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Autore: Avion946    19/06/2013    0 recensioni
Il mito della cavalleria, dalle origini ai cavalieri dell'aria ossia quegli uomini che solcando i cieli, hanno fatto loro, i codici di quegli intrepidi valorosi
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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 I cavalieri del cielo

Premessa : Da quando l'uomo, con i primi rozzi velivoli,  è riuscito a staccarsi da terra, è venuto naturale valutare quei coraggiosi che si sono cimentati con il volo, come spiriti liberi, quasi soggetti a leggi diverse, degli eletti che si affrancavano, seppure per brevi periodi, dalle cose 'basse' della vita di tutti i giorni, quasi che la loro natura li ponesse su un piano diverso dalla gente cosiddetta 'normale'. E' venuto spontaneo quindi paragonare questi moderni paladini a quelli medioevali che si rifacevano a principi eletti quali l'onore, la fratellanza, la nobiltà d'animo. Sono quindi stati definiti i cavalieri dell'aria.

                                                                              PRIMA PARTE - GLI INIZI

Nella scarsa luce della tarda serata, l'uomo anziano continuava a passare continuamente da uno stato di incoscienza a quello di una veglia dolorosa, tormentato dagli scossoni del fondo del carro su cui era stato adagiato. La strada pietrosa e sconnessa sembrava non finire mai. Il ronzino addetto al traino appariva esausto e sembrava dover crollare da un momento all'altro. Due uomini, coperti da un rozzo saio, sedevano a cassetta, in silenzio, mentre un altro, al suo fianco, cercava di portargli soccorso, pulendo e fasciando le sue molteplici ferite e  cercando di fargli inghiottire di quando in quando un sorso d'acqua. Il ferito, provato da una vita dura e impietosa, appariva più vecchio di quanto non fosse in realtà. Dopo un tragitto che sembrò durare all'infinito, il carro si fermò per consentire al cavallo, oramai stremato, di recuperare, per quanto possibile, un minimo di forze. Il ferito aveva ormai cessato di provare dolore da un pezzo, almeno quello relativo ai danni fisici. Era il dolore dell'animo che lo tormentava profondamente, il ricordo di ciò che era accaduto in quella maledetta giornata. Si chiamava Robert Seguin, cavaliere francese, al seguito del conte Roberto d'Artois, che Filippo IV il Bello, re di Francia, aveva inviato nelle Fiandre, per punire i fiamminghi per la loro ribellione ed in particolare ciò ch era accaduto il 18 maggio 1302, quando, presso Briges, i contadini locali, esasperati dai soprusi del governatore francese Giacomo di Chastillon, avevano trucidato tutta la guarnigione francese di stanza. I francesi, venuti a conoscenza del fatto, raccolto in breve tempo, un esercito composto da 3000 cavalieri e circa 5000 fanti,  desiderosi di vendetta, avevano marciato a tappe forzate per incontrare e punire severamente i colpevoli, i quali, intanto si erano organizzati sotto il comando di Guy de Namour e Guillome de Julieres, due valenti comandanti e abili strateghi. Rober Seguin, era di ritorno dalla Terra Santa. Era partito tanti anni prima con i suoi compagni cavalieri dell'ordine degli Ospitalieri, durante l'ottava crociata nel 1270, al seguito del re Luigi IX, con l'intento di convertire la gente di Tunisi. Purtroppo le cose non erano andate come previsto. Costretti ad un lungo assedio, i crociati furono pesantemente decimati dalla peste e dalla dissenteria di cui morì anche il re. A quel punto, il fratello del sovrano, Carlo d'Angiò, anche lui al seguito della crociata, ottenne delle condizioni decorose dalla città di Tunisi, potendo così tornare in Francia, a testa alta ma senza avere in realtà combinato nulla di importante. Robert Seguin, decise a quel punto di rimanere in Terra Santa dove i suoi confratelli avevano diversi castelli e possedimenti. In particolare gli venne affidato il castello di Margat, sulla costa della Siria. Dopo un lungo periodo di relativa tranquillità, i cavalieri Templari, che nel contempo erano divenuti rivali sempre più temibili ed esigenti, reclamarono il possesso del castello e alla fine, lo assalirono e lo conquistarono, facendo prigionieri tutti gli occupanti. Dopo circa un anno gli Ospitalieri riconquistarono il castello ma Robert, provato da una dura prigionia, e fortemente amareggiato dagli scontri sanguinosi fra cavalieri cristiani, preferì tornare in patria e per un pò non volle più saperne di cavalieri, battaglie, e Terra Santa. Ma poi.... La mancanza dell'azione a cui era abituato, le richieste da parte dei suoi amici e colleghi, lo convinsero a tornare in sella e al combattimento. Il conte d' Artois, fidando sulla sua esperienza e sulle sue indubbie capacità, gli aveva affidato un manipolo formato dai migliori cavalieri appartenenti allo schieramento.  Con grande sorpresa aveva ritrovato fra loro un suo vecchio compagno d'armi, Jean de Joinville, con il quale era partito per la crociata. L'esercito francese prese contatto con il nemico che si era abilmente e sapientemente attestato nella piana di Groniga, nei pressi di Courtrai. Il conte d'Artois, non conoscendo i luoghi, prese tempo per studiare la situazione ed il campo di battaglia. Scoprì così che diversamente dal solito il nemico si era trincerato, sfruttando sapientemente una serie di corsi d'acqua. Stabilì comunque che la disposizione degli uomini sul campo di battaglia avrebbe piuttosto impedito ai contadini di scappare allorchè la cavalleria francese li avesse messi in rotta, lasciandoli alla mercè della fanteria che li avrebbe completamente massacrati. Purtroppo si sarebbe accorto troppo tardi di aver sbagliato la strategia, messa a punto con l'esperienza riferita ad eventi che nulla avevano a che fare con la situazione che ora aveva davanti. All'alba dell'11 luglio 1302, dopo tre giorni di attesa, l'esercito francese si schierò di fronte alle postazioni fiamminghe. Appena dietro al conte, Robert Seguin era pronto ad andare con il suo manipolo di duecento prodi. Il terreno degradante verso i difensori era completamente sgombro, salvo una macchia di alberi circondata da bassi e fitti cespugli a ridosso della prima trincea, sulla destra.  A circa 50 metri dalla trincea correva un corso d'acqua profondo poco più di in metro. Stabilito che era ora di dare inizio alla battaglia, il conte segnalò alla fanteria di avanzare sollevando il suo scudo con gigli dorati in campo azzurro. La fanteria compatta si mosse per valutare se poteva risolvere da sola quella situazione, senza costringere i cavalieri a scendere in battaglia. Alcuni di questi, ansiosi di misurarsi con il nemico, a malapena mordevano il freno, quasi desiderosi di fare strage di quella gentaglia. La fanteria raggiunse il canale e dovette rallentare per superarlo. Quindi, riguadagnato il terreno asciutto, si dispose a riorganizzare le file per l'attacco finale. Dalle loro postazioni i difensori, fino a quel momento, erano rimasti a guardare ma, all'improvviso, dalle trincee comparve come dal nulla un gran numero di  arcieri che iniziarono a bersagliare senza sosta i francesi, ancora non schierati e quindi vulnerabili, provocando numerose vittime e costringendoli ad indietreggiare verso il canale. Il conte ritenne a quel punto che fosse inutile perdere altri uomini senza costrutto e fece segnalare alla fanteria di rientrare. Ci avrebbe pensato la cavalleria a falciare quei villici insolenti. La fanteria sarebbe servita alla fine, per il colpo di grazia. Nessuna pietà per quei ribelli! Quello che i francesi, malgrado le loro spie, non avevano potuto appurare, era che le truppe che avevano davanti, circa 11.000 uomini, per altro molto ben dissimulati, erano si, formate, da contadini, ma ben addestrati ed equipaggiati con armi micidiali per quell'epoca. Essi infatti disponevano di un gran numero di balestre, in grado di lanciare i micidiali strali, chiamati quadrelle, di picche e di bastoni appuntiti e resi letali dal fatto che la punta era in ferro, chiamati 'goedendag'. Quasi tutti quegli uomini erano stati ben istruiti, formando delle milizie cittadine che combattevano sotto un proprio gonfalone per difendere il loro stesso territorio, le loro case, la loro libertà. Combattevano quindi con competenza ed una fortissima motivazione. Ad un ordine del conte d'Artois, la cavalleria iniziò ad avanzare. Davanti a tutti, con il compito di sbaragliare le file nemiche, aprendo una breccia nello schieramento procedeva Albet Seguin con i suoi duecento valorosi. In realtà, dopo tanti anni di guerre e di battaglie, dopo averne viste di tutti i colori, Albert non era più così ispirato da quegli alti ideali legati per tradizione ai cavalieri, come morire per l'onore, il coraggio mostrato anche nelle situazioni più disperate, la nobiltà che ispirava il combattente anche nelle atrocità della battaglia, ma il fatto di essere di nuovo in azione e alla testa di un gruppo di nobili armati per misurarsi sul campo di battaglia, gli aveva fatto ritrovare tutto l'entusiasmo che egli credeva ormai perduto per sempre. Comunque egli non era più giovane, non aveva famiglia, quasi tutti i suoi amici erano caduti e quindi, se doveva morire, tanto valeva che fosse a cavallo, alla guida di altri suoi nobili pari. Il resto della cavalleria seguiva intanto a circa 50 metri di distanza. Tutto si sarebbe svolto molto rapidamente, almeno secondo i piani e le intenzioni. Robert, attraversato il canale che lo separava dal nemico, organizzò i suoi e, abbassata la celata dell'elmo, sollevata in alto la sua spada, diede il segnale di attacco e partì alla carica con il suo gruppo, seguito dappresso dal suo amico. Che gli altri scagliassero pure le loro frecce, contro le loro armature avrebbero avuto scarso gioco. Giunti a circa trenta metri dalle linee la scena cambiò di colpo. Dalla trincea nemica emerse letteralmente uno folto stuolo di balestrieri che tempestarono con le loro terribili quadrelle gli attaccanti,  che furono letteralmente falciati. Albert venne colpito alla coscia sinistra, al fianco sinistro e alla gola. Disarcionato, cadde nel fango e rotolò fino alla macchia di alberi a fianco della trincea, rimanendo celato dai folti cespugli. Mentre cadeva, aveva avuto una rapidissima visione dei balestrieri, numerosissimi, che rapidamente ricaricavano la loro arma mentre, per ricevere il grosso della cavalleria, si disponevano in formazione moltissimi picchieri e contadini muniti del terribile goedendag. Comprese che contro quegli schieramenti i suoi compagni non avrebbero avuto affatto buon gioco. Perse conoscenza ma la riacquistò di lì'a poco. Nella caduta lo scudo era finito malamente sotto di lui imprigionandogli il braccio sinistro. Ogni movimento gli procurava dolori lancinanti al fianco e la sua spada era finita chissà dove. Era totalmente indifeso. Coraggiosamente di preparò a morire. Vide intanto che la cavalleria era stata messa in grossa difficoltà, tanto da essere costretta a retrocedere. Vide il suo amico Jean che, pur trafitto da una freccia, continuava a tener testa a due fanti nemici finchè uno di questi riuscì a disarcionarlo. La sua fine a quel punto fu rapida. Il nemico era uscito in forza dalle trincee inseguendo i Francesi che, arrivati al canale, non potevano retrocedere col cavallo senza smettere di combattere e venendo quindi immediatamente abbattuti. Al vedere la situazione precipitare, lo stesso conte d'Artois, allo scopo di dare nuovo impeto ai suoi, si gettò coraggiosamente nella mischia, riuscendo addirittura a raggiungere lo stendardo dei Fiamminghi e ad impossessarsene. Quando però questi si accorsero della manovra, in massa gli si riversarono contro. Il conte si difendeva come poteva finchè una specie di gigante, di nome di Guglielmo Van Saeftingen, che si definiva 'religioso combattente', con un tremendo colpo di spada gli recise di netto il braccio sinistro. A quel punto le cose si risolsero in fretta. Robert, malgrado il dolore delle ferite, vide con raccapriccio cavallo e cavaliere che venivano rovesciati al suolo. Il conte che non aveva altra scelta, si arrese gridando che era disposto a consegnare la spada a qualsiasi nobile o comandante che fosse nei pressi. La folla dei combattenti non capì o non volle capire e nel  giro di pochi secondi lo fecero letteralmente a pezzi. Robert vide distintamente Guglielmo Van Saeftingen che trionfalmente sollevava il glorioso scudo azzurro con gigli dorati, segno della sconfitta dei Francesi. Da quel momento gli stati di coscienza e di incoscienza si susseguirono senza posa. A tratti udiva il frastuono della battaglia, le grida dei combattenti, le urla dei moribondi. Vide che per estremo sfregio, la fanteria fiamminga aveva catturato un gran numero di cavalli francesi ed ora li usava per inseguire e uccidere la fanteria nemica. Intanto alcuni gruppi di fanti fiamminghi si impossessavano degli speroni d'oro dei cavalieri caduti. E poi, il nulla........

Prima tratta: volo di Robert

Villaroche (LFPM) - Ursel (EBUL)  circa 150 Mn - Aereo *

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Attenzione, perchè io mi conosco. Se ciò che segue ritenete che possa essere noioso (che dico, noioso, BARBOSO proprio!), saltate direttamente al termine per sapere che fine fa il 'nostro' Robert.

                                                                                      La storia

All'inizio dell' XI secolo, lo sviluppo e la diffusione delle signorie, incentrate sui castelli, diede luogo alla formazione di particolari figure, specialiste della guerra, adatte ad azioni di difesa e di espansione. Erano questi i cavalieri, che al comando di truppe operavano nell'interesse del loro signore. Questo ruolo, relativo al'inizio a coloro che si distinguevano, mostrando particolare abilità e coraggio, andò circoscrivendosi ad una elìte ristretta di nobili e ai loro discendenti. Erano, fra l'altro, destinati a questa carriera i figli cadetti dei nobili in quanto esclusi dall'eredità paterna. C'era fra l'altro, almeno all'inizio del fenomeno, la possibilità che un cavaliere riuscisse a sua volta a raggiungere lo status nobiliare dando inizio ad una sua propria casata. Per divenire cavaliere, il tirocinio iniziava molto presto. A circa sette anni, gli aspiranti venivano mandati presso le dimore di altre famiglie di alta e importante nobiltà, a volte parenti, dove, in qualità di paggi, imparavano a vivere adeguatamente a corte e a cavalcare. Verso i tredici anni, passavano al seguito di un cavaliere in qualità di scudieri. Apprendevano l'uso delle armi, la cura del cavallo, la custodia dell'equipaggiamento. Il tutto senza smettere di allenarsi all'uso delle varie armi. Se capitava, accompagnavano i loro cavalieri in battaglia, spesso condividendo la loro sorte. Una vita durissima la loro ma coloro che riuscivano a superare la lunga prova, ricevevano la sospirata investitura. Questo avveniva, salvo particolari eccezioni, nel corso di una elaborata ed importante cerimonia, durante la quale l'aspirante riceveva dal celebrante uno schiaffo (questa cosa è rimasta nella liturgia della Cresima, durante la quale il cresimando diventa 'soldato di Dio') o un colpo di piatto della spada sul retro del collo, con la formula 'che quella sarebbe stata l'ultima offesa che egli avrebbe subito senza reagire'. Il cavaliere riceveva spada e speroni e da quel momento iniziava la sua attività, di norma al servizio di un signore, se necessario in battaglia, o spesso misurandosi con altri suoi pari, per dimostrare il proprio valore e per fare continuo addestramento. A condizionare fortemente il destino e l'evoluzione della cavalleria contribuì in modo determinante una iniziativa dei vescovi della Francia sud-occidentale che. allo scopo di contenere la violenza di molti guerrieri, dette vita, negli anni 70' del X secolo,  alla cerimonia delle 'Paci di Dio'. Il movimento impegnava gli uomini d'arme, i cavalieri, a operare per mantenere la pace, ripromettendosi di non colpire i deboli e gli inermi. Esso si sparse presto in tutte le regioni europee evolvendosi in un'altra forma che fu definita la 'tregua di Dio'. Il cavaliere diventava un 'miles Christi', ossia che seguiva i dettami della Chiesa di Cristo, anche a rischio della vita, nel qual caso era un mezzo per garantirsi la salvezza eterna. Nell'ambito della ricostruzione di una società europea si assistette ad un ingentilimento dei costumi e dell'educazione dei cadetti che venivano anche indirizzati a diventare  difensori e protettori dei deboli, delle vedove e degli orfani. Divenire cavaliere era una impresa estremamente onerosa. Il suo rango gli imponeva un equipaggiamento formato da diversi elementi che dovevano anche essere di un certo livello. A cominciare dalle armi, che di norma comprendevano una spada, un'ascia, una mazza snodata e una serie di pugnali o coltelli. C'era poi l'armatura formata da diversi elementi, spesso forgiati su misura per il cavaliere che la doveva indossare e poi c'era il cavallo. anzi, spesso i cavalli erano almeno due: uno serviva per gli spostamenti normali e veniva chiamato 'palafreno', un altro era quello da battaglia, il 'destriero'. Il valore di tutta l'attrezzatura veniva equiparato a quello di venti buoi. Praticamente una fortuna. Era per questo motivo, si diceva, che molti che avrebbero avuto diritto al titolo, ci rinunciavano per mancanza di mezzi. Questo fu un altro di motivi per cui l'appartenenza alla classe di cavalieri si limitò ad una casta sempre più ristretta.

                                                       

Due (ma proprio due) parole sulle Crociate

(non sarete interrogati sulle date nè sui personaggi, nè sulle battaglie, promesso!)

(Altra promessa: questo non è un sunto ma piuttosto un concentrato e infine, apparentemente, è un quadro di come sono andate veramente le cose che somiglia molto poco a quello che mi hanno insegnato a scuola a suo tempo!!)

Un'occasione che favorì particolarmente lo sviluppo e la notorietà della cavalleria, consistette nell'evento delle Crociate. A causa dell'influenza della Chiesa, nel medioevo era molto diffusa la pratica del pellegrinaggio. Delle persone che, per desiderio di rimettersi in pace con Dio, o per la speranza di ottenere qualche grazia particolare o per sciogliere un voto, lasciavano le loro case e, a piedi, affrontando fatiche e pericoli, raggiungevano i luoghi santi ove poter pregare e rendere omaggio al Signore. La durata e la durezza del viaggio erano elementi che, secondo le credenze del tempo, si riteneva fossero essenziali per acquisire meriti e mondare così l'anima. Di norma la meta più ambita, salvo particolari Santuari, era costituita dalla città di Roma, ritenuta il centro della Cristianità. Per raggiungerla, si erano venuti formando dei tragitti particolari che venivano seguiti dai pellegrini provenienti anche da terre lontane. Lungo questi tragitti essi sapevano che avrebbero trovato assistenza, passaggi meno gravosi e indicazioni per non perdersi. Spesso dei pellegrini incontrandosi per la via, pur di lingua e costumi diversi, decidevano di proseguire assieme, soprattutto per ragioni di sicurezza in quanto, spesso le strade erano infestate da malfattori. La via dei pellegrini per eccellenza, ossia quella percorsa dal maggior numero di persone era la Via Francigena. Per ciò che la riguarda la relazione di viaggio più antica, essa è relativa al pellegrinaggio del vescovo Sigerico, che nel 990, da Canterbury raggiunse Roma per ottenere il pallio, ossia il mantello episcopale, dalle mani stesse del Papa Giovanni XV. Il suo diario di viaggio, puntigliosamente aggiornato, elenca con precisione le varie tappe. Per citare le più note, Canterbury, Calais, Arras, Reims, Besançon, Losanna, Gran S.Bernardo (si usava anche il Moncenisio a seconda delle stagioni), Aosta, Ivrea, Santià, Vercelli, Pavia, Piacenza, Firenze, Carrara, Lucca, S.Gimignano, Siena, Bolsena, Viterbo Roma. Impiegò 79 giorni per il tragitto che misura circa 1600 Km, con una media di 20 Km al giorno. Esisteva però anche la possibilità di fare un altro pellegrinaggio ben più impegnativo e cioè, giunti a Roma, si proseguiva per Pescara, arrivando infine a Brindisi per imbarcarsi per la Terrasanta. Una strada alternativa per la Terrasanta era rappresentata dalla via Popilia che, partendo da Venezia, proseguiva per Ravenna, Rimini, Cattolica e poi lungo la costa fino a raggiungere Brindisi per l'imbarco. L'avventura del pellegrino in Terrasanta era dura e per questo, potendo, il viaggio si faceva in gruppo. Balzelli da parte delle autorità locali musulmane, predoni, pericoli naturali. Era comunque una impresa possibile. Ma poi, nel 1077, la città di Gerusalemme venne conquistata dai Turchi Solgiuchidi, totalmente avversi alle popolazioni di religione cattolica. Furono compiute delle azioni efferate contro i residenti ed i pellegrini. Da qui, il Papa, Urbano II,ritenne che sarebbe stato il caso di intervenire. Ma poi, quando persino l' imperatore bizantino Alessio Comneno, visti in pericolo i propri interessi, chiese aiuto tramite il conte di Fiandra, egli, considerando la seria possibilità di estendere il suo controllo anche sulla Chiesa dell'Impero Bizantino, trovò il modo di coinvolgere i nobili europei nell'impresa di portare soccorso alle popolazioni perseguitate. Trovò l'occasione giusta nel 1095, nel corso del Concilio di Clermont. In quel contesto riuscì a scuotere le coscienze, a infiammare gli animi di fronte alle azioni efferate dei 'musulmani feroci e massacratori'. A questo punto però, mentre il messaggio si diffondeva nelle corti europee che valutavano attentamente il da farsi, il popolo reagì in modo imprevisto e incontrollato.

La Crociata 'dei Pezzenti' - (1079)

In poco tempo si riunirono circa 15000 persone, fra uomini, donne, bambini cavalieri di basso rango e avventurieri e, sotto la guida di Pietro l'Eremita e di un cavaliere di nome Gualtieri senza Averi, poco preparati, male equipaggiati, forti solo della loro fede, partirono per la Terrasanta. Fu chiamata 'la Crociata dei Pezzenti'. In realtà essi in Terrasanta non giunsero mai perchè, non potendo permettersi la spesa del nolo delle navi necessarie, passarono per l' Europa dell' est, ossia per l'Ungheria e la Bulgaria allo scopo di raggiungere Costantinopoli via terra. Purtroppo lungo il loro tragitto, commisero diversi atti di violenza nei confronti delle popolazioni che incontravano, sterminando un gran numero di ebrei. L'imperatore, quando se li trovò davanti, capì che non avrebbero avuto nessuna possibilità di sopravvivere e consigliò loro di attendere la crociata dei Nobili. Davanti ad un deciso rifiuto, fece loro attraversare il Bosforo, abbandonandoli al loro destino. Di nuovo essi si lasciarono andare a soprusi e violenze sulle popolazioni locali nei dintorni di Nicea finchè i Turchi, il 21/10/1096, stanchi delle loro provocazioni li attaccarono e li sterminarono. Di tutto il gruppo, solo tremila riuscirono a tornare a Costantinopoli.

Seconda tratta : volo dei 'Pezzenti' :

Venezia (LIPZ) - Budapest Ferihegi (LHBP) circa 330 Mn

Budapest Ferihegi (LHBP) - Sofia (LBSF) circa 400 Mn

Sofia (LBSF) - Istambul Ataturk (LTBA) circa 260 Mn aereo *

La prima Crociata - (1097-1099)

La crociata dei Nobili, la Prima Crociata, partì solo nel 1099, al comando di Goffredo di Buglione. In Italia i crociati si imbarcarono a Bari e raggiunsero Costantinopoli, loro alleata. Dopo aver stipulato alcuni accordi politici, militari e logistici, si diressero in Asia Minore dove conquistarono Nicea, Antiochia e Edessa. Il 5 luglio del 1099 entrarono in Gerusalemme massacrando spietatamente gran parte della popolazione e creando il regno di Gerusalemme. Effettivamente i luoghi santi vennero riconquistati ma molti dei crociati pensarono a perseguire personali interessi. Ad esempio i Normanni, malgrado gli accordi precisi con Costantinopoli, si rifiutarono di restituire i territori riconquistati fondando e tenendosi il regno di Antiochia.

Terza tratta : volo della Prima Crociata :

Parigi Beauvais Tille (LFOB) - Roma Ciampino (LIRA) 690 Mn

Roma Ciampino (LIRA) - Brindisi (LIBR) 320 Mn

Brindisi (LIBR)  - Istambul Ataturk (LTBA) 550 Mn

Istambul Ataturk (LTBA) - Jerusalem (LLJR) 720 Mn

 

Seconda Crociata - (1147-1187)

Nel 1144 cade Edessa. Il papa Eugenio III indice allora la II^ crociata coinvolgendo i re di Francia Luigi VII e l'imperatore di Germania Corrado III. L'esercito passando attraverso l'Ungheria e la Bulgaria arriva a Costantinopoli stremato e affamato al punto che si riduce a perpetrare delitti, rapine, violenze di ogni tipo. La situazione arriva al punto che l'imperatore bizantino Comneno chiede aiuto ai Turchi. I crociati, sfiniti dalla stanchezza e dalle privazioni, sabotati in ogni modo dai bizantini, logorati da gravi disordini interni, subirono una serie ripetuta di sconfitte. Nel 1149, malgrado l'arrivo di rinforzi di cavalieri Templari e Giovanniti, nei dintorni di Damasco, vennero annientati.

Quarta tratta : volo della Seconda Crociata :

Parigi Charles de Gaulle (LFPG) - Budapest Ferihegy (LHBP) 770 Mn

Budapest Ferihegy (LHBP) - Istambul Ataturk (LTBA) 670 Mn

Istambul Ataturk (LTBA) - Acri Bassel al Assad (OSLK) 600 Mn

 

 

 

Terza Crociata - (1189-1192)

Nel 1187 il condottiero turco Saladino riconquista Gerusalemme. Gregorio VII bandisce la III^ crociata. Vi parteciparono il re di Inghilterra Riccardo Cuor di Leone, il re di Francia Filippo II^ e l'imperatore germanico Federico Barbarossa. Purtroppo quest'ultimo morì quasi subito, lasciando il suo esercito allo sbando. Le discordie interne portano addirittura i vari eserciti a combattersi fra di loro contendendosi i territori riconquistati. Filippo II decise di tornare in patria per curare meglio i suoi interessi. Gerusalemme restò in mano ai musulmani e i bizantini si resero conto che  l'alleanza con i latini avrebbe portato solo problemi. Riccardo Cuor di Leone, rimasto solo, strinse un patto con Saladino e nel 1192 lasciò la Terrasanta. Sulla via del ritorno, però, venne fatto prigioniero dal duca d'Austria Leopoldo V. Fu poi consegnato ad Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa che lo liberò, nel 1194, dietro il pagamento di un riscatto favoloso di 100.000 sterline equivalenti ad un carico di 36 tonnellate di argento.

Quinta tratta : volo della Terza Crociata :

Marsiglia Provence (LFML) - Catania (LICC) 650 Mn

Genova (LIMJ) - Catania (LICC) 570 Mn

Catania (LICC) - Ioannis Daskalogiannis (LGSA)   560 Mn

Ioannis Daskalogiannis (LGSA) - Acri Bassel al Assad (OSLK) 650MN

Quarta Crociata - (1202-1204)

Nel 1193 muore Saladino. Il papa Innocenzo III ritenne di poter approfittare della situazione. Bandì quindi la quarta crociata nel 1202 coinvolgendo i feudatari Francesi, Italiani e Tedeschi del Baltico. I Criciati decisero di partire da Venezia per riconquistare Gerusalemme dopo aver occupato l'Egitto. I Veneziani però, in affari con gli Egiziani, riuscirono a deviare l'interesse dei Crociati, chiedendo loro di liberare la città di Zara, dipendente dal re cattolico d'Ungheria, in cambio del passaggio sulle navi, approfittando degli scarsi mezzi di cui disponevano. Conquistata la città, vennero raggiunti dal figlio dell'imperatore di Bisanzio che chiedeva loro aiuto con urgenza per essere stato defenestrato dal fratello. Prometteva in cambio grandi ricchezze e l'impegno a unificare sotto il papa le Chiese di oriente e occidente. Giunti a Costantinopoli non trovano nessuna ricchezza e la popolazione che non vedeva i latini di buon occhio, si ribellò al loro arrivo. I Crociati, ai loro attacchi, risposero alla fine con la presa della città di Costantinopoli, dove per tre giorni saccheggiarono e massacrarono gli abitanti. Proclamarono la nascita dell' Impero Latino d'oriente e posero tutta la chiesa sotto il controllo del papa che a quel punto, contento del risultato, preferì ignorare le atrocità commesse.

Sesta tratta : volo della Quarta Crociata :

Venezia (LIPZ) - Zara Zemunik (LDZD) 170 Mn Aereo *

Zara Zemunik (LDZD) - Kalamata (LGKL) 700 Mn

Kalamata (LGKL) - Acri Bass el Assad ( OSLK) 850 Mn

 

 

Quinta Crociata - (1217-1221)

Allo scopo di occupare e sottomettere anche l'Egitto, nel 1217 il papa Innocenzo II bandisce la V^ crociata. I crociati, sbarcati in Egitto, conquistano in breve tempo la città di Damietta. Resi baldanzosi dalle prime facili vittorie marciano sul Cairo. Vengono colti da una micidiale piena del Nilo che li riduce a mal partito mietendo un altissimo numero di vittime. I superstiti ottengono di poter tornare in patria restituendo il controllo della città di Damietta. Nel corso di questa crociata, San Francesco di Assisi tentò di convertire il sultano Ayyubbide Al Malik Al Kamil, il quale lo ricevette con tutti i riguardi e ne rimase affascinato, ma non al punto di convertirsi.

Settima tratta : volo della Quinta Crociata :

Spalato Kastela (LDSP) - Adana Dimokritos (LGAL) 670 Mn

Adana Dimokritos (LGAL) - Damietta Port Said (HEPS) 430 Mn

Sesta Crociata - (1227-1229)

Nel 1227 Gregorio IX bandisce la VI^ crociata, obbligando letteralmente l'imperatore Federico II con una minaccia di scomunica. Partito, questi scoprì che il papa, approfittando della sua assenza aveva invaso l'Italia meridionale, proprio ciò che egli aveva temuto. Quindi, giunto in Terrasanta, si accordò in tempi brevi per un patto onorevole con il Sultano e tornò immediatamente in patria. Gregorio IX a questo punto lo scomunicò ma Federico II, battute le forze del papa, lo costrinse ad annullare la scomunica.

Ottava tratta : volo della Sesta Crociata :

Brindisi Casale (LIBR) - Kalamata (LGKL) 340 Mn

Kalamata (LGKL) - Gerusalemme (LLJR) 860 Mn

Settima Crociata - (1248-1254)

Nel 1248 Luigi IX di Francia, detto 'il santo', bandisce la VII^ crociata. Durante il viaggio una tremenda tempesta decima la flotta. Ciò non ostante i crociati riconquistano Damietta e ristabiliscono una sorta di equilibrio tra le forze. Ma nel 1250, questo equilibrio si rompe e, malgrado l'arrivo di rinforzi di cavalieri Templari e Ospitalieri i musulmani riprendono ciò che avevano perduto finchè in una grande battaglia, nel 1252 i cristiani subiscono la totale disfatta. Lo stesso re, Luigi IX, viene fatto prigioniero. Sarà liberato e potrà tornare in patria solo nel 1254, dopo il pagamento di un pesante riscatto.

Nona tratta : volo della Settima Crociata :

Aigues Mortes (LFMN) - Palermo (LICJ) 530 Mn

Palermo (LICJ) - Nikoskazantzakis (LGIR) 680 Mn

Nikoskazantzakis (LGIR) - Damietta Port Said (HEPS) 500 Mn

 

 

 

Ottava Crociata - (1269)

Nel 1269 viene organizzata l'VIII^ Crociata. Guida la spedizione Giacomo d'Aragona. Imbarcati a Barcellona, subito dopo aver salpato, la flotta viene quasi completamente distrutta da una terribile tempesta. I pochi sopravvissuti, giunti ad Acri, la trovano assediata dai Turchi. Consapevoli che proseguire nella loro missione li avrebbe portati a morte certa senza alcun costrutto, tornano in patria.

Decima tratta : volo della Ottava Crociata :

Barcellona El Prat (LGIR) - Catania (LICC) 750 Mn

Catania (LICC) - Incirlik AB (LGIR) 950 Mn

Incirlik AB (LGIR) - Bassel al Assad (OSLK) 350 Mn

Nona Crociata - (1270)

Nel 1270, re Luigi IX, il santo, che non ha ancora accettato quanto accaduto 16 anni prima,cerca riscatto, e promuove la IX^ crociata. Con un discreto esercito sbarca in Tunisia. Purtroppo negli accampamenti si diffonde in breve tempo una gravissima epidemia di peste e dissenteria. I morti sono moltissimi, compreso il re. A questo punto i superstiti ritengono opportuno tornare in patria.

Undicesima Tratta : volo della Nona Crociata :

Aigue Mortes (LFMN) - Tunisi  Carthage (DTTA) 550 Mn

Decima Crociata - (1271-1272)

Nel 1271 il re di Inghilterra Enrico III organizza la decima crociata ponendo l'esercito al comando del figlio Edoardo. L'esercito dei crociati viene però sconfitto in tempi brevissimi e la disfatta è tale che viene perduto anche il Krak, leggendario castello dei cavalieri che lo avevano conquistato nel corso della I^ crociata, posto in posizione estremamente strategica a metà strada fra Aleppo e Damasco. Rappresenta una perdita gravissima. Tornato in patria, Edoardo riferì di una situazione di totale degrado e sbando, dalla quale sarebbe derivata in buona misura la sua sconfitta. I crociato presenti in Terrasanta a vario titolo, non pensano più nemmeno lontanamente alla loro missione iniziale. Sono dediti a incrementare più che altro le loro fortune, commerciando di tutto, armi comprese, con tutti.

Dodicesima tratta : volo della Decima Crociata :

Londra Heatrow (EGLL) - Praga Ruzyne (LKPR) 650 Mn

Praga Ruzyne (LKPR) - Sofia (LBSF) 650 Mn

Sofia (LBSF) - Ankara Esemboga (LTAC) 550 Mn

Ankara Esemboga (LTAC) - Rene Mouawar AB (castello del Krak) (OLKA) 390 Mn

La conclusione

Nel 1291 i musulmani si rendono pienamente conto che i cristiani, presenti a vario titolo sul loro territorio, sono più che altro impegnati a combattersi fra di loro per accrescere il  potere e le ricchezze personali  quindi, constatatane la debolezza, decidono di mettere fine alla loro presenza nella loro patria. Li sconfiggono ripetutamente e alla fine conquistano anche San Giovanni d'Acri, ultima piazzaforte crociata. A questo punto termina per sempre il periodo delle crociate.

Gli ordini cavallereschi

Gli Ordini Cavallereschi furono delle organizzazioni che sorsero durante il periodo delle Crociate con lo scopo di portare aiuto ai pellegrini in Terrasanta e curare i feriti. Fra gli ordini più conosciuti si ricordano quelli dei Cavalieri Teutonici, dei Templari e degli Ospitalieri.

 

Cavalieri Teutonici

Nel 1099 durante l'assedio di Gerusalemme due pellegrini tedeschi, due mercanti, iniziarono a curare i loro compatrioti feriti. In seguito, aiutati da altri volontari, con il beneplacito del Patriarca di Gerusalemme, decisero di dedicarsi seriamente all'attività di ospitalità e assistenza dei pellegrini in quei territori. Fondarono quindi un piccolo ospedale con foresteria ed una cappella dedicata alla Madonna. Quando nel 1187 Gerusalemme cadde anche l'ospedale andò distrutto. Ma nel 1189 i cavalieri tedeschi al seguito della III^ Crociata tornarono e ricostruirono tutto. Alcuni di loro, in particolare, decisero di portare avanti l'opera di assistenza iniziata due anni prima dai loro compagni, ma provvedendo anche alla difesa armata del luogo. Nel tempo la comunità crebbe di numero per i molti volontari che decidevano di prestare la loro opera inoltre cominciò a beneficiare di numerosi lasciti e donazioni. Nel 1191, all'ordine venne concessa l'approvazione e la protezione del papa Clemente III. A questo punto, i membri, molti dei quali cavalieri, decisero di organizzarsi in un ordine, con compiti di protezione ed assistenza ai pellegrini, che prese il nome di 'Cavalieri Teutonici'. Forte dei molti lasciti e delle molte adesioni, l'ordine crebbe al punto di riuscire ad influenzare importanti eventi politici e militari dell'epoca. Ai monaci-guerrieri venne assegnato il mantello bianco con croce nera. Grazie alle sostanziose donazioni e ad un uso accorto del denaro, l'ordine crebbe notevolmente. Nel 1300 si contavano circa 350 tra castelli, conventi e strutture varie distribuite fra Terrasanta, Cipro, Grecia, Italia e Paesi Bassi. Nel 1191, causa gli eventi bellici, abbandonò la Terrasanta e si trasferì in Europa. I Teutonici tentarono di espandere il loro controllo ed il loro potere verso est.  Dopo un inizio di alterne fortune, nel 1241 subiscono una pesante sconfitta nel tentativo di fermare l'espansione mongola in Polonia e nel 1242 furono sconfitti di nuovo, stavolta da Alexander Nevsky, principe di Novogorna che ostacolò la loro espansione. Dopo un periodo di crescita, subirono però una nuova tremenda sconfitta nel 1410 a Tannemberg, ad opera dei Polacchi alleati ai Lituani. Da quì iniziò un lento inarrestabile declino che portò l'ordine a perdere territori e castelli. Nel 1511 scompare lo Stato Teutonico. L'ordine riceve il colpo di grazia da Napoleone che nel 1801 lo priva di quasi tutti i suoi possedimenti e nel 1809 viene soppresso come ordine rimando in veste di organizzazione ospedaliera operante in Austria. Nel 1834 fu nuovamente riportato allo stato di Ordine Cavalleresco ma senza nessun possedimento importante. Oggi l'Ordine Teutonico è una organizzazione canonicale, di diritto Pontificio, retta da un Gran Maestro equiparato ad abate mitrato.

Tredicesima tratta: volo dei Cavalieri Teutonici :

Gerusalemme (LLJR) - Pafos Intl (LCPH) 250 Mn

Pafos Intl (LLJR) - Eleftherios Venizelos Intl (LGAV) 540 Mn

Eleftherios Venizelos Intl (LGAV) - Roma Fiumicino (LIRF) 655 Mn

Roma Fiumicino (LIRF) - Schiphol (EHAM) 810 Mn

 

Cavalieri Templari

I Crociati, dopo aver conquistato Gerusalemme nel 1099, si resero conto che tornato in patria il grosso dell'esercito, sarebbe venuta meno la sicurezza di coloro che sarebbero rimasti e dei pellegrini che sarebbero arrivati numerosi. Così un gruppo di cavalieri decise che dopo tante sofferenze in nome della fede, dopo essersi quindi purificati l'anima, non valeva la pena di tornare in patria fra agi e tentazioni. Guidati dal cavaliere Ugo de Payns (non è certo se francese di Payns o italiano, De Paganis, originario di Nocera) e dal suo compagno d'armi, Goffredo di Saint-Omer, decisero nel 1118 di votarsi alla custodia del Tempio del signore in una Regola che comportava la rinuncia ai beni materiali, la castità e l'impegno di assistere i bisognosi. Il loro operato avrebbe previsto anche l'uso delle armi, ma solo qualora fosse stato ritenuto indispensabile per raggiungere i loro scopi. Iniziarono a crescere di numero e di importanza con il beneplacito dei vari re di Gerusalemme. Il salto di qualità si ebbe in occasione del viaggio in Europa del loro maestro, Ugo de Payns, che fece conoscere meglio l'ordine nelle corti europee. Nel 1129 assunsero ufficialmente una regola monastica con il pieno appoggio di Bernardo di Chiaravalle, influente dottore della Chiesa, impersonando il doppio ruolo di monaci e combattenti. Il loro simbolo era rappresentato da una piccola croce di colore rosso su una veste bianca, grigia o nera. La croce era posta a sinistra sul petto o al centro del mantello. Con il crescere delle donazioni, i Templari iniziarono a dedicarsi a diverse attività remunerative, con lo scopo di sostenere le varie iniziative dell'ordine. Si dedicarono all'agricoltura, al commercio, alla finanza. Per i loro affari arrivarono anche a possedere una discreta flotta. L'operato militare dei Templari era connesso con le Crociate in quanto, pur non essendo il loro un corpo combattente, era pur sempre militare e operò in più occasioni per portare rinforzo e soccorso agli eserciti cristiani senza  che questo influisse però in modo determinante sugli esiti delle battaglie. Dopo la caduta di San Giovanni d'Acri nel 1291, i superstiti, circa 300 cavalieri, francesi e germanici, lasciarono la Terrasanta rifugiandosi a Cipro, dove vissero come sacerdoti, sotto la guida del loro maestro Giovanni di Montfort, rispettati e venerati dalla popolazione. L'ordine, pur disponendo di ingentissime ricchezze, sembrava destinato ad un lento declino, essendo venuto meno il motivo per cui era stato creato. Invece il loro destino fu molto crudele. Il re di Francia, Filippo IV, il 'bello', oberato dai debiti, tentò a lungo inutilmente di avere dai Templari un ingente prestito. Cercò persino di farsi accettare fra loro con la speranza di riuscire in seguito a mettere le mani sulle loro ricchezze. Non riuscendo nei suoi intenti, alla fine, con la complicità seppure apparentemente inconsapevole del papa Clemente V, creò contro di loro una serie di accuse gravissime ed infamanti che gli consentirono di farli arrestare quasi tutti e di confiscare i loro beni. Il  maestro Jacques de Molay fu bruciato sul rogo, su un'isoletta al centro della Senna davanti a Notre Dame. Il papa aveva stabilito che le ricchezze dei Templari fossero destinate all'Ordine degli Ospitalieri ma il re, con opportune manovre riuscì a prendere buona parte del denaro. Poichè alcuni Templari erano scampati all'eccidio, il papa diffidò i re europei a dar loro ricetto e assistenza, pena la scomunica. Gran parte dei superstiti, allora, si rifugiò presso il re Roberto I di Scozia, che, essendo stato già scomunicato, decise di accoglierli. Si dice che questi avessero messo in salvo gran parte delle ricchezze dell'ordine e che Filippo IV riuscì a mettere le mani solo su una piccolissima porzione dell'immenso patrimonio. Purtroppo non è dato sapere molto sui fatti dell'Ordine perchè nel 1571, gli Ottomani che giunsero a Cipro, distrussero fra l'altro l'archivio dei Templari. Sembra probabile che i Templari, in Scozia siano confluiti in ordini Massonici Anglosassoni, in aperta ostilità alla Chiesa. Ai giorni d'oggi, si trovano alcune associazioni che in qualche modo si rifanno nei loro statuti alle regole dei Templari. Nessuno ha però caratteristiche religiose, quasi certamente perchè, per quanto possa sembrare strano è tuttora in vigore la bolla papale 'Vox in Excelsis' emessa da Clemente V nel 1312 durante il Concilio di Vienna. Essa proibisce qualsiasi forma di ricostruzione pena scomunica automatica e perenne.

Quattordicesima tratta : volo dei Cavalieri Templari :

Acri Bas el Assad (OSLK) - Pafos Intl (LCPH) 210 Mn aereo *

Pafos Intl (LCPH) - Brindisi (LIBR) 890 Mn

Brindisi (LIBR) - Luxemburg (ELLX) 900 Mn

Luxemburg (ELLX) - Glasgow (EGPF) 650 Mn

I Cavalieri Ospitalieri

Nel 1023 l'Imam d'Egitto consente ad alcuni mercanti di Amalfi e Salerno di costruire un ospizio con annesso ospedale nel luogo ove sorgeva il monastero di San Giovanni Elemosiniere che era stato il Patriarca greco-ortodosso di Alessandria nel 1619. La struttura era tenuta dai Benedettini e si occupava di ospitare, curare e comunque assistere i pellegrini che si recavano in Terrasanta. L'ordine Ospitaliero che faceva capo a questa struttura fu fondato in seguito alla prima Crociata dal Beato Gerardo Sasso, dottore della Chiesa. La bolla di conferma venne emanata dal papa Pasquale II nel 1113. Il successore del Beato Gerardo, Raymond du Puy de Provence istituì il primo ospizio degli Ospitalieri presso la chiesa del Santo Sepolcro. Il gruppo all'inizio, secondo gli intenti originali, provvide all'ospitalità, alla cura e all'assistenza dei pellegrini, ma in seguitò iniziò a provvedere anche alla scorta armata dei medesimi. Il gruppo degli armati crebbe fino a formare una forza piuttosto consistente. La divisa consisteva in una sopravveste nera ornata da una croce bianca. Era u ordine religioso a tutti gli effetti anche se nettamente diviso fra militari e persone che operavano nell'assistenza e la cura dei pellegrini. Crebbe di importanza al punto di controllare nella zona di Gerusalemme sette grandi forti e 140 possedimenti. Le loro basi più inespugnabili erano nel principato di Antiochia in Siria ed il mitico castello di Krak, in Libano, che fu loro donato da Raimondo II di Tripoli nel 1144. Con la caduta di Gerusalemme, nel 1187, i cavalieri si trovarono confinati nella zona di Krak e quando anche questo cadde nel 1291, l' ordine cercò un rifugio prima a Cipro e in secondo momento ottenne militarmente il controllo di Rodi, assumendo il titolo di Cavalieri di Rodi. Quando nel 1312 l'ordine dei Templari fu sciolto, buona parte delle loro ricchezze, per ordine del papa Clemente V, confluì nelle casse dell' Ordine di Rodi. Dovendosi difendere continuamente dalle scorrerie dei corsari berberi furono costretti a potenziare notevolmente il ramo militare. Dopo una serie di successi che disturbò molto i corsari, questi si allearono e nel 1522 attaccarono l'isola con 200.000 uomini. La battaglia fu cruentissima ma alla fine i cavalieri ebbero la peggio. Fu comunque consentito loro, in cambio della resa, di poter abbandonare l'isola. L'ordine vagò in Europa per sette anni da una sede all'altra, senza risolversi a scegliere una sede definitiva. Nel 1530, per iniziativa del papa Clemente VII e con il beneplacito dell'imperatore Carlo V poterono prendere possesso dell' isola di Malta da cui assunsero il nuovo nome di cavalieri di Malta. Appena possibile ripresero fra le loro attività quella di combattere i corsari musulmani i quali fortemente danneggiati da questa iniziativa, riunirono ne 1565 una imponente flotta con la quale assaltarono l'isola. La battaglia fu tremenda e sanguinosa. Ogni passo avanti dei corsari costò perdite ingentissime. Alla fine, però, dopo quattro mesi di scontri violenti, quando  i cavalieri stavano per cedere, giunsero in loro aiuto gli spagnoli che misero presto in fuga i corsari superstiti, anche loro stremati per la lunga battaglia. Per i danni e le devastazioni fu necessario costruire di nuovo la città, cui fu posto nome La Valletta in onore e memoria del maestro Jean de la Vallette. Fu anche ricostruito il più grande e moderno ospedale d'Europa nel quale venivano curati tutti senza distinzione di razza e religione. I cavalieri di Malta nel 1571 vollero partecipare alla battaglia di Lepanto contro i musulmani, a fianco degli Spagnoli,  dei Genovesi, dei Veneziani e dei Pontifici, distinguendosi per onore e coraggio. Nel 1630 il Gran Maestro potè insignirsi del titolo di Cardinale. L'ordine fu in seguito presente in molti eventi politici e militari finchè nel 1798, la rocca fu presa da Napoleone Bonaparte che la spogliò di quasi tutti gli averi e costrinse i cavalieri all'esilio. Diversi gruppi sopravvissero in Europa, in Russia, nelle Americhe. A tutt'oggi esistono diversi ordini che si ispirano all'originale, con nomi simili, e che comunque si rifanno sempre agli elementi che dettero vita all'Ordine, ossia assistenza e carità.

Quindicesima tratta : volo dei Cavalieri Ospitalieri :

Castello del Krak Qal'at Sim'an (OSAP) - Pafos Intl (LCPH) 160 Mn aereo *

Pafos Intl (LCPH) - Diagoras (LGRP) 310 Mn

 

Tra realtà e leggenda

E' indubbio che nel fenomeno della cavalleria ci furono delle figure che si distinsero in modo particolare per valore, coraggio, nobiltà, generosità e imprese. Nello stesso tempo, allo scopo di esaltare quanto c'era di meglio e di nobile nel mondo dei cavalieri, nacque tutta una letteratura, prodotta all'inizio dai trovatori della Linguadoca, basata sull'onore, sui codici cavallereschi, sull'amor cortese. L'argomento venne ripreso in seguito da scrittori più o meno famosi che dettero vita a figure e personaggi che raggiunsero tale notorietà da essere conosciuti anche nei tempi attuali. E' con un riferimento a questi personaggi che ritengo di chiudere questo modesto lavoro, in quanto rappresentativi dell'ideale cavalleresco, poichè, quasi sempre dediti ad affrontare particolari imprese, presi da turbamenti d'amore, nelle loro storie non sembrano minimamente toccati dalle piccole cose e dalle miserie di tutti i giorni, come la fatica, la necessità di procurarsi sostentamento, la stanchezza, le indubbie brutture della guerra. Fra questi personaggi di fantasia, quelli che maggiormente si ricordano, sono Lancillotto, Ivanhoe, Orlando, Sigfrido e, perchè no, anche Don Chisciotte.

 

Lancillotto

Ideato e proposto da vari trovatori, fu ripresentato come personaggio di un romanzo da Chretienne de Troyes che lo pose nella saga dei cavalieri della tavola rotonda, nel ciclo arturiano. Figlio di re Ban di Benoic, quando questi viene ucciso, Lancillotto fu messo in salvo, ancora bambino e protetto da una misteriosa dama del Lago che lo condusse nel suo regno incantato. All' età di 18 anni ottenne di poterlo lasciare per coronare il suo sogno, ossia divenire cavaliere alla corte di Artù. Riuscito nel suo intento divenne uno dei cavalieri più valenti al servizio del re, partecipante al consesso della tavola rotonda. Quando la regina Ginevra, moglie di re Artù, venne presa prigioniera e rinchiusa nel castello di Meleagant, Lancillotto, inviato dal re, la liberò ma durante il viaggio di ritorno verso Camelot i due si innamorarono perdutamente uno dell'altra. Da qui segue una serie di eventi che porterà alla rovina del regno. Dapprima Lancillotto fugge in esilio per non recare danno a Camelot. Durante questo periodo partecipa alla ricerca del Sacro Graal che però riesce a intravedere solo da lontano. Questo evento però gli causa un tale shock, che rimane in coma per un lunghissimo periodo.  Intanto un cavaliere ribelle, sir Mordred, allo scopo di minare il potere di Artù, gli fa pervenire in modo anonimo la notizia del tradimento di Ginevra. La regina viene quindi processata e condannata al rogo. Per salvarla Lancillotto che intanto è guarito, assalta la corte con i suoi soldati in una cruenta battaglia in cui muoiono gran parte dei cavalieri della tavola rotonda. Di questa situazione  approfitta il cavaliere ribelle e traditore Mordred che aveva propiziato la situazione, assaltando in forze il castello. Lancillotto non partecipa alla battaglia e quindi sopravvive ad Artù, a Ginevra, a Camelot. Cercando perdono e conforto per quanto accaduto, si fa eremita e vive in santità il resto dei suoi giorni.

Sedicesima tratta : volo di Lancillotto :

Tintagel Camelot (EGDG) - Menchester (EGCC) 220 Mn aereo *

Ivanhoe

Personaggio letterario nato dalla penna di sir Walter Scott che pubblicò il romanzo omonimo sotto lo pseudonimo di Laurence Templeton. I fatti narrati sono ambientati nella zona centrale dell'Inghilterra. Quasi tutti gli eventi si svolgono fra i luoghi di Templestone ( Yorkshire west, vicino alla attuale cittadina di Leeds), di York, città di nascita del personaggio di Isacco, e di Ashby de la Zouche, luogo del torneo (vicino all'attuale cittadina di Corville (Leicestershire). Il periodo è intorno al 1194, periodo in cui in Inghilterra fortissima è la tensione fra gli invasori Normanni che hanno occupato le maggiori cariche di comando e di responsabilità ed i Sassoni che cercano solo un'occasione per la riscossa. Riccardo Cuor di Leone è prigioniero in Germania e in sua vece, con pugno di ferro, regna il Principe Giovanni. L'arco temporale in cui si svolgono i tatti narrati, pur se il romanzo è denso di eventi e azione, è di circa due settimane. Il protagonista è il cavaliere Wilfred di Ivanhoe. Egli, di origini sassoni è stato ripudiato dal padre, sir Cedric, sassone convinto, perchè, disobbedendo ai suoi comandi, ha seguito Riccardo Cuor di Leone, normanno, nell'impresa della III^ crociata. All'inizio della storia, Ivanhoe, di ritorno dalla Terrasanta, camuffato da pellegrino si reca nel castello paterno di Tornquillston a Templestone, pensando che forse questi potrà perdonarlo. Cedric di norma non rifiuta alloggio a nessuno e quindi Ivanhoe in incognito viene ammesso nella sala dei banchetti. Lì trova tutti quei personaggi che poi saranno i protagonisti del romanzo. Fra i principali è presente infatti un cavaliere templare di ritorno dalla Terrasanta, Brian de Bois Guilbert, di reputazione alquanto dubbia. E' presente anche un ricchissimo mercante ebreo, Isacco di York. Raggiunge i commensali anche Lady Rowena, la pupilla di Cedric, il quale, data la di lei discendenza diretta dai re sassoni, è stata destinata dal suo padrino ad un matrimonio di convenienza che potrebbe portare ad un importante rafforzamento del partito  sassone in grado di cacciare i Normanni. Essa è invece amata da Ivanhoe, altro motivo di attrito con il padre. Il templare è diretto ad Ashby dove parteciperà ad un torneo cavalleresco alla presenza del principe Giovanni Senza Terra. Racconta che in Palestina ha sempre sconfitto tutti i suoi avversari meno un misterioso cavaliere sassone che egli odia e che spera sia presente al torneo. Quel misterioso cavaliere è proprio Ivanhoe, che rimane comunque in incognito, che vorrebbe partecipare ma non ha i denari necessari per l'acquisto delle armi e del cavallo. Il giorno seguente Ivanhoe lasciato il castello, soccorre Isacco che è stato assalito dagli uomini del templare per derubarlo dell'ingente somma che questi reca con sè. L'ebreo per riconoscenza gli fornisce il denaro per comprare cavallo ed armatura. Al torneo, Ivanhoe, che non si svela, partecipa accompagnato da un massiccio cavaliere nero, che ha un lucchetto disegnato sullo scudo. Il protagonista batte tutti gli avversari ma rimane ferito e viene portato nella casa di Isacco dove è curato da sua figlia, Rebecca, una ragazza bellissima, che si innamora di lui. Dopo il torneo sir Cedric, Rowena, Isacco e Rebecca vengono fatti prigionieri e rinchiusi nel  castello di Front de Beuf. Vengono liberati dai ribelli della foresta guidati da un certo Loksley e dal misterioso cavaliere nero. Durante l'assalto il templare fugge portando con sè Rebecca di cui, nel frattempo, si è perdutamente innamorato. Messosi in salvo, viene pesantemente criticato dal Gran Maestro dei templari per essersi innamorato e per di più di una infedele. Per salvare l'onore del suo cavaliere, accusa Rebecca di essere una strega che ha ammaliato Bois Guilbert e la fa condannare al rogo. Per salvarla, Ivanhoe sfida il templare in un'ordalia nel corso della quale il templare soccombe. A quel punto i personaggi si svelano. Il misterioso cavaliere nero non è altro che Riccardo Cuor di Leone che scaccia l'indegno fratello. Il capo dei ribelli, Loksley, che altri non è che Robin Hood, che viene perdonato e reintegrato nel suo titolo. Cedric perdona il figlio e gli concede la mano di Rowena. Il loro matrimonio avviene alla presenza di tutti i nobili sassoni e normanni, in quanto l'autore voleva simboleggiare la pace fra i due gruppi che alla fine, riuniti, formeranno la popolazione inglese.

Diciassettesima tratta : volo di Ivanhoe :

Templeston Yeovilton (EGDY) - East Midlands (EGDY) 134 Mn aereo *

Don Chisciotte de la Mancha

Forse nei fatti il meno cavaliere di tutti ma nello spirito e nella fede decisamente il più puro, assoluto, fedele ed intransigente dei valori della cavalleria, ossessionato come è dalle gesta dei cavalieri che legge continuamente. Il romanzo è composto da due volumi, opera dello scrittore Miguel Cervantes, pubblicati a 10 anni di distanza uno dall'altro (1605 e 1615). Il protagonista è un hidalgo, ossia una persona piuttosto benestante, spagnolo di nome Alonso Quijano. E' un cinquantenne, forte di corporatura e dal fisico asciutto. Morbosamente ossessionato dai romanzi cavallereschi, viene trascinato in un mondo fantastico dove è convinto di essere un cavaliere errante, Don Chisciotte de la Mancha, e inizia a percorrere le contrade della Spagna in cerca di torti da riparare, deboli da soccorrere, ingiustizie da sanare, trascinando nella sua follia anche un contadino locale, Sancho Panza, a cui ha promesso un'isola per i suoi servigi da scudiero. Per sè, portato a termine un adeguato numero di eroiche imprese, ritiene che potrà meritare la corona di imperatore di Trebisonda. Recupera vecchie armi appartenute ai suoi antenati che rimette a posto alla meno peggio. Monta un malconcio cavallo a cui ha dato il nome di 'Ronzinante', ossia 'primo fra tutti i cavalli del mondo' e, dopo essersi attribuito il nome altisonante di Don Chisciotte, cavaliere della Mancha, parte in cerca di gloriose avventure. Purtroppo nel periodo in cui vive, imprese del genere non  servono e quindi egli semplicemente inizia ad alterare la realtà adattandola ai suoi scopi, come quando ad esempio  trasforma dei mulini a vento in giganti, dei burattini in demoni e greggi in eserciti invasori. Esce sempre sconfitto dagli scontri, spesso piuttosto malconcio ma questo non lo dissuade, anzi, lo convince che il mondo è così cattivo e pericoloso da richiedere assolutamente la sua opera. Come ogni cavaliere egli ha scelto una dama a cui dedicherà la sua vita e le sue imprese. Nella sua follia egli elegge a tale compito una contadina di un paese vicino, tale Aldonza Lorenzo, da cui si era indubbiamente sentito attratto, a cui attribuisce il nome di Dulcinea del Toboso. In seguito ad uno scontro perde due denti e da quì decide di farsi chiamare Don Chisciotte, cavaliere dalla trista figura. Dopo una serie di tragicomiche imprese, con un  trucco verrà riportato a casa, dove la sua governate si prenderà cura di lui cercando di fargli ritrovare il senno. Purtroppo non ci riescirà e così, nel secondo libro ripartirà per le nuove avventure. Dopo un'altra serie di sciagurati eventi, i suoi parenti riescono di nuovo a riportarlo alla sua casa. Questa volta, sembra riacquistare la ragione, ma si ammala, e chiede di fare testamento. Si confessa e dopo pochi giorni muore, compianto da parenti e amici.

Diciottesima tratta : volo di Don Chisciotte :

Madrid Barajas (LEMD) - Cordoba (LEBA) 150 Mn aereo *

 

 

Orlando

Le particolarità di questo personaggio consistono nel fatto che egli deriva da una persona realmente esistita e che le sue storie, in ordine cronologico, iniziano dalla fine. Per essere più precisi, si dirà che l'Orlando 'letterario' si rifà al conte palatino Rolando duca della marca di Bretagna. Questi era un famoso e coraggioso cavaliere al servizio dei Carlo Magno. Era figlio di Milone, alfiere di Carlo e di Berta, sorella dell'imperatore. Come personaggio compare per la prima volta nell'opera 'La chansonne de Roland' scritta dopo le vittorie della prima crociata, da un certo Turoldo, nella quale Orlando, combattendo coraggiosamente per il suo imperatore, schiacciato da forze incredibilmente preponderanti, alla fine cede, non prima però di aver fatto strage dei suoi nemici. Questa figura colpì talmente la fantasia e l'animo popolare che fu ripresa in due famose opere, l' Orlando innamorato, scritta da Matteo Boiardo nel 1483, e l'Orlando furioso scritto da Ludovico Ariosto nel 1532. Nell'Orlando innamorato, ci troviamo di fronte un cavaliere coraggioso, generoso, dedito al suo compito di servire l'imperatore di cui è un paladino. Purtroppo egli non è avvezzo ad affrontare questioni di cuore. Così, quando Angelica, principessa del Catai si presenta all'imperatore per chiedere aiuto contro i suoi nemici, Orlando se ne innamora perdutamente e la segue, non corrisposto, nel suo regno in Oriente, affrontando e sconfiggendo tutti coloro che avrebbero potuto minacciarla. Coinvolto in una serie innumerevoli di avventure, egli si innamora sempre della donna sbagliata, come ad esempio di Orgile, una malvagia traditrice che lo inganna e lo deruba ripetutamente. Tornato da Angelica, le offre i suoi servigi che vengono accettati dalla fanciulla che però non lo ama. La storia si sviluppa in un intreccio complicatissimo che narra di epici duelli, maghi, streghe, sortilegi e sofferenze d'amore. Verso la fine dell'opera, Orlando, Angelica ed altri importanti personaggi tornano in Francia per aiutare l'imperatore a combattere il re d'Africa che, con potenti alleati mira a invadere la Francia. Purtroppo le cose non vanno bene e l'esercito francese è costretto a ritirarsi su Parigi. Orlando, sotto incantesimo, è di nuovo pazzamente innamorato di Angelica e la insegue quando questa lascia la città. A questo punto l'opera, incompiuta, termina perchè l'autore muore in circostanze poco chiare. Non muoiono però i personaggi, ripresi dall'Ariosto nell'Orlando furioso', cinquanta anni dopo. L'azione riparte da Parigi assediata. Carlo Magno affida Angelica ad un tutore e la promette in sposa a chi dei suoi paladini si mostrerà più coraggioso in battaglia. I cristiani purtroppo sono messi in rotta e Angelica fugge inseguita da Orlando. Di nuovo segue una incredibile serie di eventi e intrecci di battaglie e fatti d'amore. In seguito ad una battaglia, Angelica si trova a soccorrere un soldato saraceno ferito, Medoro. Essa se ne innamora e torna nel Catai con  lui dopo averlo sposato. Quando Orlando apprende questa notizia letteralmente perde il senno e, furioso, inizia a commettere ogni sorta di violenza e causando gravi distruzioni. Un suo amico e compagno d'armi, Astolfo, altro importante personaggio dell' opera, tramite l'aiuto di un cavallo alato, l'Ippogrifo, scopre che il senno di Orlando è finito sulla luna, quindi con il suo nuovo alleato, vola fin lassù a recuperarlo per sanare il suo amico. Orlando, infine, trova una morte santa e gloriosa nell' opera 'La chansonne de Roland'. I fatti narrati in essa sono quelli parzialmente corrispondenti alla realtà, salvo una seria, grave mistificazione nel finale. Carlo Magno è sceso in Spagna con il suo esercito per cercare di trarre vantaggio dalla lotta di due sultanati. Dopo una serie di inutili tentativi di raggiungere il suo obiettivo, pur avendo conquistato le città di Pamplona e Barcellona, durante l'assedio di Saragozza, venuto a conoscenza che i Sassoni nel suo regno cominciano a dare problemi, l'imperatore decide di tornare in Francia. Nel passaggio della gola di Roncisvalle, nei Pirenei, il 15 agosto del 778 d.C. la retroguardia dell'esercito francese viene attaccata dai ribelli Baschi e sterminata. Orlando che è al comando di quel drappello, pur combattendo valorosamente alla fine, circondato dai corpi dei suoi nemici di cui ha fatto strage, gravemente ferito, cede. Mortalmente ferito, per non farla cadere in mani nemiche, tenta di spezzare la sua spada, la fedele Durlindana. Non ci riesce. A quel punto decide di suonare il suo corno, l'Olifante, per avvisare l'esercito dei Francesi del pericolo. Sentendo la fine approssimarsi, prega per i suoi peccati e si raccomanda al Signore. Solleva la mano e Gli porge un guanto in segno di rispetto e devozione. Il Signore ha pietà di lui, lo perdona, e lo manda a prendere da un gruppo di Angeli. Quando l'esercito accorso giunge sul luogo della battaglia, egli purtroppo è già morto ma in pace e felice è asceso in Paradiso. Nell'opera, poichè, visto il periodo in cui venne scritta, occorreva calcare la mano sul dissidio fra cristiani e musulmani, gli assalitori Baschi, vennero sostituiti dai Saraceni. Comunque, in seguito a quell'episodio, nella realtà, Carlo Magno si rese conto della pericolosità delle popolazioni che abitavano  quelle regioni e a tutela del suo regno dispose la creazione del regno di Aquitania che presidiasse validamente la zona dei Pirenei. A questo regno destinò le cittè di Bourges, Bordeaux, Auch e Narbona. Come capo, scelse suo figlio Ludovico, nominato feudatario da papa Adriano I nel 781 d.C.

Diciannovesima tratta : volo di Orlando :

Parigi Lebourget (LFPB) - Pamplona (LEPP) 400 Mn

Sigfrido

Eroe del mito  germanico la cui leggenda risale al V secolo nata fra i popoli Burgundi. Qualcuno ritiene che la sua figura possa derivare da qualche eroe germanico realmente vissuto nei primi secoli dell'era cristiana come ad esempio Arminio o Sigiberto I d'Austria. Nella versione nordica, quella originale, Sigfrido è figlio di Sigmund, della stirpe dei Velsungi, discendente da Odino. Dopo la morte del padre, avvenuta nel corso di una epica battaglia, cresce sotto la attenta e valida guida del tutore, il nano Regin. Bello, forte e coraggioso, con l'ausilio di una invincibile spada, ottenuta fondendo i pezzi di quella del padre, Sigfrido affronta una serie di incredibili e difficili imprese. Uccide il drago Fafnir e bagnandosi nel suo sangue ottiene l'immortalità. Non si accorge che una foglia purtroppo copre una piccola parte della schiena lasciando quindi un punto vulnerabile. Con la morte del drago ottiene anche un incalcolabile tesoro su cui pesa però una terribile maledizione. Libera inoltre una valchiria prigioniera, Brunilde, che si innamora di lui. L'eroe è invece innamorato di Crimilde, sorella del re Gunar. Questi gli concederà la mano della sorella a patto che egli l'aiuti a conquistare Brunilde. Sigfrido ci riesce con un inganno e riceve la mano della sua amata. Purtroppo Brunilde scopre di essere stata ingannata e, sentendosi doppiamente tradita, convince un amico di caccia di Sigfrido ad ucciderlo sfruttando il suo punto vulnerabile che essa conosce.

Ventesima tratta : volo di Sigfrido :

Bornholm Ronne (EKRN) - Ginevra (LSGG) 700 Mn

Conclusione

..........Robert lentamente riprese conoscenza. Era buio. Confusamente ricordò che, ferito e immobilizzato, era stato costretto ad assistere al massacro di quasi tutti i suoi compagni. Poi l'esultanza per la vittoria da parte del nemico. Quindi la spoliazione dei cadaveri, un pò per sfregio ed un pò per avidità. E poi un pesante silenzio, quel silenzio che caratterizza i campi di battaglia dopo un massacro, come se i protagonisti, cessata l'azione, restassero attoniti di fronte alle atrocità commesse, alla violenza bestiale di cui si erano mostrati capaci. Poi dei passi, Robert aveva pensato ad altri "sciacalli", che erano venuti a completare l'opera. Invece degli uomini vestiti con dei rozzi sai, dei religiosi che cercavano di recare  conforto o aiuto a quanti fossero ancora vivi, miracolosamente lo avevano trovato. Constatata la gravità delle sue ferite, lo avevano spogliato della sua armatura e medicato alla meglio. Confabularono un pò  e poi decisero di portarlo con loro, di certo in qualche posto dove qualcuno avrebbe potuto intervenire in modo più efficace. Lo caricarono su una barella e poi con quella lo disposero su un carro accanto ad altri due feriti. Robert, dalla foggia del loro abbigliamento, capì che si trattava di due soldati di fanteria, uno francese e l'altro fiammingo, ambedue privi di conoscenza e apparentemente feriti in modo grave, come lui. Quegli uomini svolgevano la loro opera senza guardare agli schieramenti e alle fazioni, aiutavano indifferentemente tutti quelli che ne avevano bisogno. Pian piano lungo il tragitto Robert ebbe modo di ripensare agli episodi salienti della sua vita. Gli venivano in mente più che altro episodi di avventure, di battaglie, di grandi gesta ma anche di miserie e violenza. Si rese conto in un raro momento di lucidità,  che si erano accampati per la notte. Era stato disteso accanto ad un fuoco assieme agli altri feriti. Da alcuni particolari si rese conto che c'era un altro francese e due fiamminghi ma, a quel punto non faceva più alcuna differenza. Il carro era su un lato dell'accampamento e i frati stavano preparando qualcosa da mangiare per vedere di sostenere in qualche modo i loro assistiti. Robert, prese solo acqua e quelli, forse consapevoli delle sue gravi condizioni, non insistettero oltre. Gli lavarono di nuovo le ferite, cambiarono le fasciature e poi lo lasciarono tranquillo.  Il ferito, nei sempre più brevi periodi di coscienza provava una grave angoscia, non tanto per le ferite subite ma per le domande che gli si affollavano nella mente. Quale potava essere ormai il suo futuro? Ammesso che fosse sopravvissuto e che riacquistasse una forma accettabile sapeva bene che il futuro per lui non avrebbe riservato nulla di buono. Quella mattina aveva visto. E aveva capito che i tempi della cavalleria, almeno come li aveva vissuti e concepiti lui, erano tramontati. Le tattiche erano cambiate adeguandosi ai tempi. L'onore, le tenzoni, i codici cavallereschi erano superati, cancellati dall'interesse, dal calcolo, dal progresso. Che amarezza, prendere atto in modo così drammatico della realtà. E che prezzo era stato pagato. Tutti quei morti, quella violenza. I suoi occhi socchiusi si riempirono di lacrime. Fu per questo che all'inizio intravide solo un lieve chiarore senza capire di cosa si trattasse. Forse aveva perduto conoscenza e si stava facendo giorno. Ma poi avvertì attorno a lui i rumori normali dell'accampamento in cui i frati accudivano ancora i feriti. Il chiarore aumentava, trasformandosi in una forte luce che proveniva dalla strada, nelle direzione da cui erano venuti. Udì contemporaneamente un rombo che avvicinandosi diveniva sempre più intenso e distinguibile. Era il rumore di molti cavalli lanciati al galoppo. Battendo le palpebre riuscì ad avere di nuovo la vista lucida e distinse un gruppo di cavalieri che si dirigeva in quella direzione. A poca distanza dalla radura essi si fermarono. Robert rimase colpito da quelle figure luminose. Cavalieri con lucenti armature, destrieri con colorate gualdrappe e poi vessilli e bandiere. Chi erano, e da dove venivano? Dal gruppo s'avanzò un cavaliere con la sua cavalcatura che si fermò ad una quindicina di metri dal suo giaciglio.  Robert non riusciva a credere ai suoi occhi. Era il suo amico Jean de Joinville che gli sorrideva in sella al suo magnifico e scalpitante destriero. "Robert, cosa fai, ti riposi?" gli chiese con il suo familiare tono scherzoso. Robert che non capiva, si accorse di non provare più dolore e si sentiva leggero come non si sentiva più da anni. Era sorpreso, frastornato. Si volse con naturalezza e prese atto che nell'accampamento nessuno aveva notato nulla. Senza rendersene conto, si era tirato su a sedere dal suo giaciglio. Gli altri cavalieri erano lì a poca distanza, in attesa, controllando a malapena le loro focose cavalcature.  Davanti a tutti ora egli distinse dai colori inconfondibili del suo scudo, in una rilucente armatura, il conte d'Artois che gli fece cenno di raggiungerli.  Senza porsi altre domande, si alzò. Si sentiva pieno di energie. Osservò la pelle liscia delle sue mani. Portandosi la mano al viso non trovò più rughe nè cicatrici. Dal gruppo di cavalieri s'avanzò un suo compagno che conduceva il suo destriero per la briglia. Era perfettamente bardato e su un lato della sella era agganciato il suo scudo. Il conte d'Artois lo incitò a muoversi:"Forza Robert, pensavi di riposarti e invece ci aspettano ben altre imprese!". Coperto dalla sua più bella armatura, un giovane Robert salì in groppa al destriero  sentendosi parte di quella incredibile falange e ad un segnale del comandante, senza volgere lo sguardo indietro, partì insieme agli altri in un balenare di corazze e vessilli, alla volta di nuove fantastiche imprese.   

 

 

Elenco completo dei voli :

Prima tratta: volo di Robert

1) Villaroche (LFPM) - Ursel (EBUL)  circa 150 Mn - Aereo *

 Seconda tratta : volo dei 'Pezzenti' :

2) Venezia (LIPZ) - Budapest Ferihegi (LHBP) circa 330 Mn

3) Budapest Ferihegi (LHBP) - Sofia (LBSF) circa 400 Mn

4) Sofia (LBSF) - Istambul Ataturk (LTBA) circa 260 Mn aereo *

Terza tratta : volo della Prima Crociata :

5) Parigi Beauvais Tille (LFOB) - Roma Ciampino (LIRA) 690 Mn

6) Roma Ciampino (LIRA) - Brindisi (LIBR) 320 Mn

7) Brindisi (LIBR)  - Istambul Ataturk (LTBA) 550 Mn

8) Istambul Ataturk (LTBA) - Jerusalem (LLJR) 720 Mn

Quarta tratta : volo della Seconda Crociata :

9) Parigi Charles de Gaulle (LFPG) - Budapest Ferihegy (LHBP) 770 Mn

10) Budapest Ferihegy (LHBP) - Istambul Ataturk (LTBA) 670 Mn

11) Istambul Ataturk (LTBA) - Acri Bassel al Assad (OSLK) 600 Mn

Quinta tratta : volo della Terza Crociata :

12) Marsiglia Provence (LFML) - Catania (LICC) 650 Mn

13) Genova (LIMJ) - Catania (LICC) 570 Mn

14) Catania (LICC) - Ioannis Daskalogiannis (LGSA)   560 Mn

15) Ioannis Daskalogiannis (LGSA) - Acri Bassel al Assad (OSLK) 650MN

Sesta tratta : volo della Quarta Crociata :

16) Venezia (LIPZ) - Zara Zemunik (LDZD) 170 Mn Aereo *

17) Zara Zemunik (LDZD) - Kalamata (LGKL) 700 Mn

18)Kalamata (LGKL) - Acri Bass el Assad ( OSLK) 850 Mn

Settima tratta : volo della Quinta Crociata :

19) Spalato Kastela (LDSP) - Adana Dimokritos (LGAL) 670 Mn

20) Adana Dimokritos (LGAL) - Damietta Port Said (HEPS) 430 Mn

Nona tratta : volo della Settima Crociata :

21) Aigues Mortes (LFMN) - Palermo (LICJ) 530 Mn

22) Palermo (LICJ) - Nikoskazantzakis (LGIR) 680 Mn

23) Nikoskazantzakis (LGIR) - Damietta Port Said (HEPS) 500 Mn

Decima tratta : volo della Ottava Crociata :

24) Barcellona El Prat (LGIR) - Catania (LICC) 750 Mn

25) Catania (LICC) - Incirlik AB (LGIR) 950 Mn

26) Incirlik AB (LGIR) - Bassel al Assad (OSLK) 350 Mn

Undicesima Tratta : volo della Nona Crociata :

27) Aigue Mortes (LFMN) - Tunisi  Carthage (DTTA) 550 Mn

Dodicesima tratta : volo della Decima Crociata :

28) Londra Heatrow (EGLL) - Praga Ruzyne (LKPR) 650 Mn

29) Praga Ruzyne (LKPR) - Sofia (LBSF) 650 Mn

30) Sofia (LBSF) - Ankara Esemboga (LTAC) 550 Mn

31) Ankara Esemboga (LTAC) - Rene Mouawar AB (castello del Krak) (OLKA) 390 Mn

Tredicesima tratta: volo dei Cavalieri Teutonici :

32) Gerusalemme (LLJR) - Pafos Intl (LCPH) 250 Mn

33) Pafos Intl (LLJR) - Eleftherios Venizelos Intl (LGAV) 540 Mn

34) Eleftherios Venizelos Intl (LGAV) - Roma Fiumicino (LIRF) 655 Mn

35)Roma Fiumicino (LIRF) - Schiphol (EHAM) 810 Mn

Quattordicesima tratta : volo dei Cavalieri Templari :

36) Acri Bas el Assad (OSLK) - Pafos Intl (LCPH) 210 Mn aereo *

37) Pafos Intl (LCPH) - Brindisi (LIBR) 890 Mn

38) Brindisi (LIBR) - Luxemburg (ELLX) 900 Mn

39) Luxemburg (ELLX) - Glasgow (EGPF) 650 Mn

Quindicesima tratta : volo dei Cavalieri Ospitalieri :

40) Castello del Krak Qal'at Sim'an (OSAP) - Pafos Intl (LCPH) 160 Mn aereo *

41) Pafos Intl (LCPH) - Diagoras (LGRP) 310 Mn

Sedicesima tratta : volo di Lancillotto :

42) Tintagel Camelot (EGDG) - Menchester (EGCC) 220 Mn aereo *

Diciassettesima tratta : volo di Ivanhoe :

43) Templeston Yeovilton (EGDY) - East Midlands (EGDY) 134 Mn  aereo *

Diciottesima tratta : volo di Don Chisciotte :

44) Madrid Barajas (LEMD) - Cordoba (LEBA) 150 Mn aereo *

Diciannovesima tratta : volo di Orlando :

45) Parigi Lebourget (LFPB) - Pamplona (LEPP) 400 Mn

Ventesima tratta : volo di Sigfrido :

46) Bornholm Ronne (EKRN) - Ginevra (LSGG) 700 Mn

La scelta degli aerei è libera, relativamente ai limiti degli aeroporti da utilizzare. La sigla 'aereo *' indica che per quella tratta sono utilizzabili a scelta solo i seguenti aerei :

Baron BE58 - CL2T - C172 - C208 - DC3 - Maule Orion

  
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