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Autore: Caramell_    20/06/2013    5 recensioni
Spartacus War of the Damned ~ Spoiler!
Agron non ha mai pensato che sarebbe finita in quel modo, eppure le montagne sono divenute la sua casa, i Romani hanno vinto la guerra ma non li hanno seguiti e Agron è rimasto solo, unico fratello con il sangue ancora in corpo, con le dita di Nasir intrecciate alle sue e bambini e donne intorno a loro che camminano per le strade delle montagne.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Agron, I ribelli, Nasir
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Note: D'accordo, credo di averci preso gusto e non so se sia una cosa buona o una cattiva, propendo per la seconda in verità. Ma, bando alle cance: questa volta le note sono all'inizio perchè ho un paio di annunci da fare.
Per chi segue la serie in italiano c'è uno SPOILER grande quanto una casa, quindi evitate di leggere se non volete rovinarvi il finale. Per chi ha seguito la pubblicazione delle puntate sottotitolate in inglese, invece, non c'è nessun problema.
Bene, allora buona lettura.

 











[…]
Cerca un posto dentro di te dove c’è gioia
e la gioia brucerà la sofferenza
Joseph Campbell  

 

 
~

 
 
 
Agron non ha mai pensato che sarebbe finita in quel modo, eppure le montagne sono divenute la sua casa, i Romani hanno vinto la guerra ma non li hanno seguiti e Agron è rimasto solo, unico fratello con il sangue ancora in corpo, con le dita di Nasir intrecciate alle sue e bambini e donne intorno a loro che camminano per le strade delle montagne.
Durante il viaggio il vento gli aveva sollevato i vestiti e scompigliato i capelli e asciugato le lacrime sulle guance e Agron non aveva avuto molto da dire, alla fine, ed era rimasto in silenzio, la mano a contatto con qualcosa di caldo e vivo.
Nasir aveva dovuto quasi trascinarlo con sé dietro gli altri perché il suo corpo si rifiutava di muovere un solo muscolo e suoi occhi erano fissi sul mucchio di terra e sul sangue rappreso che sporcava la pietra e il metallo.
Avevano camminato per giorni, ma forse erano state settimane perché Agron non aveva dato una sola occhiata al sole e aveva pensato solo a Spartacus e alla guerra e alla morte e alle tombe insepolte dei fratelli caduti in battaglia e poi aveva pensato a se stesso, alle sue mani, alla vita che gli era rimasta, ai suoi passi sulla pietra e agli incubi e ai sogni durante la notte.
La notte, che è il momento peggiore e il migliore insieme di tutta la giornata, quando il suo cuore è luce e tenebra e gioia di vivere e desiderio di morire, perché si stringe Nasir al petto più forte che può e ascolta il suo respiro e si ferma, incantato, a osservare il sorriso dolce che gl’increspa le labbra e avverte il suo peso gravargli sul petto e il calore e la morbidezza dei suoi fianchi sotto le mani martoriate e distrutte dalla guerra e allora quella solitudine, quel pensiero di essere rimasto il solo, l’unico, s’assopisce e muore, ucciso dal sorriso che gli spunta in viso, ma la pace dura troppo poco e la notte si dimostra troppo lunga e ostinata per i suoi fragili sogni d’amore perchè gli occhi di Spartacus lo tormentano nei sogni e gli s’intrappolano tra le palpebre e allora Agron non può fare altro che serrare gli occhi più forte che può e rinchiudere quelle ultime lacrime amare in fondo alla gola.
Nasir non sa niente dei suoi incubi o forse si, lo sa, ma con lui non ne fa parola e la notte, quando lo sente tremare contro la sua schiena, gli bacia il viso, le spalle e il petto e a quel punto la tenebra si dirada e Agron avverte l’abbraccio di un amante e l’amore di un fratello circondarlo e proteggerlo e si rilassa, almeno nei sogni, gli occhi chiusi e la mente altrove.
Poi, quando arriva l’alba e Agron apre gli occhi, si ritrova intrappolato tra due braccia esili, col viso seppellito nel petto del suo compagno e un sorrisino gli occupa le labbra e allora capisce che è una pace dolorosa, combattuta e sofferta, quella che hanno raggiunto, fatta di morte e scie di sangue lunge quanto un braccio, che i romani – quei fottutissimi romani – si sono presi tutto – la loro libertà, la loro forza, la loro dignità alla volte e i loro fratelli – e che per questo – solo per questo – la loro vita e il cuore che ancora batte loro nel petto hanno il valore non di una, ma di centinaia di vite e che non sono stati gli Dei a graziarli e a risparmiarli e a salvarli, ma quegli uomini e quelle donne che hanno combattuto e a loro hanno affidato i resti del proprio cuore.
Nasir nel proprio porta il peso del cuore di Naevia, di Castus e la metà di quello di Spartacus; quello di Crixus, invece, di Gannicus, l’altra metà del cuore di Spartacus e quello di Duro – soprattutto quello di Duro – sono il regalo che i morti hanno lasciato ad Agron.
Sono pesanti – terribilmente pesanti e bui e vuoti, alle volte – ed è un peso che un uomo solo, con il viso e la mani martoriate dalla guerra, non può reggere, non dopo tutto quello che si è lasciato alle spalle e la paura in corpo che non ci sia niente, oltre l’orizzonte che già ha attraversato, ma Agron si tira addosso il corpo sveglio di Nasir e lo bacia con la luce dell’alba negli occhi e l’osserva in viso e vede la stessa gioia di vivere e lo stesso desiderio di morire e allora lo bacia ancora e avverte il suo sorriso soddisfatto e il gemito che gli scivola tra le labbra e spera che, come lui, Nasir stia immaginando e sognando – finalmente – visioni nitide dei giorni a venire.






 

  
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