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Autore: jjk    24/06/2013    2 recensioni
Perdersi tra le strade di New York e tra le scelte della propria vita.
A quella ragazzina era successo tutto insieme e non sapeva più come tornare indietro.
Non sapeva perché stesse correndo né da cosa o chi stesse scappando,né tanto meno come ritrovare la strada di casa,se stessa e la pace interiore di cui aveva bisogno.
E non aveva nessuno che la potesse capire e aiutare.
O meglio, non ancora.......
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Corse così veloce che nel giro di qualche minuto aveva già inserito la chiave nella toppa.
Aprì piano la porta e trovò la bionda addormentata sul divano davanti alla televisione.
Ricordò che quel giorno aveva una sfilata a cui stava lavorando da tempo e probabilmente era tornata a casa distrutta.
Malgrado dietro ai fornelli non fosse proprio un asso, si mise d’impegno e riuscì a cucinare qualche fettina di carne senza combinare troppi danni.
Poi apparecchiò la tavola e tornò nell’altra stanza.
Avrebbe dovuto svegliarla, ma, una volta sedutosi sui talloni davanti al dolce viso di lei, tenero come quello di una bambina, non ebbe il coraggio.
Era rannicchiata sotto la sua coperta preferita, stringendo il peluche che lui le aveva regalato anni prima.
Una ciocca di capelli le era caduta davanti agli occhi e lui prontamente gliela risistemò dietro all’orecchio.
Quel semplice gesto, fatto con estrema delicatezza, le fece aprire gli occhi.
-Ben svegliata principessa- le sussurrò aiutandola ad alzarsi.
-Nate? Che ci fai qui? Che ore sono?-
-Ehi, cosa sono tutte queste domande? Comunque sono le 9-
-Le 9?! Ma è tardissimo! Devo ancora cucinare! Perché non mi hai svegliato?!-
-Perché eri così bella mentre dormivi beata. Comunque ho pensato a tutto io-
-Tu?! Ma tu on sai cucinare!-
Lo guardò severa.
-Non avrai ancora preso del cibo take-away, vero?? Avevamo detto che, almeno per questo mese lo avremmo evitato e avremmo mangiato solo cose fatte in casa. Anche se  credo che quando stai con quegli latri due tu non rispetti minimamente questa “regola”-
-Piano, piano. Tranquilla ho fatto tutto io con le mie manine sante. Comunque grazie della fiducia!-rispose lui imbronciato.
-Non è mancanza di fiducia, è solo che…..Non ti ho mai visto alle prese con i fornelli. Ecco tutto. Ma non vedo l’ora di mangiare quello che hai preparato!-gli sorrise circondandogli il collo co le sue braccia delicate.
Erano troppo vicini, e lei era troppo bella, perché lui resistesse alla tentazione di baciarla appassionatamente.
-Ma non si fredda la cena?-gli sussurrò lei sulla sua bocca.
-Ha forse importanza?-
-No, non credo ne abbia-
Questa volta fu lei ad attaccarsi alle sue labbra come se fossero l’unica cosa che le consentisse di respirare, mentre lui affondava le dita sottili tra i suoi soffici capelli.
-Lasciamola raffreddare-bisbigliò guidandola nella stanza affianco, senza che lei opponesse alcuna resistenza, e chiudendosi la porta alle spalle.
 
Aprì gli occhi e la vide ancora addormentata sul suo petto, con una mano sul suo cuore.
Le accarezzò i capelli e s’inebriò del suo profumo.
Guardò l’orologio.
Reano quasi le 5.
Alla fine non avevano mangiato nulla e la cena che si era tanto impegnato a realizzare si era certamente freddata, ma non gli importava.
Aveva fame, ma non si sarebbe spostato neanche di un millimetro per niente al mondo.
Aveva sempre avuto paura che lei un giorno si sarebbe stancata di lui e lo avrebbe abbandonato senza rivolgergli più la parola.
La loro relazione era troppo bella perché fosse “per sempre”.
Di solito le cose belle che gli capitavano erano destinate a finire lasciandolo da solo a ricucire il suo cuore spezzato cercando di non ferirsi ancora di più.
Quindi si godeva ogni singolo istante in cui poteva stare con quella ragazza che non riusciva a levarsi dalla testa e dal cuore nemmeno per un istante, aspettando con terrore il giorno in cui lei lo avrebbe lasciato per sempre.
-Già sveglio?-
Il suono dolce della sua voce lo distolse dai suoi cupi pensieri.
-Non riuscivo a dormire, tu?-
-Tu che non riesci a dormire?! Ma se Jack mi dice sempre che anche loro ti devono svegliare con le bombe atomiche!-rise lei.
Era vero.
Spesso, quando erano in giro per il mondo, la mattina era complicato farlo alzare, ma solo perché non riusciva a prendere sonno senza lei al suo fianco.
Lei era l’unica a mettere a tacere quella folla di pensieri che lo tenevano in piedi e che lo guidavano nelle sue passeggiate notturne per le città in cui facevano tappa.
Dubitava che Jack o qualcun altro, lo sapesse.
Forse solo Andrew aveva intuito qualcosa.
-Io almeno sono sincera: ho fame! Di la verità anche tu ne hai!-
Lui le sorrise dandole la conferma di aver colpito nel segno.
-Mi dispiace di averti fatto saltare la cena-
-Non devi essere dispiaciuta. Ne è valsa la pena-la rassicurò abbracciandola forte e trattenendola quando fece per alzarsi.
-Dove vai?-
-A preparare la colazione, anche se è troppo presto per definirla tale-
Lui la tirò a sé  la baciò.
-Non farlo-
-Non vuoi che cucini?-
-Non è quello è solo che….-
-Solo cosa?-
-Fai di meglio. Insegnami-
La ragazza sorrise e gli scompigliò i folti capelli castani che negli ultimi mesi erano diventati molto più lunghi.
-Va bene signor Ruess. La lezione di oggi è molto semplice. Le insegnerò a cucinare i pancakes!-disse con aria furba, rivolgendosi a lui come un’insegnante ad un alunno incapace.
-Però ti devi alzare!-concluse scherzando e trascinandolo fuori dal letto.
 
Nate fece tutto ciò che lei gli disse, ma riuscì comunque a fare un disastro.
-Solo tu potevi ridurre la cucina in questo stato preparando dei pancakes!-rise lei osservando on disperazione l’intera stanza ricoperta di farina e di tutti gli altri ingredienti utilizzati.
-Ero distratto dalla tua abbagliante bellezza. Sono giustificato-le rispose con un ghigno divertito.
-Inutile che cerchi delle scuse. Vediamo piuttosto come sono venuti-disse lei riempiendo due piatti.
-Piuttosto, dove mangiamo? Il tavolo è inutilizzabile!-
-Allora mangeremo……per terra!-sclamò lui indicando l’unica superficie ancora “pulita”.
-Ma non si può mangiare sul pavimento!-protestò lei.
-Non sarà pieno di farina, ma è pieno di polvere!-
Forse la ragazza in fondo aveva ragione.
Non si poteva fare colazione per terra.
Però il tavolino che avevano in salone si era rotto un mesetto prima e non ne avevano ancora comprato uno nuovo, quindi…..
-Allora potremmo andare nel nostro regno?-propose lui.
-Il nostro regno?-
Nate prese i piattini che lei  aveva in mano e tutto il necessario per rendere ancora più buoni quei pancakes e li portò nella camera da letto.
Sorrise.
Lui aveva ragione, quello era il loro regno, il posto in cui passavano più tempo insieme, parlando per ore di qualsiasi cosa, e probabilmente anche l’unico posto in tutta la casa in cui nessuno oltre loro era mai entrato.
Il luogo che custodiva i loro segreti.
Alzò le serrande, mentre lui posava tutto sul letto e poi si sdraiarono a pancia sotto, l’uno di fronte all’altra, con solo la loro colazione a dividerli.
Il sole aveva appena cominciato a sorgere, illuminando flebilmente la stanza e il volto pallido della bionda.
-Quest’estate ti porterò al mare. Te lo prometto-
-Non fare promesse che non puoi mantenere. Sarai in tour quest’estate-
Era contenta del successo che avevano avuto, ma ogni volta che partiva, lasciandola da sola in quella casa che sapeva così tanto di lui, non poteva non sentire la sua mancanza al punto di stare male.
Spesso infatti tornava dai suoi genitori in quei periodi, o, ancora meglio, si “trasferiva” a casa di Lena, una della sue più care amiche .
Era contenta per lui, ma sapeva che le sarebbe mancato tantissimo, tanto più che era appena tornato da una parte del tour.
-E tu vieni con me-
Aveva pensato ogni tanto di seguirlo, ma aveva sempre aspettato che fosse lui a chiederglielo.
Non voleva essere di peso.
-Nate, non ti devi sentire obbligato, non importa se non staremo insieme nemmeno quest’estate. Al mare ci andremo quando tornerai-rispose però, distogliendo lo sguardo.
Ma lui le prese la mano.
-M aio ho bisogno di te! Ti prego vieni!-
Non aveva il coraggio di dirle che non riusciva a dormire senza percepire il caldo corpo di lei affianco al suo, che ogni volta che tornava a casa ogni giorno aveva paura di non trovarla perché aveva deciso di lasciarlo, che quando andava in tour aveva il terrore di tornare nella loro casa a Brooklyn e trovarla vuota, con a malapena un biglietto di spiegazioni, o forse neanche quello.
Poco importava che lei non lo avesse mai abbandonato, che lo chiamasse ogni giorno ripetendogli quanto lo amava, quanto le mancava e quanto non vedeva l’ora che tornasse.
Quella sua paura ancestrale continuava a divorargli l’anima ogni volta che leii non era tra le sue braccia.
-Ti porterò in Italia. Ti farò vedere Roma e qualsiasi altro posto vorrai. Farò ciò che vorrai, ma ti prego vieni con noi in tour-
Erano anni che voleva proporglielo, ma non se l’era mai sentita di chiederglielo, perché era comunque un grande sacrificio.
Bisognava passare mesi lontani da casa e da tutte le attività che si stavano facendo e che on ci si poteva portare appresso.
E lei aveva un lavoro.
-Ci penserò Nate. Sai che non posso lasciare, così su due piedi, tutti i progetti che sto portando avanti, però ti prometto che farò di tutto per poter venire con te. Abbiamo ancora più di un mese per decidere-
Il problema non era decidere, lo sapevano entrambi.
O meglio lei lo sapeva, Nate invece probabilmente in un angolo del suo cuore ne era convinto, ma la paura che lei non lo amasse e cercasse di stare sempre lontane da lui prendeva il sopravvento.
-Com’è andata ieri alla sfilata?-chiese cambiando argomento e cominciando a mangiare, subito seguito fa lei.
-Benissimo! Un successone! Non poteva andare meglio! Erano tutti entusiasti dei nuovi vestiti e forse ci sono alcune possibili offerte di lavoro!-raccontò con gli occhi che le brillavano dall’entusiasmo.
-Qualcuno ti ha chiesto di confezionargli qualche abito?!Chi?!-
-Non voglio parlare per scaramanzia, ma è gente davvero importante! A te piuttosto com’è andata? Cosa siete riusciti a fare a casa di Andrew?-
-Alla fine non ci siamo andati-
-Come mai?-domandò molto sorpresa.
Quando era uscito di casa quella mattina le aveva detto che sarebbe andato al bar-appartamento di Will per parlare di lacune cose con lui e Nattie, dopo di che gli  avrebbe dato una mano a sistemare il locale che aveva comprato e ristrutturato da poco e che non aveva ancora aperto.
Nel pomeriggio Jack e Andrew li avrebbero raggiunti lì e poi sarebbero andati a casa di quest’ultimo per lavorare ai nuovi brani.
Il tono e lo sguardo con cui le aveva illustrato il programma della giornata le avevano fatto capire che nulla avrebbe potuto distoglierlo dai suoi intenti e, anzi, che sarebbe stato complicato vederlo tornare senza un pezzo inedito da cantarle.
Perché lui le cantava sempre ogni cosa che scrivevano, anche se magari era solo una melodia abbozzata.
Ci teneva a sapere cosa ne pensasse lei.
-Abbiamo fatto un po’ tardi, ma non è quello il motivo-
Non aveva problemi a crederlo.
Molte volte, infatti le loro sessioni creative duravano intere giornate, se non nottate.
Spesso lo sentiva tornare alle ore più assurde, ogni tanto rientrava quando lei si svegliava e allora fingeva di essersi alzato prima e di essere vestito per quel motivo.
-Allora cosa vi ha fermato?-
-Una ragazzina ferita che si rea presa sotto la pioggia-
-Perché non mi racconti?-
E lui le raccontò di Giulia, di come si erano incontrati, di ciò che avevano fatto quel pomeriggio, delle storie che si erano scambiati, delle prese in giro, delle confidenze che si erano fatti e di tutto ciò che gli venne in mente.
-……Sai qual è la cosa più strana?-
Lei scosse la testa.
-Di solito le giornate che passo senza scrivere o lavorare con Jack ed Andy, per quanto possano essere fruttuose in latri sensi, mi lasciano sempre uno strano sapore, come se avessi potuto fare d più. Ma non questa volta. Ho avuto la sensazione che dovevo essere lì a fare quello che stavo facendo e che non c’era niente di meglio di quello che io potessi fare in quel momento-
-Un po’ come un buon samaritano insomma-
-No, non intendevo questo, è che….Non so come spiegartelo….Quella ragazzina è speciale, in qualche modo. Insomma, senza accorgermene le ho raccontato cose che di solito non dico a nessuno, eppure la conoscevo da poche ore. Non lo so, è come se avessimo uno strano legame che non spiegare-
-Hai pensato che potrebbe essere parchè ti ricorda te stesso-
-Me?-
-Si tu. Da quello che mi hai raccontato vi somigliate molto. Magari il tuo inconscio se ne è accorto prima di te-
Nate rifletté sulle parole della bionda mentre portava via i resti della colazione.
Forse non aveva tutti i torti.
Si era accorto che lui e la ragazzina si capivano a l volo e che provavano le stesse cose riguardo ad alcuni argomenti.
Potevano essere davvero così simili?
Era solo una possibilità come le altre, concluse tornando dalla sua amata.
La trovò rannicchiata sotto le coperte e la raggiunse, circondandola con le sue braccia.
-Hai freddo?-
-Ora no?-rispose stringendosi a lui.-
Solo….Ho ancora sonno-
-Allora dormi. Tanto domani, o meglio oggi, non abbiamo niente da fare-le disse accarezzandole i capelli.
Lei chiuse gli occhi e lui affondò il viso nella sua chioma, godendo del suo bellissimo profumo che non avrebbe saputo descrivere.
Poco importava del sole che continuava ad alzarsi all’orizzonte.

nota:scusate per le dimensioni esigue del capitolo.questi utlimi che ho scritto sono davvero molto corti, ma sono un po' di introduzione ai personaggi e alla storia in sè, quindi vi prego di portare un po' di pazienza.Ringrazio ancora Mon per la sua recensione e spero che ne vogliate lasciare una anche voi, perchè ho davvero bisogno di conoscere il vostro parere.
Detto questo credo che per un po' scomparitrò perchè non avrò il tempo materiale per scrivere ne tanto meno per mettermi al computer,ma io voglio sperare che voi sarete pazienti con me e sopporterete anche questo.Grazie ancora per essere arrivati fino a qui!
  
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