Serie TV > RIS Delitti imperfetti
Segui la storia  |       
Autore: maavors    20/06/2013    1 recensioni
Mia Nisi è il nuovo sottotenente dei RIS di Roma. Il suo arrivo porterà molti cambiamenti nel (quasi) tranquillo ambiente romano.
IMPORTANTE: sto aggiornando e modificando i capitoli. 05/01/2016
Genere: Commedia, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Bartolomeo Dossena, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO 10
 
 
    Se sapessi che oggi è l'ultima volta che

 ti vedo uscire dalla porta, ti abbraccerei,
ti darei un bacio e ti chiamerei
di nuovo per dartene altri.
La Marionetta, Johnny Welch

 
 
Nessuno disse o fece niente finché Daniele, Bart e Bianca entrarono dalla porta principale. I loro volti parlavano da sé e senza dire una parola si diressero direttamente nell’ufficio di Lucia dove tutti li stavano aspettando, in un silenzio quasi religioso.
Non appena i tre si sederono la Brancato, come risvegliata da un’ipnosi, iniziò a parlare “Ce lo siamo fatto scappare da sotto il naso. Era lì, era sempre stato lì” la sua voce era calma, piena di delusione “ma noi non ci faremo coinvolgere in un’altra caccia alla “banda del lupo”. Questa volta li prendiamo, per sempre. Non è più padrone delle nostre vite” continuò Lucia piena di energia. “Cecchi e Nisi, controllate tutti i video di sorveglianza, deve pur essere entrato da qualche parte” disse il capitano ai due ragazzi seduti accanto a lei, che dopo aver sentito quelle parole annuirono all’unisono e si alzarono dal tavolo per iniziare il lavoro.
 
Nell’ufficio di Emiliano erano già arrivati i filmati, “Pronta?” iniziò lui mentre Mia prendeva una sedia e cominciava a visionare il primo nastro.
Con una strana sensazione nello stomaco inserì il disco e pochi secondi dopo il filmato cominciò.
Era una normale giornata di lavoro quella che stava controllando, persone che entravano, persone che uscivano, uomini e donne con valigette, due detenuti che venivano rilasciati – dopo chissà quanti anni – altri che invece varcavano la soglia del carcere, per la prima volta? Avevano ucciso qualcuno? Legittima difesa? Omicidio preterintenzionale? non lo sapeva Mia e non era suo compito dirlo, un’altra donna con una valigetta, indossava tacchi alti e un lungo cappotto, un uomo pochi minuti dopo uscì da una macchina, anche lui portava una borsa, giacca lunga, cappello e occhiali da sole. “Emiliano?” disse Mia quasi emozionata “Sì?” il ragazzo le si avvicinò con la sedia “L’ho beccato” le disse guardandolo fisso negli occhi “Occhiali da sole, peccato che oggi piova. E poi dopo questa ripresa non si vede più niente.”
Emiliano la scansò e si posizionò davanti al PC. Iniziò a digitare codici incomprensibili e dopo un paio di minuti di completo silenzio, dove si sentiva solo il rumore dei tasti, Mia chiese cosa stesse facendo “Ho isolato la sagoma di quest’uomo e la confronto con quella di Pugliese. Se combacia è lui. Mentre aspetto i risultati cerco di identificare la targa, tu aggiorna Lucia o Ghiro” le disse. Mia annuì e iniziò a cercare i superiori.
 
Era passato da poco mezzogiorno e c’erano poche persone in servizio, quasi tutti in pausa pranzo. Nonostante gli avvenimenti della mattina c’era una strana calma in ufficio. I soliti rumori dei macchinari, sempre in funzione, i soliti odori. Lucia non c’era e nemmeno Orlando. Prese il telefono e compose il numero di Ghiro, ma dopo parecchi squilli scattò la segreteria telefonica “Dannazione!” pensò.
“Mia!” la ragazza si voltò e vide Emiliano tutto contento sulla porta con il giacchetto in mano. Incerta si avvicinò “Era lui! Le sagome combaciano, combacia tutto” preso dall’euforia le stampò un bacio in fronte che lasciò Mia senza parole.
“Non ho trovato nessuno” disse lei invece sconsolata “Vabbè andiamo lo stesso” affermò Cecchi mentre prendeva la pistola “Dove, scusa?”
“Ho preso il numero della targa, un mio amico l’ha rintracciata e ho l’indirizzo”
“Dovremmo aspettare i rinforzi” disse Mia seria “Non c’è tempo per i rinforzi! Se non interveniamo noi adesso, non potrebbero esserci altre occasioni! Il lupo ha commesso un solo errore e noi lo dobbiamo sfruttare” non l’aveva del tutto convinta e le si leggeva in faccia che avrebbe preferito restare ed aspettare “Senti se hai paura lo capisco, ma io vado a prendere l’assassino di Flavia. Perché se non interveniamo noi oggi, potrebbe esserci un’altra Flavia domani” Mia lo guardò intensamente negli occhi, sentiva che poteva fidarsi di quel ragazzo, almeno un po’ “Va bene” disse espirando, come se avesse trattenuto il fiato fino a quel momento.
Mentre Emiliano finiva di prepararsi Mia compose un SMS destinato a Bart “Stiamo andando da Pugliese. Siamo soli, non so l’indirizzo. Ho il GPS acceso. Mi fido di te.”
“Pronta?” chiese Cecchi con le chiavi della macchina in mano, lei prese la pistola che aveva preparato sul tavolo davanti a lei e annuì.
 
Consapevoli di star andando in una missione, probabilmente suicida, misero in moto. Quel giorno Roma era piuttosto trafficata e Mia ne fu felice, così gli altri hanno il tempo di raggiungerci, pensò la ragazza, che non era ancora del tutto convinta. Emiliano era stranamente silenzioso e poteva vedere che anche lui era agitato.  Per tutto il viaggio non dissero mezza parola e solo quando furono quasi arrivati lui disse “Forse è meglio lasciare qui la macchina e proseguire a piedi.”
La casa non aveva recinzioni o cancelli da superare, solo numerosi alberi che circondavano l’abitazione. Un gazebo bianco li accolse e sulla sinistra c’era un enorme piscina a forma di clessidra. Le enormi vetrate lasciavano intravedere l’interno. Non sembrava ci fosse nessuno in quella stanza, ma la macchina era parcheggiata nel vialetto.
Mia inspirò e si voltò verso Emiliano “Ho avvertito i superiori prima di uscire” confessò lei mentre Cecchi la guardava “direi di aspettare i rinforzi, nel frattempo li teniamo d’occhio e interveniamo solo se necessario” disse la ragazza, quasi fosse lei il tenente e lui il sottotenente. Lui annuì “Coprimi, mi sposto. Così abbiamo una visuale maggiore” disse e lei fece come comandato. Puntò la pistola verso nessuno mentre Emiliano correva verso un albero alcuni metri più avanti.
I minuti passavano e non si vedeva nemmeno l’ombra dei rinforzi. Più il tempo aumentava e più Mia pensava che nessuno sarebbe arrivato e che sarebbe morta lì: sorpresi dalla banda li avrebbero rapiti e torturati, solo alla fine quando erano all’estremo delle loro forze li avrebbero uccisi. Non aveva paura di morire, o meglio non aveva paura del dopo, era una questione che non l’aveva mai spaventata. Era convinta che come l’energia nell’universo non si crea e non si distrugge anche gli esseri viventi fossero soggetti a quella legge. Un giorno tutte le particelle del suo corpo sarebbero andate a creare qualcos’altro e prima di lei altri erano morti e ora la loro energia era in lei e così per l’eternità. Quel pensiero la rendeva, nonostante tutto, serena. Controllò l’orologio, era passata un’ora.
Chiuse gli occhi e inspirò profondamente, pensò alla sua vita, alle decisioni che aveva preso e che l’avevano portata lì, in quel momento, insieme a Emiliano. Era talmente occupata a pensare che non sentì i passi dietro di lei. Si accorse di una presenza solo quando due mani la bloccarono. Con un braccio la stringevano e con l’altra mano le tenevano la bocca chiusa, così da non avvertire Emiliano.
Improvvisamente le sembrò che il sangue non confluisse più e la sua fronte iniziò a sudare freddo. Si sentiva paralizzata e impotente, voleva urlare e avvertire Cecchi che li avevano scoperti, ma non ci riusciva. Chiuse gli occhi e fece l’unica cosa a cui riuscì a pensare. Senza tanti scrupoli tirò un calcio all’indietro, cercando di colpire il suo aggressore, e ci riuscì, infatti la persona dietro di lei lasciò immediatamente la presa. Subito riprese il controllo della situazione: impugnò la pistola e voltandosi la puntò verso Bart.
 
Sgranò gli occhi e quasi le venne da piangere alla vista di lui. Abbassò la pistola e senza dire niente gli gettò le braccia al collo. “Sei arrivato” disse in un sussurro, lui non rispose subito, ma solo dopo quando sciolsero l’abbraccio e finalmente la guardava negli occhi “E non sono venuto solo” affermò Bart. Insieme si voltarono e Mia si sentì sollevata alla vista di due pullman pieni di colleghi venuti in soccorso.
“Grazie” gli disse con un sorriso che scopriva tutti i denti “Dovere,” rispose lui “hanno circondato la casa…” una raffica di spari catturò la loro attenzione “Mi fai da partner?” le chiese e senza aspettare la risposta iniziò a camminare impugnando la pistola. Mia lo seguì, contenta che almeno non erano più solo in due.
Entrarono nell’abitazione, la porta l’aveva sfondata chi prima di loro l’aveva varcata. Era tutto incredibilmente ordinato, non c’era una cosa fuori posto e sembrava tutto irrealistico. Gli spari sembravano provenire da una stanza accanto a quella dove si trovavano. Bart si accostò alla destra della porta e Mia alla sinistra, con un gesto fermo e deciso lui puntò la pistola all’interno della stanza ed entrò. “Libero” disse, poi prendendo la radiolina che teneva attaccata al giubbotto anti proiettile continuò “due uomini a terra, ferita da arma da fuoco, siamo al primo piano.” Mia seguì Bart e si avvicinò ai due carabinieri feriti, uno era morto mentre l’altro respirava ancora, a fatica.
“Tranquillo, stanno arrivando i soccorsi, andrà tutto bene” gli stava dicendo Bart premendo le mani sulla ferita. “Dossena qui non c’è nessuno” la voce di Lucia usciva dalla radio “sono ancora in casa, fate attenzione.”
Erano entrambi impegnati ad occuparsi del collega a terra e si resero conto della presenza di Pugliese quando lui, col gancio della pistola, colpì Bart alla testa facendolo cadere privo di sensi. Mia deglutì e impugnò l’arma “Pugliese è finita, sei circondato” disse quasi con voce tremante “Sei nuova?” rispose lui ignorando le sue minacce “Non mi sembra di averti mai vista” sembrava padrone della situazione e senza il minimo accenno di paura “Getta l’arma! Questa volta non hai scampo” continuò Mia “Lo sai? Anche quello ha detto così, prima di piantargli una pallottola in testa” Pugliese indicò il carabiniere rimasto ucciso “Non è difficile sparare, guarda ti faccio vedere, si fa così” puntò l’arma verso di lei e premette il grilletto. Il metallo le perforò la carne e cadde a terra. Si portò una mano all’altezza della spalla, dove sentiva il corpo estraneo pulsare. Il dolore iniziò a spargersi in tutto il corpo e Mia sapeva che quella sarebbe stata l’ultima faccia che avrebbe visto prima di morire. “Visto, è facile” Pugliese continuava a parlare e Mia cercò di afferrare la pistola che le era caduta mentre le aveva sparato. “Che c’è tesoro? Ci vuoi provare anche tu?” chiese lui mentre calciava via la pistola del sottotenente. “Magari, un’altra volta, che dici?”
“Sì, a Rebibbia quando ti verrò a trovare” rispose acidamente Mia. “Non mi prenderete mai, stronza!” urlò lui mentre le tirava un calcio sullo stomaco, facendola rimbalzare contro un tavolo e una cascata di vetri le cadde addosso.
Quando finalmente smise, Mia fece ricadere la testa sul pavimento freddo poi sentì uno sparo e il dolore. Il proiettile doveva essere da qualche parte sotto l’addome, ma non riusciva a capire dove perché il dolore era troppo forte. Chiuse gli occhi e sentì un altro sparo.
Aspettava con ansia di sentire il metallo perforarle la carne, di nuovo, ma quella volta non accadde niente. Sentì un corpo cadere a terra e un altro strisciare verso di lei.
“Mia” qualcuno la stava strattonando delicatamente “Mia, dai apri gli occhi” Bart era piegato sopra di lei. Con le mani cercava di bloccare la fuoriuscita di sangue ma era troppo. “Cazzo!” urlò lui “Apri gli occhi Mia, ti prego” continuava lui, ma lei era troppo debole per fare come diceva e aveva una gran voglia di dormire. Le parole che Bart le stava urlando iniziarono a mischiarsi e non avevano senso, voleva dirgli di stare tranquillo, che non aveva paura, che andava tutto bene, ma non poteva. La sua voce era lontana, lontanissima e le sembrava di star affondando, affogava e non sapeva nuotare. Con le ultime forze che aveva cercò di fargli un sorriso e poi non sentì più niente.


 

 
aggiornato e corretto 28/02/2016
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > RIS Delitti imperfetti / Vai alla pagina dell'autore: maavors