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Autore: Rhaenyra17    24/06/2013    1 recensioni
[Dalla prima OS:
"La situazione rimase instabile sino al 24 giugno del 1950. Il giorno successivo, con il consenso del leader dell’Unione Sovietica, Stalin, le truppe nordcoreane invasero la Corea del Sud e diedero inizio alla Guerra di Corea."
-
"«Key», lo appellò con il soprannome che gli aveva conferito pochi anni prima, «devo partire».
Se il mondo fosse cascato e la forza di gravità non l’avesse tenuto ancorato ad esso, Kibum era totalmente sicuro che la sua caduta nel vuoto non sarebbe mai terminata. Ed in effetti era ciò che stava facendo in un universo in cui non esisteva altro se non lui. Lo avrebbe preferito di gran lunga.
«Ma…»"]
-
[Jongkey; ambientazione storica: Guerra di Corea; deathfic.
Questa raccolta di one shot partecipa al contest indetto dalla pagina facebook "Jongkey Italia 종키".]
Genere: Angst, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Quasi tutti
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 4 - Haru haru

“Neoreul saranghaetgie huhoeeopgie
Johatdeon gieongman gajyeogara
Geureokjeoreok chamabolmanhae,
Geureokjeoreok gyeondyeonaelmanhae,
Neon geureolsurok haengbokhaeyadwae,
haru haru mudyeojeyogane”
Non ho rimpianti per averti amato
tieni stretti solo i bei ricordi
posso sopportarlo in qualche modo
posso andare avanti in qualche modo
sii felice di essere come sei
giorno dopo giorno mi annullerò.
[Big Bang – Haru haru]

“La guerra cessò il 27 luglio del 1953, quando, stanchi della guerra, i leader delle due Coree firmarono il trattato di Panmunjeom. L’armistizio fu siglato nel villaggio Panmunjeom, sul confine tra la Corea del Nord e la Corea del Sud. Con quel documento, non ci fu una resa da parte dei due paesi, ma semplicemente una tregua da quella sfiancante guerra.”

Gli attimi, i minuti, i giorni che si susseguirono dopo la morte di Jonghyun furono per Key più che un’agonia. Il giovane era rimasto impalato col corpo del suo amato tra le braccia, la rabbia che gli ribolliva dentro e gli faceva tremare le mani, le lacrime che gli solcavano le guance scarne, pallide e sporche, l’odore del sangue che impregnava l’aria lo disgustava e mancò poco che non si sentisse male.
Avrebbe voluto tanto morire lì con lui, ma Jonghyun gli aveva fatto promettere di non lasciarsi andare, di vivere anche per lui. Come poteva venire meno ad una parola data alla persona che più amava in assoluto?
Di certo non fu facile. Vide di sfuggita un soldato nordcoreano puntargli il fucile alla testa e chiuse gli occhi spontaneamente; udì poi uno sparo e rimase esterrefatto e stupito quando si rese conto che era stato Minho ad uccidere il soldato e a proteggerlo.
«Cosa stai combinando, Kibum?», lo riprese con durezza il moro, serrando i denti e tentando di far forza anche al compagno, «Devi combattere!»
«Io non lo lascio qui a marcire, non gli farò fare la stessa fine di tutti gli altri!», gridò amareggiato, poi la voce gli si affievolì e scoppiò in un pianto disperato. Si chinò sul busto dell’amato e, mentre gli stringeva forte le mani, continuava a domandare perché gli fosse accaduto, perché fosse toccata a lui quella sorte maledetta.
Minho sospirò affranto, consapevole di non poter dire nulla. Non tutti i soldati avevano l’opportunità di esser portati via dal campo di battaglia, né di ricevere un meritevole, rispettoso funerale, al quale i famigliari avrebbero potuto piangere la loro scomparsa e capacitarsene giorno dopo giorno.
Kibum voleva che accadesse questo. Di certo era un modo migliore per dirgli addio, anche se continuava a non capacitarsene. Non voleva crederci, anzi in cuor suo continuava a sperare che fosse un incubo troppo reale che non voleva apprestarsi a giungere al termine e che Jonghyun si fosse svegliato al più presto. Sì, perché lui non poteva essere morto; stava sicuramente riposando, stremato dalla stanchezza, ma avrebbe riaperto i suoi occhi. I loro sguardi si sarebbero incrociati ancora una volta e le labbra congiunte, Kibum avrebbe sentito la mancanza dei loro baci con la consapevolezza di poterne assaggiarne ancora ed ancora, senza stancarsi mai. Sarebbero tornati a casa insieme e avrebbero continuato a nascondersi agli occhi del mondo ed amarsi vicendevolmente senza riguardo, senza conservare nemmeno un briciolo d’amore, donando tutti se stessi l’uno all’altro.
Cosa potevano chiedere di meglio?
Eppure la realtà continuava a strappare via con brutalità Kibum dalle sue vane speranze. Il dolore, le cicatrici che gli erano state inflitte continuavano a ricordargli che Jonghyun giaceva davvero privo di vita tra le sue braccia.
«Non posso accettarlo…», continuava a ripetere, mentre Minho faceva la guardia affinché nessuno provasse ad ammazzarli. Doveva proteggerli, glielo doveva, e lo sentiva nel profondo di se stesso; perché quei due ragazzi, assieme ad Onew e a Taemin, che sperava davvero stesse bene, erano stati gli unici veri amici che avesse avuto nei suoi ventidue anni di vita.
«Minho, Kibum!», i due ragazzi si voltarono immediatamente e videro il medico correre verso di loro. «Dovete venire a vedere!»
«Cosa?», domandò spontaneamente il moro.
«Non mi muoverò di qui», insisté Key.
«I nordcoreani stanno gettando via le armi per ordine del loro leader, e le nostre truppe stanno mano a mano facendo lo stesso», iniziò a spiegare, «pare che si stia discutendo per porre un armistizio, una pace temporanea che si spera comunque duri a lungo».
«Stai dicendo che la guerra sta finendo?», mormorò incredulo Minho.
«Spero di sì», espirò Onew, accasciandosi esausto e prendendosi il capo tra le mani. Scosse il capo e continuò a sospirare, riempiendo quel silenzio sovrumano e che in quegli anni era venuto a mancare.
Il cuore di Kibum si incrinò ancora di più capendo che probabilmente era davvero tutto finito. Un tempismo perfetto! Se fosse accaduto solo un paio di giorni prima, o anche solo un paio di ore, un’ora prima, in quel momento Jonghyun sarebbe stato ancora vivo; e invece era morto. Cosa importava più, ormai?
Si accasciò accanto al compagno e gli poggiò la testa sul petto, mentre continuava a piangere silenziosamente e le lacrime, copiose, scorrevano sino al tessuto macchiato di Jonghyun.

I can’t believe you’re gone
Non posso credere che te ne sia andato

«Almeno spostiamoci di qui, Key», suggerì tristemente Onew, avvicinandosi al più giovane e scombinandogli la chioma impolverata.
Kibum annuì distratto, lasciando che i compagni lo aiutassero e il suo corpo si muovesse in automatico.

 

**

27 luglio 1953.
La Corea del Sud è in festa e in lutto al contempo. La guerra è finita, e con essa le vite di valorosi uomini e giovani ragazzi che hanno dato se stessi per la pace del popolo, del paese, della propria famiglia e dei propri amici, affinché tutti potessero vivere in un mondo migliore, in cui la devastazione e la morte non fossero seminate. È palese che la vita abbia un inizio, un corso ed una fine, ma la morte era qualcosa che necessitava di giungere al momento opportuno, e non doveva mai essere forzata; la vita non doveva essere sprecata, gettata via come se fosse totalmente priva di valore.
Alla fine Kibum era riuscito a preservare a Jonghyun il diritto di avere un funerale. Lui stesso, ormai pulito ed in divisa militare, portava la bara di legno coperta dalla bandiera del proprio paese. La notte che aveva anteceduto il funerale di Jonghyun era stata l’ennesima trascorsa in preda all’insonnia ed una tristezza malcelata. Sapeva di avere l’opportunità di riposare ormai, ma per lui era più importante poter toccare per gli ultimi istanti la pelle, ormai gelida e sempre più pallida, del compagno. Per non parlare di quanto avesse iniziato a puzzare di marcio; ciò nonostante Kibum aveva insistito affinché potessero vegliare sul ragazzo e solo il giorno dopo partecipare ai funerali.

But now I come home and it’s not the same, no
it feels empty and alone
I can’t believe you’re gone

Ed ora torno a casa e non è la stessa cosa, no
tutto è così vuoto e solo
non posso credere che tu sia andato via

 
La mattina era giunta troppo in fretta, portando con sé gli altri militari e la bara dove il compagno avrebbe giaciuto per sempre. Kibum aveva indossato l’espressione più vacua ed imperscrutabile che possedesse e la mantenne per tutto il tempo.
Aveva ormai perso quel sorriso che a Jonghyun tanto piaceva, perché esisteva soltanto in sua presenza e inoltre non trovava ragioni accettabili per sorridere. Non aveva bisogno di mostrarsi forte e volenteroso di vivere una vita nella quale l’unica persona che voleva al suo fianco non ci sarebbe mai stata.
Kibum non ascoltò nemmeno le parole che furono proferite in memoria dei caduti in battaglia, non udì le parole del presidente per far forza al paese, ignorò totalmente la volontà di ricominciare tutti assieme. L’unica cosa che riusciva a pensare in quel momento era Jonghyun.
Era ossessionato da quei sensi di colpa che non ne volevano sapere di lasciarlo andare.

I’ve never knew what it was to be alone, no
‘cause you were always there for me
Thanks for all you’ve done
Non ho mai saputo cosa significasse essere soli, no
perché tu ci sei sempre stato per me
grazie per tutto ciò che hai fatto

 

**

Sono trascorsi due anni da quando la guerra è giunta al termine. Due lunghi, lunghissimi anni, ed io li ho passati con la compagnia dei miei due più cari amici: Minho ed Onew.
Se c’è una cosa che in questi anni non è cambiata, questa è proprio la nostra amicizia. Abbiamo sempre saputo di poter contare l’uno sull’altro, ma forse la fine della guerra è stata la spinta decisiva per far sì che non combattessimo il futuro da soli.
In battaglia non abbiamo perso soltanto Jonghyun,  ma anche Taemin, uno dei migliori piloti di caccia di cui la Corea del Sud disponesse. Minho era quello che si era più legato a quel ragazzo, che tra l’altro aveva la mia stessa età. Credo avesse il cuore troppo tenero per andare in guerra, però ero contento che fosse sopravvissuto per quei tre anni. L’infamità del tempo e della morte avevano preso sia lui che Jonghyun giusto poco prima che la guerra terminasse.
Fatto sta che questa notte, quella del 25 luglio del 1955, l’ho trascorsa pensando soltanto a Jonghyun. Non che pensi ad altro durante il giorno, ma oggi è il secondo anniversario della sua morte. La scena più tragica che abbia mai visto, la morte che più mi ha sconvolto fin dentro le viscere di me stesso, la perdita che mi ha cambiato più di quanto non lo fossi già a causa degli orrori della guerra.
Ho deciso di andare a trovarlo come faccio quasi sempre. Ho iniziato da poco a fare qualche lavoretto, un po’ per aiutare mia madre, un po’ perché se avessi continuato a stare a casa, mi sarei suicidato. E mancava davvero poco perché lo facessi.
Le prime luci del sole stanno mano a mano rischiarando il cielo, donandogli delle sfumature di colori chiari che un tempo mi piacevano davvero tanto. Ora più li guardo e più mi chiedo cos’avessero di così straordinario per perdermi a guardarli finché il sole non fosse sorto. Probabilmente era una scusa per poterle guardare con Jonghyun e fare una cosa non troppo sdolcinata, ma creare comunque un’atmosfera più intima. Chissà cosa mi passasse per la testa, ormai nemmeno lo ricordo. È come se mi fossi focalizzato soltanto su tutti i ricordi che ho di lui e i dettagli che riguardano solo ed esclusivamente la sua persona, escludendo totalmente me. Perché tanto io continuo a vivere, ad essere qui e sentire quelle emozioni intense anche al solo pensiero dell’uomo che per tempo ho amato e che continuo ad amare con tutto me stesso. Chi l’avrebbe mai detto che sarei arrivato persino ad ammetterlo a me stesso con una calma ed una schiettezza disarmanti?
Lentamente inizio a vestirmi, poi mi sciacquo il viso e sistemo i capelli. Le vecchie abitudini che non ho mai perso. Sorrido a questo pensiero, poi mi reco in cucina da mia madre, che sorseggia distrattamente un the’.
La guardo senza proferire parola e la saluto con un cenno del capo. Lei capisce che non è il caso di parlare e semplicemente mi lascia andare.
Una parte di me desidera il suo abbraccio confortante, ma ho constatato che non mi aiuta ad andare avanti, se non a crogiolarmi ancora di più. Non che mi sia d’aiuto piangere sulla tomba del mio defunto ragazzo.
Ed è proprio lì che mi reco nel silenzio dell’alba, dopo aver colto dal giardino adiacente casa mia una rosa rossa. La annuso e poi cammino. In realtà non sono sempre certo di pensare a qualcosa, la mia mente è vuota e piena al contempo; qualcosa che non sono in grado di spiegare. Il mio corpo agisce secondo ciò che so di voler e dover fare, ma la mia mente è totalmente assente. È come se si trovasse in una dimensione parallela ed io sto dando di matto, perché non ci capisco più nulla. Poi mi rendo conto che non me ne frega davvero e vado avanti, prendendo la vita così come viene.
Arrivo al cimitero e senza troppi complimenti apro il cancelletto in ferro arrugginito e mi avvio alla  tomba di Jonghyun.
Con una mano tengo la rosa, mentre l’altra finisce nella tasca, mentre fisso con sguardo vacuo il suo nome inciso su di essa. Mi chino con lentezza spossante e altrettanto lentamente poggio la rosa, poi carezzo la superficie.
«Come stai, Jong?», domando, fingendo che lui sia lì per davvero e possa rispondermi.
Mi illudo che mi abbia parlato e poi continuo a parlare. Lo sento, lo sento che mi sta ascoltando. Non è possibile che non possa più farlo.
«Io sto andando avanti, sai?», iniziò, «Tento di mantenere la promessa che mi hai costretto a farti. Maledetto! Se non fosse stato per quella, io sarei già dove sei tu e non dovrei più provare tutto questo dolore che mi logora e trafigge ogni secondo che passa sempre di più. L’intensità aumenta ogni giorno che passa ed io sono infinitamente, inevitabilmente stanco».
Taccio per qualche istante, giusto il tempo di poter prendere una boccata d’aria, per poi continuare con il mio sproloquio inascoltato.
«Mi manchi, hyung», confesso, mentre con prepotenza inizio a piangere. Mi sento un bambino che non è in grado di contenere le emozioni che prova, e sono devastato da tutto ciò. Non ne posso più.
«Fa male, dannatamente male. Probabilmente nella tua situazione avrei agito nella stessa maniera, o forse il mio egoismo mi avrebbe suggerito di lasciarti venire con me».

You still live in me
I feel you in the wind
You guide me constantly

Tu vivi ancora in me
ti percepisco nel vento
mi guidi costantemente

«Odio il non averti mai detto che ti amo guardandoti negli occhi ed accarezzandoti, e baciandoti e stando semplicemente al tuo fianco, o abbracciandoti, o semplicemente vedere la tua espressione mentre te lo dicevo!»

I miss your face so
Smiling down on me
I close my eyes to see
And I know you’re a part of me

Mi manca tanto il tuo viso
tu che mi sorridevi sempre
chiudo i miei occhi per rivederti
e so che sei una parte di me


«In memoria delle promesse che mi hai sempre chiesto di mantenere», mormoro, «te ne faccio una io, adesso. E giuro solennemente che adempierò alla parola data».

I carry the things that remind me of you
In loving memory of the one that was so true
You were as kind as you could be
And even though you’re gone
You still mean the world to me

Porto con me le cose che mi ricordano di te
in memoria dell’unico che è stato così vero
sei stato quanto più gentile potessi essere
e anche se ora sei andato via
significhi ancora il mondo per me


«Un giorno verrò lì dove sei tu e ti riavrò al mio fianco, mi costasse la vita», sorrido amaramente, poi alzo lo sguardo al cielo e mi soffermo a guardare le bianche nuvole di passaggio, che si muovono a velocità costante e sempre più si allontanano. Così come lui è andato via da me.

“Neon neul jeo haneulgachi hayake
tteun gureumgwado gachi saeparake
Neon neul geureoke useojwo amu il eopdeusi
Dorabojimalgo tteonagara
tto nareul chatjimalgo saragara
Neoreul saranghaetgie huhoeeopgie
johatdeon gieongman gajyeogara”
Sii come quella nuvola bianca
sì, dovrai sempre sorridere
come se non fosse mai accaduto nulla
non guardarti più indietro e vattene
ti prego, non cercarmi e vivi
perché non rimpiango di averti amato
tieni stretti solo i bei ricordi

 

Un giorno tutto andrà bene. Perché un giorno sarò di nuovo al tuo fianco.

“Nareul itgoseo saragajwo
Geo nunmureun da mareulteni, yeah
haru haru jinamyeon
Charari mannaji anhatdeoramyeon deol apeultende um
Yeongwonhi hamkkehajadeon geu yaksok ijen
Chueoge mudeodugil barae baby”
Ti prego, dimenticami e continua a vivere, yeah
Quelle lacrime si asciugheranno del tutto, giorno dopo giorno
Col passare de tempo mi convinco che sarebbe stato meglio
se non ci fossimo mai incontrati
spero seppellirai la nostra promessa di stare per sempre insieme, baby


«Saranghae, Kim Jonghyun».

You’re my all
You’re my heart
Say goodbye
Tu sei il mio tutto
tu sei il mio cuore
dimmi addio


The end

____________________________________________________________________________________________________________

NB:
1.
Titolo e canzone a capoverso e a fine shot, Haru Haru dei Big Bang
2. La canzone inserita nel mezzo della storia è In loving memory degli Alter Bridge

Note dell'autrice:
E siamo giunti alla fine di questa raccolta. Non mi sembra vero. Beh, in realtà non mi sembra vero per il semplice fatto che ho tagliato, tagliato, ridotto, sintetizzato e così via dicendo buona parte della storia. Ed è già tanto perché io non sono una tipa che è molto brava con le cose chiave  (?) lol
Boh, ci sono molti aspetti che non ho toccato, molti che non ho approfondito, e mi dispiace tantissimo, ma non volevo uccidere le ragazze che giudicheranno questa storia per il concorso xD inoltre questo è un periodo particolarissimo per me e sto scrivendo proprio solo quando posso... Infatti questa shot dovevo pubblicarla il 21 giugno e guardate un po' il calendario? Siamo al 24 D: 
Io non so mai che dire quando accade per miracolo che io completi qualcosa, se non ringraziare chi commenta e i lettori silenziosi, oltre alle persone che mi supportano al di fuori dei lettori sconosciuti. Per cui spero che questi giorni passati con me non vi siano dispiaciuti e... beh, preparatevi, perché sicuramente arriverà una shot a rating rosso... Ma non anticipo nulla, è solo un'intenzione (e una promessa fatta tempo fa ad una delle mie migliori amiche, che attende trepidante quella maledetta lemon °-°)
Chiedo perdono per eventuali errori, purtroppo l'orario è quello che è e per evitare ulteriori ritardi posto e mi tolgo il pensiero. Spero di aver corretto la maggior parte delle stupidaggini che ho scritto ç_ç
Mi dileguo... Annyoung!

  
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