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Autore: Akilendra    24/06/2013    7 recensioni
Gli Hunger Games sono giochi senza un vincitore, ventitrè ragazzi perdono la vita, l'ultimo che rimane perde sè stesso in quell'arena, non c'è nulla da vincere, solo da perdere. Nell'arena si è soli, soli col proprio destino, Jenna però non è sola...
Cosa sei disposto a fare per non perdere te stesso? E se fossi costretto a rinunciare alla tua vita prima ancora di entrare nell'arena?
Gli Hunger Games saranno solo l'inizio...
(dal Capitolo 1):
"Un solo rumore e so che lei è qui...l'altra faccia della medaglia, il mio pezzo mancante, la mia immagine riflessa allo specchio, una copia così perfetta che forse potrebbe ingannare anche me, se non fosse che io sono la copia originale dalla quale è stata creata. Dopotutto sono uscita per prima dalla pancia di nostra madre, quindi io sono l'originale e lei la copia."
(dal Capitolo 29):
"'Che fai Jenna?'
Mi libero della menzogna.
'Che fai Jenna?'
Abbraccio la verità.
'Che fai Jenna?'
Mostro l'altra faccia della medaglia."
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Quella sera torno in camera e non chiudo occhio.
Non bastano le braccia di Sam a scacciare gli incubi questa volta, mi sento in colpa per non avergli ancora detto del piano di Finnick, o meglio del nostro piano; ecco perché questa notte le sue braccia invece di allontanarli, attirano i brutti sogni, mi ricordano costantemente che gli sto mentendo.
Quanto vorrei dirgli tutto, lo vorrei tanto, ma non posso, non prima di aver parlato con Finnick.
La mattina appena apro gli occhi e sono attiva, la mia priorità diventa cercare la senza-voce ‘amica’ di Finn, ma per quanto la cerchi ovunque, non la trovo, sembra scomparsa nel nulla, decido quindi di non perdere altro tempo e mi appunto mentalmente di cercarla più tardi.

Intanto ogni angolo del centro di addestramento è in fibrillo, gli stilisti preparano i vestiti per le interviste di questa sera, i tributi pensano a quale lato mostrare di sé a Capitol City.
Ma quest’anno è tutto diverso, quest’anno ci sono tributi che sono già stati vincitori, che hanno fatto già mille interviste, che conoscono Caesar e lo salutano come un vecchio amico, che salutano Capitol City come una vecchia amica.
Quest’anno ci sono tributi che non hanno voglia di combattere, tributi che non hanno voglia di giocare, non alla regole della Capitale.

Ed io mi sento tanto stupida quando Johanna entra nella stanza e si siede sulla sedia davanti a me.
Dovrei prepararla per l’intervista, ma come faccio? Come si fa a dirle cosa deve fare o dire? Come si può? Non si può, non posso far finta che sia una ragazzina indifesa, lei è una donna ed è una vincitrice.

-Allora? Che si fa, ci giriamo i pollici? – chiede con un po’ d’ironia dopo qualche minuto di silenzio – Non so, tu cosa proponi di fare? - domando senza sapere bene dove vuole andare a parare, lei sbuffa divertita – Oh, sei tu la mentore! – dice alzando le spalle.
A che gioco sta giocando? Fino a ieri mi prende in giro rendendomi ridicola agli occhi di tutti ed ora vorrebbe che mi comportassi come una mentore? - Ma se la prima sei tu a non accettarmi come tua mentore! – protesto, la voce alta per la rabbia, lei ha un’aria stupita e un po’ divertita – Cosa ti fa pensare di non essere accettata? – chiede con aria fin troppo innocente, sbuffo esasperata – Ti prego Johanna, finiamo questa pagliacciata! Dimmi come ti comporterai questa sera e ognuna ritorna a fare quello che stava facendo! – propongo pragmatica con ritrovata pazienza, lei ridacchia un attimo – Si, così puoi ritornare a vendere le tue grazie in cambio di sponsor – borbotta tra sé e sé a voce bassa, ma non abbastanza bassa perché non possa sentirla.
-Cosa hai detto, scusa? – urlo fuori di me, come si permette di giudicarmi così? Lei cosa ne sa? Quello che sarei stata pronta a fare sono solo affari miei!
- Oh, andiamo! Non fare finta di non aver capito! Cosa credi che non lo sapessi? Le voci qui a Capitol City corrono – dice col tono di chi la sa lunga, mi alzo in piedi – Non sono affari tuoi! – le ringhio in faccia a denti stretti, ora anche lei si è alzata in piedi –Oh, certo che non sono affari miei se fai la sciacquetta per elemosinare qualche sponsor, diventano affari miei quando gli sponsor sono per tributi di altri distretti… lo so che ci tieni al tuo Finn, ma sai, lo conosco bene e non credo che gli piacerebbe sapere cosa fai per assicurarti che sopravviva! - mi sputa le parole in faccia, chiudo gli occhi.
Cos’è quella nella sua voce? Rabbia, disgusto, disapprovazione?
Sento il rumore di qualcosa che si frantuma, sarà Johanna che lancia arrabbiata qualsiasi oggetto le sia capitato a tiro, apro gli occhi, mi sbagliavo.
Gli occhi azzurri di Sam mi fissano, ai suoi piedi ci sono i cocci del bicchiere che fino a due secondi fa, aveva in mano.

Silenzio.

Fermi, quasi non respiriamo, sembriamo due statue.
I suoi occhi fissi nei miei, sono gelidi, privi di ogni emozione.
La sua bocca è chiusa, il suo corpo rigido, non c’è niente, non rabbia, non disgusto, non disapprovazione, non c’è niente di tutto questo, c’è solo il vuoto, guardo nei suoi occhi e vedo il vuoto.
Quegli stessi occhi sempre pieni di tutto quando mi guardavano, ora mi fissano per un tempo interminabile e dentro di loro, niente, solo il vuoto.

Sto zitta, ferma, non oso parlare, non oso muovermi.
Cosa c’è da dire? Cosa c’è da fare?
Niente. Silenzio. Vuoto.

La senti, Jenna? Questa è la verità … e fa male!’

Una lacrima solitaria sfugge dai suoi occhi vuoti e riga il viso impallidito, scivola lenta sul mento e si tuffa dentro il colletto della camicia, prima che possa versarne altre si gira e se ne va.

Appena la porta si chiude io crollo a terra.
E se prima ero vuota, ora sono piena, piena di ogni emozione, che mi martella il petto, che mi infuria dentro il cuore.
E se prima ero ferma, adesso non riesco a smettere di tremare, mi contorco cercando un posto dove il dolore non possa raggiungermi, ma lui mi trova sempre.
E se prima ero zitta, ora urlo, urlo emozioni, urlo qualcosa che non sono parole, urlo con gli occhi, con le mani, con la bocca, urlo col cuore.

Sembrano fatte di fuoco le lacrime che escono dai miei occhi e bruciano mentre scendono sulle mie guance.

Una mano si posa leggera sulla mia spalla, Johanna raccolta tutta la forza che ha in corpo, che è molta di più di quanto sembri, mi solleva di peso e mi costringe a stare in piedi, con le mani mi alza il viso con forza.
Cerco di scansarla, non la voglio qui, è solo colpa sua se ora Sam è arrabbiato con me.
No Jenna, è solo colpa tua se Sam è arrabbiato con te ‘
Se lei non avesse sbandierato questa faccenda in questo modo …
Questa è la verità, Jenna, presto o tardi la verità viene sempre a galla ‘
Si, ma non ora, non così, non è così che doveva venirlo a sapere.

Incapace di fare qualsiasi altra cosa comincio a sfogare la mia rabbia su Johanna.
La insulto, le urlo in faccia parole orribili, parole che non le direi mai in un altro momento, ma ora sono troppo arrabbiata per pensare lucidamente, troppo arrabbiata per pensare e basta.
Quando esaurisco gli insulti rimaniamo in silenzio a guardarci negli occhi - Ti sei sfogata? – domanda cauta, per la prima volta nella sua voce non c’è traccia d’ironia, scuoto la testa in senso negativo, lei mi guarda un attimo sbigottita, poi allarga le braccia – Avanti, dacci dentro!– mi esorta a continuare.

Ma all’improvviso non ho più voglia di prendermela con lei, all’improvviso ho solo voglia di prendermi a schiaffi finché non mi si sgretola la faccia.
-è tutta colpa mia – sbotto d’un tratto, Johanna mi guarda come se le avessi appena dato un pugno, mi prende con le mani il viso costringendomi a guardarla negli occhi – NO! Ascoltami bene, non dire mai più una cosa del genere, ok? – scandisce le parole come stesse parlando ad una bambina.
Che cosa vuol dire? Perché ora mi dice questo? Pochi minuti fa mi ha detto quelle cose orribili ed ora mi dice che non è colpa mia, come posso ascoltarla?
Johanna fa un grande sospiro e poi inizia a parlare -Credimi, non è colpa tua. Le cose che ti ho detto prima, ecco… io le ho dette perché volevo farti capire che non era giusto cercare di risolvere un problema così... non è colpa tua se quel viscido verme di Snow ti ha costretta a fare quello che hai fatto, non sei stata la prima, né l’ultima, ci siamo passate tutte… ma la differenza è che tu hai avuto una possibilità. Finnick ti ha dato una possibilità e credimi, lui non vorrebbe che tu la sprecassi per lui, non è questo il modo di salvarlo. Fidati di me… noi abbiamo un piano e se tutto andrà come deve andare… Oh, insomma, non ti devi preoccupare, ci penso io a quel merluzzo lesso di Finn!- .

Non è facile elaborare tutte le sue parole, ma più le risento nella mia mente più capisco quanto Johanna mi ha detto, quanto si è aperta con me.
Lei voleva solo farmi capire che non era il modo giusto per cercare di aiutare Finn, non poteva semplicemente dirmelo come avrebbe fatto un qualsiasi persona normale?
Oh Jenna, lei è Johanna Mason!’

Mi ritornano in mente le sue parole:” non sei stata la prima, né l’ultima, ci siamo passate tutte …”, quindi anche lei è stata ricattata da Snow …. “ Noi abbiamo un piano e se tutto andrà come deve andare …” perciò anche lei è al corrente … “della faccenda… come la chiamerebbe Haymitch.
Solo ora mi rendo conto di quanto è stata imprudente a farmi questo discorso, qui.

Con una mano mi asciuga una lacrima dalla guancia – Ed ora va a riprenderti il tuo ragazzo – mi dice allontanandosi da davanti a me per farmi strada, io non mi muovo, fisso immobile la porta dietro alla quale è sparito Sam – Allora? Sei ancora qui? - mi dice fingendosi spazientita, mi da una spintarella in avanti e basta quella a farmi correre fuori dalla stanza.

Non è difficile trovarlo, è piuttosto prevedibile, nonostante tutto, non c’è nessuno che lo conosca meglio di me, appena apro la porta della terrazza lo vedo, appoggiato al parapetto guarda il cielo colorato di rosso dal tramonto.

Si è accorto che sono arrivata, lo vedo da come ogni suo muscolo si è irrigidito.
Mi fermo dietro di lui, a qualche passo di distanza, ora che sono qui, sembra tutto così inutile, perché sono qua? Cosa posso dirgli?
Puoi cominciare con la verità … per esempio’
E così comincio da quella.

-Quando sono venuta qui a Capitol City, ero sola, sola contro gli incubi, sola contro i ricatti, sola contro i fantasmi che mi portavo dietro dall’arena… poi ho conosciuto Finnick. Da quel momento non sono stata più sola, quando ho avuto gli incubi lui c’è stato, quando si è fatto vivo qualche brutto ricordo dei Giochi lui c’è stato, quando Snow mi ha ricattato e io non ho potuto fare nient’altro che cedere … lui c’è stato ed ha fatto in modo che non accadesse mai più.- prendo fiato un attimo e poi continuo - È facile parlare, è facile armasi di coraggio e dire:” io sono forte, io non cedo ai suoi ricatti, io non accetto le sue condizioni”, ma non si tratta di avere coraggio, non si tratta di essere forti. Quando lui minaccia di uccidere le persone che ami, che fine fa il tuo coraggio? Che fine fa il tuo essere forte? Non hai più coraggio, non sei più forte. Cedi, molli la presa, cadi in ginocchio, accetti ogni condizione. E non importa il prezzo che devi pagare, davvero, non importa, pagheresti qualsiasi prezzo per non vedere soffrire chi ami … Io ho pagato e avrei pagato qualsiasi prezzo per saperti al sicuro …- sospiro guardando la sua schiena -Quindi paghi, paghi il prezzo che devi pagare e torni a casa. Col cuore pesante, con un segreto che non ti lascia respirare e vorresti morire, perché ti fai schifo, perché non riesci nemmeno più a guardarti allo specchio, ma torni a casa e da una parte sei serena, perché pensi: “ Ho fatto quello che voleva, ora le persone che amo sono al sicuro” … e invece no, perché lui rapisce tua sorella, nonostante tu ti sia attenuta alle sue regole, nonostante tu abbia ceduto ai suoi ricatti. E allora pensi che è stato tutto inutile, che hai venduto te stessa per niente e hai ragione, perché ora non hai più tua sorella, ora non riesci più a guardarti allo specchio.- è così difficile tirar fuori queste parole! -
- E dimmi, come fai a dire la verità a chi ti sta vicino? Come fai a confessare qualcosa che stai cercando di dimenticare? Tu puoi capire, sono sicura che nessuno può capire meglio di te.
Come mai non mi hai mai raccontato di Jeremy? Aveva tredici anni, in quell’arena era il più ingenuo, eravate rimasti in pochi, tu eri nel gruppo giusto, quello dei vincenti, ti dissero che se volevi restarci dovevi ucciderlo, non hai avuto scelta, volevi tornare a casa, la tua ascia è affondata fino al manico nel petto di Jeremy. – prendo fiato e mi fermo un attimo a soppesare la sua reazione, ma lui è immobile, continuo a fissare le sue spalle - Allora, dimmi, come puoi confessare qualcosa che stai cercando di dimenticare? – chiedo ancora, questa volta la mia voce lascia trasparire tutte le emozioni che lottano dentro di me.

Dopo un tempo che mi pare interminabile lo vedo muoversi appena, si stacca dal parapetto, la schiena dritta, lo sguardo perso nel cielo davanti a lui - Non puoi. Non puoi perché hai paura che non ti guarderà più negli occhi – risponde cauto alla mia domanda, la voce leggermente incrinata
- Non puoi perché hai paura di averlo deluso – continuo, anche la mia voce trema – Non puoi perché pensi non possa capirti – dice ancora lui – Non puoi perché pensi che non possa perdonarti – aggiungo in un sussurro, trattengo il fiato, tremo – E ti sbagli, perché magari lui non ti avrebbe mai condannato – dice la voce più ferma. Ho sentito bene? Lo ha davvero detto? – Magari ti avrebbe perdonato – azzardo sperando - Magari voleva solo che tu glielo dicessi, voleva solo che tu ti fidassi di lui – pronuncia le ultime parole in un bisbiglio e mi chiedo se ho sentito bene.

Poi si volta, finalmente posso guardare i suoi occhi azzurri, trovarli velati di lacrime mi spezza il cuore.
Rimaniamo così, a guardarci negli occhi per un’eternità, poi schiude le labbra e sembra che finalmente stia per parlare, ma niente, regna ancora il silenzio.
Mi guarda e dal suo sguardo non so capire cosa prova in questo momento.
Parla Sam, ti prego dì qualcosa, qualsiasi cosa.
Ma Sam non parla parla, sospira, scuote impercettibilmente la testa, ma non parla. Dopo un po' fa per andarsene, lo fermo afferrandogli un braccio, i nostri sguardi si incrociano, con gli occhi mi prega di lasciarlo andare ed anche se mi costa una fatica indicibile mollo la presa dal suo braccio e lo guardo impotente scomparire dietro la porta della terrazza.

Per tutto il giorno mi evita, immerso nei suoi pensieri è chiuso nella sua camera e non permette a nessuno di entrarci. Io cerco di non pensare allo sguardo triste che mi ha lanciato quando ho afferrato il suo braccio, cerco di lasciarlo in pace, di non andare a bussare alla sua porta, ma quando è ormai sera e passo davanti alla sua camera, non resisto, non ce la faccio, ho bisogno di sentire la sua voce, ho bisogno che apra bocca, anche solo per cacciarmi via.
Alzo una mano tremante, sbatto le nocche sulla superficie liscia e smaltata vicino la maniglia.
Niente, silenzio.
Ci appoggio l'orecchio sopra, da dentro non proviene nessun rumore, nessuna voce, nessun respiro.
Aspetto ancora un attimo, incerta sul da farsi, indecisa se rischiare il tutto oppure no.
'Ma hai già bussato, hai già rischiato, sei qui a tremare dietro una porta, vuoi davvero rendere inutile tutto questo?'
No che non voglio.

La mia mano spinge sulla maniglia, la porta è aperta, scivolo dentro.
Sam è là, sdraiato sul letto, la testa immersa nel cuscino, non si muove, faccio qualche passo avanti, ora è terribilmente vicino. Dio solo sa quanto vorrei corrergli incontro ed abbracciarlo, vorrei chiudere gli occhi e riaprirli sapendo che mi ha perdonata.
Raccolgo un briciolo di coraggio e mi siedo lentamente sul bordo del letto, lui continua a non muoversi, la testa ancora affondata nel morbido cuscino. Alzo piano una mano tremante, sfioro con le dita la sua e basta questo piccolo gesto per creare elettricità.
Ma forse tutta questa elettricità è solo in me, perché Sam è ancora là, immobile.
Poi all'improvviso si muove, la sua mano afferra la mia, la stringe forte, mi tira dalla sua parte e colta di sorpresa, perdo l'equilibro cadendo sul letto. Lui è subito su di me, mi abbraccia forte, mi stringe a lui come se non ci vedessimo da anni, non so staccarmi da quell'abbraccio per chiedergli delle spiegazioni, non so interrompere questo contatto che ho agognato per tutta la giornata.
Neanche lui sembra intenzionato a lasciarmi andare, mi stringe ancora, se possibile più forte di prima, mi dico che mi verranno i lividi sulle braccia, ma non mi importa.

- Oh, Jenna – sussurra senza fiato, la voce ruvida, chiama il mio nome come fosse un'invocazione, una preghiera – Ma non capisci che così, prima o poi mi farai morire? - domanda, il tono ancora supplichevole, a cosa si sta riferendo? Non mi parla per un giorno, mi evita, è lui che così mi fa morire!
- Perché? Perché non ti fidi di me? Tutti questi segreti, i ricatti, le cose orribili che sei stata costretta a fare... io odio tutto questo e odio ancora di più il fatto che mi hai tenuto all'oscuro di tutto - parla al mio orecchio, le parole non più sussurrate ora escono con un tono alto dalla sua bocca - Ma non capisci? Non capisci che di me ti puoi fidare? Non capisci che puoi dirmi tutto? So quanto è difficile confessare qualcosa che stai cercando di dimenticare, ma non lo vedi? Non vedi quanto male ci stanno facendo ora quelle bugie? - continua, la voce incrinata, parlo ancora al mio orecchio, sospira forte - Io ti amo Jenna e pensarti costretta a fare quelle cose, mi fa male, pensare che ti sei sentita sola e che un altro ha dovuto consolarti, mi fa male, sapere che lo hai fatto per proteggere anche me, mi fa male. Mi fa male adesso mentre mi accorgo che non c'è niente che possa fare, che ormai è passato, che ormai ti ha lasciato un segno indelebile dentro, che ormai anche questa schifezza andrà ad unirsi alle altre nei tuoi incubi - prende fiato mentre una lacrima esce dai suoi occhi, la sento scivolarmi sul viso per poi bagnare il cuscino.

Poi piano alza la testa, ora riesco a guardarlo negli occhi – Non è giusto tutto questo. Non è giusto a diciannove anni portasi dietro questo peso, non è giusto vedere nel sonno le facce delle persone morte, non è giusto guardarsi le mani e vederle sempre sporche del sangue di quelle stesse persone, non è giusto vendersi per proteggere chi si ama, non è giusto vivere nella paura, nei segreti, nella continua finzione di essere qualcun altro... non è giusto - le guance rigate dalle lacrime, la voce ruvida interrotta dal pianto.
Alzo una mano e gli asciugo le lacrime con le dita, lui appoggia il suo viso al mio palmo, chiude gli occhi, sospira, altre lacrime scendono,
ora sono le mie.
Come vorrei dirgli del piano, ma non ne ho ancora parlato con Finn, eppure non posso continuare a tenergli nascoste le cose, non voglio.
Ma non posso di certo parlarne qui, quindi mi alzo, gli porgo la mia mano, lui l'afferra, insieme usciamo dalla stanza.

Quando arriviamo sulla terrazza il cielo si sta colorando di rosso, prendo un gran respiro ed inizio a parlare, prima a bassa voce, ancora con la paura che qualcuno possa sentirmi, poi pian piano prendo coraggio, alla fine quasi urlo, fomentata dalle parole cariche di speranza che sto dicendo.
All'inizio Sam sembra confuso, stordito dalle mie parole non riesce ad afferrarne fino in fondo il significato, poi sul suo viso si dipinge un'espressione nuova, i suoi occhi brillano d'emozione e di incredulità.

Non sa che dire, la bocca leggermente schiusa, gli occhi sbarrati mentre concludo in bellezza il mio discorso con una sola parola – RIVOLUZIONE – urlo senza contegno – Rivoluzione – ripeto a voce più controllata – Rivoluzione – sussurra incerto lui – Rivoluzione – ripete stavolta convinto ed eccitato.
'Rivoluzione'
Rivoluzione!
Ed insieme esplodiamo, urla, risate, lacrime di gioia...
'La senti, Jenna? Questa si chiama speranza'

 

Quando riacquistiamo un po' di contegno il cielo è già scuro.
Siamo sdraiati sul pavimento della terrazza,abbracciati e col sorriso sulle labbra, siamo rimasti per molto tempo qui sopra – Blight e Johanna ci avranno dati per dispersi - dico sorridendo al pensiero.
All'improvviso scattiamo entrambi in piedi: Le interviste!
Cavolo, come ho fatto a dimenticarmene?
'Beh, sai, eri troppo occupata a far pace col tuo ragazzo e a parlare di rivoluzioni!'
Ah già, ecco come ho fatto.

In fretta e furia corriamo nella mia stanza, in cui pochi giorni fa, Sam ha portato tutti i suoi vestiti, gli lancio una camicia e un paio di pantaloni, poi mi armo di pazienza e do una sbirciata nel mio guardaroba.
Afferro il primo “vestito” che capita e lo indosso velocemente, quando mi giro verso Sam lui ha dipinta sul volto un'espressione severa, abbasso lo sguardo sulle mie game nude... cavolo quanto è corto!
- Non c'è tempo! - dico trascinandolo fuori, arriviamo col fiatone dietro le quinte, i tributi-vincitori degli altri distretti ci guardano con aria divertita, Blight ci viene incontro e con discrezione si astiene dal chiederci il motivo del nostro ritardo.
- Dov'è Johanna? - gli chiedo, lui mi fa un cenno con la testa verso il palco.

La comoda poltroncina di pelle vicino a Caesar è vuota, Johanna è in piedi e chiede a gran voce se non si possa fare niente per questa situazione, urla che non è possibile che dei vincitori ritornino tributi, in mezzo al suo discorso compromettente ci butta dentro anche Snow, quando esce di scena prima del suono della campana, mi sento quasi svenire. Blight per fortuna durante la sua intervista è un po' più misurato, parla di come sia tutto così tragico, ma non fa accenni al presidente, né si alza in piedi urlando la sua disapprovazione. A dar man forte a Johanna però è Seeder, Distretto 11, che rimugina sottovoce su come nel suo distretto tutti pensino che il presidente Snow sia onnipotente, ma se è onnipotente, perché non cambia le regole di questa Edizione della Memoria?
E Chaff aggiunge subito dopo che il presidente potrebbe cambiare le regole, se lo volesse, ma evidentemente pensa che a nessuno importi granché.
Quando presentano Katniss, il pubblico è a pezzi. C'è gente che piange, che sviene o persino che invoca un cambiamento delle regole. La vista di lei con il vestito da sposa scatena una protesta generale. Niente più Katniss, niente più vissero-felici-e-contenti, niente più matrimonio.
Persino la professionalità di Caesar mostra qualche crepa mentre cerca di calmare il pubblico per farla parlare,ma i suoi tre minuti scorrono velocemente.
Alla fine c'è un momento di calma e Caesar domanda a Katniss se c'è qualcosa che vorrebbe dire, le trema la voce mentre parla e dice alla gente che le dispiace tanto che non potranno essere al suo matrimonio, poi fa qualche commento frivolo sul suo vestito e su quanto sia meraviglioso, dicendo che almeno l'hanno potuta vedere con l'abito.
Sta recitando bene la sua parte da “sposina affranta”.
Poi si alza in piedi e inizia a girare lentamente su se stessa, sollevando le maniche del vestito.
Il pubblico urla, qualcosa si alza intorno al suo vestito. Fumo. È fuoco. Non le fiamme tremolanti che ha indossato l'anno scorso sul carro, è qualcosa di più reale che sta divorando il suo vestito.
Pezzi carbonizzati di seta nera turbinano nell'aria e perle cadono tintinnando sul palco. Continua a girare e girare. Poi, all'improvviso, il fuoco si spegne. Si ferma lentamente, mi chiedo se sia nuda, il fuoco ha appena consumato il suo vestito.
Ma non è nuda. Ha addosso un abito identico a quello da sposa, solo che ha il colore del carbone ed è fatto di minuscole penne d'uccello. Solleva a mezz'aria le lunghe maniche fluenti ed è in quel momento che capisco. Vestita tutta di nero, a parte le chiazze bianche sulle maniche. O dovrei chiamarle ali.
Perché Cinna l'ha trasformata in una ghiandaia imitatrice.











Angoletto dell'autrice quasi in orario:
Eccomi quà, non dico che sono in orario... quasi... diciamo che non sono proprio in ritardo.
Ma tralasciando le scadenze veniamo al capitolo: c'è da dire che nella parte delle interviste mi sono attenuta molto al libro, l'ultima parte, l'intervista di Katniss è presa dalle ultime pagine del Capitolo 17 de "La ragazza di fuoco", ovviamente l'ho adattato alla storia, perchè il libro è narrato dal punto di vista di Katniss... non lo so, spero di aver fatto la scelta giusta, volevo essere il più fedele possibile, mi sembrava un momento importante.
Finalmente Sam sa la verità, tutta la verità, non ne potevo più di rifilare una cavolata dietro l'altra a quel povero ragazzo!
Com'è giusto che sia un la prende molto bene all'inizio, poi però vince l'amore, anche se ritorneranno sull'argomento nei prossimi capitoli...
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che non vi siate stancati di leggere questa storia!
Grazie mille a tutti quelli che mi regalano il loro parere nelle recensioni, non so come farei senza di voi!
Un grazie speciale va a JD Jaden  che ha inizato da poco a leggere questa storia e ha deciso di recensire fin dall'inizio ogni capitolo, hai una pazienza immensa, grazie mille!


 

  
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