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Autore: lynch    23/06/2013    1 recensioni
Si accorse dell'ombra nero petrolio che usciva dal buco di scarico del lavandino e che si dirigeva verace verso di lui. Fece appena in tempo a scostare la sedia, che lei gli agguantò l'intera faccia.
Genere: Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"La follia, come sai, è come la gravità: basta solo una piccola spinta."

Joker

 

Tuttofare: rinnova la tua casa”

 

Buongiorno, Toby!”

Buongiorno, signora Ross”.
“Gli studi procedono bene, caro? Ti ho sentito suonare tutta la notte ieri”.
“Mi dispiace se l'ho disturbata”.

Figurati, caro. Sai che mi ricordi tanto il mio Edward...”

Buona giornata, signora”.

Il mio Edward...”

 

Aveva dovuto fare affidamento su un altro manuale. Se la signora Ross aveva sentito il suono del suo violino la sera prima, qualcosa era andato storto. Salì al piano superiore tenendo lo sguardo fisso davanti a sé, evitando di girare minimamente il collo.

Insonorizzare la stanza era stato più difficile del previsto nelle sue condizioni. Le continua interruzioni avevano ritardato la fine del progetto e non gli avevano permesso di essere minuzioso con i dettagli. Fece scorrere le dita sulle pareti di polistirolo coperte dalla gommapiuma cercando l'ultima fessura che gli era sfuggita. La trovò ma si girò troppo velocemente per raccogliere un pannello e la vide.

Un'ombra lo fissava dalla parete. Si era dimenticato di riporre nell'armadio il barattolo contenente il silicone e la luce che proveniva dal corridoio l'aveva fatta nascere. Sebbene avesse murato già la finestra, non era ancora possibile chiudere definitivamente la porta.

Sperò che l'ombra rimanesse immobile e che gli permettesse di andarsene dalla stanza.
Lei ondeggiò per alcuni istanti, si allungò e si stiracchiò.

I nervi sulla schiena di Toby si tesero ma non chiuse gli occhi. Aveva imparato che non vederle non equivaleva ad annullare la loro esistenza. Potevano essere pericolose se lui non si difendeva.

“Va via” sussurrò in un soffio. L'ombra, più grande del normale, si espanse minacciosa sulla parete.

Anche la paura di Toby lo fece, rendendogli impossibile mantenere il respiro regolare.

Distolse per un attimo lo sguardo e notò che un telo usato durante i lavori era a due passi da lui.

Calcolò il tempo di reazione dell'ombra e la distanza che c'era tra lui e la finestra e credette di farcela.

Mosse un piede. L'ombra affilò gli artigli.

Qualcuno suonò il campanello.

L'ombra si ritirò insieme al suo timore e si ridusse fino a diventare quella di un comune barattolo di silicone.

Uscì dalla stanza e scese velocemente le scale, arrivando ad afferrare la maniglia della porta come si afferrerebbe un salvagente in mare aperto durante una tempesta.

 

 

Hai sentito che cosa è successo ai Mchale?”

Sì, davvero un brutto incidente”.

Ho sentito da Rose che il figlio aveva appena avuto un crollo nervoso”.

Stavano correndo dal dottor Fitz per prendere le medicine”.

E i figli adesso dove andranno?”

Una zia si prenderà cura di loro”.

Che brutto affare”.

Che butto affare”.

 

Jack veniva a portargli il pranzo tutti i giorni. Aperta la porta, si scusava per il ritardo e per essersi dimenticato le chiavi. Entrambi sapevano che ne aveva una copia sempre in tasca nel caso in cui lui non avesse risposto e che prima di trovare il coraggio di affrontarlo aveva bisogno di un paio di minuti. Accendeva la radio della vecchia Impala del '67 del papà e si ripeteva in mente che in fondo in fondo erano fratelli. Non era giusto abbandonarlo.

Mangiavano in silenzio, facendosi scudo uno con il giornale locale, l'altro con l'ultimo manuale della collana “Tuttofare: rinnova la tua casa”.

Quei due pezzi di carta non erano le uniche barriere tra di loro, da quando erano morti i loro genitori.

Jack si grattò la cicatrice che aveva sul volto, senza spostare gli occhi da un articolo di cronaca nera.

Si appuntò mentalmente le migliorie che doveva apportare quel pomeriggio alla sua stanza per terminarla finalmente e affondò la forchetta in una fetta di torta al limone.

Si accorse dell'ombra nero petrolio che usciva dal buco di scarico del lavandino e che si dirigeva verace verso di lui. Fece appena in tempo a scostare la sedia, che lei gli agguantò l'intera faccia.

Soffocò in un grido di terrore. Non vedeva nulla e non sentiva nulla. Solo le mani della sua aguzzina erano realtà. Cercò di liberarsi dalla stretta ma tutto ciò che ottenne fu una presa più forte. Cominciò a sentire la propria pelle tagliarsi in tante piccole strisce di pelle e temette che l'ombra gli portasse via gli occhi. Chiuse le palpebre e nella lotta cadde dalla sedia.

Adesso gli doleva anche la schiena ma nessun dolore era comparabile a quello che provò quando si ficcò la forchetta sotto la guancia destra.

L'ombra -o era Jack?- lo immobilizzò per terra per poi affondare un artiglio -o un ago?- nel collo.

Poi perse i sensi.

 

 

Perché non puoi smetterla di inventarti queste storie sulle ombre che ti inseguono?”

Jack, ma io non me le invento!”

Spaventi gli altri bambini! E spaventi anche me!”

Mi dispiace”.

Sono stanco di stare da solo per colpa tua. É tutta colpa tua! Non seguirmi”.

Ti prego, non mi lasciare da solo”.

Tu mi hai portato via mamma e papà. Tu mi hai lasciato solo”.

 

 

Si svegliò in un bagno di sudore.

Era sul steso sul divano. Trovò il bigliettino che Jack gli aveva lasciato stretto nel suo pugno. Lesse che aveva avuto un'altra allucinazione e che gli aveva somministrato un calmante. Inoltre, lo invitava a riposare. Toby non se la prese per il fatto di non trovarlo al suo capezzale, aveva altro a cui pensare.

Si sentiva ad un passo dal baratro della follia, un altro passo e sarebbe certamente caduto.

Diede una rapida occhiata in giro accertandosi che nessuna ombra fosse in agguato dietro a qualche oggetto e agguantò il suo violino.

L'incidente avuto qualche ora prima l'aveva reso più determinato a terminare i lavori della stanza al primo piano. Doveva mettere una fine a tutto.

Lavorò senza fermarsi per un paio di ore: fisso con i chiodi gli ultimi pannelli e si occupò di rinforzare la porta che una volta chiusa non si sarebbe mai più aperta. Dipinse l'esterno con la stessa pittura del colore delle pareti del corridoio e la montò sui cardini. La fermò con un pezzo di legno e decise di andarsi a fare una doccia, prima di murarsi dentro la sua fortezza. L'unico luogo in cui sarebbe stato al sicuro, l'unico luogo dove le ombre non sarebbero esiste perché non c'era luce.

La casa in cui abitava era abbastanza vecchia e non aveva un box doccia, ma ormai era abituato ad usare la vasca e una tenda di plastico monocolore per evitare di bagnare anche il resto dei sanitari.

L'acqua bollente fu un toccasana per i suoi muscoli indolenziti. Sistemò per l'ultima volta le tre bottiglie di prodotti per il corpo -shampoo, bagnoschiuma, crema per il corpo- nella solita seguenza, perfettamente paralleli.

Quando scostò la tenda per uscire, loro erano lì che lo aspettavano.

 

Vieni, tesoro. Questi signori sono venuti a prenderti. Sono qui per aiutarti.”

Non voglio andare con loro, zia. Ho paura.”

Tesoro, non devi preoccuparti. Loro sono qui per aiutarti.”

É per quello che ho fatto a Jack, vero?”

No, tesoro, no.”

É per quello. Lo so. Ma un'ombra stava per prenderlo!”

Lo so, tesoro, lo so. Ora va, fai il bravo.”

 

Scavalcò il bordo della vasca e cercò di correre fuori dal bagno, ma prima che potesse raggiungere la porta di legno bianca scivolò sul tappeto. Cadde faccia a terra, battendo il mento. Il dolore arrivò subito e l'urto gli riempì la bocca di sangue. Il sapore metallico gli dava fastidio, ma non c'era tempo da perdere: doveva raggiungere la stanza.

Cercò di rimettersi in piedi ma con orrore si accorse che una delle ombre si era allungata fino ad afferrargli la caviglia destra. L'ombra affondò gli artigli nella carne e delle gocce scarlatte sporcarono il bordo del tappeto.

Facendosi forza con le braccia si rimise in piedi. Un'ombra gli strisciò lungo tutta la lunghezza della schiena, graffiandola. Urlò, urlò forte.

Dopo due passi cadde in ginocchio, nudo e gocciolante in mezzo al corridoio.
Non avrebbe lasciato che finisse così. Era quasi arrivato, il suo incubo stava per finire.

Si rimise in piedi per la seconda volta ma venne superato da una terza ombra che lo spintonò violentemente verso il muro. Reggendosi la spalla ferita con una mano, arrancò in una corsa all'ultimo respiro verso la stanza. Senza pensare chiuse dietro di sé la porta, sbattendola e lasciandosi nel buio più completo.

Si stese sul pavimento, ancora nudo e gocciolante, tremando. Portò le ginocchia al petto e cercò di destabilizzare il suo respiro.

Ora sarebbe stato al sicuro. Nell'oscurità non avrebbe trovato nessuna luce e nessuna ombra l'avrebbe più tormentato.

Appoggiò una guancia umida sul pavimento e ascoltò il piacevole silenzio che si era formato.

Aveva freddo, ma presto si sarebbe asciugato. Cercò a tentoni con la mano una coperta che aveva sistemato anticipatamente all'interno della stanza e si avvolse il corpo.

All'improvviso, con un colpo solo, il suo corpo venne schiantato contro il soffitto della stanza.
Il colpo allo sterno gli mozzò il fiato e per un attimo non capì che cosa aveva sbagliato. Ricadde sul pavimento per essere successivamente sbattuto contro la parete destra, poi la sinistra.

Con orrore si accorse di una cosa: aveva lasciato fuori il violino.

 

Ciao. Mi chiamo Sophie.”

I-io sono Toby”.

Che cos'è quello?”

Il mio violino”.

Lo sai suonare?”
“Sì”.

Posso tenerlo in mano?”

No”.

Perché?”

Perché mi protegge”.

Da cosa?”

Dalle ombre. Quando suono non le vedo”.

Ed ora le vedi?”

Sì”.

Hai paura?”

Sì, tanta”.

Allora suona”.

 

 

Angolo autore:

Solo pochissime parole per questa che è la mia prima horror originale qui su Efp.

Il protagonista di questa storia soffre di una forma estrema di una fobia chiamata “sciafobia”, la cosiddetta paura delle ombre. In questo caso la paura irrazionale degenera e (forse?) è solo frutto della sua malattia mentale.

Sono disponibilissima a ricevere critiche e parere.

Vi ringrazio anche solo per aver letto,

lynch.

   
 
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