Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: ridarosa    22/06/2013    2 recensioni
I loro sguardi sembravano emettere stelle di amore, blu e verde, non l’uno derivato dall’altro, ma l’uno nato per l’altro. Perché sembrava che non potesse esistere sinfonia di colori più giusta di quel verde cangiante, in quel celeste puro e meraviglioso, vergato di grigio e blu. E l’amore nasceva proprio nei loro sguardi, a opera dei loro sguardi.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La nuova stella di Broadway

La nuova stella di Broadway


Desclaimer: i personaggi non mi appartengono e la storia non è stata scritta con scopo di lucro.


Harry Styles era un giovane uomo d’affari.
Alto, con occhi grandi e verdi, ricci capelli castani e un’idea in testa: New York. Socio e fondatore di un’azienda, Harry era tra i giovani più in vista e più facoltosi della sua generazione. Sarebbe bastato un semplice volo e avrebbe iniziato una nuova vita nella città che tanto sognava, ma qualcosa lo tratteneva a Londra, qualcosa di ignoto persino a lui, qualcosa che gli mancava, qualcosa che voleva assolutamente. Camminava per i sobborghi londinesi, la luna spendente nel cielo e l’umore alle stelle. La serata era troppo fredda, poche persone in giro e poche possibilità di divertimento.
Harry entrò in un piccolo locale la cui insegna aveva attirato la sua attenzione, incuriosito.
La musica jazz soffusa, il mormorio basso e lieve, rendevano l’ambiente intimo e accogliente. Un semplice locale con poche persone che sembravano conoscersi tutte, che chiacchieravano tranquillamente della giornata lavorativa o dell’ultimo scandalo televisivo.
Harry si sentì un po’ a disagio, come fuor d’acqua, gli sembrava di violare la privacy dei clienti, profanando quel luogo così intimo per loro ed estraneo per lui. Si avvicinò al bancone, con gli sguardi dei curiosi addosso, stupiti di un nuovo cliente che non avevano mai visto prima.
Ignorando i mormorii che aveva provocato con la sua presenza, Harry si sedette su uno sgabello vicino al bancone e ordinò una birra che gli fu servita quasi subito dalla barista con degli strani capelli rosa.
Harry iniziò a sorseggiarla, mentre si guardava attorno. Non frequentava molto spesso locali così tranquilli, ma quelli pieni di musica, con persone che urlavano e ballavano le une sulle altre e fiumi di alcolici.
La sua attenzione fu catturata dal luccichio di un pianoforte sul piccolo palchetto rialzato.
Il pianista suonava accompagnato di un sax e da un contrabbasso.
L’esile figura china sui tasti d’avorio aveva gli occhi chiusi, la fronte aggrottata imperlata da piccole gocce di sudore, totalmente concentrata nella melodia.
Ed Harry ne rimase affascinato.
Diede le spalle alla barista, girandosi per osservare più attentamente il pianista. Vide i suoi capelli lisci e castani, la sua carnagione che sembrava risplendere sotto le luci dei faretti, le mani sottili che si muovevano lievi sui tasti d’avorio. Notò la sua mascella magra, le labbra rosee, il naso dritto, gli occhi chiari, le ciglia sottili.
Rimase incantato ad osservarlo, mentre lui era troppo preso dalla musica per accorgersene. Le note s’inseguivano nell’aria, invisibili e leggere, veloci e chiare, riempiendo il locale.
Harry riprese a sorseggiare la birra, lasciata a metà, meravigliato dalla bravura di quel ragazzo, così giovane e bello.
E la musica terminò.
Le note smisero di aleggiare nell’aria. I tasti d’avorio smisero di vibrare. Le mani chiare, magre e affusolate del pianista smisero di muoversi.
I suonatori si alzarono e si inchinarono al piccolo pubblico che li aveva ascoltati e che li stava applaudendo, e uscirono dalla visuale di Harry entrando nelle quinte. Harry si girò nuovamente e iniziò a fare due chiacchiere con la barista dai capelli rosa.
“Sono bravi i musicisti, vero?” chiese sorridendo la ragazza, che aveva seguito i gesti di Harry e letto le sue emozioni negli occhi.
“Oh, molto… Soprattutto il pianista…” rispose, ripensando alle sue piccole e esili mani che si muovevano lievi sull’avorio.
“Comunque io sono Perrie.” disse la ragazza, sorridendogli e tendendogli la mano destra “Non credo di averti mai visto qui…”
“Piacere, io sono Harry e si, è vero, non sono mai entrato in questo locale, prima di oggi.”
“Allora benvenuto…” sorrise Perrie. “Hai ragione, sai? Louis, il pianista, è il più bravo. Si è diplomato al conservatorio.” Continuò mentre gli serviva una birra, anche se non chiesta.
“Sembra giovanissimo!” esclamò Harry, sbalordito.
“Già, ha solo ventiquattro anni.” rispose, cercando qualcuno nel locale.
“Ehi Lou!” urlò, sbracciandosi verso un ragazzo appena uscito dalle quinte.
Il pianista sorrise all’indirizzo della ragazza e raggiunse in pochi passi il bancone, si sedette sullo sgabello vicino a Harry e lo salutò con un cenno del capo.
“Ciao Pez, mi daresti una birra?” chiese gentilmente con la sua voce chiara.
Perrie annuì e gliela servì subito.
Louis la ringraziò con un sorriso che abbagliò Harry.
Da vicino la bellezza del pianista appariva angelica, tratti troppo puri per essere umani.
Occhi azzurri come il cielo d’estate, pelle dorata e labbra troppo, troppo rosse e delicatamente sottili.
Louis gli lanciò uno sguardo curioso e Perrie, forse notandolo, li presentò. “Lui è Harry, Harry lui è Louis."
“Piacere.” disse l’interessato, tendendo la sua mano.
“Piacere mio.” rispose stringendo la sua piccola mano tra la sua.
“Sei stato molto bravo ‘sta sera, Lou!” disse Perrie, sorridendogli.
“Oh, grazie Perrie, sei troppo dolce…” rispose Louis, stava per aggiungere qualcos’altro, ma il suo cellulare trillò. Il pianista lesse il messaggio che era appena arrivato e sorrise automaticamente.
“Io vado, Zayn mi sta aspettando” disse rivolto a Perrie, che annuì.
“Ciao!” aggiunse rivolto a Harry, che lo salutò con un sorriso e un lieve cenno di mano, e uscì dal locale.
Lo sguardo di Harry si rabbuiò quando sentì la porta chiudersi. Pagò le birre bevute, salutò Perrie con un cenno del capo e uscì dal locale.

*

Harry era sepolto tra grafici, previsioni e analisi sul fatturato della sua azienda.
Il suo ufficio era grande, grazioso e la finestra aveva una belle visuale su Hide Park, illuminato dal sole londinese.
Era rinchiuso in quella stanza da più di tre ore e sentiva il bisogno di fare una pausa, altrimenti sarebbe impazzito.
Uscì dallo studio e incontrò Niall, biondo di origini irlandesi, con grandi occhi blu e un viso d’angelo.
Si conoscevano dai tempi dell’università, frequentavano gli stessi corsi, facendo parte della stessa facoltà, e si erano laureati nello stesso giorno. Poco tempo dopo avevano fondato un’azienda insieme. La loro amicizia era molto forte, lavoravano insieme agli stessi progetti, pranzavano assieme e, a volte, uscivano la sera.
“Harry, ti stavo cercando!” esclamò Niall, appena lo vide. “Ci sarebbe una persona interessata a lavorare nella nostra azienda. Ho proposto una cena di lavoro per poterlo conoscere. Cosa ne pensi? Credi che abbia fatto male?”
Harry sorrise. Niall aveva un fiuto eccellente nell’assumere i dipendenti. Era per questo motivo che Harry si affidava totalmente a lui quando si trattava di nuovi collaboratori, riusciva sempre a individuare le persone più talentuose, affascinanti e adatte.
“Sai bene di avere sempre carta bianca, quando si tratta di queste cose. Hai fatto benissimo a indire una cena di lavoro, potremo conoscere meglio questa persona e valutare attentamente le sue qualità. Vi siete già incontrati?”
“Si, è venuto nel mio ufficio ieri pomeriggio. Devo dire che mi è sembrata una persona equilibrata e tranquilla, non so quanto sia bravo in campo finanziario, ma ha un curriculum molto buono. E’ di bell’aspetto e molto giovane, noi cerchiamo anche queste qualità nei nostri dipendenti.” Niall era sicuro di sé, come chi conosce il lavoro che svolge. Era molto giovane, vero, ma la padronanza del lavoro e le qualità che possedeva, lo rendevano già provetto nel capire i movimenti economici e finanziari che la sua azienda poteva causare o nei quali poteva incappare.
“Perfetto! Quando si terrà questa cena?” chiese Harry.
“Domani, alle sette. Ti passo a prendere e andiamo insieme?” propose Niall.
“Va bene…” accordò Harry “Senti, io faccio una pausa. Ho controllato il fatturato dell’azienda nell’ultimo semestre, non ho trovato nulla di anomalo, comunque, se vuoi dare un’occhiata, trovi la cartella sulla mia scrivania.”
Niall gli sorrise e entrò nel suo ufficio, Harry entrò nell’ascensore, che volò immediatamente a piano terra. Uscì e iniziò a camminare sul marciapiede, indirizzato verso il bar più vicino. La sua voglia di caffeina aumentava a ogni passo.
Si allentò la cravatta prima di entrare nel locale, troppo stretta per un giorno così caldo.
Aprì la porta e sentì un lieve campanello suonare, alzò lo sguardo e vide un piccolo campanello d’ottone, che ancora vibrava per il movimento della porta. Sorrise e si avvicinò al bancone, ordinò un caffè e si sedette a un piccolo tavolino vicino alla finestra, l’unico libero.
Il caffè gli fu servito poco dopo e iniziò a sorseggiarlo mentre leggeva un giornale.
Il campanello suonò, avvisando che qualcun altro era entrato. Harry non alzò la testa, poco gli importava chi fosse e cosa volesse, ma quando sentì una voce chiara e fresca, sussultò. Conosceva quella voce, quella strana cadenza musicale, e conosceva anche chi la possedesse.
Alzò la testa e vide il pianista.
Appariva più umano alla luce del sole, come se la notte gli conferisse un aspetto magico e misterioso, ma non meno bello. La sua pelle, naturalmente dorata, sembrava risplendere, gli occhi erano più scintillanti, il sole lo rendeva lucente agli occhi di Harry.
A malapena riuscì a nascondere un sorriso quando lo vide venire verso di lui, titubante e incerto.
“Posso sedermi qui?” chiese. La sua voce era talmente sottile e chiara che a Harry parve musicale, quasi stesse cantando.
“Certo.” ripose e sorrise del suo sorriso. Le sue emozioni sembravano stranamente mutare in sua presenza, come se fosse lui a cambiarlo.
Non riusciva a capire il lieve tremore delle sue mani nel vederlo di fronte, la sensazione nello stomaco, mai provata prima così forte.
Un lieve silenzio era caduto dopo quelle parole di cortesia, e più i secondi passavano, più il suo caffè si raffreddava, più Harry voleva rompere quel silenzio così scomodo per lui, voleva che le fantomatiche farfalle volassero via dal suo stomaco e, forse, parlando, sarebbe riuscito a liberarle della gabbia della sua pancia.
“Tu sei Louis, il pianista del locale Daniel’s, giusto?” chiese.
“Si.” il pianista sorrise, lusingato che lo avessero riconosciuto come artista.
“L'altra sera ti ho sentito suonare, sei molto bravo” disse Harry, rispondendo al suo sorriso.
“Oh, grazie… Sono lusingato…” Louis arrossì, come chi non è abituato ai complimenti, e abbassò gli occhi, troppo timido per poter sostenere lo sguardo così vivo e luminoso che l’altro gli stava rivolgendo. “Aspetta, credo di ricordarmi di te. Tu sei il ragazzo che mi ha presentato Perrie l’altra sera, Harry, giusto?”
“Giusto.” esultava la sua mente, finalmente lo aveva riconosciuto. Doveva trattenere la gioia, ma non poté fare a meno di sorridere.
“Perrie mi ha detto che ti sei diplomato al conservatorio…” continuò, tentando di calmare i battiti frenetici del suo cuore.
“Vero…”
“E ora cosa fai?” chiese Harry, sinceramente curioso. Voleva scoprire cosa facesse.
Lui era così diverso, aveva scelto la sua facoltà senza indugi, laureandosi solo quattro anni dopo, in anticipo rispetto ai suoi coetanei. Aveva fondato la sua azienda solo un anno dopo la sua laurea ed era stato risucchiato in un modo totalmente diverso da quello che vissuto dai suoi coetanei. A ventisette anni, aveva una carriera sicura e un futuro tutto rose e fiori, era diventato qualcuno di importante. La sua vita era sempre stata dedicata alla sua carriera, anche quando aveva solo dieci anni e suo padre gli illustrava i cambiamenti economici della sua azienda. Era un figlio d’arte ma mai aveva sentito il peso del futuro che altri avevano deciso per lui. Non aveva mai tentato di provare altre strade, il suo cuore parlava di grafici, di borse, di valute. Ma voleva conoscere, voleva capire cosa altri ragazzi avessero pensato prima di scegliere il loro futuro. Voleva conoscere Louis, con le sue mani da pianista, con l’animo da sognatore.
“Ora sto frequentando un corso di arti sceniche. Ballo, canto, recitazione…” sorrise.
“Davvero? Come mai questa scelta?” chiese sbalordito.
“Coltivo da tempo l’amore per l’arte in generale. La musica è sempre stato il mio grande amore, ma anche il ballo, la recitazione sono presenti nel mio cuore. Ho deciso di frequentare questo corso perché so che la mia strada è questa. La recitazione, la musica, il ballo e perfino la pittura, io sono innamorato di tutto ciò…” disse Louis.
“Wow, sono sbalordito… E dopo? Quando avrai finito il corso, cosa farai dopo?”
“Mi piacerebbe poter andare a lavorare a Broadway, tra i teatri, sui palcoscenici, tra le rappresentazioni e la musica, dove l’arte incontra la melodia, lì sarebbe il mio paradiso…” disse con aria sognante. “E tu invece, cosa studi?”
“Io non studio più da un bel po’. Lavoro. Anzi, ho fondato un’azienda con un mio compagno di facoltà.” rispose Harry, guardandolo negli occhi. L’aria sognante lo rendeva simile a un bambino, così bello e ingenuo .
“Davvero? Sei così giovane e hai già fondato un’azienda?”
Gli occhi di Louis erano sgranati e apparivano ancora più celesti, Harry poteva vedere ogni singola pagliuzza dorata all’interno. “Ma come hai fatto?”
“Mi sono laureato in anticipo rispetto ai miei coetanei e un anno dopo ho fondato la mia azienda…”
“Di cosa ti occupi?” chiese.
“Fondamentalmente investiamo nel mattone.” spiegò.
“Cioè vendete e comprate case?”
“Più o meno. Compriamo palazzi e affittiamo gli alloggi, creiamo hotel e stiamo pensando di creare anche una spa… Fino ad ora abbiamo comprato tre palazzi, e creato due hotel, di cui uno rilevato da un proprietario precedente, e un ristorante a Liverpool.”
“Wow… Impressionante per un ragazzo così giovane… Devi aver dormito poco!”
“Sono stato avvantaggiato. Sono un figlio d’arte e ho imparato subito a investire.” Harry sorrise nel vedere il suo interlocutore così sorpreso.
Il suo sguardo cadde sull’orologio che portava al polso destro. Erano le dodici e dieci.
“Io devo scappare Louis, ho un pranzo importante e non posso mancare…” disse. Era così bello parlare con lui. Era così bello il suono della sua voce, la sua risata, il movimento delle sue mani, i suoi occhi così chiari che riflettevano le sue emozioni.
“Oddio, è già così tardi?” era scattato sulla sedia appena aveva visto l’orario sullo schermo del suo cellulare. “Sono in ritardissimo! Zayn mi ucciderà se arrivo di nuovo in ritardo al pranzo con i suoi genitori!”
Harry rise della sua goffaggine, aveva fatto quasi cadere la tazza piena di thè nella foga dei movimenti.
Si avvicinò alla cassa per pagare il suo thè e Harry non potette fare nulla per fermarlo, voleva pagarlo lui per ringraziarlo della bella chiacchierata.
“Ciao Harry, spero di rincontrarti presto!” Louis lo salutò con un forte abbraccio, lasciando l’altro immobile, stupito di quel contatto.
Harry chiuse gli occhi e si godette quel gesto così caloroso e affettuoso, che durò troppo poco. Ebbe appena il tempo di salutarlo a sua volta, che Louis uscì dal bar.
Si avvicinò alla cassa, pagò il suo caffè e uscì a sua volta, facendo tintinnare il campanello di ottone.
Si ricompose e iniziò a camminare verso il suo ufficio. Doveva prendere la sua cartella e andare con Niall a un pranzo con suo padre, che voleva parlare della loro azienda.
Come chi ha visto il paradiso e vuole ritornarci, così lui voleva ritornare a parlare con Louis in quel bar, dove il tempo non sembrava esistere, dove i loro rispettivi impegni sembravano futili.
Aspettò Niall vicino all’ascensore, gli sorrise quando arrivò, chiamò l’ascensore e si sistemò la cravatta.

*

Era in ritardo. Non riusciva ad annodare quella benedetta cravatta. Le mani gli tremanvano troppo. Tremavano per cosa, poi? Era una semplice cena di lavoro, nulla di così pericoloso. Le sue emozioni erano sballate dal giorno in cui aveva rincontrato quel ragazzo, dagli occhi così luminosi, così bello e diverso dalle persone che conosceva, un pensiero estraneo a quelli che di solito faceva, così freddi e apatici. Forse era per questo motivo che voleva conoscere il mondo di Louis, così caloroso e passionale. Forse era per questo motivo che sentiva la sua mancanza così vividamente. Il pensiero del pianista bruciava per lui come una ferita aperta, dolorosa al tatto, eppure non puoi fare a meno di toccarla, spinto dalla curiosità di capire, di conoscere, di sapere. Harry non poteva fare a meno di pensare a Louis, anche se gli faceva male, perché saperlo così diverso, così lontano, così unicamente alieno al suo mondo, fatto di interessi e investimenti, gli doleva.
Con un gesto di stizza riuscì ad annodare la cravatta. Uscì di casa mentre Niall arrivava, s'infilò nell'auto e lo salutò.
"Elettrizzato, Harry?" chiese l'irlandese con un gran sorriso.
"Niall, è una cena di lavoro! Cosa c'è di elettrizzante?" sospirò.
"Beh... il cameriere carino!" rispose ridendo della sua stessa battuta.
"Niall"lo richiamò Harry.
"Che c'è? Non lo hai mai notato?" chiese il biondo continuando a guidare, senza distrarsi.
"Ma quando andiamo là, tu pensi al cibo, al cameriere, o ai nostri affari?" esclamò scioccato, Niall riusciva sempre a sorprenderlo.
"Penso al cibo, al cameriere e ai nostri affari... Semplice, no?" rispose, parcheggiando la macchina.
Harry alzò gli occhi al cielo e lo seguì all'interno del ristorante.
"Allora, il nostro ospite si chiama Liam Payne, ha venticinque anni, è laureato in 'Economia e Commercio'. Ottimo curriculum e nessun problema psichico. Buone potenzialità comunicative e bell'aspetto. Direi che ha le carte in regola per essere un nostro dipendente." sussurrò Niall a Harry, che li camminava di fianco, giudati da un vecchio cameriere.
Al tavolo prenotato per loro, vi era un giovane ragazzo molto bello. Occhi marroni, capelli castani e corti, labbra carnose e un naso all’insù. Liam Payne.
Niall serio nel suo ruolo, tese la mano verso il ragazzo in saluto e lo stesso fece Harry.
Si accomodarono e ordinarono i loro drink. Mentre aspettavano le loro ordinazioni, Niall pose alcune domande di cortesia a Liam.
Harry ascoltava superficialmente le risposte dell’interessato, stava ancora pensando a Louis e alle sue mani.
Un giovane cameriere moro, con grandi occhi ambrati, labbra carnose e dei tatuaggi sul braccio che si intravedevano attraverso la camicia bianca, portò loro i drink.
Lo sguardo di Niall, alla vista del cameriere, divenne improvvisamente luminoso, così come gli occhi ambrati del ragazzo. Il lieve sorriso del moro, il dolce rossore sulle guance chiare dell’irlandese, e un segreto che conoscevano entrambi, ma fingevano indifferenza. Ma come si può essere indifferenti davanti ai loro dolci sguardi amorevoli?
La serata trascorse velocemente, tra un bicchiere di vino e una domanda. Tutti tornarono a casa soddisfatti.
Quando Liam posò la testa sul cuscino, pensò al suo futuro che, mai come prima d’ora, gli appariva roseo e splendente.
Quando Niall posò la testa sul cuscino, pensò ai bei occhi del cameriere, a come splendessero sotto la luce artificiale dei neon, alle sue mani affusolate e ai suoi tatuaggi misteriosi che voleva scoprire.
Quando Harry posò la testa sul cuscino pensò a Louis. Alla melodia che stava suonando al Daniel’s, agli applausi che avrebbe ricevuto per la sua maestria, alla birra che avrebbe bevuto, al dolce saluto che avrebbe donato a Perrie.
Pensò a Louis e sognò una vita con lui, magari nella grande New York.

*

Niall aveva organizzato una serata all’insegna del divertimento. In realtà doveva incontrare il cameriere moro in un locale e si vergognava ad andarci da solo.
Lo aveva pregato in ginocchio e alla fine Harry aveva ceduto ai suoi occhi blu e si era ritrovato incastrato nel fantomatico appuntamento di Niall.
Il biondo era su di giri. Tutta la mattina non aveva fatto altro che irruzione nel suo ufficio per ricordargli il loro punto d’incontro, l’orario, il nome del locale. Non stava nella pelle e, a Harry, un po’ faceva piacere vederlo così allegro e spensierato, alle prese del suo flirt come una dodicenne al suo primo appuntamento.
Semplice maglietta bianca, jeans a vita bassa neri, scarpe nere, giacca di pelle nera, Harry era diverso. Ogni giorno in giacca e cravatta gli avevano fatto dimenticare che aveva un bel fisico, che era ancora un ventisettenne, che poteva ancora divertirsi il sabato sera.
Sorrise soddisfatto, ammirandosi allo specchio.
Prese le chiavi della macchina e il portafoglio e uscì di casa.
Arrivò al luogo dell’appuntamento molto in fretta, e in anticipo. Una discoteca fuori città, molto in periferia anche rispetto al Daniel’s. La musica era talmente forte da poterla ascoltare anche fuori la discoteca. Tantissime ragazze ridevano stridulamente, strette nei loro vestiti aderenti, corti e brillanti, appoggiate ai loro accompagnatori per colpa dei tacchi troppo alti. Altrettanti ragazzi cercavano di farsi notare mettendo in mostra i loro muscoli, facendo battute volgari, spintonandosi tra di loro.
Harry era fuori da questo mondo, lui, appoggiato alla sua lucente automobile, disdegnava i comportamenti dei suoi coetanei, troppo maturo per la sua età, troppo saggio per atteggiarsi in quel modo, troppo intelligente per capire che la bellezza non è nei vestiti, nel trucco o nei tacchi, ma nella semplicità di un sorriso, di un movimento aggraziato delle mani, di occhi curiosi e stupiti, pieni di pagliuzze dorate.
<> la voce di Niall era chiara e forte. L'interessato si girò e vide l’irlandese venirgli incontro al fianco di quello che riconobbe come il cameriere moro.
Una canotta chiara con dei disegni grigi, un jeans nero come la pece a vita molto bassa, una giacca nera con alcune spille, anche Niall era diverso senza la camicia bianca dal colletto inamidato. Il suo accompagnatore aveva una maglietta nera, pantaloni neri, scarpe nere e una giacca di pelle nera simile a quella di Harry, ma con un tocco più rock.
“Lui è Zayn!” trillò contento, con gli occhi pieni di felicità.
Zayn gli rivolse uno sguardo amorevole e sorrise a Harry.
“Niall mi ha parlato molto di te, Harry!” frase banale, detta in modo troppo speciale per essere considerata sciocca. Zayn aveva il dono di trasformare ogni cosa sciocca nella più speciale, come guardava Niall, come gli sorrideva, come gli rispondeva. Gesti semplici ma, compiuti dal moro, acquistavano un valore enorme.
“No, non credo. Niall tende a monopolizzare ogni conversazione su di sé, non lascia agli altri né il modo, né il tempo di parlare.” rispose Harry, sorridendo loro.
“Non è vero! Non parlo quasi mai di me. Sono una persona molto riservata!” protestò il biondo, facendo la linguaccia a Harry. “Vero, Zayn?”
“Hai ragione. Tu non parli mai di te, infatti in una serata ti conosco più io che la tua famiglia!” disse Zayn, ridendo dell’espressione arrabbiata dell’irlandese.
“Va bene, va bene, forse parlo un po’ troppo di me, ma che ci volete fare? Sono così e voi mi volete bene per quello che sono!” ammise Niall, senza rinunciare al suo sorriso.
“Zayn, quando hai detto che arrivano i tuoi amici?” continuò, osservando le persone che popolavano il piazzale fuori dalla discoteca.
“Sono già arrivati, ci stanno venendo in contro!” rispose Zayn indicandoli.
Quattro o cinque ragazzi andavano verso di loro. Uno aveva i capelli rosa, anche un’altra ragazza li aveva rosa ma più chiari, un’altra ragazza neri e blu e l’ultimo, il più basso, lisci e castani.
Raggiunsero Zayn e lo salutarono.
“Niall, Harry loro sono i miei amici. Nick, Perrie, Jade e Louis!” disse il moro presentandoli.
Niall sorrise loro e si fece avanti per conoscerli meglio. Harry, invece, era rimasto traumatizzato quando aveva sentito l’ultimo nome pronunciato da Zayn.
“Louis…” sussurrò abbastanza forte che tutti lo udirono e si girarono verso di lui.
“Si, sono io…” ripose l’interessato allegro, mentre guardava meglio chi lo aveva chiamato. “Harry?” chiese, poi, stupito.
“Vi conoscete?” Zayn aveva un mezzo sorriso sulle labbra, aveva capito chi era il fantomatico Harry che tanto Louis citava in quei giorni.
“Si… Lui…” nessuno dei due riusciva a spiegare, senza parole per l’improvviso incontro.
“Lui è venuto al Daniel’s qualche settimana fa. Li ho presentati perché Harry era veramente sbalordito dalla bravura di Louis.” spiegò Perrie sorridendo dolcemente.
“Poi ci siamo rivisti in un piccolo bar vicino Hide Park e abbiamo parlato. Sei così diverso senza giacca e cravatta, Harry, che non ti ho riconosciuto! Sei bellissimo vestito così!” la voce di Louis era come se la ricordava, musicale e chiara.
E anche i suoi occhi erano come se li ricordava, pieni di pagliuzze dorate.
Solo la sua bellezza non era come se la ricordava. Louis era bellissimo nei jeans scuri con il risvolto alle caviglie, con quella camicia a mezze maniche azzurra e con piccoli fiorellini ricamati, che faceva risaltare gli occhi.
“Beh, grazie… anche tu stai molto bene con quella camicia…” rispose imbarazzato.
Spesso gli facevano i complimenti per i traguardi raggiunti alla sua giovane età, per la sua azienda, ma mai per il suo abbigliamento o per la sua bellezza. Louis lo faceva sentire speciale.
“Entriamo?” chiese il ragazzo dai capelli rosa, Nick.
“Si, certo…” ripose allegro Niall, sempre più su di giri.
Entrarono nella discoteca e si guardarono intorno. Le luci troppo forti, la musica troppo ritmata, il volume troppo alto, tutto era troppo ma loro non ci badarono molto. Si buttarono in pista, pronti a scatenarsi e divertirsi.
Ridevano dei passi buffi di Niall, urlavano per tentare di capirsi, bevevano drink colorati.
Harry, dopo mille passi azzardati, mille canzoni, si sedette su un piccolo divanetto, fuori la calca che riempiva la parte centrale della discoteca.
Bevve la bevanda che aveva nel bicchiere, di un allegro celeste mare, e sentì la gola bruciare. Non era abituato a drink così forti.
Strizzò gli occhi e udì una risata cristallina al suo fianco.
Si girò di lato e vide i capelli rosa di Perrie.
“E’ forte!” si giustificò.
“Lo so…” rise Perrie. “Questo locale è famoso per i suoi drink!”
“Ah, buono a sapersi… Credo che berrò solo acqua per il resto della serata.” disse Harry.
“Sai? Mi ha stupito vederti qui…” confessò Perrie, distogliendo lo sguardo dalla folla che ballava seguendo il ritmo.
“Perché?”
“Non lo so… Ho come l’impressione che tu non sia il classico tipo da musica house…” rispose, alzando le spalle.
“Non lo sono…”
“E allora perché sei qui?” chiese curiosa.
“Perché Niall mi ha pregato in ginocchio di accompagnarlo… Non credo che volesse stare da solo in mezzo a gente sconosciuta…” disse Harry, guardando Niall che ballava con Zayn. I loro sguardi erano quasi più luminosi delle luci psichedeliche.
“Sono teneri insieme, vero?” chiese Perrie, guardandoli anche lei.
“Molto…” rispose Harry.
E tacquero entrambi.
L’attenzione di Harry si spostò su Louis, che rideva con Nick e Jade.
Era dolce il modo in cui buttava la testa all’indietro, radioso il sorriso sul suo volto, splendenti gli occhi allegri.
“Ti piace Louis, vero?”
Una domanda che non si era mai posto. Louis gli piaceva? Certo stava bene insieme a lui. Adorava la sua voce, i suoi occhi, il movimento delle mani così aggraziato, la sua risata. La risposta era si, Louis gli piaceva. Gli piaceva il modo in cui riusciva a farlo volare in un altro mondo solo raccontando della sua vita. Gli piacevano le sensazioni che provava in sua presenza. Gli piaceva il fatto che lui riuscisse a provocargli le farfalle nello stomaco, tanto odiate eppure tanto attese, perché Harry non le aveva mai provate, Louis gli aveva aperto un nuove mondo di emozioni.
“Si. Mi piace, e tanto…” un sussurro rivolto più a sé stesso che a Perrie, ma che lei udì comunque.
“Gli piace Grease. Ama il thè dello Yorkshire. Adora ridere e odia soffrire. Sorride anche quando nulla è a posto, ma i suoi occhi solo più veritieri. E’ bravo a mentire, ma non ci riesce con le persone a cui vuole bene. Spesso si comporta come una primadonna, ma è buono, è dolce, è simpatico e quando ama, è disposto a rinunciare a tutto. Ti prego, se non vuoi una relazione stabile, non provarci con lui, rimarrebbe deluso e le sue certezze cadrebbero. E’ già accaduto una volta che un ragazzo lo usasse, ed è riuscito ad evitare la depressione per un soffio. Io non ti conosco Harry, non conosco le tue intenzioni, né i tuoi sentimenti, né le tue emozioni, ma conosco Louis, conosco il suo sguardo e so cosa prova per te. Non lo far soffrire, ti prego, lui merita l’amore e non il dolore.”
Perrie si alzò dal divanetto, lasciando Harry perso nei suoi pensieri con lo sguardo fisso su Louis.
Qualche canzone dopo, anche lui si alzò dal divanetto e raggiunse il pianista.
Lo prese per un braccio e lo guidò fuori la discoteca, sotto gli sguardi stupiti di Nick e Jade.
Un leggero venticello spettinò i capelli ricci di Harry e quelli lisci di Louis. La musica era più ovattata e si poteva parlare più tranquillamente.
Si allontanarono ancora un po’ dalla discoteca, lontano dai ragazzi ubriachi.
Louis era stato silenzioso per tutto il tragitto aspettando che Harry gli fornisse una scusa per averlo allontanato dai suoi amici.
“Perché mi hai portato qui, Harry?” chiese, mentre rabbrividiva per l’aria fredda.
Harry gli porse la sua giacca nera, rimanendo a mezza maniche, ma poco gli importava. Era troppo nervoso per poter sentire i brividi di freddo, e le farfalle, che stavano di nuovo svolazzando nel suo stomaco, lo riscaldavano.
Di nuovo il silenzio cadde fra di loro, l’uno cercando le parole adatte, l’altro aspettandole.
“Ti ho portato qui fuori perché… volevo chiederti un appuntamento.” disse imbarazzato Harry, chinando la testa e osservando l’asfalto.
“Oh…” Louis era sorpreso, mai si sarebbe aspettato un invito ad un appuntamento con Harry. “Va bene…”
“Cosa?” erano così diversi, così alieni l’uno al mondo dell’altro che mai si sarebbe aspettato una risposta affermativa.
“Va bene. Accetto il tuo invito!” ripeté Louis, sorridendo della sua espressione stupita.
Il cuore di Harry si colmò di gioia. Gli sembrava di vivere un sogno, tanto bello quanto irrealizzabile. Eppure era vero, era vero Louis che gli sorrideva, era vero il si che aveva sentito, era tutto vero.
Esplose la gioia sul suo viso, sbocciò il sorriso, le farfalle invisibili si liberarono della loro gabbia.
I loro sguardi sembravano emettere stelle di amore, blu e verde, non l’uno derivato dall’altro, ma l’uno nato per l’altro. Perché sembrava che non potesse esistere sinfonia di colori più giusta di quel verde cangiante, in quel celeste puro e meraviglioso, vergato di grigio e blu. E l’amore nasceva proprio nei loro sguardi, a opera dei loro sguardi. Magia nata per una combinazione fortuita, per un destino che vedeva capelli ricci e lisci mischiati su uno stesso cuscino, che prevedeva una mano esile e aggraziata in una mano grande e calda, che univa passioni diverse, vite diverse, emozioni diverse, in un’unica armonia.

*

Harry stava aspettando. Erano le otto e mezza, e lui era in ritardo. Stava cominciando a pensare che gli avesse dato buca, forse aveva capito che Harry non era adatto per lui, forse Perrie gli aveva parlato come aveva fatto con lui, forse aveva capito che provava solo semplice amicizia e non qualcosa di più.
Harry si aggiustava nervosamente i capelli ricci, muovendoli a destra e a sinistra, aspettando che il pianista si facesse vivo.
Erano le otto e trentacinque.
Harry camminava avanti e dietro, sotto gli sguardi curiosi dei passanti.
Otto e quaranta.
Osservava ansiosamente l’orologio che portava al polso.
Otto e quarantacinque.
Aveva perso qualsiasi speranza che Louis potesse arrivare. Era un sogno troppo bello ed era finito. Un incantesimo giunto al termine. Una bolla di sapone che si infrangeva nell’aria.
Il capo chino, le mani tremanti e un’assurda, inspiegabile voglia di piangere. Non aveva mai ricevuto un no nella sua. Sempre tutti gli avevano sorriso e annuito a ogni suo desiderio.
Ma forse, le urla del suo cuore non erano rivolte alla mancata presenza di Louis, ma alla consapevolezza che il suo mondo era inavvicinabile da persone passionali e sognatici come il pianista.
Stava per entrare in macchina, quando sentì una voce che lo pregava di aspettare. Si girò e vide Louis corrergli contro, con le guance arrossate e il fiatone.
“Scusami Harry” disse senza fiato “Oddio quanto ho corso!... Mi ero dimenticato del luogo dell’appuntamento…” continuò “Ho dimenticato il cellulare a casa e non sapevo come poter comunicare con te, allora ho provato a cercarti in un paio di locali, poi ho incontrato Zayn e Niall, che mi hanno indicato il ristorante del nostro appuntamento…” concluse.
Era riuscito a riacquistare il fiato, ma le gote erano rimaste adorabilmente rosse. La maglia bianca aderente, il giacchino di jeans, lo rendevano bellissimo, illuminato dalla luce del sole morente. Ormai Harry era talmente consapevole della bellezza del pianista, che lo trovava splendido con qualsiasi cosa addosso, e sempre si stupiva di quanto potesse essere angelico.
“Non importa Louis…” sorrise, invitandolo a entrare nel ristorante prima di lui.
Aprì la porta, lo giudò nel locale e scostò la sedia dal tavolo per farlo accomodare, come un bravo gentiluomo.
Sorrise del suo sorriso e ordinarono la cena appena un cameriere giunse loro.
La serata trascorse piacevolmente tra un delizioso piatto della rinomata cucina italiana, un dolce bicchiere di vino e le loro risate, i loro commenti, le loro storie.
Harry accompagnò Louis a casa, troppo educato per lasciarlo camminare da solo per le strade di una Londra notturna.
Percorse il tragitto il più lentamente possibile, perché voleva godersi il bellissimo volto di Louis. Ogni tanto il pianista si accorgeva del suo sguardo e, di nuovo, quel dolce rossore gli colorava le guance.
Troppe frasi banali riempivano la mente di Harry, lui non voleva essere uno dei tanti, lui voleva essere speciale per Louis.
Il cielo era velato da nuvole blu, che mascheravano a tratti la luna e le sue ancelle stelle, creando misteriosi giochi di colore sulla pelle dorata del pianista. Harry rimase incantato a guardare le figure che a volte gli sembravano cavalli alati, altre buffi animali, altre piatte forme geometriche dalle strane proporzioni.
Erano giunti in prossimità della casa di Louis.
Si fermò quando gli indicò un vecchio portone ristrutturato, preceduto da un piccolo prato curato, punteggiato da piccoli fiori.
“Quella è casa mia.” disse Louis.
Harry sorrise senza parole.
Forse per paura di sbagliare, forse per una attacco di improvvisa timidezza, lasciò che fosse Louis a pronunciare le parole che lui non riusciva a formulare.
“Sono stato bene con te. Grazie dell’invito e della cena. E’ stata proprio una bella serata” disse Louis con la sua voce dolce e chiara.
“Anche io sono stato bene. Ho temuto che tu mi avessi dato buca, ma alla fine sei arrivato. Pensavo che i nostri mondi fossero troppo diversi per poter entrare in collisione, ma oggi ho avuto la certezza che sbagliavo.” sussurrò Harry. Le parole gli sfuggivano dalle labbra da sole, senza esser passate dal cervello, comandate da cuore, dal sentimento.
Il pianista gli sorrise raggiante, negli occhi qualcosa di luminosissimo, di speciale, di unico, qualcosa che non aveva ami visto prima.
Louis si sporse verso di lui e chiuse gli occhi in attesa di qualcosa che Harry aveva sognato da quando lo aveva conosciuto.
Anche lui chiuse gli occhi e fece unire le loro labbra in un dolce bacio.
A lungo le loro labbra si erano bramate. A lungo fremevano di ricongiungersi. A lungo aspettavano il loro incontro.
Pezzi di puzzle, le loro labbra combaciavano perfettamente. Nulla era sforzato nei loro gesti, tutto era naturale, frutto di un piano prestabilito.
Continuarono a baciarsi come due adolescenti, rappresentazione dei famosi versi di Prevet, che parlavano di baci di amanti nella notte, orgogliosi di mostrare a tutti il loro amore.
E loro credettero di essere stati graziati da una qualche sorte, l’uno reduce da una relazione disastrosa, l’altro ignorando completamente il significato della parola amore. Si completavano a vicenda, si appartenevano, come tanti amanti nella storia, nella letteratura, nella musica.
E videro le loro certezze crollare per poi esserne ricostruite di nuove. L’amore come colonna portante, la fiducia come fondamenta. Perché il luogo che stavano erigendo nei loro cuori, nelle loro anime era qualcosa di totalmente nuovo e sconosciuto.
Il loro bacio si sciolse come un nastro di raso, pronto per essere riannodato.
Negli occhi splendevano le stesse pagliuzze dorate, frammenti di stelle e spicchi di luna.
I sorrisi erano radiosi sui loro volti. Nessuna nuvola avrebbe mai potuto oscurarli in quel momento.
Con un ultimo, piccolo, dolce bacio Louis lasciò Harry nella sua macchina ed entrò nella sua cosa, non prima di avergli rivolti l’ultimo, raggiante sorriso della serata.
Harry guidò verso il suo appartamento con una gioia mai provata, simile a quella del giorno della sua laurea, ma non uguale, perché era ricco di qualcosa di più che un semplice foglio di carta, per quanto valore potesse avere per lui, era ricco nell’animo, dentro il suo corpo, più interno dei suoi organi e del suo sangue.
Era riccamente pieno di amore.

*

6 anni dopo

Harry Styles entrò nella grande sala del teatro. Le poltrone in velluto rosso, il dolce mormorio che proveniva da dietro le quinte, il leggero chiacchiericcio delle persone accomodate sul velluto.
Harry diede un’occhiata in giro, cercando il suo amico Ed. Vide una testa rossastra in prima fila e la raggiunse.
Ed parlava tranquillamente con una donna al suo fianco, mora e con grandi occhi scuri.
“Oh, ciao Harry!” disse Ed, notandolo.
“Scusa il ritardo Ed… Dovevo mandare una mail a Niall…” si scusò.
“Non ti preoccupare. Non sei in ritardo. Lo spettacolo deve ancora iniziare…” sorrise “A proposito dello spettacolo, ti presento Tina Calder, lei ha ideato le coreografie dello spettacolo di ‘sta sera”
Harry porse la mano a Tina, sorridendole leggermente. Lei gli strinse la mano e ricambiò il suo sorriso di cortesia.
“Sua sorella, Eleonor, interpreta la protagonista femminile del musical!” disse Ed.
Harry annuì alle sue parole e non rispose, la mente invasa da altri pensieri.
“Chi interpreta il protagonista maschile?” chiese Ed.
“Louis Tomlinson. È molto bravo. Ha un talento enorme…” rispose Tina.
Louis Tomlinson, il suo nome entrò nella sua testa e ogni pensiero sparì.
Louis Tomlinson.
I ricordi invasero la sua mente. L'esile figura che suonava i tasti d’avorio di un pianoforte in un bar in periferia, il suono di una risata e una voce chiara e dolce, il sorriso lucente e gli occhi pieni di pagliuzze d’oro. Poi un bacio, dolce, sotto una luna oscurata dalle stelle. Una relazione forte, sincera, stabile. Una lettera che informava che il signor Louis Tomlinson era stato scelto per una stage nei teatri più famosi di Broadway. La rottura della loro relazione. Il suo volo verso il suo sogno, Harry che guardava l’aereo volare senza poter far nulla, vessato dal dovere di rilevare l’azienda del padre, appena morto. Quell’amore che tanto lo aveva fatto sognare, finito. I cocci del suo cuore da aggiustare, la voglia malsana di lavorare, la mente troppo occupata per pensare.
E ora, dopo quattro anni dal loro ultimo incontro, Harry Styles stava per rincontrare Louis Tomlinson. Strano il modo in cui il destino agisce, no? Ancora per un piano, sconosciuto alla mente umana, che li voleva insieme. Ancora una volta i loro colori, verde e azzurro, si sarebbero rimescolati, talmente tanto che sarebbe stato impossibile dividerli di nuovo.
“Louis Tomlinson, hai detto?” chiese con un sussurro.
“Oh si… E’ un bellissimo ragazzo, molto interessante e con una bellissima voce” disse Tina.
Ed stava per parlare, ma le luci nella sala si abbassarono e il mormorio delle perone terminò.
I sipari si aprirono, le luci puntate su un giovane uomo che, Harry lo sapeva benissimo, aveva solo trent’anni.
Le luci dei faretti risplendevano sulla sua carnagione lievemente dorata, gli occhi erano azzurri, illuminati dalla passione, le mani erano esili e chiare, quelle stesse mani che avevano suonato il pianoforte per Harry più di una volta.
Una voce chiara, fresca e dolce si levò leggera nell’aria. Harry chiuse gli occhi e sentì mille brividi sulla schiena.
Da quattro lunghissimi anni non ascoltava quella voce che, per lui, era diventata indispensabile.
Invano aveva cercato conforto nel suo lavoro, invano aveva creduto di non amarlo più, invano si era illuso di poter vivere una vita anche senza quegli occhi così limpidi e puri, senza quella voce così dolce, senza quel tocco leggero come ali di farfalla.
Per quattro lunghissimi anni aveva pensato di poter vivere senza Louis Tomlinson, ma ora era consapevole che mai nella vita aveva fatto errore più grosso di lasciarlo andare.
Era stato semplice credere di poter superare una perdita d’amore affidandosi al lavoro, immergendosi totalmente negli investimenti della sua azienda, portandosi il lavoro a casa per non pensare alla mancata presenza di Louis accanto a lui.
Era stato semplice chiudere il suo cuore, farlo tacere per evitare di ricordargli che il suo letto era troppo freddo senza il corpo piccolo e morbido di Louis.
Era stato semplice togliere qualsiasi oggetto che gli ricordasse Louis, le loro foto, i suoi regali, pochi dei suoi vestiti che aveva lasciato a casa, e chiuderli in un vecchio scatolone e dimenticarlo in soffitta.
Era stato semplice fare il forte, l’insensibile, il ragazzo che non ricordava più di aver avuto un fidanzato. Era stato semplice convincersi di essersi dimenticato di Louis, ignorando la mancanza costante di un pezzo di anima, di cuore, di mente.
Ma davanti alla sua reale presenza, al realizzazione del suo più grande sogno, il muro che si era costruito era crollato, ed era bastata solo la sua semplice voce.
Non poteva essere indifferente dinanzi al suo più grande amore.
Le canzoni del musical si mischiavano alle parole, la voce di lei, di Eleonor, era sempre oscurata da quella di Louis, così eterea da apparire inumana.
Ogni volta che le loro labbra si incontravano, per un leggero sfioramento, un mostro verde si animava nello stomaco di Harry. Un mostro che gli faceva stringere i braccioli rivestiti di velluto rosso delle poltrone. Un mostro che gli faceva odiare quella sciocca, insulta ragazza che lo toccava dinanzi a una sala gremita di spettatori.
Sapeva che si trattava solo di finzione, che quella non era la realtà, ma non poteva evitare che il mostro verde si risvegliasse.
Gli atti del musical correvano veloci, l’uno dopo l’altro, si avvicendavano sul palco ma Harry non vi badava. Era troppo preso dall’osservare Louis e i suoi movimenti.
E il musical terminò. Il sipario calò sui volti sorridenti degli attori, applauditi dagli spettatori.
Harry si alzò in piedi ad applaudire Louis e la sua maestria, come tempo prima aveva fatto in un bar nella periferia di Londra.
Gli applausi terminarono e le persone si avviarono verso l’uscita.
Harry vide una ragazza che aveva un ricco bouquet di rose rosse.
Si avvicinò e, con la gentilezza e il carisma che lo contraddistingueva, le chiese una rosa, da donare a una persona molto speciale.
Lei gli porse il bouquet, lasciando che fosse Harry in persona a sfilare la rosa che lui riteneva più bella.
Ringraziandola con uno sguardo, prese la rosa più rossa del bouquet e le baciò una guancia, facendola arrossire.
Si avviò verso i camerini degli attori, che si era fatto indicare in precedenza da Ed, e cercò il suo nome sulla porta.
Louis Tomlinson.
Bussò piano e attese che lui rispondesse. Sentì un lieve “avanti” e entrò con più grazia possibile.
Louis aveva ancora i vestiti di scena addosso ed era bellissimo.
Alzò lo sguardo e rimase a bocca aperta.
Harry sorrise del suo stupore, mentre un leggero velo di rossore gli coloriva le guance. Gli porse la rosa e aspettò che lui la prendesse.
“Sei diventato una stella di Broadway, Lou!” sussurrò. “In sala non si vociferava che della tua bravura e della tua bellezza.”
“Harry…” disse, con gli occhi pieni di pagliuzze dorate e stupore.
“Harry” ripeté più forte e si buttò fra le sue grandi, muscolose braccia che gli erano mancate in quei quattro anni.
Harry lo accolse e Louis si sentì finalmente a casa, mentre annusava quel profumo che era unicamente suo.
Le loro labbra s’incontrarono in un sospirato e atteso bacio.
E fu tutto come prima, meglio di prima.
E furono di nuovo Harry e Louis.






Pink note


Wow, inizio col dire che questa è la prima os che pubblico e sono emozionatissima!

So... Una strana au, non trovate? Louis più piccolo di Harry di tre anni, un mondo diverso, dove le cose sembrano ribaltate: Harry che appare più serio, più maturo e Louis più giovane, più passionale, l'uno ricco di colori, l'altro privo.

E... Ci sono anche gli Ziall! Teneri loro!

Ovviamente non poteva mancare Liam, anche se ricopre un ruolo secondario...


Voglio dedicare questa storia alla mia splendida classe, che ha subito le mie farneticazioni sui Larry, Ziall e i ragazzi per ben nove mesi. Sopratutto al mio migliore amico che ha sempre letto ogni mio racconto con entusiasmo e incitandomi a pubblicare qualcosa.

E poi voglio ringraziare i ragazzi de "Larry Stylinson is the way" per le risate, i commenti, i film mentali su quei due pazzi innamorati!

Se siete arrivati sino qui, voglio ringrazziare anche voi lettori e coloro che lasceranno una recensione, sperando che lo facciano.

Grazie a tutti di cuore,

Giulia

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: ridarosa