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Autore: Molly182    22/06/2013    1 recensioni
“Questo sarebbe il momento in cui io ti dovrei baciare”, aveva sussurrato a pochi centimetri dalle mie labbra.
“Questo sarebbe il momento in cui tu dovresti farlo”.
Nella penombra avevo visto comparire un sorriso sulle sue labbra e pochi secondi dopo le sentii appoggiate sulle mie.
“Mi piaci molto, Allyson”, mi aveva sussurrato. Mi stavo davvero convincendo che quel ragazzo non fosse solo un completo idiota, ma sapeva essere dolce e romantico. Eppure mi stavo facendo abbindolare da un ragazzo che probabilmente avrei rivisto chissà quando. “Non mi scappi, ora sei mia”, però mi piaceva e non potevo fare nulla.

“Ally ci sei?”, mi chiese Sally sventolando una mano davanti ai miei occhi cercando di portarmi alla realtà.
“Ehm…sì, scusa”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alex Gaskarth, Jack Barakat, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Chap dieci. – Alex P.O.V.
“Alex!”, urlò Lisa correndomi incontro appena aprii la porta di casa. Ero distrutto, ma quella era una sottospecie di tradizione che continuava da anni, non l’avrei infranta quella volta. “Mi sei mancato!”
“Lisa!”, le dissi abbracciandola. Ero felice di essere tornato a casa.
“Hai fatto tardi, ti aspettavo prima”
“Io e i ragazzi siamo stati insieme a festeggiare insieme allo staff, sai com’è…”.
“Pensavo che saresti tornato solo un po’ prima”.
“Ora sono qui!”, gli dissi abbozzando un sorriso. “Quanto mi è mancato sedermi qui”, dichiarai gettandomi sul divano bianco in mezzo alla sala. Amavo stare in tour ma c’erano alcune comodità che non potevano essere sostituite, come un bel divano, un morbido letto o un bagno personale.
“Ti è mancato solo il divano?”, mi chiese lei inserendosi tra me e il divano e iniziando a farmi un dolce e sensuale massaggio alle spalle. Sapeva che non riuscivo a resistere se mi toccava in quel modo, ma per quanto potesse essere strano, quella sera non avevo voglia di passare una notte con lei.
“Vado a letto”, mi affrettai a dire.
“Scherzi?”, disse seguendomi. Si stava arrabbiando per via del mio rifiuto.
“Lisa, sono stanco, capiscimi…”
“Però non sei stanco per stare fuori a cazzeggiare con i tuoi amici”.
“Fanno parte della band!”
“La band!”, sbottò. “È sempre la band!”
“Cosa ci posso fare, non posso mica abbandonare il mio lavoro solo perché tu sei frustrata!”
“A volte mi chiedo se tu ami più loro che me”.
“Lisa, sono cresciuto con loro, sono i miei migliori amici!”
“Anche noi ci conosciamo da parecchio tempo ed eppure non passi così tanto tempo con me”.
“È diverso…”
“Non dirmi che è diverso perché non ti credo!”
“Ti stai incazzando perché non ho voglia di scopare?”, gli urlai. Ero esausto e lei litigava per queste sciocchezze. “Va bene, facciamolo, magari poi sei meno acida!”, le dissi prendendola in braccio e appoggiandola sul tavolo della cucina.
“Alex!”, mi richiamò tirandomi dei pugni sulle spalle. “Cazzo, fermati!”
“Non è quello che vuoi?”, gli chiesi arrabbiato, incrociando le braccia davanti a lei.
“No, diamine!”, mi rispose scocciata e allontanandomi da lei. “Volevo passare del tempo col mio fidanzato che non vedevo da parecchio tempo”.
“Mi dispiace, ok?”
“Senti, ne riparliamo domani”, mi disse scendendo dal tavolo. “È bello rivederti girare per casa”, disse, con un tono malinconico e deluso, prima di scomparire verso la stanza da letto. La sentii sbattere la porta e lanciare i cuscini per terra.
Ormai quel divano non era più così scomodo. Mi ero abituato a dormirci sopra e poi avevo la scusa di poter guardare un po’ di tv prima di cadere in un sonno profondo.
Non riuscivo a capire quale fosse la cosa peggiore di tutto questo. Se non essere dispiaciuto per il litigio o se realmente mi era mancato di più il divano che di lei. Ero assolutamente un idiota, lo sapevo, ma lei mi faceva impazzire. Quando pensavo che le cose tra di noi andassero per il verso giusto, che potessero funzionare, mi ricredevo immediatamente perché c’erano giorni, come oggi, in cui mi faceva venire voglia di strappare i miei cazzo di capelli. Mi mandava di matto e non riuscivo a spiegarmi come mai restavamo ancora insieme.
Ormai era piena notte, saranno state probabilmente le tre di mattina. “Alex…”, mi chiamò una prima volta. “Alex!”, una seconda, non volevo aprire gli occhi, sapevo come sarebbe finita. “Svegliati Alex!”, disse questa volta lanciandomi un cuscino addosso. Mi misi a sedere emettendo un sospiro, quasi involontario, e la vidi in piedi, immobile, in mezzo alla stanza che stringeva le mani e le tormentava nervosamente.
“Che c’è Lisa?”, le chiesi esasperato. “Vuoi ancora litigare?”
“Voglio parlare!”, disse. “Dobbiamo parlare su quanto è accaduto”
“Non possiamo aspettare domani mattina?”, le domandai come se fosse una supplica. “Ho passato gran parte del tempo a cercare di addormentarmi su questo divano”.
“Alex, ascoltami!”, disse decidendosi finalmente di muoversi e si sedette sul tavolino davanti a me, così da potermi guardare in volto. Probabilmente si trattava di qualcosa di serio. Probabilmente non avrei dormito neanche quella notte.
Non avevamo acceso le luci, non ce ne era bisogno. Ormai conoscevamo a memoria ogni piccolo dettaglio del suo viso, ma i suoi occhi erano diversi. Nella penombra notai che erano lucidi. Forse aveva pianto, forse si era appena svegliata, forse non m’importava neanche così tanto.
Sapevo bene dove voleva andare a parare. Era così ogni volta. Sapevo esattamente le parole che mi stava per dire ed eppure non riuscivo a guardarle negli occhi così mi concentrai sulla figura del mio corpo coperto dalla schiena di Lisa riflessa sullo schermo della tv.
“Dimmi Lisa!”, la invitai a parlare. “Quale problema ti affligge di così importante?”
“Alex, siamo arrivati alla frutta!”, disse. “Lo sappiamo entrambi che ormai qualcosa è cambiato”, continuò a spiegare poggiando la sua mano attorno al collo. Sembrava nervosa. “Non siamo più i ragazzini di diciotto anni che andavano al ballo scolastico, siamo adulti e penso che dovremmo comportarci come tali e dirci la verità”.
“È quello che vuoi?”
“Sì, è arrivato il momento di fare i conti con la realtà”, disse posando ora la sua mano sulla mia guancia. “Alex, tu sei come Peter Pan, ti rifiuti di crescere, di maturare”.
“Quindi mi stai dicendo che sono io il problema?”, le chiesi togliendo la sua mano dal mio viso e alzandomi dal divano. Era totalmente assurdo quello che stava dicendo.
“Si”, rispose senza battere ciglio. “Sei sempre stato tu il problema in questa coppia, è sempre stato così ovvio”, disse nel modo più tranquillo possibile. Odiavo quando le persone cercavano di litigare senza alzare la voce, era fastidioso perché non si riusciva a capire quanto cazzo fossero arrabbiate e la cosa peggiore era guardarla negli occhi, diamine! Metteva i brividi.
“Allora perché sei sempre tornata da me?”, urlai cercando di smuovere quella situazione.
“Perché eri tu che avevi bisogno di me Alex!”, rispose immediatamente tirando fuori la sua ira. L’aveva detto. Aveva avuto il coraggio di dirlo e sbattermi la realtà in faccia.
“Io non ho bisogno di te!”, dissi per difendermi. “Se vuoi proprio saperlo ho passato tre mesi fantastici senza di te, senza problemi, senza qualcuno che mi urlava continuamente contro di non frequentare i miei amici”.
Forse ero stato troppo cattivo nei suoi confronti ma mi ero liberato di uno dei tanti pesi che mi portavo dietro, ormai da troppo tempo. Non le avrei raccontato di tutte le mie scappatelle durante i tour. Non le avrei raccontato di tutte le bugie che le dicevo. Non le avrei raccontato di tutte le cose che avevamo fatto quella sera. Tantomeno le avrei raccontato di quello che stava nascendo dentro di me nei confronti di Ally.
“Quindi è questo che pensi davvero?”, mi chiese furiosa. “Quindi mi stai attribuendo a me tutta la colpa?”
“Sto solo dicendo che a volte sei troppo oppressiva”.
“Penso che dovremmo andare a dormire e riparlarne domani mattina, immagino che tu sia stanco”.
“No Lisa, hai iniziato questa discussione e ora la finiamo!”, m’imposi. Ero stufo marcio dei continui litigi.
“Io non ne ho voglia!”
“Lo dici perché sai che ci lasceremo, vero?”
“E anche se fosse?”, chiese. “Tanto, è quello che facciamo continuamente, non pensi?”
“Lisa, se ci lasciamo, questa volta è per sempre”, le dissi catturando tutta la sua attenzione. Vidi la rabbia spegnersi nei suoi occhi. Abbassai lo sguardo soltanto per qualche secondo per poi riportarlo immediatamente a lei. Stavo cercando le parole giusto per essere onesto con lei. Questa volta per davvero.
“Non penso di farcela, di continuare, sono stufo di questa situazione e penso che stiamo perdendo tempo mentre restiamo qui a litigare come tutte le fottute volte che abbiamo fatto nei cinque anni successivi”, iniziai a dire molto lentamente. “Ho fatto i miei errori e ne sono cosciente, probabilmente sto cercando di dirti che sono uno stupido, ma è meglio se la finiamo qua!”
“Quindi mi stai lasciando?”
“È l’unica soluzione per entrambi”, le dissi rimanendo stranamente serio.
   
 
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