per vedere dove stesse andando. Doveva essere terrorizzato all’idea di poter fare anche lui quella fine e Mamoru continuava a non capire come avesse fatto ad ammalarsi.
Gli Elementi, per merito dei lunghi addestramenti in luoghi decisamente ostili, sviluppavano un potente sistema immunitario: virus e batteri non erano avversari che potessero impensierirli, invece con Yuzo era successo l’esatto contrario.
Ad ogni modo, lui non avrebbe mai permesso che potesse accadere qualcosa ai suoi compagni, che fossero stati di Acqua, Aria o Terra. Questo era uno degli insegnamenti fondamentali di Fyar: la lealtà.
“Eccoci arrivati” decretò a un tratto, fermandosi davanti all’ingresso della piccola rocca.
Due soldati della Guardia Cittadina restavano fermi, armati di lunghe lance, ma dai visi scavati che avevano, Mamoru capì che anche loro erano stati contagiati.
Uno dei due si mosse, sbarrando l’entrata con la picca appena loro tentarono di varcare il portone. “Nessuno può entrare. Ordini del Doge.”
“Non ho fatto settimane di viaggio per essere cacciato” rispose a tono l’Elemento di Fuoco, estraendo il rotolo con il permesso reale. L’altra guardia lo prese, accertandosi che il sigillo fosse autentico e aggrottò le sopracciglia.
“Questo… cambia le cose.” Alzò nuovamente lo sguardo su di loro. “Attendete qui, avviso il Doge del vostro arrivo.”
Nonostante tutto, Mamoru non poté biasimarli per i modi poco cortesi, anche se il codardo comportamento del funzionario, di trincerarsi nella sua magione, non gli faceva affatto onore.
Poco dopo, il soldato ritornò. “Prego, passate pure.”
I due Elementi fecero un breve cenno di assenso, varcando le pesanti porte del piccolo castello. Un maggiordomo li guidò fino allo studio del Doge, per poi fare un rapido inchino e andare via.
Qualcuno tossì all’interno della stanza e, ancor prima di vederlo, Mamoru capì che, nonostante tutte le sue accortezze, anche l’alto funzionario aveva contratto la malattia.
Infine, diede un’ultima occhiata al volante che, da quando erano arrivati davanti al castello, non aveva più tossito, nemmeno per un attimo, quando era stato un continuo per tutto il tragitto.
Il giovane di Fyar bussò con un paio di colpi secchi, ricevendo uno sforzato incitamento a entrare.
Individuarono il Doge seduto dietro la pesante scrivania e l’espressione provata sul viso.
“Spero portiate una cura da Raskal” disse ostentando un sorriso e, prima che Mamoru dicesse alcunché, fu Yuzo a parlare.
“Purtroppo, Doge Aoi, nemmeno sapevamo della disgrazia gravante su Sundhara. Alla capitale non è giunta alcuna notizia a riguardo.” Aveva parlato con voce ferma e limpida, sorprendendo lo stesso Izawa.
Il sorriso dell’uomo scomparve, facendogli emettere un pesante sospiro. “Allora il nostro destino è segnato…” e tossì brevemente, coprendosi la bocca con un fazzoletto. “Nemmeno l’isolarsi in questo castello è stato sufficiente. Il morbo è dappertutto, ma resta confinato solo sulla nostra città. I villaggi vicini non hanno subito nulla del genere.” Scosse il capo. “Se non siete venuti fin qui per salvarci, allora cosa vi spinge in questo Inferno?”
“Doge Aoi, stiamo cercando informazioni riguardo il Principe Tsubasa. Potreste dirci cosa è successo, quando è venuto qui?” domandò ancora il volante e l’uomo sospirò.
“Anche il Principe ci ha abbandonato” esordì. “Mesi fa, giunse alle porte della città che l’epidemia era agli inizi, ma già molto diffusa. Suggerimmo al suo corteo di non entrare e io stesso lo raggiunsi, per metterlo al corrente della nostra situazione. Lui ascoltò attentamente sia me che il mio giovane figlio e promise che avrebbe fatto in modo di far arrivare la notizia della nostra sofferenza al suo regale padre… ma, a quanto dite, ciò non è avvenuto…” tossì convulsamente, mentre Yuzo e Mamoru si scambiavano una rapida occhiata.
“Purtroppo sono mesi che non si hanno notizie del Principe. Sembrerebbe misteriosamente scomparso.” A quelle parole, lo sguardo del Doge si spalancò stupefatto.
“Dite davvero?!”
Yuzo annuì. “Per questo motivo stiamo viaggiando nella speranza di ritrovarlo quanto prima.” Sorrise con il suo modo affabile. “Sono convinto che non abbia voluto abbandonarvi, Doge Aoi. Il Principe non l’avrebbe mai fatto.”
L’uomo affondò sconsolato il viso nelle mani. “Purtroppo questo è tutto ciò che so. Dopo che gli ho parlato è andato via e non l’abbiamo più rivisto.” Sorrise. “Mio figlio era convinto che gli fosse accaduto qualcosa… avrei dovuto dargli retta.”
“Si spieghi meglio.” Intervenne Mamoru con interesse.
“Oh, non c’è molto da dire… ho un figlio che ha più o meno la vostra età, sapete? E lui parlò con fervore al Principe. Quest’ultimo gli regalò quattro scudi(1) elementali promettendo, in nome delle Dee, che non avrebbe lasciato Sundhara a sé stessa. Poi ripartì e il resto lo sapete. Però, nonostante tutto, Shingo ha sempre difeso il giovane erede. Ultimamente era convinto che qualcosa di importante doveva essergli accaduto, visti i mancati soccorsi.”
“Shingo è vostro figlio?” si informò Yuzo.
L’uomo annuì.
“Vorremo poter scambiare qualche parola anche con lui, se non avete nulla in contrario. Dove possiamo trovarlo?”
Il Doge sospirò, prima di tossire di nuovo. “Sicuramente sarà con uno dei Naturalisti di Sundhara di nome Calimero. Cerca di aiutarlo come può.”
I due Elementi fecero un inchino. “Vi ringraziamo della vostra disponibilità. Faremo il possibile perché a Raskal sappiano e mandino l’aiuto di cui avete bisogno, purtroppo, dovete mettere in conto anche i ritardi dovuti alla guerra imminente…”
L’uomo annuì gravemente alle parole del giovane d’Aria. “Sì, ne sono al corrente: è una vera disgrazia. Troverà mai pace questo pianeta?”
“Ci auguriamo di sì.” Un nuovo inchino e si congedarono dal funzionario, lasciando il suo ufficio.
Mamoru incrociò le braccia, inarcando un sopracciglio. “Credi che possa esserci utile questo Shingo?” ma come si volse in direzione del volante, lo vide impallidire e portarsi una mano alla bocca. La tosse lo scosse con tutta la sua violenza, facendolo accasciare al suolo.
Immediati furono i soccorsi dell’Elemento di Fuoco, che si inginocchiò accanto a lui. “Yuzo, che succede?!” Ma l’altro non riusciva nemmeno a parlare, mentre il respiro diveniva sempre più pesante. Era di sicuro la crisi più forte e Mamoru si convinse che la situazione sarebbe solo andata a peggiorare con il tempo.
Lentamente la tosse perse intensità e il volante fece un paio di ampi respiri prima di annuire per fargli capire che, per il momento, stesse passando.
“Maledizione! Ma così?! All’improvviso?!” sbottò il compagno, aiutandolo a rialzarsi. “Fino a un attimo prima stavi bene!”
“E’… una tecnica di Alastra…” cercò di dire, attirandosi lo sguardo di Mamoru. “...le discipline mentali sono la nostra specialità… ho cercato di focalizzare la mia attenzione su altro, circoscrivendo e ignorando il dolore e l’istinto a tossire…” Il petto bruciava come un tizzone. “…solo che non avevo abbastanza forza per ritornare gradualmente alla condizione iniziale…” Si sforzò di sorridere, mentre la Fiamma lo insultava tra i denti.
“Imbecille! Ma come ti è venuto in mente?! Fallo di nuovo e ti uccido!”
Yuzo ridacchiò. “Non c’è bisogno che ti sporchi le mani. Ancora un po’ e ti libererai di me… non è il tuo più grande desiderio?”
Il giovane di Fyar lo afferrò per un braccio con forza, costringendolo a guardarlo negli occhi. “Non azzardarti a ripeterlo.” Le iridi che ribollivano come pece. “E non azzardarti a morire.”


[1]SCUDI: sono antiche monete usate in Italia. Ho voluto fare un parallelismo con la storia nel manga di Shingo e Tsubasa (dove quest’ultimo gli dà le monetine all’aeroporto.). Altro parallelismo è la presenza di Calimero, ovvero l’omino che ripara gli scarpini per la squadra in cui milita Aoi, e per il quale Shingo ha fatto da assistente prima di essere ammesso in squadra.


…Il Giardino Elementale…

Un’avventura piuttosto cupa quella a Sundhara e dall'esito incerto.
Quale sarà stata la causa di questa mortale epidemia?
E perché l’Elemento d’Aria sembra essere l’unico dei quattro a subirne gli effetti atroci?
Inoltre, sembrerebbe che l’Elemento di Fuoco sia realmente preoccupato per le sorti del suo odiato compagno di viaggio: che si stia finalmente decidendo a mettere da parte l’astio che prova nei suoi confronti?


Enciclopedia Elementale (aggiunto il volume 4):

1) Enciclopedia Elementale – Volume Primo: Le Scuole Elementali e l’AlfaOmega

  • Capitolo 1: La Scuola di Tyran
  • Capitolo 2: La Scuola di Alastra
  • Capitolo 3: La Scuola di Fyar
  • Capitolo 4: La Scuola di Agadir
  • Capitolo 5: Gli Stregoni dell’AlfaOmega

  • 2) Enciclopedia Elementale – Volume Secondo: Elementia: storia e caratteristiche

  • Capitolo 1: La Storia
  • Capitolo 2: La Magia in Elementia
  • Capitolo 3: Le Divinità di Elementia

  • 3) Enciclopedia Elementale - Volume Terzo: Cicli di Studio e Titoli

  • Capitolo 1: Cicli di Studio
  • Capitolo 2: Titoli

  • 4) Enciclopedia Elementale - Volume Quarto: Gli Ozora ed i Gamo

  • Capitolo 1: La faida tra gli Ozora ed i Gamo
  • Capitolo 2: L'Armata Reale della famiglia Ozora
  • Capitolo 3: Le Legioni della famiglia Gamo

  • Galleria di Fanart (nessuna aggiunta)

    - Elementia: Fanart

    Nota Finale: ammetto che questo capitolo mi è venuto più cruento (e più lungo!!XD) di quanto non avessi preventivato. O__O''' dovrei forse aggiungere l'avviso: "Non per stomaci delicati"? *mmh*. Sì, forse è il caso.
    Chiedo venia per non averlo fatto prima. ^_^
    Ad ogni modo, la seconda parte è quasi conclusa. Poi la dovrò solamente ricopiare e mandare alla Bettina!*_*

     

       
     
    Leggi le 5 recensioni
    Segui la storia  |        |  Torna su
    Cosa pensi della storia?
    Per recensire esegui il login oppure registrati.
    Capitoli:
     <<    >>
    Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Melanto