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Autore: Luth11    20/06/2013    3 recensioni

« Fuggi? »
« Certo che no. »
Un sorriso divertito increspò le labbra di un ragazzo che si nascondeva nell'ombra.
« Bugiarda. »
Lily sorrise tra se, era vestito da uno dei tre moschettieri, uno dei suoi libri preferiti.
Ma la cosa che la colpì di più fu il tono in cui pronunciò quell'unica parola, 'bugiarda'. C'era solo una punta di divertimento nella sua voce, e stanchezza – come di chi porta un peso e invece vorrebbe solo lasciarlo andare.
Si avvicinò di qualche passo, incuriosita, e per un istante si ritrovò a fissare un paio d'occhi di un colore indefinibile, a metà tra il grigio e un azzurro rubato al mare, così limpidi che sembravano implorare solo d'esser letti.
Sulle labbra della ragazza si dipinse un sorriso.
« La tua storia? »
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dominique Weasley, Lily Luna Potter, Rose Weasley, Roxanne Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Lily/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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                                                                                                                 Dategli una maschera, e vi dirà la verità.

 

« Voi tre vi siete completamente ammattite! Voglio dire, avete iniziato a fumarvi foglie di tentacula velenosa? »

Lily Potter lasciò scorrere lo sguardo scioccato su Dominique, Rose e Roxanne Weasley. Ma il sorriso ilare che, a dispetto di quella conversazione assurda , le aleggiava sulle labbra sparì nel momento in cui si rese conto che facevano sul serio.

Merlino santissimo.

Un ballo in maschera.

No peggio, una serie di balli in maschera, che sarebbe durata per tutto l'anno, in cui non si sarebbe potuta svelare ne lasciar intuire la propria identità. E anche se non aveva idea di come, Lily non aveva dubbi che quelle tre -rispettivamente un essere soprannaturale, e a volte un po' inquietante, al cui occhi nulla poteva sfuggire; una mente brillante, la più brillante della scuola per l'esattezza, e un perfetto genio del male- sarebbero riuscite a far rispettare quell'unica regola.

Ma la cosa assurda, per non dire orripilante, di tutta quella storia era che non solo pretendevano che lei venisse a quegli stramaledetti balli, ma volevano anche che le aiutasse ad organizzarli.

La spiegazione era una sola, qualcuno doveva aver fatto evanescere i loro cervelli.

 

«Oh andiamo Dommie, tu dovresti essere la persona equilibrata della famiglia. Non puoi aver concepito...questo!»

«Mi annoiavo. In questa scuola non succede mai nulla di intéressant. » replicò la ragazza senza scomporsi, se non per un impercettibile fremito delle labbra nell'udire quel nomignolo che, inutile dirlo, detestava. Ma da che ricordasse la piccola di casa Potter non l'aveva mai chiamata con il suo nome intero, e quello non le sembrava il momento più adatto per riprendere la discussione.

«Rosie, dov'è finito il tuo buon senso?» tentò ancora Lily, iniziando a sospettare che sarebbe finita male, molto male. « Tu odi i balli, la confusione, la gente. Sei timida fino all'inverosimile con gli sconosciuti, bhe poi con noi ti sfoghi alla grande, ma questa è un'altra storia...» la Grifondoro si scompigliò distrattamente i capelli, abbandonando il pensiero di come Rose si trasformasse, quando era sola con la sua famiglia e i suoi amici, da ragazza silenziosa e studiosa in una degna Weasley, chiassosa e con la risata sempre pronta. Lily sbuffò, cercando di riprendere il discorso: « Insomma, dicevo, tu detesti questo genere di cose, e adesso improvvisamente non solo vuoi prendere parte a un ballo – e il tono scandalizzato con cui la cugina pronunciò l'ultima frase fece svettare verso l'alto il sopracciglio della suddetta Rose, che tuttavia non replicò- ma vuoi addirittura organizzarlo? » concluse Lily, pregando che almeno la sua cugina preferita si dissociasse da quella follia. Ma Rose le rivolse un sorriso, stringendosi nelle spalle.

« Credo che favorirà la cooperazione tra le case. Non ne posso più delle zuffe alla babbana nei corridoi, o dei duelli a mezzanotte, ne delle...»

Lily smise di ascoltarla nell'istante in cui comprese che era una battaglia persa.

Si voltò con il briciolo di speranza che le restava verso l'ultima delle tre, ma desistette appena si ricordò di avere davanti Roxanne Weasley.

« Con te nemmeno ci provo a discutere. Ci sguazzi in questa roba. » esalò sconfitta.

« Vi odio. Tutte e tre. » protestò un'ultima volta e nonostante avesse uno sguardo che le stava cruciando una ad una, Dominique incurvò le labbra in un sorriso affabile.

« Ma ormai hai promesso, chérie. »

Dannata Serpe.

Lily emise un verso strozzato a metà tra un ringhio e un lamento, maledicendosi per quando aveva accettato di aiutarle senza prima chiedere cosa gli frullasse in quelle teste diaboliche.

Imprecò tra se. Ora capiva perchè Dominique era a Serpeverde, Rose a Corvonero e Roxanne a Grifondoro.

Porco Salazar.

Non poteva avere una cugina Tassorosso, magari mentalmente stabile?

 

 

In breve, questo era il motivo per cui Lily Potter stava squadrando torva un vestito nero che se ne stava steso con aria minacciosa sul suo letto.

«Siate sincere, quale diavoleria si è inventata Rox per convincere la vecchia Minnie? » chiese la rossa, scoraggiata – perchè, tanto per mettere la ciliegina sulla torta, la preside aveva approvato la folle trovata dei balli- ma il ghigno fin troppo soddisfatto della cugina le fece repentinamente cambiare idea.

« Ripensandoci, preferisco rimanere all'oscuro. » aggiunse frettolosamente.

Merlino, Godric e Morgana, perchè?- si chiese per l'ennesima volta mentre lasciava teatralmente cadere l'asciugamano in cui si era avvolta uscendo dalla doccia e spalancava le braccia, guardando le cugine con un'espressione di puro odio.

« Dom, fai di me ciò che vuoi. » concesse a malincuore. « Ma almeno sii veloce. » implorò.

La veela -solo per un ottavo, in realtà- non se lo fece ripetere ed iniziò ad armeggiare prima con il vestito, poi con il trucco -Lily non si era mai truccata, le sembrava uno spreco delle sue esigue o pressochè inesistenti forze mattutine, ma a occhio e croce trentasette minuti le sembrava un tempo un po' eccessivo per quell'operazione- e infine si dedicò ai decisamente disastrati capelli della Grifondoro.

Ora, per capirci, immaginate la capigliatura di Harry Potter appena sveglio, magari reduce da uno dei suoi allegri incubi su Lord Voldemort. Adesso pensate questa 'acconciatura' su una ragazzina fin troppo esile, con capelli rossi, sottili e elettrici, lunghi fino alla vita. Il risultato era che Lily Potter sembrava perennemente reduce da uno scontro particolarmente agguerrito con una coalizione di nargilli, gorgosprizzi e ricciocorni schiattosi, per dirla con le parole con cui aveva amabilmente apostrofato i suoi capelli, anni addietro, Lorcan Scamander.

Lily ormai c'era abituata, ma la perfetta Dominique Weasley, che sfoggiava capelli lisci e setosi, rischiò una crisi di nervi.

Tuttavia, quando la minore dei Potter azzardò un'occhiata carica di scetticismo in direzione dello specchio si stupì di vedere i suoi capelli domanti. Più precisamente erano strettamente raccolti, per non dire brutalmente imprigionati, in un'elaborata acconciatura che le lasciava libera solo qualche ciocca sul volto, sapientemente trasformate dalla bacchetta di Dominique in morbidi boccoli.

Passò ad esaminare il trucco e constatò, non senza una smorfia, che consisteva in un'ombra scura e marcata intorno agl'occhi – Dominique lo aveva chiamato smoky qualcosa- un'abbondante dose di cipria per nascondere le sue lentiggini, le guance colorate di un rosa tenue e un qualche impiastro malefico, rosso e appiccicoso, sulle labbra.

Il vestito aveva un corpetto così stretto da toglierle il fiato e una morbida e ampia gonna che sembrava fatta di piume nere e le arriva poco sopra il ginocchio. Si calò sul viso la maschera, anche questa nera e decorata con delle piume dalla forma sottile e allungata, e dovette ammettere che Dominique era stata superba. Rompipluffe fino all'inverosimile, ma superba.

Lei stessa stentava a riconoscersi.

« Una sola domanda...da cosa diavolo mi avete vestita?» chiese con curiosità, ma senza abbandonare la sua espressione astiosa, suscitando le risate delle altre.

« Da cigno nero. »

Lily rivolse a Dominique uno sguardo interrogativo, ma lei la liquidò con un elegante cenno della mano.

La scondogenita di Fleur Delacoure e Bill Weasley indossava un semplice vestito bianco lungo fino a terra, stretto da un nastro argenteo che sottolineava la sua vita sottile, a cui si attaccavano un paio di ali d'angelo. I cappelli erano stati arricciati e gli occhi grigi, ereditati da sua madre, divennero azzurri quando indossò la maschera che aveva incanto. Perfino lei era irriconoscibile.

Rox invece portava un costume da sirena, pieno di paillettes che andavano dal blu al lilla, e anche lì Lily sospettava ci fosse lo zampino della bionda cugina, mentre Rose si lisciava a disagio le inesistenti pieghe di un vestito da dama dell'ottocento.

« Bhe possiamo andare. » annunciò Dominique con un sorriso che tradiva tutta la sua soddisfazione, e se non fosse stata lei, fredda e composta, avrebbe sprizzato gioia da tutti i pori.

 

 

Lily, come prevedibile, si stava annoiando a morte. Aveva dovuto aiutare ad organizzare, quindi l'aspetto e le decorazioni della Sala Grande non la stupirono nemmeno un po', la musica era pessima, e lei non aveva nessuna intenzione di intavolare una conversazione con perfetti sconosciuti, per lo più mascherati, ubriacarsi o ballare – come minimo sarebbe inciampata nei suoi stessi piedi e rovinata a dosso a qualcuno- E queste tre attività sembravano le uniche contemplate a quella dannatissima festa. Tendendo un po' a minimizzare, certo. Per esempio la coppietta accanto a Lily non stava esattamente conversando. Sembrava piuttosto che volessero copulare lì, sul divanetto di pelle chiara, con tanto di vestiti a dosso.

La Grifondoro si alzò con una smorfia irritata, decisa a sgattaiolare via da quel maledetto ballo, e per una volta qualcuno decise di mandargliela buona dato che non fu intercettata da nessuna delle sue tre 'cugine preferite' – a cui presto avrebbe dato morte lenta e dolorosa. Ma al momento la sua priorità era un'altra: trovare qualcosa da fare.

Iniziò a vagabondare per i corridoi deserti del castello, avvolti in una penombra azzurrata, godendosi il silenzio e la solitudine. Gettò un'occhiata distratta al cielo plumbeo che s'intravedeva da una finestra, promettendo pioggia, poi si arrampicò dal davanzale estraendo un libricino sottile da una tasca che si era premurata di aggiungere, con la magia, al suo vestito e si immerse nella lettura, lasciando che il mondo intorno a lei scivolasse dolcemente via.

Perchè se c'era una cosa che Lily Luna Potter amava, anche più delle Sorelle Stravagarie, o dei dolci, o delle Holyhead Harpies, forse anche più del quidditch – no okay, del quidditch no- erano i romanzi babbani. James e Hugo le ripetevano ogni volta che la vedevano con uno di quei 'cosi' in mano - era risaputo che entrambi soffrissero di un acuta allergia verso qualunque cosa avesse delle pagine, delle parole e una rilegatura- che quella era roba da Rose, l'intelligente, studiosa e coscienziosa caposcuola Corvonero, non da lei. Ma non c'era niente da fare, i libri -ad eccezione di quelli scolastici ovviamente- restavano il suo grande amore. (i libri e il quidditch, questo va detto.)

In quel momento sul suo comodino faceva mostra di se 'Orgoglio e Pregiudizio' mentre la sera prima aveva finito, divorandolo quasi, 'L'ombra del Vento'; ed ora stava leggendo con la stessa aria assorta e quasi febbrile, con l'espressione che mutava via via che sfogliava le pagine, mantenendo però una nota di fondo di serenità, come chi è finalmente in pace con se stesso e con il mondo.

Ma il brontolio cupo di un tuono in lontananza e il rumore battente di una pioggia già fitta la strapparono a quell'incantesimo di carta e inchiostro.

Lily scattò in piedi, allontanandosi automaticamente dalla finestra e lasciando cadere a terra 'sogno di una notte di mezza estate'. Non le piacevano i temporali. Sapeva che quella stupida storia risaliva a secoli fa, quando era ancora una bambina, ma le sue gambe iniziarono a portarla lontano, quasi fossero dotate di volontà propria, prima con passi lievi, che ben presto però divennero una corsa disperata e senza meta. Le pareti le scorrevano di fianco, tutte dannatamente uguali - come in un sogno, o in un incubo- dandole l'impressione di star girando in tondo e i tuoni le rimbombavano nelle orecchie e nella testa. Avrebbe voluto fermarsi e pensare razionalmente, ma continuava a tremare ad ogni lampo.

Poi una voce, fredda come l'aria che s'infilava dalle finestre in gelido refolo di vento, la fece fermare

« Fuggi? »

e voltarsi a fronteggiare il suo proprietario con la testa alta e l'espressione di fiero orgoglio Grifondoro.

« Certo che no. »

Un sorriso divertito increspò le labbra di un ragazzo che si nascondeva nell'ombra.

« Bugiarda. »

Indossava un cappello nero e una maschera d'argento a celargli il volto, un'ampia camicia bianca, un giustacuore di pelle nera, pantaloni e stivali dello stesso colore e, per finire, al fianco portava quello che, la Grifondoro ci avrebbe giurato, era un fioretto.

Lily sorrise tra se, era vestito da uno dei tre moschettieri, uno dei suoi libri preferiti.

Ma la cosa che la colpì di più fu il tono in cui pronunciò quell'unica parola, 'bugiarda'. C'era solo una punta di divertimento nella sua voce, e stanchezza – come di chi porta un peso e invece vorrebbe solo lasciarlo andare.

Si avvicinò di qualche passo, incuriosita, e per un istante si ritrovò a fissare un paio d'occhi di un colore indefinibile, a metà tra il grigio e un azzurro rubato al mare, così limpidi che sembravano implorare solo d'esser letti.

Sulle labbra della ragazza si dipinse un sorriso.

« La tua storia? » chiese con una naturalezza disarmante, avendo imparato che raccontare può essere difficile, ma anche la migliore tra le cure. E forse lui dovette tacitamente darle ragione, perchè abbandonò il suo angolo buio e la guidò, senza una parola, fino a un'aula abbondata nei sotterranei. Si sedette su un banco polveroso e aspettò che lei facesse altrettanto prima di rispondere alla sua domanda. O quantomeno provarci, senza doverle svelare chi fosse e senza permetterle di capirlo.

Quella sera, quando aveva messo piede nella Sala Grande, passando, per la prima volta, perfettamente inosservato, aveva pensato che era strano non essere riconosciuti, poter essere, almeno per qualche ora, uno nessuno e centomila.* Pochi minuti dopo si era sorpreso a pensare che infondo gli piaceva. Alla fine, turbato da quell'idea, si era rifugiato in quell'angolo dimenticato del castello, senza nemmeno sapere bene come ci fosse arrivato, bisognoso di calma e silenzio. Lui aveva sempre portato il suo nome con orgoglio, fiero di chi era, e quell'improvviso desiderio di essere un altro, qualunque altro, non se lo sapeva spiegare.

Una fastidiosa vocina nella sua testa gli suggerì che forse il suo nome aveva un peso, un peso enorme, e quella era solo voglia di libertà. La scacciò, sbuffando esasperato.

Tra crisi di identità e vocine doveva star perdendo il nume della ragione.

Tuttavia non era ancora disposto a rinunciare a quella maschera, forse più rivelatrice che menzoniera, ma questo lui ancora non lo sapeva.

Fu strano parlare di se senza usare il proprio nome, come se stesse togliendo una qualche parte, un'altra maschera. Fu come vedersi attraverso gli occhi di un altro e scorgere, per un attimo, sotto quella seconda maschera, verità che non voleva ne udire ne dire, e invece emersero impietosamente dalla sue parole, anche se solo accennate. Si ricordò che una volta qualcuno gli aveva detto che la verità trova sempre un modo tutto suo, di venir fuori, e non ci si può far nulla.

Forse, se avesse saputo che quello era solo l'inizio, che quella ragazzina con le sue domande brevi e i suoi silenzi attenti, gli avrebbe lasciato sgretolare a dosso la sua vera maschera, quella che lui non avrebbe nemmeno voluto riconoscere come tale; forse, se avesse saputo, sarebbe scappato.

Ma per inconsapevolezza, o altre ragioni -che di ragionevole avevano ben poco- rimase lì, davanti a quegl'occhi marroni che lo osservavano con interesse sincero, ma senza voler giudicare -come tutti nel mondo fuori da quell'aula che ora sembrava come sospesa, lontana da ogni cosa – primi a guardarlo e vederlo davvero. E forse per la prima volta si sentì anche un po' in soggezione, lui che di solito la incuteva, messo a nudo da quello sguardo vivo.

Quella ragazzina lo guardava in un modo meraviglioso e terribile allo stesso tempo. Eppure le parole fluivano dalla sua bocca sottile con naturalezza, forse perchè gli premevano dentro da tanto-ma questo preferì non crederlo, non ancora.

Si separarono quando iniziò ad albeggiare e lei lo salutò con un sorriso uguale al primo che gli aveva rivolta – la tua storia?- Poi sparì nel dedalo di corridoi e passaggi, ancora cullati da una morbida penombra, le scarpe in mano per non far rumore, dimenticandosi di recuperare il suo libro, che restò abbandonato nel freddo del castello.

Lily si tirò le coperte fin sopra i capelli, con la testa piena di domande, ma il temporale era ormai finito e sul suo viso vi era una tranquillità che non le apparteneva -lei che era un essere minuscolo quanto chiassoso e capace di combinare, o in alternativa cacciarsi nei guai- così si addormentò prima di potersene accorgere.

Note:
mi ero completamente scordata delle note! 
Ma tanto non ho niente da dire :') Giusto una cosa, una cioccorana per chi indovina di chi è la citazione che ho usato come titolo.
Poi lo so che ho altre due ff in sospeso ma uff, questa prometto di finirla u.u
Un bacio a tutti, Lù.

*inconsapevole citazione di Pirandello.

  
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