Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: SoltantoUnaFenice    24/06/2013    2 recensioni
Touma aveva una busta in fondo al cassetto del comodino. Era una busta di carta gialla, un po' ruvida, e conteneva qualche decina di fotografie. Per prenderla bisognava spostare un po' di cose – la scatola che conteneva l'orologio di suo padre, un blister di compresse per il mal di testa, un quadernetto nero tutto sgualcito e anche due o tre caramelle mezze sciolte che avevano troppi anni per essere ancora commestibili. - ma non era importante, perchè non gli capitava di tirarla fuori molto spesso.
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cye Mouri, Kento Rei Faun, Rowen Hashiba, Ryo Sanada, Sage Date
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Touma spense l'aspirapolvere, osservando soddisfatto il pavimento di legno della camera degli ospiti. Quando aveva cominciato a cercare un appartamento, aveva stabilito due caratteristiche irrinunciabili: che fosse in alto, meglio se con un bel terrazzo, e che avesse una camera da letto in più. Per ospitare sua madre, quando tornava dall'America, ma soprattutto per poter invitare i suoi Nakama ogni volta che avesse voluto.
Nell'appartamento che aveva scelto c'erano due camere da letto. Aveva tenuto per sé la più piccola delle due – in fondo a lui bastavano un letto, una scrivania ed un armadio – e aveva lasciato l'altra per gli ospiti: era abbastanza grande da ospitare cinque futon affiancati, ed era esattamente quello di cui aveva bisogno.
Sul lato corto della stanza aveva posizionato un armadio, che aveva lasciato quasi completamente vuoto.
Quando si ritrovavano tutti insieme a casa dell'uno o dell'altro, dormivano tutti accatastati da qualche parte. Touma non usava certo il proprio letto, quando i suoi Nakama erano a casa sua: il grosso delle chiacchiere, delle risate e degli scherzi avvenivano di sera, quando si infilavano tutti sotto le coperte, e lui non voleva perderseli.
Il copione delle loro serate casalinghe era pressochè sempre lo stesso: una lunga, lunghissima cena infarcita di reciproci resoconti, e poi tutti a letto, continuando a parlare e fare i cretini fino a che non crollavano tutti addormentati. Quelle serate sembravano una sorta di Pigiama Party colossale, in cui ognuno si infilava in un futon a caso, per migrare poi da un posto all'altro, a seconda di dove li portava la conversazione, o il cibo, o di chi raccontava cosa, per ammassarsi tutti da un lato, disperdersi, fregarsi il posto a vicenda quando l'altro si alzava per andare a prendere un po' d'acqua o per andare in bagno... era uno dei pochi momenti in cui riuscivano ancora ad essere i ragazzini spensierati che erano stati, e Touma sapeva quanto ognuno di loro ne avesse bisogno, di tanto in tanto.
Tornò in cucina ed esaminò con aria critica il contenuto del frigorifero: aveva cercato di comprare quello che piaceva ad ognuno di loro, anche se ogni volta aveva sempre la sensazione di aver dimenticato qualcosa.
In ogni caso, frigo e dispensa erano strapieni, qualcosa di buono lo avrebbero mangiato sicuramente.
Dalla scrivania della sua camera cominciò a suonare il cellulare.
“Ciao Touma!”
“Shin! A che punto sei?”
La voce dell'amico gli arrivava un po' coperta dal rumore del treno.
“Tra una mezz'ora dovrei essere in stazione. Prima ho sentito Ryo, arriva dieci minuti prima di me e mi aspetta lì, così facciamo insieme la strada fino a casa tua.”
“Ottimo, vi aspetto! Shu dovrebbe essere già arrivato, ma ancora non si è visto...”
“Mi ha chiamato un'oretta fa, il suo treno aveva un po' di ritardo... se arriva in tempo, aspettiamo anche lui e veniamo tutti insieme.”
“Ok! A dopo, allora!”
Chiuse la comunicazione, e fece un rapido conto su quando sarebbe arrivato Seiji.
Visto che continuava a rifiutarsi categoricamente di usare un telefono cellulare, tutto quello che Touma poteva fare era aspettare che arrivasse. Sollevò gli occhi al cielo, ridacchiando: Seiji Date, l'unico giapponese al di sotto dei novant'anni a non possedere un cellulare nel 2012!
In quell'istante il campanello suonò, e dopo pochi minuti Touma si trovò faccia a faccia proprio con il nakama a cui stava pensando.
Seiji indossava una giacca nera su una camicia altrettanto scura, che contrastava con il biondo insolito dei suoi capelli.
Ormai da diversi anni li portava un po' più corti: il ciuffo era più leggero e irregolare, e finalmente entrambi gli occhi erano liberi e ben visibili. Quando era sovrapensiero, o teso, finiva col piegare la testa in modo che i capelli ricadessero di nuovo a nascondergli l'occhio destro, e Touma era convinto che si trattasse di un gesto inconscio, fatto forse per difesa.
“Benarrivato!” Esclamò sfilandogli di mano la valigia.
“Grazie.” Ansimava leggermente, probabilmente per i sette piani di scale, e Touma ebbe l'impressione che avesse evitato il suo sguardo.
“Lo sai che questo palazzo ha l'ascensore?”Llo provocò.
“Volevo sgranchirmi le gambe, dopo tutte quelle ore di treno.” Riposta neutra, pronunciata con voce atona.
Nella testa di Touma cominciò a trillare un campanello di allarme.
Seiji lo superò senza aggiungere altro, entrò nella stanza degli ospiti e cominciò a svuotare la valigia e sistemare nell'armadio le cose che si era portato. L'altro si poggiò allo stipite della porta, ad osservarlo.
Anche se Seiji gli dava la schiena, poteva chiaramente vedere nella sua posa i segni che con il tempo aveva imparato a riconoscere. Le spalle tese, il collo rigido, i movimenti piccoli e troppo misurati con cui faceva ogni cosa...
Touma si avvicinò lentamente alle sue spalle. Posò la mano sinistra sulla sua, per farlo fermare, e con il braccio destro lo avvolse, poco sopra all'ombelico.
Seiji fece esattamente quello che Touma si era aspettato: si rilassò istantaneamente contro di lui, lasciando persino cadere la testa contro la sua spalla. Era come se il suo corpo avesse tenuto duro fino a quel momento, imprigionato nella ferrea volontà della sua mente, aspettando solo il momento di tradirlo ed abbandonarsi in quel modo.
Touma aspettò. Sapeva che appena avesse aperto bocca, Seiji si sarebbe staccato da lui, riprendendo il controllo. E invece voleva che godesse ancora di quel calore per qualche istante. Sentì un sospiro mezzo soffocato, e non riuscì più a trattenersi.
“Non impari proprio mai, vero?”
Come previsto, Seiji si irrigidì all'istante.
“Cos'è che non imparo?”
“A lasciarti toccare. Anche dagli altri, intendo.”
“Non capisco cosa vuoi dire. – Il tono si era fatto subito pericoloso – io non faccio proprio niente che...”
Touma lo interruppe.
“Sai benissimo di cosa parlo. Ti lasci toccare solo da noi quattro. Lo vedo da come reagisci quando ti sfioriamo, e l'ho osservato quando siamo venuti a casa tua. - Ora Seiji si era staccato completamente e si era girato a guardarlo negli occhi. Il suo sguardo prometteva tempesta. - Lo so che con il tempo stiamo diventando tutti più chiusi e rigidi, ma tu stai costruendo un muro attorno a te, e io sono preoccupato.”
Era da un po' che lo teneva d'occhio, ed era certo che anche gli altri se ne fossero accorti. Seiji era sempre stato quello che tra loro aveva più difficoltà a lasciarsi andare. Sembrava non potesse rinunciare a pretendere da sè stesso sempre e soltanto la perfezione. Touma si era ripromesso da tempo di parlargli, e sembrava che fosse arrivata la giusta occasione.
Per un istante sembrò che Seiji sarebbe esploso, ma poi si limitò a girarsi di nuovo verso l'armadio, senza nemmeno rispondere. Touma strinse le labbra: a quanto pare il suo nakama era ancor meno disposto del solito a dargli ascolto. Occorreva rincarare la dose.
“Non sfuggirmi, Seiji. Sai di cosa parlo e sai anche perché lo faccio.”
Si fermò un attimo a cercare le parole giuste per abbattere le sue difese sempre più spesse, ma si trovò invece sbalzato a terra da un movimento così rapido e violento che non era nemmeno riuscito a vederlo. Ora Seiji era steso sopra di lui, tenendolo fermo a terra con tutto il proprio peso, quegli occhi terribili che sembrava volessero ucciderlo. Touma cercò di divincolarsi, senza successo.
Non era la prima volta che si intestardiva a provocarlo in quel modo: in un certo senso era abituato a tormentarlo. Ogni volta che si ritrovavano tutti insieme, in un modo o nell'altro trovava il modo di dargli sui nervi. In genere finiva che Seiji gli rispondeva male, a volte gli aveva anche urlato contro.
Touma lo faceva ogni volta, spesso intenzionalmente. Più vedeva il suo Nakama soffocare sotto il peso di quella condotta che si era imposto, più sentiva l'impulso di farlo arrabbiare. Aveva bisogno di controllare che sotto a tutta quella rigidezza, Seiji ci fosse ancora, che non si fosse spento del tutto.
Stavolta però era diverso: Seiji non era mai, davvero mai arrivato alle mani. Touma ebbe quasi paura. Non che lui potesse fargli del male. Paura di quanto il suo cuore potesse essere ormai danneggiato.
Cercò di nuovo di sollevarsi, ma fu sospinto ancora a terra con tanta forza che battè la testa. Per un attimo la vista gli si annebbiò, dalla nuca era partita una fitta di dolore.
Quando si riprese, vide qualcosa che lo fece raggelare. Seiji era immobile sopra di lui. E stava piangendo.
Touma pensò che il mondo si fosse appena rovesciato. Seiji che piangeva era ancora più spaventoso e destabilizzante di Seiji che lo aggrediva. Fece l'unica cosa che gli sembrò sensata. Lo circondò con le braccia e lo tirò giù, cercando di abbracciarlo più forte che poteva.
Seiji piangeva così silenziosamente che Touma poteva avvertire solo i singhiozzi muti che di tanto in tanto lo scuotevano.
“Che cosa è successo, puoi dirmelo? Perchè stai così male?”
Seiji ci mise così tanto a rispondere, che Tenku stava per chiedere di nuovo, ma poi nascose ancora di più il viso contro il suo petto e sussurrò: “Mio nonno. E' morto.”
“E'... morto? - Possibile? - Quando? Quando è successo, Seiji?”
“Venti giorni fa.” Touma cercò di guardarlo negli occhi, ma lui si ritrasse.
“E come è possibile che noi... che nessuno di noi se ne sia accorto?!” Il legame era rimasto muto, e per Touma era incomprensibile.
Seiji si rifiutò di rispondere. L'altro lo sollevò, stavolta senza incontrare resistenza.
“Guardami negli occhi. Guardami e spiegami perché non lo abbiamo percepito!”
Ancora silenzio. Touma cominciò a fare due più due, e sentì la rabbia che rapidamente cresceva: Seiji era l'unico tra loro a possedere un tale autocontrollo da poter filtrare e reprimere le proprie emozioni. Era arrivato al punto di poter eludere il loro legame e tenere per sè ciò che stava passando?
“Tu! Ti sei isolato e non ci hai lasciato entrare in contatto con il tuo cuore! - Man mano che Touma parlava il suo tono di voce si alzava. – Non hai voluto che lo sapessimo, perché!?”
In quel momento suonò il campanello, e Touma si trattenne dall'imprecare. Si alzò, aprì porta e portone e tornò in camera, senza nemmeno verificare chi fosse. Come prevedibile, Seiji stava già cercando di ricomporsi, segno che non lo avrebbe lasciato entrare più di così.
 

 

Shin, Shu e Ryo si guardarono negli occhi, perplessi. Touma non aveva risposto al citofono, ed ora non li aveva nemmeno accolti sulla porta. La sala era buia e vuota, e dalla porta della camera degli ospiti filtrava una lama di luce.
“Ehm... Touma?”
“Siamo qua – Urlò dalla camera – e Seiji sta piangendo!”
I tre rimasero impietriti. Non riuscivano a decidere se era più sconvolgente quello che Touma aveva appena detto – Seiji stava piangendo? Possibile? - o il tono con cui l'aveva urlato, come se li stesse informando su cosa ci sarebbe stato per cena .
Dal canto suo, a quell'urlo Seiji era sobbalzato, trafiggendolo con uno sguardo tra l'indignato e il terrorizzato.
“Perché mai hai detto una cosa simile!?”
“Perché altrimenti tu farai finta di niente con loro, e non ho nessuna intenzione di lasciartelo fare!”
Tre volti piuttosto perplessi si affacciarono nella stanza. Seiji era inginocchiato per terra. Non stava piangendo, ma aveva gli occhi rossi e gonfi, e teneva le braccia tese in avanti, i pugni sulle ginocchia. Touma era seduto a terra accanto a lui, con l'aria di chi si sta trattenendo a stento.
“Per la miseria, – Borbottò Shu, grattandosi la nuca. – se non vi vedessi con i miei occhi, non ci crederei!”
“Oh, piantala, Shu!!” - Lo sgridò Shin, avvicinandosi a Seiji, e circondandogli le spalle con un braccio – Cosa sta succedendo? Come ti senti?”
Ryo gli si inginocchiò di fronte, improvvisamente preoccupato.
“Avanti Seiji, – Sbuffò Touma – dillo anche a loro.”
“Non è niente di così grave. Mi dispiace di avervi fatto preoccupare. E, Touma, sono mortificato per come mi sono comportato. Ho perso il controllo, e...”
Touma sbuffò, al limite della pazienza.
“Quindi?” Lo incalzo Ryo.
“Io...” Seiji si sentiva come un animale braccato, e non capiva il perché. Non c'era motivo di nascondere una cosa del genere ai suoi nakama, e non gli piaceva farlo: quella mattina era partito per Hirakata pieno di speranza, convinto che insieme a loro sarebbe riuscito a sciogliere il gelo che lo attanagliava da giorni e giorni. Ma arrivato a destinazione aveva sentito il cuore ancora più pesante, e non era riuscito a fare nient'altro che chiudersi in sé stesso ancora di più. Cercò di rilassarsi, prese un respiro e buttò fuori tutto d'un fiato:
“Venti... venti giorni fa è venuto a mancare mio nonno. Era una persona molto anziana, ormai, e sapevamo da tempo che era malato, quindi... davvero, non è nulla di cui dobbiate preoccuparvi. Io credo... di essere un po' sotto pressione, tutto qui.”
Si sollevò un coro di domande ed esclamazioni. Quando tornò il silenzio, Touma prese la parola.
“Prima che me lo chiediate, l'ho scoperto anch'io poco fa. A quanto pare il vostro amico ha trovato un modo per tagliarci fuori.”
Shin sospirò: non amava molto quel tono, ma si trattenne dal riprendere Touma. Ormai aveva capito che a volte era l'unico modo per ottenere qualcosa da Seiji, soprattutto negli ultimi anni.
“Io non vi ho tagliato fuori. - Seiji sembrava stranamente disorientato. - Io... non so cosa sia successo. Credo semplicemente di non aver ancora... ”
Non riuscì a finire. A dire il vero, non sapeva davvero come spiegarsi.
Shu sorrise, posandogli una mano sul polso. “Per essere la luce, a volte sei davvero poco illuminato!”
“In che senso?!” Seiji si chiese quando i suoi nakama avessero preso a prendersi tutte quelle libertà.
“Oh, Seiji... - Shin gli prese l'altra mano. - Cosa c'è di strano a soffrire per una cosa del genere?”
Ryo lo fissò negli occhi: “Non ti rendi conto di quanto siano irragionevoli le pretese che hai verso te stesso?”
Touma si alzò, uscendo dalla stanza.
“Dove vai?”
“A preparare la cena, no? Spiegateglielo voi, io ho già fatto la mia parte.”
Si chiuse la porta alle spalle, sorridendo. Rimase un attimo ad ascoltare i suoi Nakama che spiegavano a Seiji cose che in realtà sapeva già. Cose come “Sappiamo tutti quanto tuo nonno sia stato importante per te”, “Non puoi pretendere di affrontare ogni cosa come una battaglia” e “Lasciarci fuori non ti aiuterà”.
In questo erano sicuramente più bravi di lui. Per come la vedeva, la cosa in cui poteva dare il meglio di sè era scuotere di tanto in tanto quello zuccone, per essere sicuro che non finisse col soffocare sé stesso.
E di certo più tardi non si sarebbe fatta sfuggire l'occasione di farlo sentire in colpa per averlo sbattuto a terra come un sacco. Poteva fingere di avere ancora male alla nuca. Tanto Seiji, al contrario degli altri, si sarebbe accorto nel giro di poco che stava bluffando...

 

 

Seiji sospirò impercettibilmente, nell'oscurità della stanza. Avevano cenato, e Shu e Ryo si erano dati da fare perchè fosse una cena allegra e rumorosa. Avevano chiacchierato a lungo, ma senza tornare più sull'argomento, poi erano crollati sotto le coperte. Poco prima di addormentarsi, Shin aveva afferrato la sua mano e se l'era portata al cuore. Ora dormiva praticamente sopra al suo braccio, mentre Touma lo aveva abbracciato alle spalle, probabilmente in un gesto istintivo fatto nel dormiveglia. La mano gli si stava informicolendo, e Touma gli stava sostanzialmente russando dentro un orecchio, ma non gli importava. Per la prima volta dopo mesi, sentiva il cuore farsi leggero. E caldo. Si abbandonò alla sensazione, grato di non essere solo. I suoi Nakama lo avevano salvato da sé stesso, ancora una volta...

  
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