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Autore: TheBigQuench    22/06/2013    0 recensioni
Quanti cambiamenti può portare un semplice trasferimento per due adolescenti? E se quella che inizialmente potrebbe sembrare una catastrofe, si rivelasse la cosa migliore che sia mai accaduta nelle loro giovani vite? E se rappresentasse l'inizio di una nuova vita, una migliore? La nuova generazione alle prese con amori, amicizie, ingiustizie e, come sempre, tanta musica.
Genere: | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Capitolo 1-




“Sbrigatevi con quelle valigie, forza!!” urlò Blaine dall’uscio dell’attico newyorchese. Aveva fretta di raggiungere l’aeroporto in anticipo per evitare ore di coda al check-in. La decisione di partire per Lima era stata molto affrettata, ma lui e Kurt sapevano che sarebbe stata quella giusta. Dopo il debutto a Broadway di Kurt ne “Les Misérables”, la coppia aveva constatato che sarebbe stato meglio per i figli vivere in un ambiente meno caotico della Grande Mela. Così, di punto in bianco, tornarono una sera a casa annunciando il trasferimento della famiglia Anderson-Hummel. “Ma non è giusto!” era stata la frase pronunciata in simultanea dai due figli Audrey e Colin. I due, rispettivamente di quindici e tredici anni, erano in piena adolescenza e non avevano intenzione di lasciare New York per una città sperduta nel Midwest. Kurt aveva cercato di persuaderli che sarebbe stato meglio per loro, ma niente. Per i due, soprattutto la maggiore, questo improvviso trasloco significava perdere tutto ciò che conoscevano e che dava loro sicurezza e stabilità. Tornando a Blaine, non aveva spinto Kurt a concordare questa scelta solo per il bene dei figli, ma anche perché il suo lato sentimentale e nostalgico aveva il bisogno profondo di tornare nell’unico posto che lui considerava casa. Finalmente Kurt lo raggiunse portando con se tre trolley, seguito da una Audrey imbronciata e un Colin barcollante sotto il peso degli scatoloni ricolmi degli oggetti del vecchio attico. “Allora? Abbiamo preso tutto? Non abbiamo dimenticato niente?” Blaine prese a battere il piede sul parquet con impazienza, controllando l’orologio da polso a ogni respiro. “Blaine, tesoro, quando sei agitato ti si gonfia quella vena sul collo e non vorrei che i ragazzi assistessero a qualcosa di scandaloso…” Disse Kurt baciando il marito. Blaine arrossì e prese gli scatoloni dalle mani di Colin che li guardava con una smorfia perplessa sul volto. Audrey sospirò e alzò gli occhi al cielo. Buttò la valigia nel bagagliaio del taxi e si sedette sui sedili posteriori con Blaine e Colin. La ragazza tirò fuori l’iPod e le note di ‘Someone Like You’ le pervasero le orecchie facendole socchiudere gli occhi. Anche Colin prese l’iPad e iniziò a giocare. Blaine, che sperava in una chiacchierata con i figli, si allentò il nodo della cravatta e iniziò a guardarsi in giro. Il viaggio verso il J.F.K fu veloce e senza intoppi, anche grazie alle indicazioni di Kurt che avrebbe fatto impazzire l’autista se avesse emesso anche solo un altro sospiro. Arrivati in aeroporto Kurt e Colin presero un carrello e si diressero al check-in, mentre Blaine aiutava Audrey a scaricare le sue cose dalla macchina. Evidentemente a disagio Blaine ruppe il ghiaccio: “Posso sapere di grazia che ti passa per la testa?”. La ragazza lo fulminò con lo sguardo. “E hai anche il coraggio di chiedermelo? Mi hai fatto abbandonare tutto per la tua stupida nostalgia. Persino papà non era d’accordo, ma tu eri così occupato a programmare la tua vita che ti sei dimenticato con chi la devi condividere!” “Non ti permetto di parlarmi in questo modo! L’ho fatto per il vostro bene. Tu sai come amo papà e Colin e…tu sei parte di me, fin da piccola volevo che la tua vita fosse perfetta.” Blaine la guardò aspettando una risposta. “Beh, indovina? L’hai appena rovinata.” Audrey si voltò di scatto e si allontanò raggiungendo Kurt e Colin. Blaine pagò il tassista che lo guardò con sguardo comprensivo e si incamminò dietro la famiglia. Due ore dopo gli Anderson-Hummel erano seduti sull’aereo, aspettando di partire. Tutti in cuor loro stavano dicendo addio a New York e alla loro vecchia vita, non sapendo cosa aspettarsi da quella nuova.
                                                                                                       

***



Dall’altra parte degli Stati Uniti, in una villetta californiana, stava avendo luogo la Terza Guerra Mondiale. “Per la milionesima volta: NO! ENNE-O! Non intendo muovermi da qui! Chiuso.” Roxanne incrociò le braccia sul petto e guardò il padre con sguardo di sfida. Puck sbuffò; prese la figlia per i fianchi e se la caricò sulle spalle, ignorando i calci e i pugni di protesta dell’adolescente. “Con questo hai imparato che: uno, non devi metterti contro papà e due, se ti metti contro papà, non ottieni niente.” Detto questo la buttò sul sedile della Jeep. “Wow papà. I tuoi punti sono incontestabili, dovresti fare il politico.” Borbottò la ragazza con sarcasmo. “Che splendida idea! Credo che tu abbia ragione. ‘Vota Puckerman…” “…rovina vite dal 2034’.” Il tono con cui Roxanne completò la frase e soprattutto le parole che la componevano, non sembrò nemmeno sfiorare Noah che, dopo quindici anni di convivenza con sua figlia, aveva fatto l’abitudine alle battute e ai commenti sarcastici. Accennò a un mezzo sorriso che voleva dimostrare ad Roxanne che lui era superiore alle frecciatine rabbiose. Si stiracchiò facendo scricchiolare le giunture e sentì una fitta alla spalla. Quella ragazza non scherzava in quanto a pugni. Lei dal canto suo, infilò gli auricolari nelle orecchie alzando il volume al massimo e osservò le strade da lei conosciute alla perfezione scivolare via lentamente. Mentre gli assoli di chitarra elettrica delle sue canzoni preferite le riempivano la testa scacciando ogni pensiero, uno di questi riuscì a vincere le voci graffianti dei cantanti per torturare Roxanne. In fondo era colpa sua se ora si trovava in quella schifosissima situazione. Se non avesse iniziato ad uscire con Jack e i suoi amici, se non avesse disobbedito così tante volte a suo padre e lo avesse ascoltato più spesso, non sarebbe stata su quella macchina diretta verso l’Ohio. Era stato un momento di debolezza dovuto ad una crisi esistenziale tipica degli adolescenti i cui non si capisce più chi si è e ci si sente dannatamente soli. Aggiungeteci un padre più impegnato del solito nello scrivere sceneggiature e un’indole poco tranquilla come quella della ragazza, e il disastro è assicurato. Puck aveva iniziato a notare i cambiamenti nel comportamento della figlia un paio di mesi prima. Tornava sempre tardi, puzzando incredibilmente di alcol e fumo. Vari litigi e punizioni avevano dato vita a fughe notturne, ma il picco massimo raggiunto era stato qualche giorno prima, quando la ragazza era tornata a casa chiaramente fatta. Probabilmente erba giudicando dagli occhi leggermente rossi e la bocca impastata. Noah aveva deciso immediatamente che sarebbe stato meglio far cambiare ambiente e vita ad Roxanne, per evitare che facesse i suoi stessi errori e si cacciasse nei guai. Non aveva mai nascosto nulla del proprio passato alla figlia, che era a conoscenza sia del riformatorio che di Beth. Inutile dire che l’annuncio del trasferimento a Lima aveva scatenato l’inferno in casa Puckerman. Il silenzio assoluto e teso si alternava agli urli e ai litigi tra padre e figlia. I due si somigliavano troppo, e i loro caratteri si contrastavano cercando di ottenere il dominio sull’altro, ma nessuno l’aveva mai vinta. Cambiare aria, dare una svolta alla loro vita erano le uniche soluzioni che, quello che una volta era stato un ragazzino impulsivo e piantagrane, aveva visto. Per quanta rabbia ci fosse in quel momento nel cuore di Roxanne, in fondo, sotto alle montagne di insulti che riservava per il padre, sapeva che aveva fatto tutto perché le voleva bene e gli era grata. L’aveva salvata e le aveva dato la possibilità di ricominciare nonostante questo compromettesse la sua carriera. Un giorno l’avrebbe ringraziato. Decise che d’ora in poi avrebbe cercato di accettare il cambiamento. Puck era l’unica persona che Roxanne aveva al mondo e lei rappresentava tutto per suo padre. Erano una squadra, e i litigi non fanno altro che indebolire le squadre. 
  
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