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Autore: Chemical Lady    22/06/2013    8 recensioni
Beatrice, agli occhi di Girolamo Riario, non è altro che una nobile come le altre, dagli occhi bassi e pieni di riverenza, almeno fino a che non avrà la possibilità di vedere il fuoco che arde nel suo sguardo. Un segreto la lega a suo nonno Cosimo e ad un certo Leonardo da Vinci, che diverrà ben presto la tessera mancante di questo gioco pericoloso.
Cosa vincerà? L’amore per la sua famiglia e la sua città o quello per un uomo che da tutti è ritenuto al pari di un orco ma che, dietro ad una maschera di marmorea freddezza, ha molte più sfaccettature di quanto si possa pensare? Riuscirà Beatrice ad adempiere al destino per cui è stata prescelta?
Fanfiction What if, assolutamente senza pretese, con l’aggiunta di un nuovo tassello alla famiglia De Medici.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Giuliano Medici, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: No Good Deed Goes Unpunished.
Capitolo nono.
Rating: Arancione.
Betareader: Eagle.
Genere:Sentimentale, Drammatico, Avventura.
Personaggi principali: Famiglia De Medici, Nuovo Personaggio, Girolamo Riario.
Coppie trattate: Het
Disclaimer: Non possiedo i diritti suoi personaggi protagonisti  di questo racconto, ne sulla trama di fondo.
Sommario: Beatrice, agli occhi di Girolamo Riario, non è altro che una nobile come le altre, dagli occhi bassi e pieni di riverenza, almeno fino a che non avrà la possibilità di vedere il fuoco che arde nel suo sguardo. Un segreto la lega a suo nonno Cosimo e ad un certo Leonardo da Vinci, che diverrà ben presto la tessera del domino mancante.
Cosa vincerà? L’amore per la sua famiglia e la sua città o quello per un uomo che da tutti è ritenuto al pari di  un orco ma che, dietro ad una maschera marmorea freddezza, ha molte più sfaccettature di quanto si possa pensare? Riuscirà Beatrice ad adempiere al destino per cui è stata prescelta?
Fanfiction What if, assolutamente senza pretese, con l’aggiunta di un tassello alla famiglia De Medici.
Buona lettura.
 
 
 

 
 
 
 
Parte IX: Il Dono, parte II.
 

 

10 Giugno, 1476
Mentirei, se non ammettessi a me stessa di avere paura.
Ho ponderato con attenzione quasi maniacale ogni piccola azione che dovrò compiere, chiedendomi se ne sarò capace, cercando la risposta a questo quesito….
La verità è che non lo so. Non so come reagirò quando l’orrore della guerra mi investirà. Non so nemmeno se riuscirò a salvare me stessa, figurarsi Girolamo.
Devo provarci però.
La paura è il sentimento umano che, insieme alla gioia, alla sofferenza e all’amore, ci fanno rendere conto che siamo vivi e capaci di grandi azioni.

 



 
 

***





 
 

Il piano di Beatrice era di base molto semplice, ma richiedeva una certa organizzazione e una gigantesca dose di fortuna.
Tanto per iniziare, doveva procurarsi la divisa delle guardie svizzere, visto che il suo intento era quello di andare in battaglia mescolandosi tra loro. Avrebbe preparato un cavallo e l’avrebbe poi sistemato dietro al cortiletto esterno per poterlo prendere una volta uscita di casa cambiata d’abito. Poi, dopo aver fatto il giro della villa, si sarebbe unita alla milizia armata di Grunwald, che si era accampata il giorno precedente nel cortile interno. Tutto questo in successione precisa, sperando di non venir riconosciuta.
Camilla l’avrebbe coperta, rimanendo alla Rocca. Non le avrebbe mai chiesto di seguirla, dopotutto, visto che Madonna Colonna non aveva mai brandito una spada in tutta la sua vita.
La prima parte del piano si rivelò già di per sé ardua. Uscì nel cuore della notte, da sola, scivolando nell’accampamento dei soldati svizzeri senza tener conto delle guardie che appena la videro le chiesero perché fosse lì. Con nonchalance la giovane Contessa replicò che non doveva dar conto a loro di cosa faceva a casa sua, ma loro avevano insistito a scortarla di nuovo agli alloggi.
Beatrice uscì dalla stanza del Conte, impegnato in una discussione con Lupo Mercuri nel salone riguardo chissà quale manovra d’attacco, andando in quella di Camilla che l’attendeva con un gran sorriso e una divisa tra le mani.
“Come hai fatto?” le domandò Beatrice, andandole incontro, afferrando i calzoni e alzandoli per guardarli.
Camilla allacciò i capelli castani in una coda alta, prima di esortare l’amica ad indossare le vesti per poterle quanto meno accomodare. “Mentre vi parlavano. Questa era appesa fuori da una tenda, sono scivolata fin lì e l’ho presa. Domani un soldato andrà in guerra come Dio l’ha creato” entrambe risero, mentre Camilla stringeva i pantaloni per Beatrice “Siamo fortunati che quest’uomo non sia grasso. Con un paio di punti dovrebbe andare. La giubba invece non s’ha d’accomodare. Non saprei come fare.”
La mora annuì piano “Andrà comunque bene. Non credo che nessuno ne terrà di conto.” Si morse il labbro, guardando la spada che aveva trafugato prima di cena dall’armeria, adagiata sul letto di Camilla insieme all’arco e alle frecce. Si sfilò le braghe, appoggiandole anch’esse sul materasso, prima di passarsi una mano sul volto “Se non dovesse funzionare, tu sei libera di-”
“Non dirlo nemmeno per scherzo” insistette Madonna Colonna “Funzionerà. Sono sicura che funzionerà.” Le prese entrambe le mani “Io sarò qua a crearti un alibi, così quando tornerete il Conte potrà prenderci entrambe a schiaffi.”
Beatrice ridacchiò, sentendosi di poco sollevata “Assurdo che questo sia il futuro a cui ambisco, vero?”
“Mal comune, mezzo gaudio!” anche Camilla rise, ma entrambe rischiarono di strozzarsi quando qualcuno bussò alla porta con veemenza.
Beatrice andò ad aprire, mentre Camilla copriva le armi e la divisa e rischiò il collasso quando davanti si ritrovò il marito “Conte…”
Riario la guardò intensamente, capendo immediatamente che qualcosa non andava. Fece un passo avanti aprendo la porta. Trovò Madonna Colonna seduta sul letto con in mano un libro “Cosa fate ancora qui? Credevo di trovarvi nei nostri alloggi…”
“Vengo immediatamente” disse lei, appoggiandogli una mano sul petto “Trovo sia giusto celebrare insieme la notte prima della battaglia.” Passò piano il palmo sui suoi pettorali, ricambiando il suo sguardo.
Lui non sembrava molto persuaso, ma dopotutto cosa potevano mai tramare due donne? Aveva davanti un giorno di fuoco, non voleva preoccuparsene “Vi attendo.” Replicò semplicemente, dando la buona notte a Camilla con un cenno prima di uscire.
Beatrice richiuse lentamente la porta, prima di appoggiarsi ad essa e far cenno a Camilla di non parlare. Se conosceva il marito stava senza ombra di dubbio ascoltando “Allora ci vediamo a colazione” trillò con falsa allegria, facendole cenno di nascondere tutto quanto.
“Certamente, buonanotte Madonna de’ Medici” rispose l’amica, annuendo per far capire alla mora che l’avrebbe fatto.
“Buonanotte.” Raggiunse il marito nel corridoio, il quale le porse il braccio e insieme si recarono nei loro alloggi. Durante il percorso Beatrice si strinse un po’ più forte del solito a lui, temendo per il giorno successivo.
Girolamo ebbe conferma dei suoi dubbi.
 


 
 
***
 



 
Il sole non si era ancora affacciato sul mondo quando consumarono una frugale colazione. Beatrice aveva scelto un abito verde scuro e aveva nascosto i lunghi capelli scuri sotto ad un velo del medesimo colore, ma semitrasparente. Nessuno parlò durante tutto il pasto e quando il Conte si alzò, Grunwald, Walmar e altri due soldati che la Contessa non conosceva lo imitarono insieme a Mercuri.
Beatrice e Camilla accompagnarono il drappello di uomini fino alla porta della villa e lì si fermarono qualche istante. I due sposi si avvicinarono e la mora prese le mani del Conte, guardandole nelle sue “Fate attenzione.”
Riario annuì “Posso prometterlo sul mio onore, ma dovreste stare più tranquilla. Non è la prima battaglia che combatto.”
“Lo so, solo… Sono più tranquilla se penso che vi ho dato la giusta dose di raccomandazioni.”
Girolamo lanciò un’occhiata ai suoi uomini, facendo cenno ai quattro generali di andare a preparare le truppe. Poi tolse le mani da quelle della moglie, prendendola per le spalle e avvicinandola a sé. Non sapeva nemmeno perché si preoccupasse tanto di rassicurarla, poteva semplicemente andarsene, ma negli occhi limpidi della giovane vi era qualcosa che a lui sfuggiva. “Quando entrerete a Forlì, venite subito a cercarmi. Mi troverete nella cappella, a pregare per le anime che ho mietuto”
“Lo stesso farò io, attendendo il vostro trionfo. Pregherò affinché il Signore vegli sulla vostra.” Beatrice non attese oltre. Prese il viso del marito fra le mani, sporgendosi per baciarlo sulle labbra. Lui ricambiò quella premura, stringendola di più a sé mentre Mercuri dava loro le spalle a disagio e Camilla sorrideva, guardandoli. Quando si staccarono la Contessa aggiunse  poche parole, prima dei saluti “Che questo vi sia di buon augurio, salirò sulle mura per darvi l’arrivederci, il sole sta salendo e baciando il mio braccialetto gli permetterà di brillare per voi.”
Girolamo accennò un sorrisetto, incurvando appena le labbra “Ed io estrarrò la spada per la prima volta oggi per ricambiarvi quel saluto.”
Beatrice sciolse quell’abbraccio, facendo qualche passo indietro. Il marito uscì dopo un breve cenno, seguito da Lupo. Appena la porta si richiuse, per entrambe iniziò  a scorrere il tempo. Prendendosi per mano corsero fino alla camera di Camilla dove si spogliarono.
La mora passò all’amica la veste e il velo e lei subito li indossò, mentre questa prendeva la divisa e le armi. Si infilò in fine un elmo, abbracciando velocemente l’amica “Tieni anche questo” Le diede il bracciale di metallo “Corri sulle mura, devi essere veloce. Io farò il giro e cercherò di infiltrarmi senza farmi vedere.”
“Stai attenta.”
“Anche tu.” Beatrice assicurò la spada alla cintola  e la faretra al busto, mentre la castana si abbassava il velo sul viso. Uscirono dalla stanza, separandosi.
Grazie al cielo, il cavallo era ancora lì, assicurato ad una bassa staccionata, nel cortile dietro alla villa. Lo prese per le redini, strisciando più piano possibile lungo la fiancata del palazzo e trovò la fanteria di Grunwald che si stava disponendo in formazione. Montò a cavallo, occupando il primo posto disponibile in prima fila, sperando di non venir notata. Conciata quel modo, nemmeno Lorenzo l’avrebbe mai riconosciuta.
Si guardò attorno circospetta, prima di individuare Girolamo, ritto sul suo cavallo bruno e impassibile come sua consuetudine. Guardava verso levante, lasciando che la luce del sole nascente lo investisse. Aveva qualcosa di strano sul viso, sembravano un paio di occhiali ma le lenti erano scure e maledettamente strane. Buffi a dir poco. Beatrice trattenne un sorrisetto a stento, voltandosi quasi di scatto quando un uomo la affiancò “Siamo pronti a partire” disse questo, lanciando un’occhiata a tutto il suo reggimento.
Era uno dei generali che sedevano alla sua tavola quella mattina e avrebbe cavalcato al suo fianco. Beatrice si stava giusto chiedendo quando la fortuna le avrebbe voltato le spalle.
Uscirono dalle mura in colonne ordinate e una volta che furono lontani abbastanza dalla città, la ragazza alzò gli occhi verso di essa vedendo Camilla ritta su una dei torrioni. Aveva un braccio alzato e lasciava che il sole baciasse il bracciale che portava al polso destro. Spostò gli occhi su Riario nel momento in cui sguainò la spada, rispondendo a quel saluto con un scintillare dei raggi sulla lama.
Sorrise, abbassando di nuovo il capo.
Non c’era spazio per il pessimismo, doveva riuscire nell’impresa. Doveva farlo per lui.
 


 

***

 


 
La marcia durò parecchio, più di cinque ore sotto il sole estivo a giudicare da come esso si era spostato nel cielo. Beatrice riuscì a mantenere l’anonimato fin quasi alla fine di quel viaggio, poi qualcosa iniziò ad andare storto.
Il suo manipolo, composto da arcieri a quanto aveva capito, era forse il più irriverente della compagnia. Chiacchierarono per quasi tutto il tragitto, di donne e di vino, di feste e di musica. Lei li ascoltò per bene, entrando a piedi pari nell’universo maschile. Non le fece molto piacere sentire certi apprezzamenti verso il gentil sesso, ma in linea di massima fu divertente ascoltarli.
Quando però il generale si rivolse direttamente a lei, si sentì sul punto di svenire. “Voi che dite, ragazzetto? Non avete fiatato per tutta la marcia! Avete per caso paura? Siete un verginello dei campi di battaglia?”
Se l’avesse scoperta e denunciata a Riario avrebbe passato guai enormi e, peggio, non sarebbe riuscita a salvarlo. Si limitò a scuotere il capo, certa che la sua voce cristallina l’avrebbe senz’altro tradita.
Un altro uomo, seduto una fila dietro di lei, ruggì una risata “Guardate quel pivello! È così terrorizzato da non riuscir nemmeno a cavar la voce dalla gola!”
Beatrice non voltò il capo, ma fra le molte risa di scherno e le battutine, guardò con la coda dell’occhio il generale che la fissava serio. La buona sorte le concesse grazia, però. Erano innanzi alle mura della città di Forlì e Riario diede segno alla compagnia di arrestarsi mentre lui e i suoi più fidi si dirigevano alle porte, così da poter parlare con Ordelaffi prima dell’assedio. Sicuramente non avrebbe mai concordato una resa pacifica.
Beatrice scese da cavallo come molti altri soldati, allontanandosi di poco dal gruppo e portando con sé la bestia. Si appoggiò ad un albero e prese un respiro. Voleva levarsi l’elmo, ma sentiva che le molte forcine per capelli non avevano retto e se l’avesse fatto i capelli le sarebbero caduti sciolti sulle spalle tradendola.
Chiuse gli occhi, sentendo l’elmo cozzare contro la corteccia. Aveva deciso di prendersi un istante, poiché quella divisa unita alla calura estiva di quella parte di pianura rendevano difficile respirare. Quando li riaprì vide sfocato per un istante, poi apparve nitido il viso di un uomo davanti al suo.
Il generale degli arcieri.
“Credete che io sia stupido e che non sappia riconoscere una donna, mia Signora?” Sibilò prendendola per  un braccio, intenzionato a condurla dal Conte.
Beatrice fece resistenza “No, vi supplico” sussurrò lei, implorante “Devo combattere, oggi!”
Lui sbarrò gli occhi, prima di sbuffare una risatina sarcastica “Oh andiamo, la guerra non è di certo una faccenda per donne.”
“Non capite, è importante che io entri nella Rocca quando la battaglia avrà inizio!” insistette lei, guardandolo negli occhi “Vi prego, non ditelo al Conte Riario. Vi imploro.”
Lui la tirò verso di sé, sicuro di fare la cosa giusta, ma poi si fermò leggendo qualcosa negli occhi di Beatrice. Sembrava un sincero bisogno di appoggio, quasi come se il pensiero di esser denunciata e non portare a termine chissà quale incarico la distruggesse profondamente.
Si bloccò, ammorbidendo i lineamenti del viso, seriamente combattuto. “Mia Signora, io-”
“Brancacci!” la voce di Grunwald arrivò tonante alle loro orecchie e subito il generale lasciò Beatrice, affinchè si ricomponesse “Dove diavolo siete!?”
“Qui!” rispose lui, tornando sul sentiero “Dovevo pisciare, Grunwald”
“Assicuratevi che il vostro uccello sia ben sigillato nelle mutande se non volete che ve lo amputino. Attacchiamo ora.”
L’arciere annuì “E sia. Do l’ordine agli uomini di mettersi in posizione.”
Grunwald tornò verso la sua schiera di fanti, lasciando a Beatrice il tempo di uscire di nuovo dalla fitta boscaglia “Vi ringrazio per non aver detto nulla.”
“Non intendo avervi sulla coscienza, Madonna” Replicò questi con severità “Acconsento alla vostra richiesta solo perché la vostra avventura con quei briganti è diventata leggenda tra le truppe. Ma statemi incollata e possa il buon Dio concedere a Riario di risparmiarmi.”
Lei lo guardò, riconoscente “Grazie, generale. Posso sapere il nome di colui che oggi mi ha aiutata?”
L’uomo abbassò il capo, rispettoso “Ezio Brancacci, mia Signora. Qui per servirvi.”
 

 

***

 

 
 
Camilla si era fatta prendere dal panico quando Zita aveva bussato alla porta degli alloggi di Riario, avvertendo ‘Beatrice’ che Simonetta richiedeva di parlarle in privato.
Cercando di acutizzare il tono - l’amica aveva la voce sottile e delicata come un passerotto - rispose che non voleva vedere nessuno, così come aveva predisposto a colazione. Poi uscì col velo calato sul volto e si diresse nella cappella, laddove sperava che nessuno l’avrebbe mai disturbata.
A costo di rimanere lì per giorni.
Si inginocchiò su una delle panche, iniziando a pregare per Beatrice, per la battaglia che sicuramente aveva già preso piede, perché tornasse a casa viva.
Perché nessuna delle due venisse scoperta.
Strinse la corona del rosario nel pugno, iniziando a ripetere come una lenta litania le ave Maria nella sua testa. Si accorse di non essere più sola quando il portone di metallo cigolò pesantemente due volte.
La ragazza deglutì lentamente, continuando a pregare sotto voce anche quando Simonetta le fu accanto. Si fece anche lui il segno della croce, prima di inginocchiarsi sulla medesima panca.
Fece passare diversi minuti prima di iniziare a parlare piano, sussurrando e credendo che Camilla fosse Beatrice “So che per voi è un momento solenne, mia Signora, ma ho premura di parlarvi prima del rientro di vostro marito. Avete scelto di recarvi nel luogo che io avrei suggerito per una simile conversazione, lontano da orecchie indiscrete.”
Camilla si diede della stupida, visto che a quanto pare sarebbe stata più al sicuro barricata negli alloggi del Conte. Tentando di arginare ogni possibile evento, la ragazza portò un dito all’altezza della labbra, per intimare il silenzio dell’uomo.
La cosa non sortì effetti.
Simonetta si inumidì le labbra “So perché siete qui, Madonna, e non è di certo per vostro marito. Una persona così crudele e spregevole non merita le preghiere nemmeno del più pio dei frati. Sono venuto da voi perché siete la sola che può epurare Imola da una tale piaga.”
Camilla sgranò gli occhi, sistemandosi il velo sul capo. Stava davvero per dire quello che lei aveva compreso? Non disse nulla, in attesa.
Il guardiano della Rocca si fece di poco più vicino “Se, nel cuore della notte, voi decideste di tagliargli la gola avreste dalla vostra parte tutti i miei uomini. Non solo, sono certo che anche i Malatesta e i Bentivoglio ci darebbero appoggi, senza parlare del Ducato di Milano. Sta per assumerne la reggenza Ludovico Sforza, che nonostante sia giovane è molto saggio e calibrato. Potreste essere la sola Signora di Imola…”
Camilla si sforzò di pensare a come Beatrice avrebbe potuto reagire in quel momento. Conoscendola, sapendo dell’affetto che provava per Girolamo, sicuramente molto male.
Si alzò di scatto, tirando un ceffone a Simonetta prima di lasciare la cappella. Forse era stata impulsiva, ma ora si ritrovava con un nuovo problema: una congiura non era di certo qualcosa su cui scherzare.
Quanto meno, era certa che nessuno l’avrebbe più cercata.
 
 
 
 

***

 
 
 
La guerra non era come Beatrice l’aveva immaginata.
Tutto era iniziato lentamente, come quando ci si sveglia da un sogno a causa di un grido. Le truppe si erano disposte non troppo vicine alla cinta muraria, avanti i fanti e dietro gli arcieri con Beatrice e Brancacci. La prima mossa era stata semplice, calibrata. Riario aveva alzato un braccio e sei grandi catapulte erano state disposte ad una distanza di sette metri circa l’una dall’altra. Erano state caricate con grandi macigni.
Brancacci le stava accanto, sul cavallo, e le spiegava di tanto in tanto cosa stava succedendo “Quelle sono catapulte a torsione, in uso sin dal medioevo. Sfruttando l’elasticità di tendini e crini, la molla scatta, lanciando il masso fin contro le mura. Non c’è bisogno del fuoco o delle torri mobili, quella parete è di rocce a secco. Cadrà in pochi colpi.”
“Il Conte sembra averlo calcolato per bene.”
“Riario è uno stratega militare sopraffino. Ha inviato spie per due giorni a studiare le mura cittadine. Non può sbagliare.” Ezio portò le mani alle orecchie e subito Beatrice lo imitò. Quando il braccio del Conte si abbassò, una serie di fischi culminanti in forti esplosioni trafissero l’apparente calma del mezzogiorno. Le mura ci misero poco a crollare, sotto la forza di quelle gittate.
Beatrice riuscì a stento a distogliere lo sguardo da quella visione terrificante, al fine di cercare il marito. Lo vide mentre estraeva la spada dalla fodera, alzandola verso il cielo. Poi prese a urlare parole di incitamento “Noi siamo soldati di Dio, militanti della Santa Sede! Ciò che facciamo è restituire queste terre al dominio del Santo Padre, così come il Signore vuole! Non fate prigionieri, schiacciate tutti coloro che si oppongono a noi! Dio lo vuole!”
L’esercito di Roma rispose con un’esplosione di pura acclamazione, prima di lanciarsi al galoppo verso le brecce che erano state aperte. Anche Brancacci si apprestò a buttarsi a capofitto verso l’ignoto, conscio di non sapere cosa li aspettasse oltre quelle mura “Statemi vicino” disse a Beatrice, prima di spronare il cavallo e lanciarsi lungo il pendio poco inclinato del campo. La ragazza lo seguì, estraendo la spada.
Quando i primi due plotoni di fanti e gli arcieri giunsero dentro alla città assediata, non trovarono nulla. Né persone né nemici da affrontare.
Riario, in testa al gruppo, si voltò verso Grunwald “Fate attenzione” disse, passando gli occhi sui tetti delle case e lungo le mura. Poi vide qualcosa, sopra alla sua testa. Il viso di deformò in una smorfia quando capì come li avrebbero attaccati “I tetti delle case!” urlò, prima di voltarsi “Brancacci, dì ai tuoi uomini di puntare ai tetti delle case!”
Un lungo passa parola permise al generale di carpire l’ordine. Fece avanzare i suoi mentre i soldati nemici sbucavano dai tetti e dalle finestra più alte “Puntate verso l’alto! Abbatteteli!” sbraitò, mentre anche Beatrice incoccava la prima freccia, puntando verso un uomo vestito di blu, inginocchiato su una bassa balconata.
Quando la freccia colpì il nemico sul collo, Brancacci sospirò un poco più sollevato. A quanto pare le voci erano vere.
Mentre li attaccavano dall’alto, altri soldati di Forlì giunsero da un paio di stradine secondarie, lanciandosi contro le truppe della Santa Sede. Girolamo fu il primo a scendere da cavallo, estraendo anche il pugnale. Falciò un uomo che stava correndo nella sua direzione senza scomporsi, amputandogli in parte entrambe le gambe all’altezza del ginocchio.
Si rigirò il pugnale nella mano, osservando attentamente i nemici che stavano sopraggiungendo e facendo una panoramica delle possibili vie per arrivare alla Rocca di Ravaldino. Solo così sarebbe finita la battaglia.
Doveva farsi strada per qualche centinaio di metri, intravedeva i torrioni da sopra i tetti delle case.
La sua lama vorticò nell’aria, affondando con facilità nel petto di un altro uomo. Non fece quasi in tempo a estrarla, poggiando un piede sul ventre del malcapitato, che una stilla di sangue fioccò fuori dalla carne straziata, sporcandogli il viso. Il Conte sorrise, leccando via un paio di gocce che erano finite sulle sue labbra, prima di proseguire verso la Rocca.
Beatrice cercava di tenerlo d’occhio, ma l’impresa risultava difficile. Anche con l’aiuto di Brancacci, era difficile contrastare gli uomini degli Ordelaffi. Per un paio di volte rischiò grosso, ma all’inizio si ritrovò come impietrita da quella situazione: grida, morte, sangue e lame. Quando l’orrore della guerra la investì si ritrovò impreparata, nonostante sapesse vagamente cosa aspettarsi. La sofferenza aveva l’odore ferroso del sangue e lasciava l’amaro in bocca.
Dopo aver contrastato l’ennesimo nemico che aveva tentato di colpirla, Beatrice si era resa conto che Riario non era più lì. Nemmeno Grunwald e Mercuri. Presa dal panico cercò Brancacci tra la folla di combattenti, nero contro blu, ma non riuscì a scorgerlo. Venne meno alla parola data e scivolando tra i soldati, facendosi largo a colpi di spada, arrivò fino alla via ciottolata che conduceva alla Rocca.
Sperò solo di arrivare in tempo.
 
 
La Rocca sembrava del tutto priva di sentinelle e la cosa mise in allarme Girolamo. Avanzò lentamente, a guardia alta, sentendo la schiena di Grunwald contro la sua. Fece segno ad Heich, un altro generale della guardia, di controllare dietro ad un angolo, prima di procedere verso i saloni.
L’uomo fece appena in tempo ad affacciarsi circospetto che una lama gli aprì la gola con un unico fendente, da un orecchio all’altro.
“Ci attaccano!” l’urlo di Grunwald riecheggiò per la Rocca, mentre a decine, i nemici uscivano da posti strategici e impensabili. Loro erano si e no venti, ma Riario sapeva di avere dalla sua l’esercito più organizzato d’Italia. Erano delle vere macchine della morte, quindi senza temere, iniziò a mietere morti nella controparte.
Circondato da due soldati particolarmente agguerriti, il Conte quasi non si rese conto di un terzo uomo che stava sferrando un attacco contro di lui. Intravide il luccicare della lama, mentre essa si abbassava, con la coda dell’occhio e la evitò per un soffio. I sue soldati si scansarono, lasciando spazio ad un uomo alto e piuttosto massiccio, che sembrava grande più del doppio rispetto a Riario, sia in altezza che in larghezza.
Sulla divisa da guerra bianca aveva un blasone, verde e d’oro, che ritraeva un cinghiale rampante spaccato a metà dalle linee orizzontali.
Girolamo sorrise sarcastico, abbassando la lama solo per beffeggiarsi del nemico “Ma bene, voi dovete essere Cecco Ordelaffi, figlio di Federico IV e Elisabetta Manfredini.”
“Voi invece siete il Conte Riario di Imola, colui che intende rubarmi le terra” l’accento dell’uomo era fortemente strascicato, tipico di quei territori. Guardava Girolamo come se si trattasse di un piccolo insetto in un angolo, pronto per essere schiacciato.
Dal canto suo, il Conte non sembrava per nulla spaventato né dai titoli né dalla stazza del Duca Ordelaffi “Deve essere stata dura uccidere vostro cugino, immagino. Anche se non si nota molto, visto che questo dolore non vi ha impedito di mangiare.” Il moro ridacchiò, appoggiandosi la spada ad una delle spalle e inclinando di poco il capo mentre il suo rivale iniziava ad innervosirsi per tutta quella caparbietà “Questo terreno, concesso dal Papa, deve ora tornare a Roma. Voi vi siete macchiato di un omicidio, per risolvere una contesa, quindi siete obbligato a cedere il posto al Santo Padre o mi vedrete costretto a strapparvi il titolo nobiliare con le mie stesse mani.”
“Giusta scelta di parole” replicò Cecco “Visto che la mia bella città finirà nelle vostre mani macchiate di sangue. Non farete altro che sporcarla e renderla impura e questo non posso permetterlo” puntò la spada verso Riario “Combattete, se ne avete il coraggio.”
Anche Girolamo alzò la guardia “Se con quella stazza riuscite a muovervi a sufficienza da sferrare un attacco, e sia. Sono pronto a rispedirvi al cospetto del Signore, che vi giudicherà quale assassino che siete.”
Ordelaffi gli rise il faccia “Voi date a me dell’assassino? Con tutte le anime che vi siete preso si potrebbe riempire tutta Forlì”
“Probabile, visto che questa cittadina è grande quanto uno sputo.” Girolamo parò il primo colpo, scansandosi e guardando Ordelaffi che tentava di recuperare stabilità, rischiando di inciampare “Senza contare che io ho il potere di decidere della vita e della morte, in quanto strumento di Dio. Voi siete solo un peccatore!” attaccò a sua volta, due o tre volte, godendosi la vista del suo rivale sempre più affannato. “Coraggio Duca, cercate di digerire il cinghiale che vi siete mangiato per pranzo, io sono qui che attendo che voi mi dimostriate il vostro valore! Non dovreste far attendere tanto un ospite!”
Ordelaffi prese un respiro, prima di voltarsi furente verso Riario, brandendo la spada e contrattaccando, ancora con pochi effetti.
 
 
 
Beatrice si appoggiò con le mani alle ginocchia, ansante.
Non riusciva a capire dove fosse precisamente il luogo in cui Girolamo stava combattendo. Non era venuta da quella strada, nel sogno.
Si raddrizzò, guardandosi attorno e intravedendo una scalinata in pietra che conduceva sulle mura esterne della Rocca. Da lì si sarebbe orientata, ne era cerca. Salì senza controllare che vi fossero nemici e per poco rischiò di morire a causa di un agguato. Un uomo era riuscito infatti ad aggirarla silenziosamente, arrivandole alle spalle con in mano un pugnale.
La prese per le spalle, sbattendola contro la parete della torretta, ma la ragazza fu rapida abbastanza da prendere a sua volta uno stiletto dalla cinta, conficcandolo nelle reni dell’uomo che cadde per le scale, gridando. Beatrice portò una mano al collo, deglutendo piano e cercando di scacciare quella sensazione di soffocamento che l’aveva colta, prima di riprendere a correre.
Se i ricordi non la stavano imbrogliando, mancava poco.
 
 
Girolamo rise crudele, mentre Ordelaffi sbatteva contro alla ringhiera di una scalinata.
Non riusciva a colpirlo, per quanto ci provasse.
Gli andò incontro, sentendolo ansimare per lo sforzo e cercando di concentrare tutte le sue energie nelle braccia lo prese per la collottola e la cintola, spingendolo via dalle scale. L’uomo arrancò, voltandosi per sferrare un ennesimo colpo, ma mancò il Conte di parecchio, cadendo a terra sfinito. Perse persino la spada, che volò a qualche metro di distanza.
Riario scosse piano il capo “Mi fate pena” sussurrò, alzando la lama sul capo dopo essersi messo di fronte a Cecco “Ho misericordia di voi, Ordelaffi. Metterò fine a questa patetica scena, così che possiate raccomandare la vostra anima ai Santi.” Strinse l’elsa con entrambe le mani “Buon viaggio.”
Fece per colpirlo, ma accadde qualcosa che non aveva previsto.
Ordelaffi si sollevò abbastanza da lanciargli negli occhi una manciata di polvere. Per istinto, Girolamo abbassò la lama, portando una mano al viso mentre un piccolo urlo nasceva e moriva sulle sue labbra.
Con un’agilità tipica solo delle bestie che si sentono in trappola, Cecco si alzò, sferrando un pugno al Conte che, preso alla sprovvista si sbilanciò perdendo a sua volta l’arma. Ordelaffi non attese oltre. Raccolse la spada di Riario e, con rapidità, sferrò un colpo che incise sulla gamba di Girolamo un profondo taglio.
Solo a quel punto, il Conte rovinò a terra, riaprendo gli occhi e portando entrambe le mani sulla zona colpita, che zampillava sangue.
Ordelaffi rise così forte che parve ruggire.
“Ora chi si diverte, Conte Riario?” domandò sarcastico, prima stringere l’elsa della spada e guardarlo con occhi scintillanti, pregustando la vendetta “Come ci si sente a morire stroncati dalla vostra stessa spada?” chiese, prima di appoggiare la lama contro la gola di Girolamo, che lo guardava impassibile, se non fosse per la scintilla di puro odio che aveva negli occhi. Fece finta di prendere le misure, prima di alzare la lama, pronto a decapitarlo “Qui termina la vostra storia, Conte. Spero che vi divertirete a raccomandare la vostra, di anima. Ah!”
 
 
 
Beatrice arrivò giusto in tempo per vedere Girolamo cadere a terra.
Se lo aspettava, ma la sensazione fu comunque paragonabile a quella di un cazzotto nello stomaco. Vederlo così rischiò di distruggerla, ma aveva ancora un certo vantaggio. Corse per qualche altro metro, iniziando a scendere la scalinata. Era arrivata a metà quando Ordelaffi alzò la spada per sferrare il colpo decisivo.
L’aveva previsto, così si appostò sul muretto della scala e prese una freccia dalla faretra, incoccandola sull’arco. Prese la mira, che non fu precisa a causa del leggero tremore alle mani. Fu comunque sufficiente.
Riuscì a colpire il braccio di Ordelaffi, che gridò sofferente ritraendolo. Solo quel punto scese anche la seconda rampa, arrivando nel cortile a pochi metri dai due. Riario la guardò stranito, chiedendosi chi mai fosse quella guardia che aveva osato porsi in un conflitto tra due signori.
Cecco invece si infuriò parecchio. Spezzo la freccia, lasciando la punta nel suo braccio, e si voltò verso  Beatrice che prese a sua volta la spada, cercando di controllare le mani tremolanti. Non avevano smesso di fare così dall’inizio della battaglia “Stupido ragazzetto!” urlò l’uomo, tonante “Ti insegno io a stare al tuo posto!”
La ragazza fronteggiò l’uomo, rischiando di scivolare quando la spada di quel colosso cozzò contro la sua. Era troppo forte per lei, così adottò un’altra tecnica. Prese a schivare i colpi, sperando di vederlo stancarsi velocemente.
Riario seguiva l’intera scena con attenzione, osservando lo stile di quel soldato, quel mondo unico di muoversi con linee sinuose, quasi come se stesse danzando. Strinse i pugni e, contraendo la mandibola, capì chi c’era sotto quell’elmo.
…E non era di certo un soldato.
La tecnica di Beatrice sembrò funzionare, ma per poco. Ordelaffi era accecato dall’ira: certo di avere in pugno il Conte Riario, si era visto distrarre da un semplice arciere. Non poteva permettere che un’onta del genere rimanesse impunita. Lasciò cadere la spada, scattando verso la giovane e afferrandola per la gola. Lei lasciò cadere la sua arma, portando le mani sull’avambraccio sanguinante dell’uomo per cercare di liberarsi. Non ci riuscì e quando si sentì spingere con forza contro il muro iniziò seriamente a dubitare delle sue capacità. Ansimò, cercando di scalciare quell’imponente uomo, ma con pochi risultati.
Lui la guardò con cattiveria “Questa è la ricompensa della tua fedeltà, ragazzo.” Strinse di più la presa sulla gola, osservando il rivale boccheggiare in cerca di aria “Ora muori…”
In un’ultima, disperata manovra, Beatrice riuscì a raggiungere il pugnale che teneva nascosto dietro alla schiena. Si graffiò nel tentativo di estrarlo, ma con un movimento rapido del polso lo conficcò nel collo massiccio di Ordelaffi, che subito la lasciò cadere a terra, portando una mano alla zona ferita.
Mentre il sangue scorreva copioso sul suo petto, Beatrice portò una mano all’elmo, sfilandolo.
Osservò il viso sconvolto di Ordelaffi, mentre una cascata di lunghi capelli bruni le scendeva sulla schiena.  “Io non sono un soldato, avete risolto il conto in sospeso con me.”
Girolamo intanto si era alzato in piedi e stava avanzando lentamente verso il rivale. Raccolse la spada sotto lo sguardo di Beatrice, avvicinandosi maggiormente al Duca. Poi, senza aggiungere nulla, sfoderò un colpo tale da decapitare del tutto Ordelaffi, la cui testa rotolò al centro del cortile, fin davanti ai piedi delle sue stesse guardie. Esse abbassarono le armi, sconfitti e Grunwald non ci pensò due volte a porre fine alle loro vite, insieme ai pochi uomini che erano riusciti a sopravvivere nella rocca.
La ragazza corse dal marito, che era ricaduto al suolo, e si sfilò la cintura durante quel brave percorso. “Cosa diavolo vi è saltato in mente?” domandò Riario, con tono sofferente, mentre la giovane si inginocchiava accanto a lui e legava stretta la cinta sopra alla sua ferita, per fermare il sangue “Potevate morire.”
“Shht, risparmiate le forze, Conte.” Rispose lei, guardandolo preoccupata “State perdendo parecchio sangue, c’è bisogno di un guaritore. Mercuri!”
Lupo, che si stava avvicinando con gli occhi totalmente spalancati, spiazzato nel vedere la Contessa lì, balbettò qualcosa di incomprensibile.
La mora strinse di più la cintura sulla gamba del marito “Andate a prendere un guaritore. Sbrigatevi!”
L’uomo non se lo fece ripetere, voltandosi verso una guardia svizzera per incaricarla di quel compito. Grunwald intanto si fece avanti, offrendosi di aiutare il Conte a entrare dentro alla fortezza, in cerca di un luogo in cui coricarsi nell’attesa delle dovute cure. Lui, però, chiese di venir portato sulle mura della Rocca.
Doveva parlare alla cittàdinanza prima.
Anche Beatrice lo aiutò, lei e Grunwald lo sorressero sino a che non arrivò in cima ad una delle torrette e riuscì ad appoggiarsi ai merli davanti a lui.
I contadini erano radunati lì sotto e il loro chiacchiericcio si dissolse non appena Riario alzò una mano “Io sono il Conte Girolamo Riario, signore di Imola, generale dell’esercito della Santa Sede e Custode di Castel Sant’Angelo. Da oggi, per gli anni venturi, sarò anche il Signore di queste terre, che intendo riportare al loro antico splendore. La città di Forlì, baluardo di spicco un paio di centinaia di anni fa, ritornerà ad essere la temuta contea che era un tempo. Come prima azione, però, intendo risollevare gli animi popolari indicendo un bando di concorso diretto agli artisti per la realizzazione di due nuove chiese, una cattedrale e il palazzo civico. Come Conte ordino, inoltre, che le tasse sulle messi e sulla lavorazione delle pelli indette ingiustamente dagli Ordelaffi vengano immediatamente cancellate.” Tra la folla scoppiarono ovazioni.
Grunwald sorrise ironico, sporgendosi appena verso Beatrice per sussurrarle all’orecchio “Nulla fa avere l’amore del popolo più dell’abolizione di un paio di tasse, non trovate,  mia Signora?”
“Me l’han detto che è un abile stratega” Rilanciò Beatrice, guardando il marito. Grunwald ridacchiò sotto i baffi.
“Come ultima opera, per quest’oggi, ho preso una decisione importante seppur poco ponderata. La sola che trovo giusta. Beatrice?” allungò una mano verso la moglie, che si avvicinò titubante a lui “Io, Girolamo Riario, signore di Forlì, nomino mia moglie, Beatrice de’ Medici, reggente della città!”
Altre ovazioni, altro stupore da parte di Mercuri.
Beatrice si ritrovò spiazzata “Reggente?” domandò scioccata “No, io… Non sono in grado!”
“Lo sarete” rispose semplicemente Riario, prima di barcollare un poco.
“Basta discorsi, è ora di andare a curarsi” disse la bruna, chiamando a sé un paio di guardie che scortarono il Conte fino agli alloggi della fortezza. Lei rimase lì ancora qualche istante, guardando la gente sotto quelle mura.
La sua gente.






Continua





 

Nda. 

Rieccomi con l'aggiornamento!
Finalmente una battaglia :D
Spero che abbiate apprezzato anche questo capitolo, io adoro descrivere questo tipo di scene^^
Che ne pensate di Ezio? Sarà un personaggio parecchio importante ;)

Ci tengo a ringraziare le ragazze che mi hanno recensita, ovvero: Eagle, Yoan, Lechavert e Nika depp!
Ditemi se anche questo era di vostro gusto :D

Grazie anche a _Coco, la mia compagna di strippo Leario che ha iniziato a leggere!

A lunedì con il prossimo aggionamento!
Un abbraccio a tutti
j.

  
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