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Autore: lumpacio    21/06/2013    1 recensioni
Perchè la fila accanto è sempre più veloce...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono nel traffico, in ritardo e fa caldo. E la fila accanto va più veloce. Perchè la fila accanto è sempre la più veloce. Eppure quando, dopo il primo semaforo, avrei potuto scegliere la corsia in cui inserirmi, io ho pensato di scegliere l’altra, ma non l’ho fatto. E ho sbagliato. Sbaglio sempre a scegliere corsia. Ora sarebbe facile cambiare la mia scelta: mi basterebbe mettere una freccia, girare il volante ed aspettare che uno dei tanti autisti della fila veloce mi faccia passare. Ma ne vale la pena? Se la freccia fosse rotta e non me ne fossi accorto? Se nessuno mi facesse passare? Probabilmente le mia sono solo paranoie, ma è meglio non rischiare. Me ne sto qui seduto, in ritardo, ma comodo. Però quando vedo gli automobilisti superarmi lentamente, così lentamente da poter scrutare i loro volti e poter intuire le loro età e le loro destinazioni, provo un po’ di invidia. Magari il ragazzo con la barba incolta, con gli occhi pieni di gioia, che al cellulare diceva “Amore sono quasi arrivato”, che mi passava accanto cinque minuti fa, è già arrivato a destinazione. E quella donna passata poco dopo, con quei lunghi capelli castani e gli occhi un po’ più scuri e con la busta della spesa sul sedile del passeggero, ora starà preparando il pranzo ai figli. Io, invece, sono ancora qui nella fila lenta, in ritardo, a soffrire il caldo. E io dove vado? Vado alle Poste per pagare una multa; la presi l’unica volta che mi ritrovai nella fila veloce. Ero come sempre ad un bivio, ma quella volta ero con mio fratello; lui ha un sesto senso, sceglie sempre la corsia migliore (o forse poichè ha una Maserati tutto gli risulta più semplice). Così seguii la sua indicazione e per la prima volta imboccai la corsia veloce. Inizialmente tutto mi sembrava così strano: non potevo osservare attentamente gli autisti al mio fianco e inventare fantomatiche storie sulle loro vite, il piede sinistro non mi faceva male come al solito e dal rumore che il motore emetteva potevo intuire un cenno di disappunto anche dalla mia auto. Poi ci feci subito l’abitudine, ma forse non ero ancora pronto. Il piede dell’acceleratore diventò pesante senza che me ne rendessi conto. L’autovelox posto cento metri più avanti, invece, lo notò benissimo. E ora devo andare a pagare questa multa. Devo pagare la colpa della mia scellerata azione. Non sono un tipo da corsia veloce, quello che corre a casa dalla moglie e dai figli. Io sono quello della corsia lenta, quello in ritardo, quello che va a pagare la multa. E forse in fondo non è male. E forse non sono nemmeno l’unico che la pensa così. L’auto dietro di me, per esempio, non sembra intenzionata a voler cambiare corsia, così come l’auto davanti. Tutti con estrema calma seguiamo lentamente l’auto che ci precede e con altrettanta perizia ne calcoliamo la distanza. Noi siamo quelli della fila più lenta, quelli perennemente in ritardo, quelli che pagano la multa perchè almeno una volta hanno provato a stare nella corsia veloce. Ma noi non siamo adatti a quella corsia. Però sfido gli automobilisti che mi sfrecciano accanto a passare cinque minuti nella nostra fila. Sarebbero in grado di evitare tamponamenti, di sopportare lo stress del traffico e il caldo? Sarebbero in grado di inventare storie come le mie sugli altri automobilisti e di intuirne al volo età e destinazione? Io non penso che saprebbero farlo bene come noi, noi della fila lenta! E anche se lenta ti porta a destinazione. Il vantaggio di questa corsia è che da questo lato si trova subito parcheggio. Magra consolazione. Scendo dalla macchina, la chiudo e mi accingo ad attraversare la strada. Prima attraverso la corsia lenta, mi sento a casa, sono sicuro. Tra di noi non ci facciamo del male. Poi con più cautela, guardando a destra e sinistra, supero a passo spedito la corsia veloce. Di loro non ci si può fidare, investirebbero chiunque pur di arrivare presto sul loro divano. Finalmente entro nelle Poste, prendo il mio numero e mi metto ad aspettare. Sento una sorte di pace interiore e non ne capisco il motivo. Guardo in alto a destra: c’è l’aria condizionata. Finalmente non soffro più il caldo. Poi penso che nonostante il traffico sono arrivato prima che chiudessero; non ho fatto tardi. Avrei potuto dormire anche mezz’ora in più. Poi mi giro dall’altra parte e vedo un anziano che si regge piuttosto fieramente col suo bastone. Forse ha fatto qualche guerra, forse sta ritirando la pensione o quel che gli resta sul suo conto. Chissà com’è la moglie, chissà se è ancora viva. Quando sto seduto in macchina, con la musica della radio a farmi da sottofondo, riesco sempre a pensare a storie migliori. Poi, ignorandomi completamente, avanza verso lo sportello e subito si fa più avanti un altro signore, sulla quarantina credo. Guardo la schiena della ragazza che sta in piedi di fronte a me. Sono di nuovo nella fila più lenta.

  
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