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Autore: MikiBarakat96    22/06/2013    1 recensioni
Seguito di "So Wrong, it's Right" (non leggete se non avete prima letto l'altra).
Un anno dopo gli eventi successi nella prima storia, Stella, la sorella di Jack, è riuscita finalmente a realizzare il suo sogno e a superare la sua paura; la sua vita va a gonfie vele, sembra che niente possa andare male e invece ancora una volta si troverà a dover decidere fra la sua carriera e l'amore.
Le recensioni sono sempre bene accette :3
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Weightless-.
 
Passarono quattro mesi e il momento tanto atteso si avvicinava sempre di più.
La gravidanza andava sempre meglio, il bambino era in ottima salute e anche io, nonostante non fossi più molto autosufficiente e nonostante avessi sempre un’insaziabile voglia di dolci che mi erano costati alcuni chili che speravo di perdere non appena il bambino fosse nato.
Il nuovo cd degli All Time Low era uscito un mese prima e aveva riscosso molto successo, erano tantissime le copie che erano state vendute e i ragazzi per ringraziare i fan avevano deciso di organizzare in alcune città anche Europee dei Meet and Greet dove avevano incontrato i fan e avevano autografato i loro cd. Era stata dura convincere Alex a partire, nonostante io fossi ancora all’ottavo mese, lui si era rifiutato di lasciarmi da sola per paura che da un giorno all’altro potessi partorire! Per fortuna, però, dopo giorni di discussioni, finalmente si era convinto ed era partito con gli altri e durante i suoi giorni d’assenza era andato tutto bene.
Il mio secondo cd era ancora in fase di creazione, con i ragazzi della band stavamo scrivendo ad uno ad uno i pezzi che poi avremmo registrato per il cd e più andavamo avanti più uscivano canzoni davvero fantastiche! Ne avevo di materiale su cui scrivere, con tutto quello che mi era successo potevo scrivere almeno una ventina di canzoni.
L’undici ottobre, gli All Time Low avevano organizzato un altro concerto a Baltimora al quale io non avrei cantato visto che nelle ultime settimane ero stata colta da vari dolori, alle gambe e anche alle costole, che a detta del dottore erano normali perché ormai la gravidanza stava per finire, il bambino era pronto infatti di lì ad una settimana avrei partorito.
Quel giorno, nel pomeriggio, mentre la band e la crew erano impegnati a sistemare l’attrezzatura nel locale dove si sarebbe svolto il concerto, io e Debbie andammo all’aeroporto per accogliere i miei genitori arrivati da Roma per assistere al mio imminente parto o meglio: la mamma avrebbe assistito al parto, papà si sarebbe limitato a rimanere fuori dalla sala ad aspettare insieme agli altri.
<< Oh mio Dio! Ma guarda come sei grossa! >>, esclamò mia madre non appena usciti dall’aeroporto.
Sbuffai. << Mamma sei davvero molto delicata >>.
Mi sorrise e mi abbracciò. << Dai, ti stavo solo prendendo un po’ in giro >>.
<< Peccato che non è divertente quando sei in queste situazioni e tu dovresti saperlo >>, dissi.
<< Scusami, allora! >>, disse la mamma sbuffando.
<< Non se la prenda signora Barakat, in quest’ultimo mese è davvero una brontolona >>, disse Debbie per consolarla.
<< Non sono una brontolona! >>, protestai.
No, in realtà lo ero, perché sinceramente non vedevo l’ora che finisse tutto quello e che il bambino fosse fuori, non ne potevo più di sentirmi sempre stanca, di non riuscire a fare quasi nulla da sola e di avere sempre quei dolori fastidiosi che mi facevano venir voglia di rimanere sdraiata nel letto per tutto l’intero giorno.
<< Sta sempre a lamentarsi che con il pancione non riesce a fare nulla >>, raccontò Debbie.
<< Oh anche tua madre si lamentava sempre >>, intervenne papà rivolgendosi a me. << Era una vera tortura, se la prendeva con tutti e non la finiva mai di mangiare >>, ridacchiò.
Risi, rincuorata da quelle parole.
<< Ehi non ti permettere di prendermi in giro, tu! >>, protestò la mamma sulla cui faccia, però, spuntò un sorriso che non riuscì a trattenere.
<< Come tu prendi in giro Stella io posso prendere in giro te >>, ribatté papà.
Sorrisi avvicinandomi al mio papà che presi sottobraccio. << Ha ragione papà >>, annuii. << Da oggi sarà a lui che vorrò più bene >>, sentenziai.
<< Ma se neanche vuole venire in sala parto con te! >>, ribattè la mamma.
<< Se potessi scegliere non ci verrei neanche io >>, ammisi.
Arrivammo alla macchina di Jack, che Debbie aveva requisito, e caricammo nel bagagliaio tutte le valigie che si erano portati, poi entrammo in macchina con Debbie alla guida, io sul sedile a fianco al suo e i miei dietro.
<< Allora, il dottore ti ha già detto quando nascerà? >>, mi chiese la mamma quando partimmo.
<< Si, ha detto che per la prossima settimana nascerà >>, risposi cercando di ignorare l’improvvisa pesantezza del mio stomaco.
<< Bene, benissimo, non vedo l’ora! >>, esclamò la mamma.
<< Non lo dica a me, finalmente nascerà il mio primo nipotino >>, squittì Debbie che sarebbe stata a tutti gli effetti la zia del bambino non perché era la mia migliore amica ma perché era ufficialmente la fidanzata di Jack. Era divertente come io fossi fidanzata con il migliore amico di mio fratello e come mio fratello fosse fidanzato con la mia migliore amica e come alla fine saremmo diventati tutti parenti!
<< Io non vedo l’ora che nasca, non lo sopporto più questo pancione, ma vorrei tanto che… uscisse senza farmi provare un dolore cane >>, dissi immaginandomi già in quella deprimente sala d’ospedale a contorcermi dal dolore con un sacco di medici intorno che mi ripetono di respirare e di spingere.
Mi scossi da quel pensiero e mi accorsi che stavo rabbrividendo.
<< Tranquilla piccola, ci sono passate tante donne e tantissime altre ci passeranno, è un dolore atroce, ma passa e appena sarà finito vedrai che sarai contentissima e sai perché? >>.
<< Perché la sofferenza sarà finita? >>, chiesi.
Rise. << No, perché finalmente vedrai il bambino e ti posso assicurare che non esiste momento più bello >>.
Sorrisi appoggiando una mano sulla pancia. << Hai sentito la nonna, Robert? Dopo avermi fatto soffrire atrocemente mi renderai felicissima >>.
Robert mi assestò un leggero calcio alla pancia giusto per farmi capire che aveva sentito. Ormai era da un po’ che lo sentivo scalciare e alle volte era divertente e irresistibilmente dolce, soprattutto quando lo faceva mentre gli parlavo, ma a volte faceva un male cane! E il brutto era che non ci potevo fare nulla.
<< Ha sentito >>, dissi verso la mamma che con espressione emozionata mi chiese: << L’hai sentito? >>.
<< Oh si, ormai lo sento da un po’ >>, risposi.
La mamma si sporse in avanti e mi appoggiò una mano sulla pancia. << Ciao piccolino, io sono la nonna e non vedo l’ora di vederti >>.
<< Tutto sanguinante >>, aggiunsi con una smorfia.
Un calcio, molto più forte.
Gemetti. << Scusa, ma è vero >>, dissi senza fiato per il dolore.
La mamma rise. << È davvero un bel tipino >>.
<< Per ora è molto suscettibile >>, ridacchiai.
<< Allora, dimmi, Alex come sta, è pronto per l’arrivo del piccolino? >>, mi chiese papà.
<< Oh, si, è pronto da quando è iniziato il settimo mese, non fa altro che spaventarsi per ogni mio singolo dolore >>.
La mamma rise. << Oh, ma com’è carino!  >>, commentò.
<< Anche io ero così quando tua madre aspettava Jack, ero sempre terrorizzato che chissà per quale motivo il bambino potesse uscire prima, quindi mi allarmavo sempre quando tua madre mi diceva che le faceva male qualcosa >>, mi raccontò.
 << I papà sono sempre apprensivi, anche mio padre lo era quando mamma aspettava me >>, intervenne Debbie.
Papà si strinse nelle spalle. << Non vogliamo che corriate nessun pericolo, né voi né il bambino >>, spiegò.
<< Ed è una delle cose più dolci del mondo >>, disse la mamma appoggiando la testa sulla spalla di papà.
<< Papà, è vero che tutte e due le volte che la mamma partorì tu non volli mai entrare nella sala con lei? >>, gli chiesi.
<< Entrai solo per i primi cinque minuti durante la nascita di Jack e quello che vidi fu… abbastanza >>, rispose.
Lo guardai preoccupata. << Fa così impressione? >>.
Prima che papà potesse rispondere ci pensò la mamma. << Certo! C’è tanto sangue, sudore, urla, pezzi di budella che se ne vengono e dolore, tanto dolore! >>.
<< Mamma! >>, sbottai infastidita dal suo tentativo –riuscito- di spaventarmi ancora di più di quanto già fossi.
Scoppiò a ridere. << Andiamo tesoro, smettila di angosciarti andrà tutto bene! >>, cercò di tirarmi su. << Ammetto che quello che ho detto succederà davvero, anche se non verrà fuori nessun pezzo di budella, ma puoi affrontarlo, dovrai solo fare come ti dicono i medici ed andrà tutto bene >>.
<< Durerà tanto? >>, chiesi.
Mi posò una mano su una spalla e stringendomela leggermente disse: << Il giorno del parto lo saprai >>.
Sospirai. Gli incoraggiamenti della mamma non servivano a molto, ma forse aveva ragione, non dovevo angosciarmi, dovevo cercare di stare tranquilla perché se mi agitavo sarebbe stato peggio.
<< Non ti preoccupare Tella, saremo tutti lì per darti forza >>, disse Debbie.
<< Tutti? >>, chiesi perplessa.
<< Be’… intendevo me, tua madre, Alex e forse Jack >>.
Mamma e papà scoppiarono a ridere. << Jack? >>, chiese mio padre tra una risata e l’altra.
Li guardai perplessa anche se immaginavo già il motivo di quell’improvvisa ilarità, Jack non sarebbe mai riuscito ad assistere al parto, era piuttosto sensibile al sangue e di sicuro o avrebbe dato di stomaco oppure sarebbe svenuto.
<< Si, forse meglio eliminare Jack dalla lista >>, concordò Debbie lasciandosi sfuggire una risata.
 
La sera, poco prima del concerto, io, Debbie, mamma e papà, raggiungemmo il locale dove gli All Time Low si sarebbero esibiti. Mamma e papà si sarebbero visti il concerto da giù, da quella che diciamo era la “platea” mentre io sarei stata con Debbie ai lati del palco, dove ero sempre per sostenere Alex.
Appena entrati, lasciai subito i miei genitori e andai da Alex che non appena mi vide mi corse incontro.
<< Ehi Stell, come stai? >>, mi chiese accarezzandomi leggermente una guancia.
<< Bene, anche se ho appreso cose del parto che non avrei mai voluto sapere >>, feci una smorfia.
Rise. << Pensa che sarò io quello che vedrà tutto il sangue >>.
<< Ma io sarò quella che dovrà urlare >>.
<< Okay, hai vinto tu >>.
Avvicinò il viso al mio e posò le sue labbra sulle mie facendo aumentare i battiti del mio cuore. Schiusi le labbra per far crescere l’intensità del bacio che mi liberò in fretta da tutto quello che non era Alex, le sue dolci labbra e la sua lingua che massaggiava la mia.
<< Ehi! Queste smancerie fatele in privato! >>, esclamò Jack.
Sciogliemmo il bacio ridendo e ci girammo entrambi verso Jack che ci stava guardando sorridendo divertito.
<< Incredibile sorellina, arrivi e neanche ti degni di venirmi a salutare >>, disse con finto tono offeso.
<< Scusa, ma è stato Alex il primo che ho visto >>, mi strinsi nelle spalle.
Sbuffò. << Tutte scuse >>.
<< Va bene, allora per farmi perdonare ti concedo un abbraccio con tanto di pancione in mezzo >>, ridacchiai.
Jack accettò con piacere nonostante sapesse che sarebbe stato scomodissimo abbracciarmi visto quel piccolo intruso che ci sarebbe stato in mezzo. Mi strinse forte a se e dopo si chinò ad abbracciare anche il mio pancione salutandolo con un: << Ciao nipotino! >>.
<< Ha fatto il bravo oggi? >>, mi chiese Alex appoggiandomi un braccio dietro le spalle mentre ai nostri piedi Jack stava iniziando un’allegra conversazione con il mio pancione.
<< Abbastanza, solo qualche calcio ogni tanto >>, risposi.
<< Almeno vuol dire che sta bene e che non vede l’ora di uscire >>, intervenne Jack.
<< Oh non vedo l’ora anche io >>, dissi.
<< Non ne vediamo l’ora tutti >>, intervenne Rian rivolgendomi il suo splendente sorriso.
Ero contenta di aver dato al bambino il primo nome di Rian, non perché lo preferissi per esempio a Zack, ma perché lo avevo reso felice, perché il nome Robert mi piaceva e perché avevo usato un nome proposto da uno dei fan.
Insieme a Rian arrivò anche Zack che nonostante tutto quello che era successo, si era ripreso molto bene ed era diventato il solito uomo del silenzio che però, ad insaputa di tutti tranne me ed Alex, si stava vedendo con una ragazza da qualche settimana; si, si era davvero ripreso bene ed era una cosa fantastica perché finalmente, forse, si stava togliendo Debbie dalla testa.
Matt arrivò qualche minuto dopo scuotendo la testa con fare divertito. << Cercavo la mia band disperatamente e guarda dove la trovo! >>. Mi sorrise. << Sei sempre fonte di distrazione, lo sai? >>.
Mi strinsi nelle spalle. << Ora siamo in due >>, risposi. << E lui distrae più di me, fidati >>.
Risero.
<< Allora, forza ragazzi, sul palco! >>, disse Matt battendo le mani come per dare il via all’azione. << Stella, tu vieni con me >>.
Gli All Time Low scattarono subito ai loro posti di “combattimento” ed io seguì Matt che mi portò dall’altra parte del palco dove c’era già Debbie in piedi pronta per iniziare ad urlare e accanto a lei c’era una sedia che era probabilmente destinata a me e alla mia povera schiena dolorante.
Il concerto iniziò con alcune delle vecchie canzoni di Nothing Personal per poi passare alle canzoni del nuovo album. Più o meno a metà concerto, sentì l’urgenza di andare in bagno, cosa che mi capitava spesso visto la gravidanza, ma non mi sarei mai riuscita ad alzare da sola, così fui costretta ad attirare l’attenzione di Debbie, che stava cantando e saltando come una matta, tirandole la maglietta.
Non si girò.
<< Debbie! >>, urlai per sovrastare la musica.
Si girò a guardarmi perplessa.
<< Devo andare in bagno! >>.
Annuì. << Bene, anche io >>, urlò. Mi porse una mano e mi aiutò ad alzarmi sollevandomi di tutto peso non so neanche io con che forza.
All’inizio pensai che l’improvviso bagnato che avvertivo nei pantaloni fosse il risultato della mia vescica piena e dello sforzo che avevo fatto nel cercare di alzarmi e per un attimo mi vergognai del mio scarso controllo, ma poi, fermandomi un attimo a riflettere capì cosa era realmente successo.
Per fortuna la canzone finì e quindi non dovetti urlare per farmi sentire da Debbie che stava iniziando ad avviarsi verso il bagno.
<< Debbie! >>, la chiamai con la voce che tradiva tutto l’improvviso panico che sentivo dentro.
Mi guardò spaventata. << Tella… che succede? >>.
La guardai con gli occhi pieni di terrore. << Mi si sono rotte le acque >>.
Gli occhi di Debbie si sgranarono al massimo e per un attimo temetti che le potessero uscire dalle orbite, ma per fortuna non successe.
<< Oh cazzo! Oh cazzo, cazzo, cazzo! >>, ripeté tra se per un minuto buono prima di esclamare: << Vado a chiamare Matt, tu stai qui e non ti muovere >>.
Come se potessi andarmene in giro!
Pensai infastidita.
Ero nel completo panico. Il bambino stava per nascere. Stavo per avere il bambino e noi eravamo lì in quel locale, lontani più o meno venti minuti di macchina dall’ospedale... ci saremmo arrivati in tempo? Oddio e il concerto? Non c’era tempo per avvertire tutti e i ragazzi erano sul palco.
Matt comparve improvvisamente accanto a Debbie con la faccia pallida e preoccupata. << Stella! Stella! Stai bene? >>.
<< Dobbiamo andare all’ospedale! >>, esclamai.
<< Prima chiamo i tuoi genitori >>, ribattè Debbie.
<< Non c’è tempo! >>, sbottai. << Matt, mi puoi accompagnare all’ospedale? >>, chiesi guardando il manager che annuì.
<< Bene, allora noi andiamo, Debbie avvisa i miei e raggiungeteci >>, le dissi.
<< E Alex? >>, chiese Debbie.
Mi sarebbe dispiaciuto interrompere il concerto, ma diavolo, stava per nascere suo figlio, Alex doveva assolutamente esserci.
<< Dì a Vinny o a qualcuno degli altri di avvisarlo appena finisce questa canzone >>, dissi.
Debbie annuì. << Okay Tella, ti raggiungo subito, tu tieni duro >>.
<< Be’… per ora mi sento solo bagnata e terrorizzata, quindi tenere duro non sarà molto difficile, dimmelo quando starò urlando dal dolore per le contrazioni >>, dissi.
Matt mi prese per la vita e mi portò fuori, verso la sua macchina. Mi fece entrare delicatamente nella macchina e neanche due secondi dopo lui era già con le mani sul volante e stava già mettendo in moto.
Avevo il cuore a mille per la paura. Una settimana sto’ cavolo! Ma che dottore era quello?! Mi aveva fatta stare così tranquilla dicendomi che sarebbe nato tra una settimana e invece ora mi ritrovavo con un bambino in arrivo in rotta verso l’ospedale dove sapevo che avrei sofferto le pene dell’inferno e avevo tanta, tanta, tanta paura. Magari se fossi andata ad uno di quei corsi preparto sarei stata meno spaventata… oppure no.
Matt mi prese la mano e la strinse per cercare di farmi sentire più tranquilla. Meno male che c’era almeno lui vicino a me.  << Stella, non ho idea di che cosa si faccia in questi casi, ma so che non bisogna farsi prendere dal panico, devi stare tranquilla e fare dei profondi respiri >>.
<< Quello non è durante il parto? >>, scherzai, ma il mio tono suonò tutt’altro che scherzoso.
<< Be’… serve anche a tranquillizzarti >>.
Annuì e feci come mi aveva detto, cercai di respirare profondamente e di calmarmi, potevo affrontare tutto quello che stava succedendo, ce la potevo fare.
<< Non è che partorisci in macchina, vero? >>, mi chiese improvvisamente Matt preoccupato.
Scoppiai a ridere e in un attimo sentì tutta la paura sciogliersi come se non ci fosse mai stata. Nel vedermi improvvisamente così sorridente, Matt si rilassò. << Stai tranquillo, mi si sono rotte le acque, ma per fortuna non ho ancora nessuna contrazione quindi il bambino non è in arrivo imminente >>.
<< Allora perché tanta fretta? >>, chiese.
<< Perché non so quanto questo stato di calma potrà durare quindi è meglio se arriviamo all’ospedale il prima possibile >>.
Annuì. << Non ne so proprio niente di parti >>, commentò amaramente.
Risi. << Quando sarà il momento imparerai tutto >>, dissi pensando a come Alex si fosse fatto spiegare per bene da sua madre e mia madre cosa succedeva quando una donna stava per partorire.
<< Spero che quel momento arrivi molto tardi >>, ammise.
<< Anche io lo volevo… e invece ora non vedo l’ora che il bambino venga fuori >>.
<< Be’… tra qualche ora o… qualche minuto sarai accontentata >>.
<< Ehi! >>, protestai. << Non dirlo neanche per scherzo! Non voglio partorire tra qualche minuto, preferisco tra qualche ora >>.
Così passerai ore in preda alle contrazioni!
Mi disse una vocina nella mia testa.
La mamma mi aveva detto che le contrazioni potevano non arrivare subito, ma se non mi fossero arrivate proprio? E se avessi allarmato tutti per nulla? Se avessi fatto interrompere un concerto per nulla?! Che figura ci avrei fatto?
<< Matt… se si scoprisse che… non partorirò adesso ma forse domani, mi prenderesti a schiaffi? >>, gli domandai.
<< No >>, rispose prontamente, poi guardandomi perplesso continuò: << Perché? Non… non stai per partorire? >>.
<< No… o almeno credo di no… insomma, mi stavo domandando se vista l’assenza di contrazioni non dovessi iniziare a pensare di essermi allarmata per nulla… cioè no per nulla, ma per l’arrivo del bambino non ancora imminente >>.
<< Stella, stai tranquilla, anche se non dovessi partorire adesso partorirai comunque domani o anche stanotte, e io di sicuro non mi arrabbierei, anzi, penso che nessuno si arrabbierebbe, perché è normalissimo che tu sentendo che ti si sono rotte le acque ti sia subito allarmata >>.
Proprio mentre finiva di parlare sentì un’improvvisa fitta più o meno nella parte bassa della pancia dove di solito mi faceva male quando avevo il ciclo.
<< Ho parlato troppo presto >>, dissi mentre la fitta si faceva sempre più forte, sempre più dolorosa.
Chiusi gli occhi e mi concentrai per non gridare.
<< Tell?! Tell?! >>, mi chiamò Matt con il tono di voce allarmato.
<< Matt… ti prego… sbrigati >>, sussurrai ancora pervasa dal dolore che somigliava molto ad un pizzicore solo molto ma molto più doloroso.
<< Siamo quasi arrivati >>, mi rassicurò. << Tieni duro, ce la faremo >>.
Gli lanciai un’occhiata veloce e vidi che la sua faccia era un velo di terrore, preoccupazione e agitazione, aveva i denti conficcati nel labbro inferiore, la fronte sudata, le mani che tamburellavano nervosamente sul volante e gli occhi pieni di apprensione. Poverino, lo stavo facendo preoccupare tantissimo, avrei voluto rimettermi a sedere normalmente e fingere che non stesse succedendo nulla, ma il dolore era talmente forte che non riuscivo a non star ripiegata su me stessa.
Arrivammo in ospedale e io quasi non me ne accorsi troppo occupata a trattenere tutte le imprecazioni possibili e immaginabili che mi stavano venendo in mente in quel terribile momento.
<< La mia amica sta per partorire! >>, urlò quasi Matt appena entrato nell’ospedale.
Le donne che erano al bancone dell’entrata, vennero subito a prendermi e a farmi domande del tipo: << Quando le si sono rotte le acque? >> , << Ha le contrazioni da molto? >>.
Matt rispose per me visto che io non avevo neanche la forza di camminare.
Le donne mi portarono in una stanza deprimente con le pareti color giallo ocra e il lettino con le coperte dello stesso colore. Matt ci seguì silenzioso ma agitato e mi rimase accanto per tutti i minuti successivi nei quali un dottore mi venne a visitare per vedere a che punto della dilatazione ero arrivata; alla fine della visita disse che ce ne voleva ancora prima che il bambino uscisse e io in mente lo mandai al diavolo perché non avrei potuto sopportare quel dolore ancora per molto. Per fortuna, quando la visita si concluse, nella stanza entrarono la mamma, Debbie e papà che mi trovarono seduta scompostamente sul lettino in cerca di una posizione che mi permettesse di riprendere fiato da quel dolore che per un attimo era divento più lieve ma che in quel momento si stava facendo sentire sempre di più.
Dopo essersi assicurato che stessi bene, papà portò fuori Matt che a detta sua sembrava davvero sconvolto.
<< Tesoro, avanti, stai tranquilla, finirà tutto presto >>, mi disse mia madre accarezzandomi dolcemente la schiena.
<< Oh… lo… spero… AH! Davvero… >>, dissi con affanno.
<< Tella, ho avvisato Vinny di avvertire Alex e gli altri come mi avevi detto, penso che stiano per arrivare >>, mi avvisò Debbie.
Mi sentì un po’ più tranquilla al pensiero che Alex sarebbe stato lì con me, che tutta la mia famiglia sarebbe stata lì con me a farmi coraggio.
<< Dio che male! >>, esclamai.
Altro che coraggio, lì mi ci voleva una botta in testa per perdere i sensi fino al momento in cui tutto non fosse finito.
<< Tranquilla, calmati, respira >>, disse la mamma parlando in modo lento e tranquillo.
<< Sono calmissima! >>, sbottai.
No, non lo ero affatto, ma nessuno lo sarebbe stato in quella situazione.
Improvvisamente come era venuto, il dolore si attenuò ed io ritornai a respirare normalmente. Guardai la mamma. << È passato >>, dissi.
La mamma annuì. << È normale, ora avrai ancora per qualche ora le contrazioni irregolari che poi si regolarizzeranno da sole e solo a quel punto dopo un po’, potrai partorire> >.
<< Bisogna aspettare tutto questo tempo? >>, chiesi scioccata.
<< Tesoro, ma non l’hai sentito il medico? >>, mi chiese.
<< Ero più occupata a soffrire >>, risposi.
<< Meno male che Matt ha prestato attenzione >>, ridacchiò Debbie.
<< Come faccio ad aspettare delle ore mentre soffro? >>, chiesi più in generale che a qualcuno.
<< Possiamo cantare una canzone >>, propose mia madre.
<< Ma che cantiamo una… AAH! >>. Una fitta.
Mi piegai in due... per quanto mi fosse possibile.
<< Santo cielo che male >>, gemetti. 
Debbie mi prese una mano e la strinse forte mentre la mamma riprese ad accarezzarmi la schiena e a mormorarmi parole d’incoraggiamento.
Passò un’ora e di Alex e gli altri non c’era nessuna notizia, al contrario, del bambino c’erano notizie, il dottore era tornato a controllarmi e aveva detto che stavo iniziando a dilatarmi e che le contrazioni sarebbero durate almeno per un’altra ora. Io intanto, continuavo a soffrire e a stare bene ad intermittenze non regolari come aveva detto la mamma, ma la durata si stava facendo sempre più corta e sempre la stessa almeno così aveva calcolato un’infermiera che dopo il dottore era venuta a contare per quanti minuti mi contorcessi dal dolore.
Dopo la fine dell’ennesima fitta di dolore, improvvisamente Matt rientrò nella stanza. << Stella! >>.
<< Si? >>.
Sembrò colpito di vedermi forse perché a differenza di quando mi aveva portata lì, avevo indosso un osceno camice verde da ospedale e avevo i capelli scompigliati e leggermente sudati.
<< Alex e gli altri sono stati bloccati dal traffico, pare che si sia scatenata una sorta di protesta contro le pellicce >>, m’informò.
Sbuffai. << Proprio oggi dovevano mettersi a protestare?! >>.
<< Mi hanno detto che stanno facendo di tutto per arrivare in tempo >>.
<< Tanto ci vorrà più o meno un’altra ora >>, disse la mamma.
Un’altra contrazione mi fece gemere dal dolore.  << Spero arrivino presto >>, sussurrai.
Matt sorrise. << Pur di portare Alex qui farò atterrare il nostro jet provato in mezzo alla strada >>.
<< Sul serio? >>, gli chiesi con un sorriso che purtroppo risultò sofferente.
<< Te lo prometto >>, mi strizzò l’occhio ed uscì di nuovo dalla stanza.
Il dolore se ne andò lentamente e questa volta riuscì a sorridere pensando a quanto dolce fosse Matt che mi aveva portata fin lì con la macchina, mi aveva portata di peso dentro l’ospedale e si era spaventato così tanto.
<< Che ragazzo dolce >>, disse la mamma fissando la porta dalla quale era uscito il manager.
<< Si, lo è davvero >>, dissi ampliando il mio sorriso.
<< Non me la conti giusta con quel sorrisino allegro >>, mi disse Debbie guardandomi accigliati.
Improvvisamente mi ricordai che Debbie non sapeva nulla del fatto che Matt fosse innamorato di me, non glielo avevo ancora detto e dopotutto perché avrei dovuto? Era meglio se nessuno lo sapesse, così sarebbe rimasto un segreto solo mio e di Matt che avremmo mantenuto probabilmente fino alla tomba.
La mamma mi pizzicò un braccio.
<< Aho! >>, protestai.
<< Ti devo ricordare che stai per partorire il figlio di Alex? >>.
<< No, certo che no! >>, esclamai.
<< Bene, perché che non ti venga in mente di tradire Alex ora che avrete anche un bambino! >>.
<< Ma come ti viene in mente?! >>, le chiesi stizzita.
La sua aria accigliata si accentuò e guardandomi minacciosa disse: << Guarda che ho visto bene come ti guardava Matt e ho visto come hai sorriso tu >>.
Debbie la guardò curiosa. << Lei dice che a Matt piace Stella? >>, chiese.
La mamma annuì.
Addio al segreto solo mio e di Matt.
Contrazione. Urlo. Carezza della mamma. Secondi di agonia. Fine.
<< Ma… non… dite sciocchezze! >>, dissi mentre facevo dei profondi respiri.
<< Io dico solo quello che ho visto >>, sorrise la mamma in modo furbo.
<< Quello che hai visto è solo un buon rapporto d'amicizia, nulla di più >>, dichiarai.
<< Meglio che lo sia >>, disse.
Le contrazioni continuarono e continuarono, sempre più frequenti e sempre più regolari e di Alex nessun segno. Matt non si vedeva più ed io ero sempre più inquieta.
Dopo molto più di un’ora, la dottoressa che aveva misurato la frequenza delle mie contrazioni, mi venne a visitare e mi comunicò che ero quasi pronta e che quindi potevo essere condotta in sala parto. Fui colta dal panico più totale. Non volevo andare in sala parto, non volevo, non volevo, non volevo, non senza Alex, non senza che lui potesse vedere la nascita di suo figlio per una stupida protesta che avrebbero potuto organizzare un altro cavolo di giorno.
<< Io non mi muovo di qui! >>, dichiarai con un tono che sperai suonasse risoluto, ma per colpa di una nuova contrazione sembrai solo disperata.
<< È arrivato il momento cara, non puoi tirarti indietro ora >>, mi disse la dottoressa.
Guardai mia madre. << Non posso partorire se non c’è anche Alex >>.
<< Mi dispiace tesoro, ma se il bambino deve uscire, deve uscire, non possiamo rimandare il parto perché Alex è bloccato nel traffico >>.
Mi salirono le lacrime agli occhi. << Ma… è colpa mia! >>, esclamai. << È colpa mia se lui non è già qui, avrei dovuto avvertirlo subito e invece sono scappata… non avrei dovuto e gli devo qualche minuto d’attesa >>.
<< Non si può davvero, cara >>, disse la dottoressa.
Le lacrime mi scesero sulle guance dichiarando tutta la mia tristezza. << No! No! No! >>, urlai quasi. << Non voglio entrare in quella stanza senza Alex, mi rifiuto! >>.
<< Avanti cara, non ti agitare, ti fa male nella tua situazione >>, cercò di calmarmi la dottoressa, a scarso successo.
 << Non mi importa! >>, sbottai. << Voglio aspettare l’arrivo di Alex! >>.
Cercai di alzarmi per sfuggire da quel lettino, ma quel movimento mi costò caro infatti un dolore allucinante mi fece urlare dal dolore e mi costrinse a sdraiarmi di nuovo impotente. Strinsi forte gli occhi sperando che quel dolore finisse.
<< Mi sa che ci siamo >>, sentì dire la dottoressa e subito dopo sentì il letto muoversi in modo rapido.
Il dolore passò e nel momento esatto in cui riaprì gli occhi, sentì la sua voce e automaticamente il mio cuore scoppiò di gioia.
<< Stell! >>.
<< Alex?! >>.
Vidi comparire il suo viso sopra il mio e sentì la sua mano stringere forte la mia e subito provai un profondo sollievo.
Ora puoi smetterla di fare la bambina capricciosa e andare a partorire questo bambino così finirà tutta questa agonia?
Mi chiesi sapendo perfettamente di non aver fatto una bella figura prima, ma ero in buona fede, ero terrorizzata e avevo paura che Alex potesse perdersi quel momento importante.
<< Andrà tutto bene amore mio, io sono con te, adesso >>, mi disse Alex stringendomi sempre di più la mano.
Aveva il viso stravolto da tantissime emozioni contrastanti, ma sembrava totalmente padrone della situazione.
<< Come sei arrivato? >>, gli chiesi.
<< Matt ha fatto atterrare il jet per la strada >>.
Risi nonostante il momento di tensione. << Lo ha fatto veramente? >>.
<< A mali estremi, estremi rimedi >>, disse Alex.
Grazie Matt.
Pensai.
Quando tutto quello sarebbe finito avrei dovuto ringraziarlo di persona.
Fui portata in sala parto dove iniziò il vero inferno. Il dolore che avevo provato in tutte le contrazioni non era niente rispetto al dolore che provai quando i dottori iniziarono a dirmi che dovevo respirare profondamente e dovevo iniziare a spingere.
Ho un ricordo molto confuso del parto, ricordo solo le mie urla, il dolore atroce, la mano di Alex stretta alla mia, mia mamma che mi stringeva l’altra mano baciandomela delicatamente, Debbie che si commuoveva, i dottori che mi dicevano cosa fare… ricordo anche di aver visto Jack ad un certo punto, ma in quel momento ero troppo impegnata ad urlare e a spingere per verificare se davvero si trovasse nella stanza; successivamente pensai di essermelo immaginato perché dopo quella veloce apparizione non lo vidi più.
Il bambino nacque dopo il momento più doloroso, sanguinoso e lungo della mia vita. La mamma aveva avuto ragione, appena i miei occhi stanchi e pieni di lacrime riconobbero la figura insanguinata e urlante che un’infermiera stava tenendo in braccio mi sentì come se improvvisamente non mi importasse più di quanto fossi stanca o del dolore atroce che avevo provato, tutto era passato in secondo piano ora che avevo visto finalmente il mio bambino.
Dopo essere stato lavato e avvolto in una coperta, il bambino venne dato ad Alex che lo prese con mani tremanti. Nonostante non connettessi bene, ricordo benissimo di aver visto Alex commuoversi mentre quel piccolo fagottino si muoveva tra le sue braccia e urlava.
Di lì a qualche minuto, caddi in un sonno profondo senza neanche accorgermene. Ricordo che, prima che il sonno mi inghiottisse, pensai ad una frase di una canzone degli All Time Low: This could be all that I’ve waited for.
Si, quello era decisamente tutto quello che stavo aspettando, finalmente nella mia vita avevo tutto: una
grande famiglia, la mia carriera da cantante, un fidanzato che amavo più di qualsiasi altra cosa e un
bambino che mi avrebbe reso la vita bellissima, ne ero sicura.

Salveeee :D
Finalmente il bimbo è nato :DD yee! xD La reazione  di Stella prima di entrare in sala parto è un po' esagerata, lo so u.u però quando l'ho scritta mi è uscita così e non volevo cambiarla xD. Il prossimo sabato sarà l'ultima volta che aggiornerò D: poi finirà anche questa :( che cosa triste D: mi sono affezionata un sacco a questa storia *-* ha vissuto con me per due anni :3 (più precisamente ad Agosto "so wrong, it's right" farà due anni :3).

Buona settimana!! :D

Un bacio!

Miki*  P.s. la foto ci sta tutta :3 ed è tanto carina *w*

  
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