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Autore: _james voice_    23/06/2013    0 recensioni
'non si scegli dove, da chi e soprattutto come nascere.'
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Distesa, in una pozza di sangue, con il volto verso la luce del tramonto che faceva bruciare gli occhi.
Perché l’avevo fatto? Non lo so. Si fanno tante cose senza un motivo. L’unica cosa che sapevo, di certo, era di voler restare li, senza essere salvata.
‘lasciatemi al mio destino’ urlavano i pensieri. Niente, qualcuno li aveva sentiti, aveva sentito il mio cuore che, disperatamente, chiedeva aiuto.
Mi ha sollevata da quella strada che da li a poco sarebbe diventata la mia tomba. Mi ha stretta tra le sue braccia e il battito del suo cuore sembrava una dolce melodia che rimbombava nella mia testa e costringeva le mie palpebre a chiudersi. Un suono così bello, così naturale. Non avevo sentito qualcosa di più bello in tutta la mia vita. Un cuore che batteva, al contrario del mio che perdeva battiti pian piano.

-‘non chiuderli, ti prego’-

Sapevo cosa sarebbe accaduto se avessi chiuso gli occhi, forse mi sarei risvegliata o forse no. Sentivo il sangue scivolare fuori dalle ferite, profonde. Troppo. Sentivo l’anima quasi staccarsi dal mio corpo, aggrappata a quel poco di vita che rimaneva ancora in me. Non avevo più nessuna forza, nemmeno quella per respirare, non avevo nemmeno le lacrime per piangere e liberarmi da tutto quel dolore.
Il dolore, come affrontarlo dipende solo da noi. Lo accettiamo, lo elaboriamo, lo ignoriamo. E per alcuni il miglior modo per affrontarlo è conviverci. Il dolore devi aspettare che se ne vada, sperare che scompaia da solo, sperare che la ferita che l’ha causato guarisca. Non ci sono soluzioni né risposte facili, bisogna fare un respiro profondo e aspettare che si nasconda da qualche parte. La maggior parte delle volte il dolore può essere sopportato, ma a volte il dolore ti afferra. Con il dolore devi solo conviverci, perché la verità è che non puoi evitarlo e la vita te ne darà sempre dell’ altro.

                                                                                                         ***
TRE GIORNI DOPO.

Ho sempre odiato gli ospedali. Letti scomodi, stanza piccolissime e senza colore, tutto così triste. Poi, quell’odore di medicine. E non parliamo del cibo, una schifezza. E anche i medici.
Con i polsi fasciati, quasi mi fermavano la circolazione, tentavo di alzarmi, ma fu inutile. Ero ancora troppo debole.

Una voce.

-come ti senti?’-

.’morta’-

Silenzio.

-‘perché l’hai fatto?’-

-‘cosa?’-

-‘perché ti sei fatta del male?’-

-‘non mi sono fatta del male, ho solo cercato di fermare il dolore che viveva in me da troppo tempo.’
-‘fermare il dolore con altro dolore.’-

Annuì.

Mi ha chiesto come sto. Parole ormai sconosciute per me. Quelle piccole parole che renderebbero tutti un po’ più felice. Due parole che ti fanno sentire importante, al centro della loro attenzione. Ma ‘loro’ non capirebbero mai come stai davvero, perché credono a quel sorriso che hai imparato a fare ogni volta. Quel sorriso che ti sei creata per proteggerti dalle cattiverie, una sorta i scudo per dire a tutti ‘guardami, io sto bene. Sto sorridendo’, mentre dentro sei vuota.

-‘come si supera il dolore?’ mi chiede.

-‘il dolore non si supera, e nemmeno lo puoi sconfiggere. Devi conviverci, accettarlo e provare ad ignorarlo.’- dico con voce bassa.

-‘tu non l’hai ignorato.’

-‘facile parlare.’- gli rispondo.

-‘Cerco ti capirti, sto cercando di trovare un motivo alle tue cicatrici.-

-‘le mie cicatrici sono il segno di una vita malinconica e piena di delusioni. Semplice.’-

Già, le delusioni. Uno stato d’animo che nessuno riuscirebbe a sopportare. Quel senso di frustrazione e fallimento. Una crepa sul cuore, da cui entra quella poca luce che lo fa battere, e che fa vivere me. Normalmente una delusione ti fa crescere, ti fa rialzare più forte. Ma la normalità per me non esiste. A gente come me la normalità fa star male e una delusione peggio. Una delusione in tutto. Scuola, amici, amore, genitori. Tutto. Delusioni così forti che ti portano al dolore. Un dolore che ti porterai dietro per sempre, perché impossibile da dimenticare.

-‘non dovevi!?’-

-‘non dovevo cosa?’-

-‘salvarmi.’-

-‘perché?’-

-‘non volevo essere salvata, non volevo tornare ad essere sola e triste.’-

-‘non sei triste.’-

-‘tu che ne sai?’- dico.

-‘non puoi essere triste, sei giovane.’-

Sorrido –‘essere adolescenti non è sinonimo di felicità’-

Nessuna risposta.

-‘essere adolescenti significa scontrarsi con milioni di difficoltà, superare mille barriere e cercare un modo per accettarsi e farsi accettare.’- continuo.

-‘cerca di essere felice.’- dice.

-‘non posso’- aggiungo.

-‘puoi.’-

Non rispondo, la ‘felicità’ è un argomento che ho sempre cercato di evitare, ma come un bumerang ritorna sempre.
-‘ora cerca di riposare.’-

-‘non posso, mi fanno male i pensieri.’-

-‘come?’-

-‘i pensieri.’-

-‘allora non pensare.’-

-‘io sono Katy’- dico dopo un paio di minuti.

-‘Zac.’-
   
 
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