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Autore: Ulvinne    20/06/2013    2 recensioni
Un tempo i draghi dominavano il mondo.
Terribili signori e padroni di ciò che li circondava, riuscirono a ridurre tutti gli altri esseri viventi in schiavitù, governando con la loro ferocia e la loro voce.
Ma un giorno,finalmente, qualcuno si fece avanti per fermare questa tirannia: il Sangue di Drago, colui che da loro servitore divenne il loro carnefice e riportò la libertà nel mondo. Senza pietà affrontò i draghi e, uno per uno, li distrusse. La sua eredità camminò nei secoli attraverso il sangue dei Prescelti degli dei, finché le leggendarie creature si estinsero.
E con i draghi sparì anche lui, l'eroe, il Sangue di Drago.
Le sue imprese divennero racconti, i racconti divennero canti, i canti divennero leggende.
E la gente finì per considerare i Draghi ed il Sangue di Drago solo una storia.
Ma cosa succede quando la storia torna, più vendicativa che mai?
Cosa succede quando la più antica eredità di Skyrim ti viene offerta?
Semplice: puoi solo accettarla.
Note: attenzione, il titolo è lo stesso, ma la storia è cambiata. Mi sono resa conto che proprio non andava e l'ho modificata. Spero che così vi piaccia :)
Genere: Avventura, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter XVIII
Welcome back home
 
Varcare di nuovo la frontiera di Skyrim fece un certo effetto. Nonostante fossero passati poco più di due anni avevo dimenticato quanto fosse freddo e quanto mi fosse mancato quel clima.
Nonostante la neve che cadeva da un po', calai il cappuccio dal volto per poter osservare meglio gli alberi: con il poco sole che filtrava dalle nuvole, la neve creava dei piacevoli giochi di luce passando tra i rami delle sequoie.
Alberi così non se ne trovavano a Cyrodiil.
-Andiamo?- la voce dell'uomo a cui facevo da scorta mi fece tornare alla realtà.
Era lui la causa per cui mi trovavo di nuovo lì. In quei due anni in cui avevo lasciato Skyrim avevo viaggiato verso Hammerfell, la terra di mia madre, ma il clima di guerra contro i Thalmor non faceva per me, volevo solo una vita “tranquilla”. Così iniziai a fare la mercenaria, più che altro come guardia del corpo per nobili bisognosi di protezione ma anche di discrezione.
E così eccomi di nuovo a Skyrim appresso ad un mercante saccente e frettoloso di arrivare.
-Dovremmo accamparci.- replicai -Il sole sta calando, e le notti a Skyrim non hanno niente a che vedere con quelle a Cyrodiil.- l'Imperiale storse il naso.
-Non intendo perdere tempo, il sole è ancora alto e voglio dormire in una taverna.
-Fa notte presto, credimi. Massimo mezz'ora e non potrai nemmeno vedere la distanza che ci separa, non riusciremo mai ad arrivare alla città più vicina. Te l'avevo detto che sarebbe stato meglio fermarsi a Riften.- ribattei con la pazienza che andava già scemando, e l'uomo sbuffò.
-Sembri conoscere bene queste terre.
-Ci ho vissuto per molto tempo- praticamente tutta la vita.
-Davvero?- annuii -E perché te ne sei andata?
-Niente domande personali, era nel nostro accordo.
-Quanto sei algida, donna.- ribatté l'uomo, senza nascondere un pizzico di risentimento che ignorai.
-Il mio dovere di guardia del corpo è proteggerti, nient'altro.- tagliai corto, avvicinandomi verso qualche ramo secco caduto dagli alberi per poi raccoglierlo -Accendo un fuoco, questo posto non è male per ripararci.
-Come fanno i Nord a vivere con questo freddo?- borbottò ancora l'imperiale, stringendosi nel suo mantello di pelliccia.
Per lui il freddo era insopportabile, ma per me era come una specie di...saluto. Un bentornato a casa che sarebbe durato troppo poco,il tempo di accompagnare il mercante a Windhelm o giù di lì, e ritornare a Cyrodiil per cercare un altro contratto, trovarmi di nuovo a Skyrim mi riempiva di calore, ma al tempo stesso mi faceva sentire fuori posto.
Dopotutto me n'ero andata, non avevo più diritto di stare lì e magari tornare nella vita degli altri, di quelli che mi ero lasciata alle spalle.
-Ehi, queste vanno bene?- mi girai verso l'Imperiale che mi mostrò due pietre -Per il fuoco, intendo.
Assottigliai lo sguardo nel vedere quelle pietre, poi scossi la testa e mi avvicinai all'uomo con la legna.
-No, ci penso io.- mi chinai per far attecchire il fuoco, ma quel tempo non aiutava sicuro e non si dimostrò facile -Ma che sia maledetto quello straccione di Zen...!
-Non bestemmiare ulteriormente!- mi bloccò l'imperiale, e io alzai gli occhi al cielo.
-E che palle. Fammi accendere questo fuoco e sta' zitto.- seguì un attimo di silenzio.
-Fammi indovinare, donna: nemmeno la gentilezza è compresa nella tua tariffa?
-Precisamente.
-Ma...- una freccia fendette l'aria e la voce dell'Imperiale si interruppe con un gemito strozzato.
Il tempo di alzarmi in piedi e prendere la spada che ero già circondata dai banditi.
-Merda...- pensai, cercando con gli occhi un via d'uscita -Merda!- forse liberare la bestia a lungo non era stata un'idea buona, dopotutto.
Sì, esatto, da quando avevo lasciato Skyrim avevo fatto ampiamente uso della licantropia, ed era sempre difficile resistere all'impulso della caccia. Molte volte mi ero trovata a non chiudere occhio e spesso non cucinavo affatto le mie prede, mangiandole crude. E se la mia parte umana era disgustata da questo gesto, la Bestia ne era compiaciuta.
Ma tutto ciò aveva un prezzo. Reprimendo la Bestia, avevo scoperto che i miei sensi si erano affievoliti, almeno nella mia forma umana, così come i benefici che ne traeva. Per mantenerli avevo bisogno di un costante nutrimento che rifiutavo di concedermi. Era come se l'Iris umana e la Bestia si stessero scindendo formando due entità diverse ed in contrasto tra loro...
Insomma, tutto questo per dire che mi trovavo nella merda.
-Guarda un po' cosa abbiamo qui.- un Nord armato di martello da guerra si fece leggermente avanti -Un mercante così idiota da aver deciso di passare la notte all'aperto e la sua cagna.- se non fosse stato già morto probabilmente l'avrei ammazzato io, quell'idiota, per avermi messa in quella situazione.
-Cagna lo dici a tua madre!- replicai, rimanendo in guardia, contando i banditi.
Erano sette, non potevo farcela da sola.
-Ehi, Tordek, non vorrai mica lasciarla impunita?- chiese l'arciere che aveva ucciso l'imperiale, sghignazzando.
Non sapevo cosa fare, erano davvero troppi per me, senza contare che ero molto stanca a causa della marcia serrata a cui l'imperiale mi aveva costretta.
Forse un modo c'era...ma avrei preferito mille volte tenerlo a bada.
Avevo resistito e vinto molte battaglie senza lo spirito del lupo, potevo continuare a farlo.
-Figurati, prima mi ci diverto, poi l'ammazzo, o forse il contrario, chissà...
Feci un passo indietro tenendo la spada avanti a me mentre l'uomo si avvicinava.
Avevo il fiatone, ma non per la fatica.
La consapevolezza di essere in pericolo stava stuzzicando la Bestia in maniera quasi incontrollabile, la sentivo graffiare contro il mio petto. Troppo a lungo l'avevo tenuta a bada, e stava reclamando il suo prezzo.
-Lasciami andare e non vi farò niente.- dissi con voce tremante per lo sforzo di mantenere il controllo, ma quel tremore venne scambiato per paura e il Nord non si lasciò intimidire.
Lui e i suoi compagni, tra cui c'erano anche un paio di donne, scoppiarono a ridere.
Iniziai a sentire gli occhi bruciare.
-Hahahahahah! Ma senti questa! Tu che fai del male a NOI?- sghignazzò -Ma non farmi ridere! Come potresti...?- quando mi guardò in faccia le parole morirono in gola.
Ero consapevole del mio aspetto, oramai: da come gli occhi bruciavano dovevano essere oramai gialli e sentivo il labbro inferiore pizzicato dalle zanne, inoltre le unghie erano già diventate arcuate.
-Cosa c'è?- e la mia voce...
La mia voce era roca. Oramai era la Bestia a comandare.
-Non mi dire che sei spaventato per caso?
-Ehi, ma che cos'è?!
-Cosa vuole fare?
-È un mostro!
-Per gli Otto!- oh, sì.
Decisamente non era un bello spettacolo trovarsi davanti ad un lupo mannaro affamato, ma visto dalla mia parte tutto ciò aveva un che di eccitante e divertente.
Fu una caccia rapida, ma che riuscì a placare il sangue di bestia.
E dopo, come tutte le volte, mi rinchiusi nella mia autocommiserazione e nella mia debolezza.
Avevo fallito di nuovo.
Come avevano fatto Vilkas, Farkas e Kodlak a resistere alla licantropia per due anni? Io a malapena riuscivo a stare un paio di mesi senza cacciare. Non uccidevo mai persone innocenti e non perdevo mai il controllo, ma ero perfettamente consapevole di dipendere dai rari momenti di caccia che mi concedevo, era la mia skooma, la mia dipendenza.
E quando mi decisi a tornare umana avevo ancora la bocca che sapeva di ruggine. Ed ero sporca. Il caldo del sangue a contrasto con l'aria fredda di Skyrim sollevò appena un po' i vapore quando mi tirai su, dando un'occhiata ai corpi dei banditi. Erano tutti ridotti ad uno schifo e riuscivo a malapena a distinguere i loro lineamenti. Dovevo rubare loro un indumento dato che i miei si erano lacerati con la trasformazione, ma andare in giro imbrattata di sangue non era certo il massimo.
Mi sforzai di placare la sete per trovare una vecchia tunica lacerata dentro la bisaccia di un bandito. Era troppo grande per me, logora e ruvida, ma almeno mi avrebbe coperto. La infilai rapidamente e raccolsi le armi per poi allontanarmi da quello scenario macabro. Anche un idiota avrebbe facilmente capito che ero stata io e non proprio con la mia forza umana.
Corsi molto e velocemente, cercando di calmarmi e fare il punto della situazione: dovevo raggiungere la città più vicina, riuscire a non farmi arrestare e tornare a Cyrodiil prima di finire nei guai più di quanto non avessi fatto. Potevo farcela?
Mi dissi di sì.
Ora che mi ero nutrita i miei sensi erano di nuovo funzionanti, sentivo molti odori e suoni molto più intensamente, in compenso ero stanca e un po' dolorante dopo la trasformazione, quasi la Bestia si fosse voluta vendicare per averla lasciata così tanto tempo senza nutrimento.
Beh, ci stava riuscendo.
Grazie alla Bestia non mi sarei ammalata, ma per quanto fossi Nord quella notte fredda avrebbe potuto far morire assiderata persino me, perciò continuai a correre, senza sapere nemmeno dove stavo andando.
Sapevo che venire a Skyrim era una pessima idea, l'avevo saputo dal momento in cui l'avevo sentita nominare, ma i soldi offerti da quell'idiota di un mercante erano tanti ed io ero a corto di liquidi, ed avevo accettato.
Ero armata, ma non era un bene stare nel bosco a quell'ora di notte, così mi diressi verso il limitare della foresta per cercare la strada principale e magari trovare un villaggio dove passare la notte.
Arrivai finalmente alla strada quando avevo perso ogni speranza.
-Finalmente!- ma più mi avvicinavo all'alto palo dove venivano segnate le città vicine, più mi accorsi che non ero sola. C'era un uomo appoggiato al palo, infatti, e sembrava ferito.
No, non sembrava.
Lo era, potevo sentire l'odore del sangue fin lì. Deglutii, placando la voglia di sangue che ancora stuzzicava la Bestia, e mi avvicinai a lui.
Lo guardai: non era un legionario imperiale, ma portava un'armatura degna di un soldato, con tanto di cotta di maglia e un rivestimento di cuoio e stoffa blu. Era di base di ottima fattura, peccato per il pessimo stato in cui si trovavano lei e il suo proprietario.
Una freccia aveva infatti trapassato il ventre dell'uomo e doveva essersela fatta sotto per la paura, perché quando gli fui più vicina l'odore del sangue si mescolò a quello delle feci. Dovetti portarmi una mano alla bocca per non vomitare.
-D...de...vo...t-tu...- mi morsi il labbro.
Non volevo altri guai, ci mancava solo un morente per strada, ma la mia coscienza mi impedì di andare oltre,così mi accucciai vicino a lui per capire meglio cosa diceva e guardarlo negli occhi.
-Calmati, adesso ti tolgo la freccia.- dissi.
Era comunque inutile, quell'uomo doveva essere lì da ore, ma almeno potevo fare qualcosa per alleviare il dolore. Eppure me lo impedì. Con uno spasmo afferrò il mio polso e lo strinse forte, tirandomi a sé. L'odore si fece ancor più ripugnante.
-Me...m-mes....saggio.- gracchiò con fatica, poi sollevò appena l'altra mano che stringeva un piccolo rotolo di pergamena -Win...dhel...m!
-D'accordo, d'accordo.- dissi con accondiscendenza, dopotutto era un uomo prossimo alla morte -Messaggio.- lo presi e l'uomo abbozzò un sorriso.
Gli occhi lacrimavano.
-S-sovne...gard.- annuii.
-Sì, Sovneg...
-Prendeteli!
-Eh?- una lama mi venne puntata alla gola e in un attimo mezza dozzina di imperiali mi aveva circondata.
Ed ero solo al primo giorno a Skyrim.
-Qui deve esserci lo zampino di Sheogorath!- pensai.
Già potevo immaginarmi quel demone impazzito che se la rideva sulle mie sfortune!
-Lo sapevo che almeno un paio erano fuggiti, lo sapevo!- esultò un legionario, mentre quello che mi puntava la lama alla gola mi incitò ad alzarmi ed un altro mi strappava il messaggio che mi aveva affidato il morente, che gorgogliò qualcosa.
Ovviamente nessuno gli prestò attenzione.
-Ci hai provato ribelle, lo riconosco.
-Non sono una ribelle!- ma che stava succedendo?
Perché quell'uomo mi aveva chiamata così?
-Io...- protestai, ma il mio carceriere mi zittì.
-Tieni le mani in vista, niente scherzi.- ubbidii, rabbiosa e agitata.
-Sentite, io...
-Non sei una ribelle, eh? E perché avevi in mano questi ordini in cui Ulfric cercava di informare i suoi di un'imboscata al passo di Acquescure?
-Eh?!- iniziai a capire -No, davvero, c'è un errore! Ho visto quest'uomo vicino al palo e mi sono avvicinata per aiutarlo, nulla più!
-Sì, e io sono la vogliosa cameriera argoniana!- la derise quello che sembrava il capo del piccolo gruppo -Allora come mai sei sporca di sangue? Una coincidenza anche questa, proprio vicino al punto dove abbiamo colto di sorpresa l'orso di Windhelm, eh?
-Sentite, ho solo cercato di aiutare quest'uomo, non sapevo chi fosse! Chiedetelo a lui! Diglielo!- guardai l'uomo che avevo cercato di soccorrere, sperando che potesse aiutarmi con le sue ultime parole.
Era morto.
-MA PORCA...!- una botta alla testa è tutto quello che ricordo prima di svenire.
 
Il leggero ondeggiare nel buio mi dava la nausea.
Fu proprio per quel motivo che aprii gli occhi, per cercare di capire perché mai la terra ondeggiasse.
-Mmmh...- la testa mi faceva male, e non riuscivo a ricordare cosa fosse successo.
Mi guardai appena intorno.
Ero su un carro.
Come accidenti ci ero finita su un carro?! E perché lo guidava un Imperiale? E cosa ci facevano tanti altri Imperiali li intorno?!
-Finalmente hai aperto gli occhi.- di chi era quella voce?
Faticosamente misi a fuoco la figura avanti a me: era un Nord a giudicare dal suo aspetto, lunghi capelli biondi sporchi e disordinati, barba incolta anch'essa bionda e occhi azzurri. Il viso era giovane, ma il freddo e numerose cicatrici lo facevano sembrare, a prima vista, molto più vecchio.
Era alto e la corporatura era robusta, il ché in confronto a me lo faceva sembrare un colosso. Di certo da mio padre Nord non avevo ereditato l'altezza, dopotutto.
Era oramai giorno inoltrato, dovevo essere svenuta per ore, ma faceva comunque freddo, peccato che la mia tunica fosse fin troppo leggera. Anche se il mio sangue Nord mi avrebbe aiutato rischiavo comunque di morire per assideramento. Le mani avevano un preoccupate colore violaceo.
Per distrarmi da quella brutta visione mi guardai intorno. Insieme a me, sul carro c'erano un uomo dai capelli castani, vestito di stracci come me, e un altro Nord che a differenza del primo era vestito elegantemente ed aveva un bavaglio, entrambi con le mani legate.
-Dove...mi trovo?
-Stavi cercando di attraversare il confine, vero?
-Come, cosa? No, io...- il carro prese una pietra sporgente dalla strada e sobbalzò violentemente, dando un altro colpo alla mia povera testa dolorante. Feci per massaggiarmela, ma mi accorsi di avere le mani legate.
-Ah, tranquilla. Anche noi siamo finiti in quell'imboscata imperiale, proprio come te e lui.- indicò l'uomo che gli sedeva il fianco, il malnutrito Nord dai capelli castani, che con disprezzo lo guardò, fulminandolo con i suoi occhi neri.
-Dannati Manto della Tempesta! A Skyrim andava tutto bene prima del vostro arrivo!- i Manto della Tempesta.
Giusto!
L'uomo era un ribelle ed io ero stata colta sul fatto. Ovviamente era tutto un malinteso, ma come avrei potuto spiegarlo ai miei carcerieri? Avrei avuto occasione di discolparmi o mi avrebbero subito sbattuta in prigione? Dopotutto non avevo niente a che fare con la guerra, ero appena rientrata a Skyrim e...
Oh, chi mi avrebbe ascoltato? Non avevo prove con me, se non quel dannato rotolo consegnatomi da quel dannato uomo che era dannatamente morto prima di discolparmi.
-Ehi, tu.- la voce dell'uomo con i capelli castani mi riportò alla realtà, e lo guardai con malcelato fastidio -Non dovremmo essere qui, l'Impero vuole questi Manto della Tempesta.- non riuscii a trattenere un sospiro di frustrazione.
-Vaglielo un po' a spiegare...
-Oramai siamo tutti Fratelli e Sorelle in catene.- replicò il Nord avanti a me, ma non seppi trattenere la mia risposta sarcastica.
-Molto poetico, ma se permetti il fatto di essere finita nei guai per colpa vostra mi rende restia a considerarvi fratelli.- invece di arrabbiarsi il Nord sorrise, quasi divertito.
-Come siamo acidi. E dimmi, fiorellino, che ci faceva una bella fanciulla come te, da sola in quella zona e per di più di notte?- arrossii mentre una voce dentro di me dichiarava la scoccata a favore del Manto.
-Camminavo. Hai presente, quella cosa che si fa quando...
-Camminavi armata, con una tunica lacera e con tracce di sangue alle estremità.- cavolo, ci mancava lo sveglio chiacchierone.
-Cos'è, un interrogatorio?
-Silenzio, lì dietro.- gettai un'occhiataccia alla schiena dell'Imperiale che guidava il carretto. Avrei potuto arrivargli alle spalle facilmente e buttarlo giù, ma eravamo circondati da arcieri e altri legionari. Inoltre tentando la fuga non avrei fatto altro che confermare la mia presunta colpevolezza.
Sospirai.
-Umh, a quanto pare non siamo noi a nascondere qualcosa, qui.
-Fatti gli affari tuoi.- sussurrai a denti stretti, poi mi calmai -Posto sbagliato nel momento sbagliatissimo.
-Conosco il genere.- fece una pausa -Comunque sono Ralof.- fece per allungare la mano, poi abbozzò un mezzo sorriso guardandosi le mani legate come le mie, come quelle di tutti noi nel carro -Oh, già...- abbozzai un sorriso, per quanto non proprio convinto.
-Iris.- mi presentai a mia volta, poi ripiombò il silenzio.
-Ehi, il tuo amico che problemi ha?- il ladro di cavalli, quello con i capelli scuri, indicò con un cenno del capo l'altro Nord imbavagliato, che lo fulminò con i suoi occhi grigi e si agitò appena sul carretto.
-Frena la lingua!- lo zittì Ralof, ora arrabbiato -Stai parlando con Ulfric Manto della Tempesta, vero Re dei Re.- spalancai occhi e bocca e fissai Ulfric come un'idiota.
E così era lui?
La causa della guerra civile, della battaglia e della mia cattura, anche se indirettamente, mi sedeva accanto, con aria fiera e arrabbiata fissava il magro Nord, che alla fine fu costretto ad abbassare lo sguardo.
-Ulfric? Lo Jarl di Windhelm? Sei...sei il capo della ribellione!- deglutì -Dei...dove ci stanno portando allora?- deglutii a mia volta, ora in ansia.
Perché ci avevano messo nello stesso carro del capo della ribellione? Dove stavamo andando?
-Non ha importanza.- replicò Ralof, ora senza nascondere un po' di amarezza -Sovnegarde ci attende.
-Non a me.- pensai, distogliendo lo sguardo perché Ralof non lo vedesse, quel tipo era anche troppo perspicace -Io ho un conto in sospeso con Hircine che dovrò pagare a caro prezzo.
La Bestia mi avrebbe fatto davvero comodo in quel momento, peccato che mi fossi trasformata solo poche ore prima, non avevo l'energia sufficiente per richiamarla. Inoltre se qualcuno mi avesse visto trasformarmi e fosse sopravvissuto avrei dovuto fare i conti con una bella taglia sulla testa.
Il mondo non era pronto ad accettare quelli come noi, Aela lo diceva spesso, ed aveva ragione. Ma ripeto che, anche volendo, non avrei potuto richiamare il Dono di Hircine, avrei dovuto cavarmela da sola...
Sempre che me la fossi cavata.
Restammo in silenzio, con i miei sensi potevo chiaramente sentire i denti del ladro battere ferocemente, e non per il freddo, ma fu ancora una volta Ralof a spezzarlo, sembrava fin troppo in vena di chiacchierare.
-Ehi, ladro di cavalli, da dove vieni?
-Rorikstead.- rispose in maniera così fievole che solo io lo compresi, ma proprio come Ralof misi su un'espressione accigliata, fingendo di non aver capito -Io...vengo da Rorikstead. Perché me lo chiedi?
-Gli ultimi pensieri di un Nord dovrebbero essere rivolti alla sua casa.- casa...
Non riuscii ad impedire che la mia mente viaggiasse fino a Jorrvaskr. Alla mia bella, rumorosa Jorrvaskr.
Vi avevo passato solo quattro anni, ma era lì che avevo vissuto i momenti più belli e importanti della mia vita: lì avevo imparato a combattere, avevo conosciuto il lavoro di squadra, la fatica, la paura e anche l'amore.
Non avevo dimenticato Vilkas. Ci avevo provato, avevo avuto qualche amante, ma ogni volta che chiudevo gli occhi era lui che vedevo, e nessun altro. Vedevo i suoi occhi chiarissimi e sentivo il suo odore...
-Ecco, vedi? Lei sta pensando a casa sua.- ancora Ralof.
Tornai bruscamente alla realtà.
-Come sai a cosa sto pensando?
-Perché quel sorriso non lo usi per pensare all'idromele. Hai un uomo, dolcezza?
-Sei fin troppo invadente per i miei gusti.
-E non ti ho nemmeno chiesto un bacio d'addio, dovresti ringraziarmi.- ero già pronta a sfoderare una delle mie risposte poco simpatiche quando il carro svoltò e la visione di una piccola città circondata da una cinta muraria entrò nella mia visuale. Era piccola, ma doveva essere un punto strategico dell'Impero: una consistente manciata di arcieri sorvegliava le mura dall'alto, con gli archi in mano e le frecce pronte ad essere incoccate.
-Hanno preparato il comitato di accoglienza.- pensai guardando di nuovo Ulfric, che dal canto suo mi stava osservando a sua volta.
Ed ebbe anche il coraggio di fulminarmi con lo sguardo. Stizzita girai di nuovo il volto proprio mentre le porte della cittadina venivano aperte e noi facevano in nostro ingresso.
-Generale Tullius, signore! Il boia attende.- boia?
-Aspetta, aspetta...Boia?!- il mio cuore perse un battito e il ladro sbiancò.
-Azura, Mara, Akatosh, aiutatemi...- pregò il ladro con tono pigolante, mentre io ero troppo presa a non accettare la cosa per pregare.
Continuavo a ripetere che non ci sarebbe stato bisogno di pregare.
-Guarda il governatore militare, il generale Tullius...- spostai gli occhi verso il punto indicato da Ralof.
Un imperiale non più giovane stava guidando a cavallo un terzetto composto da lui e da altre due figure: nonostante avesse superato da un bel po' la cinquantina, aveva ancora un fisico allenato tipico di chi non smette mai di combattere, a tradire la sua vera età erano una leggera ragnatela di rughe intorno agli occhi e sulla fronte e i capelli color grigio topo corti e già radi sulla tempie.
Niente a che vedere con la chioma di Kodlak Biancomanto...
Respirai silenziosamente, dicendomi che non dovevo proprio pensare a Kodlak, non in quel momento.
-...e a quanto pare i Thalmor sono con lui. Maledetti elfi, sono qui per godersi la scena!- rabbiosamente Ralof distolse lo sguardo dai tre, cosa che non fece Ulfric, il cui disgusto non abbandonò gli elfi finché non furono più nel suo campo visivo.
Credo anche che li avesse insultati, ma a traverso il bavaglio nemmeno i sensi di bestia mi permisero di capire cosa avesse detto.
-Dove siamo?- chiesi.
Non ricordavo di aver mai visitato quel posto.
-Helgen...qui un tempo c'era una ragazza che mi era molto cara.- Ralof sorrise -E chissà se fanno ancora quell'idromele con le bacche di ginepro dentro.- non ottenendo risposta alzò lo sguardo verso le torrette imperiali -Buffo, eh? Da piccolo le torrette imperiali mi facevano sentire al sicuro...- ripensai alla mia infanzia.
La prima volta che vidi da vicino una città avevo passato i vent'anni e vi entravo come criminale. In seguito sarei passata molte altre volte sotto quelle mura, avrei anche finito per mettere da parte il mio odio per l'impero, pur senza dimenticarlo. Ma mai mi sarei sentita al sicuro.
L'unico posto in cui mi ero sentita al sicuro era stato Jorrvaskr, tra le braccia di Vilkas.
Il carro si fermò.
-P-perché ci fermiamo?
-Mi pare ovvio, no? Fine della corsa.- fine della corsa.
Era finita...davvero?
-Andiamo, non è cortese far attendere gli dei.
-M-ma non siamo ribelli! I-io e la ragazza non eravamo con voi! NON ERAVAMO CON...- un soldato imperiale fece scendere il terrorizzato, che quasi cadde a faccia in avanti tra le risate di scherno dei soldati.
Ulfric scese con un piccolo balzo e si lasciò condurre verso una piccola folla di prigionieri. Non eravamo gli unici ostaggi.
Ralof scese prima di me.
-Se non avessi le mani legate ti aiuterei a scendere.
-So scendere da sola, grazie.- risposi saltando giù dal carretto, e subito un soldato mi prese malamente il braccio -E lasciami, vado da sola!
-Sta' zitta e cammina.- replicò quello spingendomi verso gli altri prigionieri.
Davanti a noi c'erano una donna, un capitano a giudicare dalla sua armatura, ed un semplice legionario che con un carboncino tra le mani spuntava alcuni nomi quando i prigionieri da lui chiamati si dirigevano verso una folla di persone, tra cui un boia armato di ascia, ed un ceppo.
Deglutii e distolsi lo sguardo.
-Liste, liste...l'Impero adora le sue maledette liste.- borbottò Ralof, poi si sporse per guardare meglio -Però guarda che stacco di gambe che ha quella...peccato che sia un'Imperiale.
-Stanno per mozzarti la testa e tu guardi un paio di gambe?
-Se devo morire tanto vale farlo con un bel ricordo.- alzai gli occhi al cielo.
-Jarl Ulfric Manto della Tempesta!- quando il suo nome fu pronunciato, lo Jarl avanzò verso il ceppo con grande dignità, ed un coro di ammirazione si levò tra i suoi seguaci catturati.
-È stato un onore, Jarl Ulfric!- urlò anche Ralof, poi venne chiamato anche lui -Beh, ci vediamo dall'altra parte.- così rimasi “sola” in quella massa di nomi e persone che uno alla volta andavano verso il ceppo.
La maggior parte di loro erano tutti giovanissimi, Nord dal sangue caldo con il desiderio di lottare per la propria patria fino alla morte e guadagnarsi Sovnegarde con l'arma in pugno, ma c'era anche qualche anziano guerriero ansioso di riscattarsi dopo la Grande Guerra. Ma tra tutti Ulfric spiccava in maniera particolare, era il Nord che chiunque avrebbe voluto essere.
-Lokìr di Rorikstead!- quando fu il turno del nostro sfortunato ladro di cavalli, non riuscì nemmeno a fare il primo passo tanto tremava.
-No! Non sono un ribelle! Non potete farmi questo!- ci vollero un paio di guardie per spingerlo a fare i primi passi -NO! NON VOGLIO MORIRE!- con un ultimo scatto disperato si liberò e iniziò a correre lungo il sentiero sotto lo sguardo sorpreso di tutti.
-ALT!- urlò il capitano imperiale, più infastidita che arrabbiata da quell'imprevisto -ARCIE...- l'ordine della donna si interruppe quando uno dei due elfi a cavallo, una donna, estrasse la sua spada e con un fluido movimento colpì alle spalle il prigioniero subito dopo che questo aveva sorpassato il suo cavallo.
Egli si accasciò morente nel silenzio generale e l'elfa ripose la sua arma, sulle labbra un piccolo sorriso soddisfatto.
Non potei non provare un moto di rabbia nel vedere quel sorriso, e non riuscii ad evitare un ringhio sommesso che fece girare un Manto avanti a me. Per fortuna non capì che ero io.
-Ehi, aspetta un attimo...ehi, tu!- mi girai e mi accorsi che l'Imperiale mi stava fissando, e sentii il cuore mancare di un battito.
E se si fosse accorto in qualche modo della Bestia?
-Vieni avanti, fatti vedere.- avanzai di malavoglia e con il cuore che batteva all'impazzata, ma mi accorsi che negli occhi dell'Imperiale non c'era ostilità alcuna.
Era un Nord, aveva l'altezza e la stazza tipica del suo popolo, con i capelli castani e gli occhi azzurri. Sovrastava il suo superiore che gli arrivava appena allo sterno, ma sicuramente non era lui il cattivo della situazione, lì.
Sembrava quasi dispiaciuto di vederci tutti pronti per il patibolo.
Patibolo...sentii lo stomaco contrarsi all'idea.
Non volevo morire.
-Ehi, fatti dare un'occhiata.- mi intimò, facendo scorrere gli occhi rapidamente da me alla lista.
E fu lì che lo riconobbi.
-Hadvar...- sussurrai incredula, e quello alzò il capo, spalancando gli occhi.
-Iris!- avevo conosciuto quel giovane seguace dell'impero.
Viveva a Riverwood con la sua famiglia ed era capitato più di una volta che ci incrociassimo, era l'unico imperiale che aveva la mia stima in quella massa di pecore schiave dei Thalmor.
-Soldato, che stai facendo?- lo apostrofò la donna, accigliata, poi mi guardò dal basso dei suoi centimetri in meno -Conosci questa donna?
-Sì, capitano, ma non è questo a turbarmi.- assicurò Hadvar, poi porse la lista alla donna -Il suo nome non è presente.- spiegò, ma quella gliela restituì senza troppi complimenti, annoiata.
-Lei va al ceppo come tutti gli altri.- trattenni brutalmente il fiato, stringendo i pugni più che potei per reprimere uno scatto di paura.
-Ma signora...
-Ho detto al ceppo.- digrignò i denti quella, e Hadvar sospirò.
-Come vuole, capitano.- si voltò verso di me -Mi dispiace. Hai scelto un pessimo momento per tornare a Skyrim.
-Me ne sono accorta.
-Manderò i tuoi resti a Sameera. È tutto quello che posso fare.- sussurrò, ma io scossi la testa.
Non avrei potuto farle questo.
In quei due anni non le avevo scritto, non mi ero fatta sentire, e questo per due motivi: non volevo avere contatti con nessuno che avrebbero potuto spingermi a tornare a Skyrim, e poi se mi fosse successo qualcosa avrebbe capito tutto non ricevendo più mie lettere.
O forse agivo semplicemente per puro egoismo, come avevo spesso fatto...
-No? Come vuoi...- sussurrò ancora Hadvar, poi alzò la voce -Segui il capitano, prigioniera, e niente scherzi.- abbassai lo sguardo ed ubbidii, sperando ancora che la Bestia si decidesse a mostrarsi, peccato che in quel momento dormisse come un cucciolo.
-Per una volta che ho bisogno di te...- pensai.
Avrei potuto lo stesso cercare di trasformarmi, ma il mio corpo non avrebbe retto. Ero stanca e dolorante, anche se i miei sensi erano in piena funzione non sarei sopravvissuta nemmeno il tempo sufficiente di uscire dalla città. Ero in trappola.
Così mi diressi verso la folla che attendeva davanti al ceppo: lì, Ulfric Manto della Tempesta e il generale Tullius si stavano fronteggiando.
Nonostante l'Imperiale fosse molto più basso del Nord, gli arrivava appena al mento, non si lasciava intimidire e faccia a faccia lo riempì di accuse velenose: omicidio compiuto solo per ambizione, guerrafondaio, istigatore e tanti altre dolci parole volarono dalle labbra del generale Tullius senza che Ulfric potesse ribattere se non con mugugni furiosi.
-Perché Ulfric è imbavagliato?- chiesi allora a Ralof, e lui mi sbuffò.
-Perché se avesse la bocca libera potrebbe uccidere tutti questi soldatini in un solo secondo.
-Eh?
-Mai sentito parlare della Voce?- la Voce...
Un piccolo flash della mia chiacchierata con Skjor, di alcuni anni prima, si fece largo rapidamente, ma fu solo per un attimo, e scosse la testa.
-Ha studiato con I Barbagrigia, e da loro ha appreso come usare la voce impiegandola come un'arma.- tornai a guardare lo jarl prigioniero, e capii perché tanta premura di tappargli la bocca. Dopotutto era stato così che aveva smembrato il Re dei Re, almeno secondo una delle due campane...
Un ruggito riempì l'aria, e tutti alzammo gli occhi al cielo, io compresa, ma non c'era niente se non qualche nuvola solitaria.
Non avevo mai sentito nulla del genere...
-Che cos'era?- chiese infatti Ralof -Qualche animale?
-Quale animale fa un rumore del genere?- replicai -Sono andata a caccia per anni, non ho mai sentito niente di così...- potente? Terribile? Rumoroso?
Tutti e tre, credo.
-Signore...?
-Non è niente, procediamo.- Tullius si allontanò e Ulfric venne fatto indietreggiare da due Imperiali.
Non oppose alcuna resistenza, ma i suoi occhi comunicavano chiaramente che se solo ne avesse avuta la possibilità avrebbe fatto una strage. Forse non era una cattiva idea il fatto che non potesse farci volar via tutte come foglie...
-Amministrate loro gli ultimi riti.- una sacerdotesse iniziò a parlare, ma non ascoltai una sola parola.
Ero innocente.
Avevo fatto tante cose in vita mia non proprio legali, a mio tempo avevo cacciato di frodo, avevo cercato di uccidere un soldato imperiale, ero entrata in contatto con magie proibite e antiche, ma non meritavo di finire su quel ceppo, non per quel motivo almeno.
A quanto pare perdere la testa doveva essere una prerogativa della mia famiglia. Mi veniva da ridere e al tempo stesso da piangere, forse stavo iniziando a delirare per la paura.
-Per l'amor di Talos, chiudi il becco e facciamola finita!- un giovane Manto della Tempesta si fece avanti ed interruppe la sacerdotessa, e questo da una parte mi causò sollievo, che almeno facessero in fretta invece di badare a quelle formalità! Non mi erano parsi così restii a saltare la parte in cui si interrogano i prigionieri per essere sicuri della loro colpevolezza.
Non credevo di poter sentire battere il cuore così forte, per pura paura.
Credo ci fosse stato un altro momento, perché questa sensazione di completa immobilità, di ghiaccio, la ricordavo, anche se non ero in grado di dire chi l'aveva causata e quando.
Il capitano con un piede spinse l'uomo sul ceppo, che guardò il boia.
Quando parlò, nella sua voce non c'erano la paura o l'esitazione.
-I miei antenati mi sorridono benevoli...voi potete forse dire lo stesso?- il boia alzò la grande ascia e la calò sul prigioniero con un unico colpo.
E mi ritrovai a girare la testa e chiudere gli occhi mentre quel tonfo mi dava i brividi e mi faceva trattenere il respiro.
-Tzè...spavaldo nella morte come in vita, eh?- mormorò Ralof, poi si girò verso di me e mi diede una leggera spallata -Ehi, avanti. Fatti forza...
-L-l'hanno tolto?- replicai senza osare aprire gli occhi -L'hanno tolto sì o no?!
-Sì, sì non c'è più. Avanti, almeno non dare loro soddisfazione.- aprii gli occhi.
Dove doveva essere caduto il cadavere c'era una pozza di sangue fresco, mentre in un cesto davanti al ceppo, i capelli rossi del morto si intravedevano appena.
Mi veniva da vomitare.
Non volevo vedere, non volevo questo.
-Portatemi la stracciona Nord.- la voce del capitano imperiale mi spinse a guardarla con tutto l'odio che potevo provare verso di lei, e per un attimo un istinto di ribellione si fece largo in me.
-Hanno avuto la testa di mio padre, non voglio consegnargli la mia.- e non mi mossi, mi limitai a fissarla finché questa fece un cenno.
-Muoviti!- e con una spinta di un soldato mi ritrovai davanti al ceppo.
-Sul ceppo, e vedi di non disubbidire ulteriormente.- un ringhio sommesso mi uscì dalle labbra e per un attimo sentii gli occhi bruciare, ma fu soltanto un attimo, il tempo che la donna mi spingesse con la testa sul ceppo con un piede e la rabbia venne sostituita da altre sensazioni.
Innanzitutto la paura, mi sforzavo di tenere la mascella serrata per evitare che i denti cozzassero gli uni contro gli altri, l'odore del sangue dominava, il sangue che usciva dalla testa mozzata, il sangue sul terreno, accompagnato da un odore inconfondibile. L'uomo si era probabilmente urinato addosso quando l'ascia aveva reciso la sua vita ed i muscoli si erano rilassati.
Guardai il boia senza in realtà vederlo.
In quell'attimo capii che davvero stava per finire tutto, che stavo per morire.
Si dice che quando stai per morire tutta la vita ti passa davanti. Stronzate.
Se sei in battaglia dubito che tu abbia il tempo di pensare a tutto ciò che hai vissuto.
Ma se ti trovi nella mia situazione di allora, di quando ebbi tutto il tempo di realizzare che la mia vita sarebbe finita, allora pensi solo a chi è stato importante per te.
E non credo ci sia bisogno di dire a chi pensai...
Sono sicura che stavo sorridendo quando l'ascia si levò per colpire...
-PER L'OBLIVION! QUELLO COS'E'?!- la creatura atterrò sulla torre alle spalle del boia.
Era enorme, credo che tutta la piazza di Whiterun non sarebbe bastata a contenerla, la testa, grande quanto un carretto più cavalli, era sormontata da due corna. Il muso era allungato e quando aprì la bocca file di denti affilatissimi, di cui il più piccolo doveva avere circa le dimensioni di un pugnale. Le zampe posteriori erano dotati di artigli da far paura persino alla bestia, così come le estremità delle zampe anteriori, da cui poi partivano le ali, grandissimi ali nero pece come il resto del corpo, ricoperto da scaglie così lucide da sembrare un'armatura. Una macchia di tenebra a contrasto con il cielo sereno della giornata. Ma la cosa che mi terrorizzò di più furono gli occhi: gialli, vivi, era come guardare dentro le fiamme, e quegli occhi si posarono su di me.
Mi tirai su, in ginocchio, guardando il drago...ghignare?
Poteva un drago anche solo sorridere?
 
Zu'u lost daal, Dovahkiin!
 
-...?!- aprì la bocca ed io caddi a terra, cadendo nel fango e nel sangue a causa delle mani legate che mi impedivano di sorreggermi, muovendomi in maniera scoordinata nel sapere cosa sarebbe accaduto.
-NO!- esclamai, quando un getto d'aria fredda mi investì.
Fu come galleggiare, come se il tempo si fosse fermato. Intorno a me c'era il caos: la gente scappava, le case bruciavano, così come le persone. Sentii qualcosa crollare, i cavalli nitrire, ma io ero totalmente estranea a tutto questo.
Forse stavo andando a fuoco, ma non sentivo dolore, anzi, mi sentivo solo debole, pesante.
Senza che potessi far niente per evitarlo caddi a terra e persi i sensi.

 

 

 

  
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