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Autore: Naylie    23/06/2013    1 recensioni
Ho gli occhi pieni di Harry perché sentirlo chiedermi di non lasciarlo andare mi fa venire il panico, perché non riesco ad immaginarmi sola senza di lui, la cosa mi terrorizza, mi prosciuga fino al midollo, e l'unico modo per calmarmi è ricordare che, tutto sommato, nessuna potrebbe amarlo come lo amo io. Forse qualcuna lo amerebbe di più, qualcun'altra di meno, ma nessuna nel modo in cui lo faccio io, nessuna. E credo che il mio sia il solo modo di cui Harry avesse mai avuto bisogno in vita sua.
"Ho capito, Ronnie. Tu non mi lasci andare nemmeno se continuassi a mettere in disordine la casa, rubarti il telecomando e rompere la lavatrice per il resto della nostra vita."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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E' la mia prima OS e spero di non aver reso le cose troppo banali o confusionarie. Mi è uscita così, per caso, questo pomeriggio che ero coricata sul divano. Sono andata sul profilo di Harry e ho notato la sua nuova icon, e ho pensato che mi sarebbe piaciuto da morire poter essere stata io a scattargli quella foto, seduta lì di fronte a lui e sentirlo cantare. Così ho preso una pagina pulita a caso e ho cominciato a scrivere, così, di getto. Avrei voluto scriverne una long ma ci avrei messo troppo tempo. Perchè io sono un po' così, ho l'ispirazione che mi arriva per caso e magari poi sparisce per mesi. Un abbraccio a chiunque si prende la briga di leggere, mi fa davvero un sacco piacere e spero di non essere solo uno spreco di tempo. Buona lettura, Francesca. x

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Se ne sta lì, seduto sulla veranda di casa, coi piedi nudi e sulla testa un cappellino bianco, troppo piccolo per riuscire a contenere gli sbuffi dei suoi ricci disordinati. Tiene il capo chino sulla sua chitarra comprata al mercatino dell'usato per pochi spiccioli; accanto a lui c’è il piattino che gli ho messo qualche ora prima, quando lo prendevo in giro sul fatto che sembrasse un artista di strada alla disperata ricerca di elemosina. 

– Shh, sto cercando di concentrarmi.
– Scusa.

Gli scatto un’altra fotografia. Quella chitarra l'aveva rimessa a nuovo con così tanto impegno che oramai, intrisa del suo sudore, non poteva essere più sua di così. Ricordo ancora il fervore nella sua voce quando mi telefonò, io ero al lavoro e avevo avuto la giornata più dura di tutta la mia vita. Ero incazzata col mondo intero, avrei mandato a fanculo pure il mio capo se lo avessi incontrato, o il ragazzo alla mia destra se ci avesse riprovato spudoratamente provocandomi un fastidio assurdo. In più la sera prima avevo litigato con Harry, per cui ero incazzata pure con lui ed ero così esausta che nemmeno lessi il nome sul display quando il mio cellulare vibrò, o avrei mandato a fanculo anche lui. 

– Pronto?
– Ho trovato quella giusta, quella che cercavo da una vita: è una Fender, in abete rosso, e ti giuro che è incredibile, e l'ho pagata davvero pochissimo! Torna presto a casa stasera, voglio farmi perdonare. Ciao Veronica. 

Le sue parole mi fecero sorridere il cuore, non mi importai nemmeno di arrabbiarmi con lui per avermi chiamata “Veronica”, anzi, avvertii il mio organo involontario perdere un battito quando la sua voce roca pronunciò il mio nome per intero. Mi abbandonai ad immaginare le sue labbra piene muoversi troppo lentamente, perché Harry è un tipo che parla piano, che ti da il tempo di assorbire ogni sua parola, perché di tempo ne hai bisogno quando lui parla, ne hai bisogno un sacco. Hai bisogno del tempo di renderti conto di quanto bello sia l'uomo che ti si para davanti, di notare le sue grandi iridi verdi e di abituarti alla pace e alla tranquillità che ti trasmettono anche se hai appena affrontato la giornata più stressante della tua vita, hai bisogno di tempo per prendere fiato perché quando Harry parla spesso sorride, e quando Harry sorride persino il sole sembra insignificante se confrontato alle fossette sulle sue guance che ti fanno venir voglia di baciarle dalla mattina fino alla sera. E poi hai bisogno di tempo perché il calore della voce di Harry non vuoi perdertelo per nulla al mondo, vuoi godertelo fino alla fine e non sprecarne nemmeno un po'. 
E’ per questo che non lo interrompo mai quando parla. Non lo interrompo nemmeno quando dice che sono bella anche col pigiama e coi capelli arruffati, nemmeno quando vuole convincermi che il gelato a stracciatella è più buono di quello a nocciola, nemmeno quando fa battute assurde, nemmeno mai. E non lo interruppi nemmeno quella volta, che non mi aveva dato neanche il tempo di rispondere, di dirgli che ero così felice che avrei potuto licenziarmi all'istante e correre da lui e che non vedevo l'ora di rientrare a casa per ascoltarlo, o per ringraziarlo di avermi strappato un sorriso anche quel giorno che mi sembrava che i sorrisi si pagassero oro.
Così appena l'orologio scoccò le otto precise presi la mia roba e senza nemmeno salutare corsi a prendere la metro, troppo impaziente, troppo ansiosa, troppo entusiasta, troppo tutto. Come quando hai un vuoto nello stomaco e all'improvviso si riempie di tutte le cose belle che esistono al mondo: il sole, il mare, il vento, i biscotti al cioccolato, la domenica mattina, i baci, gli abbracci, i sorrisi, le persone, le bici, le pagine bianche della mia agenda, la musica, le lettere, le case sugli alberi, le carezze, le stelle, le mansarde, i libri, i viaggi, l'erba, i falò, il silenzio, i "buongiorno" di Harry la mattina e i "buonanotte" la sera. Ero un concentrato di positività, una bambina che torna a casa il giorno del suo compleanno e trova un grosso pacco accanto al letto. Harry era il mio regalo quotidiano.
Tornai a casa e lui era lì, su quella stessa veranda, con quello stesso cappellino e quella stessa chitarra, forse messa solo un po' peggio, che strimpellava qualcosa con le sue dita lunghe, canticchiando parole che non riuscivo a percepire. E poi per terra c'era una Polaroid, e Dio solo sa quanto ho desiderato una macchina fotografica con pellicole auto sviluppanti e quanto io e Harry avevamo discusso perché non ne riusciva a cogliere il fascino e continuava a ripetermi: "Hey, siamo nel 2013, puoi avere una digitale". E quando mi diceva così avevo voglia di picchiarlo, ma visto che tutte le volte che provavo a tirargli un pugno l’unica che ne usciva lesa ero io, mi limitavo a cambiare stanza e sbattere forte la porta.
Eppure lì per terra c'era una Polaroid vecchio stile, e di certo non l'avevo comprata io.

– Ho trovato anche questa, spero sia quella che volevi… Non ne capisco molto, di questa roba. 

Scoppiai a piangere come può scoppiare a piangere una bambina che incontra Babbo Natale per la prima volta, piansi per la felicità, perchè io ho la lacrima fin troppo facile (e a Harry piaceva prendermi in giro per questo), piansi perchè non importava se quella fosse la Polaroid giusta o no, perchè il giorno prima avevamo litigato e gli avevo urlato contro un sacco di brutte cose e lui si era preoccupato lo stesso di farmi avere ciò che desideravo e questo, per una come me che non era abituata a ricevere attenzioni o regali di alcun genere, che aveva trascorso tutti i compleanni o qualsiasi altra festività della sua vita a prendersi cura di suo padre senza avere nemmeno il tempo di spegnere una candelina improvvisata su un cupcake disastrato, era la sorpresa più bella che una persona potesse farmi. Piansi così tanto che non mi ressi in piedi, le ginocchia mi cedettero costringendomi a sedermi sul vialetto inumidito dalla pioggia del tardo pomeriggio.
Io piangevo e Harry rideva, e io mi innamoravo ogni volta che lui rideva, così mi innamorai di nuovo anche quella volta, mentre Harry rideva e mi si avvicinava, e pure con la vista offuscata dalle lacrime lui era così bello che dubitavo fosse reale.
Mi baciò i capelli ma non mi costrinse ad alzarmi. Si sedette accanto a me e mi abbracciò cosi forte che mi sentivo come se niente e nessuno potesse farmi del male, come se non potessi essere amata più di così e sentivo che di lì a poco il cuore sarebbe potuto scoppiarmi in petto per quante volte mi stavo innamorando in una sola giornata. 
Harry è così: ti fa incazzare, ti fa incazzare come se non ci fosse un domani, letteralmente, nel senso che per quanto sei incazzata ti vien voglia di prendere la tua roba e trascinarla fuori da casa sua, sbattendo pure la porta così forte da tirarla fuori dai cardini. Poi però trova sempre il modo di farti innamorare di nuovo, come quando arriva la sera e io gli preparo il tè perché altrimenti non riesce a dormire, e tutta la rabbia sembra sbollirsi nell'esatto momento in cui porta la tazza alle labbra, prende un sorso dell'infuso e subito dopo lo allontana con uno scatto svelto e una smorfia sul viso. Lo fa tutte le volte, e tutte le volte io scoppio a ridere. 

– Possibile che non impari mai? 

Gli ripeto. Mi siedo nel letto accanto a lui, gli tolgo delicatamente la tazza dalle mani e ci soffio sopra per un po'. Credo che un po' lo faccia apposta a scordarsi di soffiare, perché una volta mi confessò che gli piaceva da morire guardarmi prendermi cura di lui. E infatti lui mi fissa, quasi con adorazione, tanto intensamente che sembra scavare dentro la pelle e osservarmi l'interno. E poi, quasi sempre, viene a baciarmi e finiamo per fare l'amore, e il tè viene dimenticato sul comodino – quando siamo fortunati e non lo versiamo sulle lenzuola. Credo che ad un certo punto ho cominciato a farlo apposta anch'io. Non ricordargli che il tè che preparo io è sempre bollente, intendo.
E’ così che facciamo pace, perché Harry si fa perdonare senza far nulla di speciale, e quella volta io lo perdonai non perché mi avesse regalato la Polaroid che adesso tengo come la cosa più cara che ho,ma perchè mi stava sorridendo e tenendo tra le braccia, e io ai sorrisi e agli abbracci –soprattutto se sono i suoi – proprio non riesco a resistere. 
E non resisto nemmeno al sommesso sorriso che adesso riempie le sue labbra mentre gli scatto una foto e lui finge di non essersene accorto, concentrato com'è sulla sua chitarra, ma non riesce a trattenersi e ride sotto i baffi.
(Gli) ho scattato così tante foto da quando me l'ha regalata che una parete della nostra camera da letto non è bastata, e adesso ho cominciato a tappezzarne un'altra. 


 Ho finito. 

Alza lo sguardo, sul viso ancora il suo sorriso raggiante, e negli occhi la luce che ha sempre quando ha tra le mani la sua chitarra, ed è così bello che vederlo dietro un obiettivo non mi basta. Abbasso la macchina fotografica e mi perdo tra i suoi lineamenti, l'eco dei suoi toni soavi mi rimbomba nella testa e nello stomaco le farfalle sono scappate perché una mandria di rinoceronti infuriati mi sta mettendo in subbuglio tutte le interiora.


 Fammi ascoltare. 

Riesco a mormorare, ricambiando il suo sorriso. 


 Solo se la smetti di farmi foto. 
 Promesso. 
 Non ti credo. 
 Ti metto lì la Polaroid. 
 No, vieni tu. Vieni qui. 

E, oh cristo, quando mi dice "vieni qui" io mi sento come se più nulla avesse senso, come se tutto ciò di cui avessi bisogno fosse lui e nient'altro, nemmeno l'acqua, nemmeno l'aria, nemmeno il gelato alla nocciola. Quando Harry mi dice "vieni qui" la gravità va a farsi fottere, perché tutto ciò di cui è attratta ogni singola particella del mio corpo è soltanto quella voce, quella e basta. E non me lo faccio ripetere due volte, mi alzo e mi avvicino a lui, che si alza dalla sedia e si accovaccia sul legno caldo della veranda. Io mi siedo accanto a lui, e Harry mi scombina con una mano i capelli che porto già disordinati di mio. Lo guardo in cagnesco, non sopporto quando lo fa, mi fa sentire troppo, troppo piccola, e lui scoppia a ridere davanti alla mia espressione corrucciata. 


 Comincia a suonare prima che (trattenere il fiato mi porti all'asfissiare) me ne torni a scattare foto. 
 Va bene, va bene. 

Si schiarisce la gola, chiude gli occhi e torna serio. E’ da più di un mese che sta lavorando a questo pezzo e l'unica cosa che mi ha detto quando gli ho chiesto di cosa si trattasse è stato: "Ogni parola, ogni verso, ogni strofa, Ronnie, tu prendila alla lettera. Okay?"
Così me ne sto con le ginocchia piegate e il mento poggiato su di esse, fissando Harry come se stesse per rivelarmi il modo di salvarmi il culo mentre intorno a noi il mondo sta per finire. E lui comincia, muove le dita sulle corde della sua chitarra, muove piano il capo per accompagnare il ritmo dolce e delicato della sua melodia, e la sua voce roca mi invade le orecchie espandendosi per tutto il mio corpo.

Now you were standing there right in front of me
I hold on scared and harder to breath
All of a sudden these lights are blinding me
I never noticed how bright they would be

Me lo ricordo, era una sera che mi aveva portata al mare, mi aveva dato la sua giacca e mi si era seduto di fronte con la sua chitarra e il suo block notes. Di tanto in tanto mi guardava e io sentivo le guance avvampare, ma venivo salvata dalla luce del faro che gli accecava gli occhi, costringendolo a chiuderli liberandomi dalla sua morsa piena d'amore. 

I saw in the corner there is a photograph
No doubt in my mind it’s a picture of you
It lies there alone on its bed of broken glass
This bed was never made for two


Mi lasciai scappare un sorriso. Quella volta avevamo litigato e io gli scagliai contro un piatto. Lo mancai per un pelo, e lo vidi infrangersi contro il muro, spargendone i pezzi su tutto il copriletto del suo letto da una piazza e mezzo. Ci ripromettevamo tutte le settimane che nel weekend saremmo andati a comprare un letto nuovo, eppure tutte le volte ce ne scordavamo, o avevamo impegni e contrattempi che ce lo impedivano. Dopotutto stavamo bene su quel letto, potevamo sentirci parte l'una dell'altro, ci appartenevamo anche nel sonno, e sentire il suo respiro sulla pelle era una delle sensazioni che preferivo in assoluto. Lui doveva essersi messo a suonare dopo che me n'ero andata (sbattendo la porta).

Don’t let me
Don’t let me
Don’t let me go
‘Cause I’m tired of feeling alone.


Sento quelle parole come se me le stessero incidendo nella pelle. Le sento nel respiro che mi trema, nel cuore che batte forte contro il petto, nelle gambe e nelle braccia che sembrano non avere più forze, come se si fossero arrese, stanche di lottare contro qualcosa di decisamente più forte di loro, le sento nelle dita che non riescono a stare ferme, nelle guance bagnate, nel sorriso spontaneo che non riesco più a controllare e negli occhi pieni di tutto e pieni di niente, pieni di Harry, pieni dei suoi gesti, di quando si bagna le labbra quando è in difficoltà, di quando ride così tanto che batte forte le mani e nemmeno ricordo quante volte l'ho preso in giro per questo, di quando si addormenta sul divano ma non ci entra per quanto è alto e dopo qualche minuto rotola giù facendomi venire il mal di pancia per quando rido e lo sento darmi della stronza perché nemmeno vado ad aiutarlo, di quando beve il caffè e si sporca la punta del naso, di quando facciamo l'amore e sussurra il mio nome facendomi rabbrividire. Ho gli occhi pieni di Harry perché sentirlo chiedermi di non lasciarlo andare mi fa venire il panico, perché non riesco ad immaginarmi sola senza di lui, la cosa mi terrorizza, mi prosciuga fino al midollo, e l'unico modo per calmarmi è ricordare che, tutto sommato, nessuna potrebbe amarlo come lo amo io. Forse qualcuna lo amerebbe di più, qualcun'altra di meno, ma nessuna nel modo in cui lo faccio io, nessuna. E credo che il mio sia il solo modo di cui Harry avesse mai avuto bisogno in vita sua, me ne accorgo da come mi guarda mentre gli preparo la cena, o quando gli aggiusto il nodo alla cravatta: mi guarda come se tutto ciò che vorrebbe dirmi, io lo sapessi già. Nessuna lo conosce così bene quanto me, che so leggergli lo sguardo e riconoscere quando ha voglia di andare al mare, o di leggere un libro, o di cucinare, o di uscire fuori mentre c'è il temporale.

I promised one day I’d bring you back a star
I caught one and it burned a hole in my hand oh
Seems like these days I watch you from afar
Just trying to make you understand.
Don’t let me
Don’t let me go
...'Cause I’m tired of sleeping alone.


E l'unica cosa che riesco a fare quando la sua canzone finisce e lui si asciuga una lacrima sul volto, è portargli le braccia al collo e stringerlo così forte da sentirle indolenzirsi, ma non mi importa, potrei pure avere una pistola puntata contro, non mi staccherò da lui finché non mi sussurrerà: "Ho capito, Ronnie. L'ho capito che ti dispiace per quella volta che hai preso la tua roba e sei andata via, che ti dispiace per avermi lasciato dormire da solo per due settimane, l'ho capito che tu non mi lasci andare nemmeno se continuassi a mettere in disordine la casa, rubarti il telecomando e rompere la lavatrice per il resto della mia esistenza. L'ho capito, che seppure vai via poi torni sempre, incondizionatamente, incessantementeperennemente, per tutta la vita".
  
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