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Autore: Laysidel Dekie    20/06/2013    5 recensioni
DAL DIARIO DI UN'AUTOLESIONISTA... (Storia non adatta ai cuori deboli)
Sadie odiava la sua vita, odiava quel mondo che la distruggeva in continuazione.
Odiava le sue braccia piene di tagli. Lui era la sua forza/distruzione.
--
"E poi hai detto che mi vuoi. Adesso. E che lo vuoi fare con me"
Deglutisco. In pratica ieri gli ho detto tutto quello che penso di lui da mesi? Oh, bene.
Continua a giocare con i miei capelli, io fisso le sue labbra morbide che si schiudono piano.
"Non dovresti giocare con me, sai?"
Dice, minaccioso, dolce e terribilmente sexy allo stesso tempo.
Mi accarezza una guancia e mi fissa quasi a scusarsi per quello che sta per fare.
Genere: Drammatico, Erotico, Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Dal diario di un’autolesionista [Quattordici - Still Kidrauhl]
 
Quelle parole mi entrano in testa e sono la cosa più brutta che io abbia mai sentito. ‘Non abbiamo più un soldo, Sadie’
Fisso mia madre per parecchi minuti, aspettando che si decida a parlare, ma quella sembra tutta presa a fissare il motivo a quadri della tovaglia di plastica sul tavolo. L’ho comprata al mercato alcuni mesi fa, 3 euro.
Stufa di questo silenzio asfissiante batto un pugno su quel pezzo di legno che tremola sotto la mia forza. Mamma alza la testa di scatto spaventata.
 
“Che cazzo significa che non abbiamo più un soldo?!”
 
Esplodo, non riesco più a capire i suoi comportamenti, non riesco a capire più un cazzo!
 
“Sadie, calmati, siediti e ne parliamo. E non dire quelle parole”
 
Mi rimprovera, più ghiacciata di un pezzo di marmo. Odio il tono che usa con me, come se la mia rabbia fosse del tutto fuori luogo, come se fossi io la pazza e non lei che si chiude in camera per giorni senza rivolgermi più la parola. Nonostante tutto riesce ancora a farmi sentire inferiore, in qualche modo dalla parte del torto. Decido di ubbidirle - almeno per il momento - e mi siedo in punta di una sedia.
 
“Mi hanno licenziata e non sono più riuscita a trovare lavoro… non so più come fare con i soldi e fra un mese probabilmente non ne avremo più per mantenere la casa”
 
“Da quanto tempo va avanti questa situazione?” sussurro sforzandomi di rimanere calma.
 
“Un paio di settimane”
 
Un paio di settimane. Ma questa è veramente pazza?! La odio, la odio, la odio! Ora che tutto stava andando bene, anzi, meglio del previsto, mi sta crollando tutto addosso. Mi sembra di non avere il diritto di essere felice, e forse è così. La felicità è solo per le troie, i fighi e quelli che, a differenza mia, hanno imparato a cavarsela.
Mi infilo la mano dentro i capelli tirandoli forte per trattenermi dall’urlare contro quell’essere seduto al tavolo con me. 
 
“Margaret, perché non me lo hai detto prima?! Cos’è, vuoi continuare per tutto il resto della tua patetica vita a rimpiangere papà che è andato via, che ci ha abbandonate? A odiare Charlotte perché è scappata?! Sai che ti dico? Hanno fatto bene, avrei dovuto farlo anche io invece di stare a casa con una pazza come te! Non sai tenerti neanche un lavoro, mi stai distruggendo la vita!”
 
Un colpo mi fa bloccare dall’inveire contro di lei. E’ un attimo, la sua mano fredda colpisce dritta sulla mia guancia con una potenza impressionante. Spalanco gli occhi per la sorpresa e fisso il vuoto di fronte a me; la rabbia che ho dentro in un istante ha lasciato posto a un gelo soffocante. 
Fisso quella cosa, che non è neanche degna di essere considerata una persona. Lei non è mia madre, almeno non lo è più. Ed è questo che mi fa rabbia: dove cazzo è finita la mia Margaret?
Questa non è lei, è un mostro, e io non voglio averci niente a che fare. La fisso, i suoi occhi nocciola sono spenti e mi fissano opachi e furiosi, rossi come se non avesse fatto altro per piangere per giorni. Una lacrima scende lenta sulla mia guancia, senza che io possa fare niente per fermarla.
 
Ti odio ringhio tra le labbra, poi scappo via. 
 
Salgo in camera, mi strappo il vestito dal corpo e lo sostituisco con i primi jeans e maglietta che trovo nell’armadio. Poso i trampoli e metto un paio di Vans rosse. Corro all’entrata, con le labbra ben strette tra i denti per non urlare, afferro un giubbotto a cazzo e corro fuori sbattendo forte la porta. 
Voglio che Margaret senta, e ricordi. Che papà, anzi, chiamiamolo col suo nome: Sebastian, ci ha lasciate così, sbattendo forte il portone come se volesse far crollare l’intera casa. 
E infatti dall’interno riesco a sentire la voce di mia madre urlare furiosamente, sembra pazza e forse lo è. 
 
Corro per strada senza una meta. Il tempo è anche peggiorato, ora le nuvole scure coprono il cielo rendendo tutto orribile e grigio. 
Corro e non capisco dove vado, mi fermo solo quando i miei piedi cedono vicino alla mia scuola, in una villetta lì accanto. E’ un parco giochi, ci sono le giostre dei bambini adesso deserte. Sembrano gli scheletri di un corpo morto. 
Rimango ferma, immobile, poi la pioggia incomincia a cadere su di me come schegge di vetro.
Le lacrime si sfogano cadendo sul mio viso, mi sembra di morire. Urlo al cielo, bestemmio in tutte le lingue che conosco contro Dio che mi ha abbandonata qui e se ne sta fottendo di tutto. 
Non è giusto, non è giusto, non è giusto!
Rimango sotto l’acqua, anzi, mi sdraio a terra consentendo così al mio corpo di inzupparsi per bene sotto la pioggia. Non ho mai fatto una cosa del genere però la sensazione è bellissima: guardare il cielo dal colore grigio perla mentre gocce calde d’acqua ti cadono sugli occhi, mischiandosi alle tue lacrime salate. Stringo tra le mani l’acciottolato del parco giochi e mi sento uno schifo, vorrei morire. Adesso. 
 
Non so per quanto tempo rimango lì per terra, mi sento veramente una merda, so solo che all’improvviso smetto di piangere e dopo ben cinque minuti afferro il cellulare dalla tasca. Ora sta piovendo più piano, la tempesta è passata.
Con le mani tremanti sblocco lo schermo e vado in rubrica, selezionando un numero ben conosciuto. 
 
Dopo alcuni squilli a vuoto, risponde. 
 
“Pronto?” 
La sua voce è calda come il miele, e qualcosa mi si scioglie nel petto. 
 
“J-Justin, sono Sadie…” balbetto, non so se per il freddo o perché sto cercando di trattenermi dallo scoppiare a piangere al telefono.
 
“Oddio, Sadie ma che hai?”
 
Niente, volevo solo sentirti… ma dove sei tu?”
 
“Non riesci a stare senza di me, eh piccola? Va bene, allora vieni allo WWRY, lo studio discografico. Sai dov’è?”
 
“Si, si… aspettami lì”
 
--
 
Mi sembra assurdo che facciano lavorare Justin anche la vigilia di natale; dovrebbe essere il momento in cui tutti stanno con le proprie famiglie! Almeno lui che ne ha una dovrebbe, deve, farlo… 
In questo io e Justin siamo un po’ simili. Entrambi vogliamo qualcosa che non possiamo mai avere: io un po’ di tempo con la mia famiglia tutta unita, lui un po’ di tempo con i suoi senza l’intralcio della fama.
 
In meno di mezz’ora sono di fronte allo studio. E’ l’unica cosa decente che c’è qui in città, si incidono canzoni lì, si fanno album, ne escono piccoli e grandi cantanti e a volte si fanno anche presentazioni di dischi di cantanti emergenti. 
Mi chiedo che stia facendo. 
 
Quando mi trovo lì davanti sono incuriosita dal fatto che non ci sia folla, pensavo a un altro incontro con le fan, magari per gli autografi. Niente. Busso alle porte di vetro. Maledette porte di vetro direi. 
L’ingresso è deserto. 
 
“C’è qualcuno?” chiedo, come nei film horror. 
 
Un omone vestito di nero spunta da dietro l’angolo, mi sembra sia quel Bob, seguito da altri due uomini in nero e un signore di circa trent’anni con una giacca grigia dall’aspetto professionale. Tutti mi squadrano dalla testa ai piedi e non ne capisco il motivo: non sono mica un alieno.
 
“E tu, chi saresti?”
 
Un’altra volta, non so che rispondere. Chi sono io per Justin? Vallo a capire quello. 
Bob mi precede poggiando una mano sulla spalla del tizio. 
 
“Tranquillo Roger, è la ragazza di Justin”
 
A quel punto Roger mi fa un’enorme sorriso. 
 
“Ah, a quanto pare Selena allora è stata definitivamente messa da parte… beh, cara puoi passare, Justin sta facendo le prove e tra poco finirà”
 
Mentre percorro il corridoio nella direzione indicatami sento Roger - che a quanto pare ha il vizio di parlare a voce alta - sussurrare: Mi sarei aspettato di meglio…
 
Percorro il corridoio, tutto dritto, cercando di non pensare a quelle parole che fanno male. Eccomi di fronte a un’altra finestra di vetro. Ci sono numerosi apparecchi e due signori che sono con le cuffie e ascoltano concentrati. Justin è lì, al centro della sala, con un microfono particolare davanti, che canta. Una canzone che non gli ho mai sentito cantare. Il che è molto strano, so tutte le sue canzoni io! Com’è possibile?
 
Ha gli occhi chiusi, una mano sul petto ed è molto concentrato su quello che sta facendo. I capelli sono luminosi, potrei dire la stessa cosa degli occhi se solo fossero aperti. Mi appiccico al vetro approfittando del fatto che non possa vedermi.
 
“Because the infinite is nothing with you ...
know that if I had a thousand choices, you would be the only…”
 
Sta cantando.
 
“Va bene, Justin! Per oggi va bene così”
Lo interrompe uno dei due signori. Justin apre gli occhi, sorridendo ai due. 
 
“Okay” li saluta con un cenno della mano, avviandosi all’uscita. 
Non appena i suoi occhi si posano su di me sul suo viso si forma un’espressione strana, sembra sorpreso ma allo stesso tempo preoccupato. 
Esce fuori con lentezza, ed io ho tutto il tempo di osservare il cavallo dei suoi pantaloni decisamente bassissimi. Penso che prima o poi gli cadranno veramente sotto il culo. 
 
Non appena esce dalla porta scoppia a ridere fissandomi divertito, cercando di trattenersi senza risultati. 
Mi fissa dalla testa ai piedi con un ghigno sulle labbra. 
 
“Si può sapere che c’è?”
 
Scoppia nuovamente a ridere e la cosa mi da su i nervi. Inizio veramente a sentirmi a disagio. Quando finalmente si calma mi risponde, tra una risata a l’altra.
 
“Sei fradicia. E hai messo la maglietta al contrario”
 
Un colore rosso si diffonde sulle mie guance nel notare che quello che ha detto, effettivamente è vero. Sono fradicia, i miei capelli gocciolano acqua, ma soprattutto la maglietta dei “Nirvana” che indosso è al contrario, con la targhetta sul collo. 
Nella furia con cui me la sono messa a casa non devo essermene accorta. Mi sforzo anch’io di ridere, con un pessimo risultato. 
 
“Oddio, non l’avevo visto…”
 
Justin scuote la testa, e so che mi sta prendendo per pazza. “Andiamo, non puoi girare in questo modo, ti accompagno al camerino così ti cambi, va bene?”
 
I suoi occhi luccicano in uno strano modo mentre sussurra quelle parole che hanno un non so che di sensuale. Annuisco incerta e lui mi prende la mano con fare sicuro. A quel contatto mi sento attraversare da una scossa dalla testa ai piedi, mi sento impotente contro le emozioni che provo ma non mi da fastidio. Ed è veramente strano. Solitamente sono io che voglio avere il comando sugli altri, ma quando sono con lui… è tutto così diverso.

"Ah, dopo vado a fare un concerto a Londra, ti va di venire?" dice come se niente fosse. 

Sto per rispondere con qualcosa del tipo 'Non ho i biglietti' o 'Mia mamma mi uccide', ma poi penso che sarebbe stupido rispondere sia nel primo che nel secondo modo: uno, al concerto mi sta invitando signori e signori niente poco di meno che lo stesso Justin Drew Bieber in persona, quindi non penso mi servano biglietti; due, non ho più una madre.

"Va bene" rispondo semplicemente.
 
Mi trascina ancora più infondo al corridoio dove ci sono varie porte, alcune socchiuse. Apre una di esse che si affaccia su un camerino pieno di costumi e roba simile; ci sono anche leggins e delle magliette.
 
“Mettiti quello che ti piace e andiamo. Sbrigati”
 
Ed ecco tornare il Justin arrogante, quello che non sopporto. Sbuffo e provo a chiudere la porta del camerino per lasciarlo fuori, ma lui si infila subito dentro. 
 
“Posso aiutarti io a spogliarti, se vuoi”
 
Sussurra, i suoi occhi incastrati nei miei. Le sue mani si avvicinano a me e sfiorano la mia guancia bagnata, poggiandosi poi sulla base del mio collo dove il suo pollice si appoggia sulla mia clavicola. 
 
“Justin, non costringermi a risponderti male”
 
La mia voce mi tradisce, è così roca e il respiro è così affannato che chiunque capirebbe che sto morendo dal piacere. 
Justin, infatti, scoppia a ridere. 
 
“Shh, lasciami fare”
 
Sussurra al mio orecchio, sicuro di se. Il suo fiato provoca la pelle d’oca sulla maglietta bagnata. 
Non riesco a rispondergli, penso che mi metterei ad ansimare come una mucca in calore, il che è meglio evitarlo. 
Ma quando sento le sue mani sul bordo della mia maglietta lo scanso, insicura. Lo fisso con i miei occhi spaventati e lui mi fissa, stupito. 
 
“Tranquilla piccola, voglio solo aiutarti… non voglio farti niente di male” mentre parla si avvicina a me, le sue mani sono sulle mie spalle e poi sulle mie braccia. “Lasciati toccare…” è l’ultima cosa che riesco a sentire, sussurrata al mio orecchio. Poi cala il silenzio. 
 
Dato che non rispondo Justin afferra la mia vita e mi costringe a girarmi dandogli la schiena. Non so ancora che vuole fare, ma so benissimo che il mio corpo - e forse anche me stessa - non ha nessuna intenzione di impedirglielo. Anche perché tremo di freddo (sono zuppa d'acqua) e il calore del suo corpo, o forse la sua sola presenza, mi riscalda in un modo incredibile.
Mi da una leggera scia di baci sul collo, umidi e caldi, nello stesso punto dove si trovano i due succhiotti che mi ha fatto appena qualche ora fa. Quando li vede sorride e li bacia con una lentezza esasperante.
Le sue mani vanno nuovamente all’orlo della mia maglietta e la sfilano lentamente, tirandola sopra la mia testa. Per tutto il tempo continua a baciarmi la pelle interrompendosi solo per sfilarmi la maglietta. 
Di che non volevo che mi toccasse, di che voglio che mi spogli in fretta. Quel ragazzo ha un modo tutto suo di far cambiare idea alle persone, e sono anche convinto che capisca tutto quello che penso. Sono ancora più convinta che sia una specie di Edward Cullen che mi morde, lascia succhiotti e legge nel pensiero.
Rimango in reggiseno di pizzo nero. 
Justin mi gira lentamente, facendomi tornare di fronte a lui. 
Immediatamente arrossisco e provo a coprirmi il seno con le braccia prima che lui possa vedermi, ma le sue mani sono più veloci e afferrano subito i miei polsi bloccando il movimento a mezz’aria. 
Il suo sguardo si posa allora sulla stoffa leggera del reggiseno che fa trasparire quasi tutto. In questo momento sembra un indumento del tutto inutile. 
 
Quando Justin capisce che non voglio allontanarlo, né coprirmi, molla la presa su i miei polsi e prende a sfilarmi i jeans. Li sbottona velocemente e apre la cerniera tirandoli giù per i miei fianchi, fino a sfilarli dalle caviglie dove mi sono già tolta le scarpe. Ora mi sento nuda, esposta totalmente sotto il suo sguardo. 
Nessuno mi aveva mai vista così. Nessuno mi ha mai guardata così. 
Come fa lui. Mi fa sentire… non lo so, però mi sento strana.
 
“Sei stupenda” sussurra, avvicinandosi di più a me per poggiare una mano su i miei fianchi nudi, per poi spostare il suo tocco e accarezzare il mio sedere, stringendolo tra le mani. 
Mi sfugge un gemito che fa spuntare un ghigno sulla sua bocca. 
 
“Ti piace quando ti tocco vero? Vorresti che ti toccassi di più, non è così?”
Sussurra con la sua voce roca, e le sue dita si spostano rapide sulla parte davanti delle mie mutandine, facendomi capire a cosa si riferisce. 
Non so che fare, so solo che non posso permetterglielo. Non qui, non in un camerino!
 
Lo blocco subito. “J-Justin non mi sembra proprio il posto adatto…” dico debolmente. 
Ho quasi paura che non mi ascolti ma immediatamente lui fa un passo indietro. “Hai ragione”
‘Cosa? Justin Drew Sono-Arrogante-E-Ho-Ragione-Sempre-Io Bieber mi ha detto che ho ragione?! La fine del mondo sta davvero per arrivare’
Si allontana un po’ avvicinandosi ai vestiti sparsi sulle sedie. Prende un paio di leggins neri strappati sulle ginocchia, e una maglietta lunga bianca con la scritta ‘Still Kidrauhl’ sul davanti. Che cosa bella, è il nome del suo canale YoyTube!
E' su quel meraviglioso canale che l'ho conosciuto, quando ancora i suoi pezzi non erano famosi e Justin era niente poco di più che un ragazzino dall'aria dolce con i capelli sempre davanti che cantava sulle note di Baby. 
Adesso è diventato una specie di playboy e 10.000.000 di galline in tutto il mondo gli corrono dietro... mi chiedo se lo facciano per la sua musica o per i suoi addominali e il suo faccino da angelo.
 
Si avvicina a me e mi porge i vestiti. “Ti aspetto fuori” dice solo, per poi allontanarsi verso la porta. 
 
“Puoi anche rimanere, tanto mi hai già vista…” mi blocco dal dire quello che sto pensando perché arrossisco vistosamente. Perché cacchio divento rossa con lui? Ma che cazzo mi prende?
 
Justin ride, probabilmente nel vedere la mia faccia da imbranata di minchia. “Avremo tempo per questo, dopo…” dice misteriosamente, passandosi la lingua sulle labbra “Ah, e comunque voglio vederti molto più nuda di così”
Non posso rispondere che ha già chiuso la porta. 
‘Molto più nuda?! In pratica mi vuole vedere senza intimo?’
Rimango impalata come un merluzzo per almeno cinque minuti a pensare alla sua ultima frase. Poi mi decido a vestirmi e a seguirlo fuori. Chissà cosa ha in mente...



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HolaaaaChicas(?)
Che ne pensate del nuovo capitolo?
Anche se questa è probabilmente la fanfiction con meno recensioni di tutto EFP
e ogni volta mi sembra di parlare sola... OKAY!
Voglio ringraziare le 22 persone che l'hanno messa tra le PREFERITE. 
Le 6 persone che l'hanno messa tra le RICORDATE.
E le 19 persone che l'hanno messa tra le SEGUITE. 
GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE!
MAHH... QUALCHE RECENSIONE?
Dai, susu, fate vedere che ci siete! 
Cooomunque, sto passando un periodaccio e voglio sfogarmi un po' qui:/
Non so che fare con il ragazzo che mi piace...
è un prendiculo, ma io lo amo davvero tanto e mi sembra di impazzire >.<
Che dite, gli invio un messaggio?
Okay, ora vado che sto veramente rompendo la minchiasss
Fatemi sapere che ne pensate del capitolo (e datemi qualche consiglio)
Ciaooooo:33

- D.


 
  
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