Buon Natale …Scimmione.
Per il resto
della notte, Bulma, si era trattenuta in cucina, seduta scomodamente su
una sedia, i gomiti appoggiati sul tavolo e le mani a sorreggerle la
testa che altrimenti avrebbe ceduto alla stanchezza.
Nell’aria si respirava un gradevole aroma poiché
molte volte nel corso della serata, aveva cercato conforto nella
caffeina ed ora gli occhi azzurri fissavano tristemente la tazzina
vuota.
La scienziata sospirò, frenando a stento uno sbadiglio,
sbattendo le palpebre per tentare le di mettere a fuoco le immagini. La
vista le si era annebbiata dalla stanchezza: i colori le sembravano
sbiaditi come se riuscisse a distinguere solo un deprimente grigio.
Troppe domande si erano susseguite incessantemente nella sua mente ed
erano rimaste tutte senza risposta… che malinconia
tormentarsi così la vigilia di Natale.
Non v’era alcun dubbio che fosse lui la causa di tutto quel
patimento, ma lei cosa poteva fare per non penare così?
La giovane scosse la testa come a volersi commiserare, il nobile saiyan
sembrava considerarla solo parte dell’arredamento e pareva
facesse di tutto per starle lontano. Possibile che fosse
così insensibile anche al fascino femminile?
“Dannato egoista, se solo lasciassi che io
…” mormorò con un filo di voce.
Invece poche ore prima le aveva voltato le spalle, lasciandola sola a
piangere come una bambina, a piangere come non aveva mai fatto prima in
tutta la vita.
Forse avrebbe dovuto avere il coraggio di sbatterlo fuori, dandogli una
navicella, rispedendolo nello spazio, il più lontano
possibile da lei, ma sapeva benissimo di non poter fare a meno di lui,
era scimmione-dipendente oramai.
Dalla grande vetrata ancora appannata per il freddo intenso Bulma
poteva scorgere lo sbocciare dell’alba, la luce ora invadeva
la stanza, donando intensi riflessi ai suoi capelli azzurri.
La casa era ancora silenziosa, benché mancasse poco al
risveglio degli altri abitanti.
Infatti poco dopo la madre scese a fare colazione, affacciandosi sulla
soglia, con indosso la vestaglia e un paio di ciabatte fucsia, era
allegra come sempre, sembrava che tutto le scivolassero addosso senza
mai turbarla e per un attimo la figlia si trovò ad
invidiarla.
“Bulma, cara ti sei già alzata?Hai trovato i
pasticcini? Li ho messi nel ripiano in alto”
disse premurosa, entrando e aprendo subito il rubinetto del lavello per
riempire la teiera d’acciaio.
“No, non ho molta fame …mi sono appena
alzata.” mentì la giovane giocherellando con un
pezzo di stoffa della tovaglia rossa, rimanendo con lo sguardo
concentrato sul Babbo Natale che v’era stampato sopra.
Non le avrebbe detto che il suo comodo letto era rimasto intatto,
stessa cosa però non si poteva dire del suo cuore,
quest’ultimo, infatti, si era spezzato grazie ad un principe
che di azzurro aveva ben poco.
“Sicura che non vuoi un pasticcino
alla crema?” chiese
ancora la donna intanto che sistemava con cura un vassoio riempiendolo
con i prelibati dolcetti, e ridestando Bulma dai suoi pensieri.
“Sì, sono sicura
…” rispose l’altra stancamente.
Se le avesse svelato il motivo del suo scarso appetito la madre le
avrebbe certamente risposto in modo vago, magari decantandole proprio
le qualità del benemerito gorilla.
Bulma aveva sospirato spingendo indietro la sedia e alzandosi e
allungando le braccia per stiracchiarsi, avvertì una
dolorosa fitta al fondoschiena, di certo non le aveva giovato quella
scomoda e prolungata posizione.
“Cara, è già sceso Vegeta?”
domandò la signora Brief ignara di procurarle un brivido
semplicemente nominando il suo nome.
“Non si è ancora alzato,
credo…” rispose lei sollevando appena le spalle e
fingendosi disinteressata.
“Allora preparo anche per lui la
colazione, puoi prendere tre pacchi di cereali dalla
dispensa?” chiese la madre afferrando una tazza molto
capiente dal mobiletto.
“No!” fu la risposta secca.
La giovane venne colta da un attacco di nervosismo: era stufa di
servirgli solo per sfamarlo, al diavolo lui e il suo appetito
esagerato! Si rifiutò categoricamente di aiutarla allontanandosi
in tutta fretta e lasciando la madre a bocca aperta.
“Questa si prospetta una giornataccia”,
pensò sbuffando, salendo le scale fino in cima, decisa a
raggiungere la propria stanza e desiderosa di rilassarsi sotto
l’acqua tiepida della doccia. Ad un tratto la ragazza si
fermò udendo il rumore di una porta che si apriva e
trattenne il respiro osservando la figura altera che avanzava verso di
lei, le gambe quasi le cedettero per l’emozione.
“Non voglio incontrare i tuoi occhi, non ci
riesco…” mormorò sentendo nuovamente
quella sensazione che le toglieva il fiato, abbassò
d’stinto il viso, nascondendo le occhiaie marcate e i
lineamenti tesi.
Vegeta rimase impassibile, l’intenso sguardo corvino non
tradì alcuna emozione, anche perché non era nel
suo essere manifestare i sentimenti reconditi, non poteva di certo
ammettere che la notte appena trascorsa fosse stata interminabile anche
per lui.
Non voleva e non poteva dirle d’essersi allontanato e
inginocchiato in un angolo del giardino, rimanendo lì al
freddo con il viso rivolto verso il cielo a scrutare ogni singola
stella.
Un’insolita malinconia lo aveva pervaso, i suoi occhi neri e
penetranti avevano cercato rifugio in quegli astri luminosi come un
bambino cerca le braccia della madre.
Guardare le stelle per lui era un po’ come sentirsi a casa,
anche se in realtà una vera casa non l’aveva mai
avuta, fin da piccolo le stelle erano state le uniche silenziose compagne
che avevano potuto alleviare la sua solitudine.
Non aveva mai fatto certi pensieri prima d’ora, non gli era
mai importato di essere solo, o forse aveva sempre cercato di
nascondere quanto gli pesasse esserlo.
Per alcuni istanti, prima che lui si allontanasse si guardarono senza
dire una parola, benché avessero così tanto da
dirsi.
***********
Il getto d’acqua le aveva regalato un po’ di
benessere, Bulma s’era cosparsa il corpo con un abbondante
sapone profumato alla vaniglia ed era rimasta parecchio tempo sotto
quella tiepida carezza, chiudendo gli occhi, cercando di estraniarsi da
tutto, specialmente da lui.
Quando uscì dalla cabina doccia si avvolse in un morbido
accappatoio di spugna stringendolo bene in vita e sospirò di
sollievo: fisicamente stava decisamente meglio, per lo meno il suo
aspetto appariva più curato, pensò dinnanzi allo
specchio, raccogliendo i riccioli umidi in un’ alta coda.
Quel Natale era il più triste della sua vita, dopo un primo
entusiasmo ora si sentiva depressa, desiderosa che passasse in fretta.
“Ho sbagliato a credere che lui potesse capire, ho sperato
inutilmente, povera sciocca, perché non la smetto di
sognare?”
Dopo essersi vestita la giovane scese in soggiorno, l’abitino
rosso le stava d’incanto, modellandosi perfettamente sul suo
corpo snello, lasciando in parte scoperte le sue lunghe gambe.
“Uffa…” Bulma fece una smorfia, adesso
era il telefono ad infastidirla, suonava e lei non aveva voglia di
rispondere, intuiva chi potesse essere, ma alla fine esasperata cedette
alzando il ricevitore.
“Pronto?” domandò tormentando il filo
con l’altra mano.
“Ciao Bulma, tutto bene? Ero
preoccupato…” la scienziata si senti avvampare di
rabbia, Yamcha stava diventando paranoico, sembrava che temesse di
perderla da un momento all’altro.
“Sì, sì, tutto bene, perché
continui a chiedermelo?” domandò con stizza,
portando l’altra mano su un fianco.
“Come perché? Con quel coso che gira per casa tua,
non riesco a far finta di niente, lo sai che non approvo la tua
scelta…” il giovane iniziò ad inveire
contro il saiyan e lei ad arrossire fino alla radice dei capelli. Come
poteva starsene buona ad ascoltare, mentre lo insultava? Proprio lui
che per anni l’aveva tradita: comportandosi da irresponsabile
e immaturo.
“Stammi bene a sentire, Vegeta non è come
pensi!” esclamò con convinzione, gli avrebbe fatto
ingoiare ogni parola a quel buzzurro dell’ex fidanzato.
La sua voce alterata però s’era sollevata come un
eco arrivando fino ad un certo orecchio.
Vegeta strinse i denti, possibile che non potesse stare in pace? Ogni
qualvolta che riusciva a distogliere la mente dal pensiero di quella
dannatissima donna ecco che questa si faceva sentire, sembrava una
persecuzione, un flagello divino.
Ormai stava rischiando persino di trascurare gli allenamenti e
ciò era intollerabile, quella
mattina non aveva ancora cominciato, sembrava un anima in pena e dopo
aver fatto colazione era rimasto in cucina a rimuginare, con gli occhi
ben stretti e le labbra che non facevano altro che imprecare.
*********
“Non puoi giudicarlo, non ne hai il diritto, tu non riesci a
leggere la tristezza dei suoi occhi, sei troppo
superficiale!” la ragazza aveva ripreso fiato, questa era la
sua grande occasione per dirgliene quattro, un modo originale per
fargli gli auguri di Natale.
“Ti sei invaghita, ecco la spiegazione, lo difendi ma
è solo una assassino…cosa ti aspetti da lui? Non
può darti niente!” la
rimproverò Yamcha severamente con una punta di rammarico,
mentre capiva di averla perduta per sempre.
Gli occhi scuri di Vegeta la intravedevano di
spalle, ascoltava ogni singola parola che sfuggiva a quelle labbra
vermiglie, ora più che mai avrebbe voluto far sue.
Ma cosa ci faceva il principe dei saiyan ad origliare dietro ad una
porta.?
Era sconvolto da quello che stava facendo, forse si stava
rincretinendo, che fosse davvero colpa di quella festa di cui non
ricordava neppure il nome?
Bulma in pochi secondi avvertì una forte emicrania, ormai al
limite della sopportazione diede il
meglio di se stessa, determinata a zittire l’amico.
“BASTA! Sono affari miei e poi anche se mi fossi innamorata
non dovrei darti spiegazioni, è vero lui mi piace e anche
molto, d'altronde è innegabile quanto sia
affascinate!”
D’improvviso avvertì un brivido e si
voltò di scatto verso la porta, lo vide, appoggiato alla
parete, gli occhi fissi su di lei, le labbra socchiuse, pallido,
altero, bellissimo, regale …Vegeta.
Ora le sembrava che tutta la stanza si muovesse trascinandola in una
girandola di colori confusi, mentre lasciava scivolare il ricevitore a
terra, mentre il cuore le pulsava così forte da farla star
male, da farle credere di stare per morire.
“Ecco io volevo dire che…” la
voce le morì in gola, il saiyan se ne stava immobile senza
fiatare, ma lei avrebbe preferito che la insultasse piuttosto che quel
silenzio umiliate.
“Bulma, mi senti? Che succede?” Yamcha continuava a
chiamarla si sentiva la sua flebile voce giungere dal ricevitore,
tuttavia non le importava di rassicurarlo, lei non stava affatto bene,
anzi tremava vinta da i suoi peggiori timori, sicuramente Vegeta
l’avrebbe di nuovo respinta.
“Non hai niente da dire scimmione?” urlò
allora facendosi forza, sfoderando lo sguardo più grintoso
di tutto il suo repertorio .
La sua voce si levò rauca, facendola trasalire, non era
rabbia quella che sentiva, ma un disperato richiamo, un‘
invocazione che le trapassava il cuore, un vano tentativo di celarsi
dietro ad una maschera imperscrutabile.
“Partirò presto, non voglio più vederti
mi hai stancato donna!”
“Vegeta, no, non andare via ti prego…”
D’impeto Bulma si avvicinò e quasi con violenza lo
afferrò per le braccia, sapendo fin troppo bene che poteva
reagire bruscamente, ma non lo fece, lui la lasciò fare,
lasciò che raggiungesse le sue labbra e che si saziasse di
esse.
Sentivano un brivido caldo scendere lungo la schiena, una meravigliosa
sensazione mentre lui le sfiorava la pelle con una delicatezza
inaspettata.
Non era un semplice bacio, v’erano troppe sensazioni in quel
gesto, la donna sentiva un desiderio mai provato, lo voleva amare a
dispetto di tutto e di tutti sfidando l’intero universo e lo
stesso destino.
Si staccò a malincuore dalle sue braccia così
avvolgenti, sorpresa da quello sguardo severo che pareva accusarla.
“Vegeta è stato
bellissimo…noi…” mormorò
sfiorandosi le labbra.
“Taci, me ne andrò oggi stesso, stasera al calar
del sole voglio una navicella, intesi?”
Non le restava altro che ingoiare la rabbia, sfogando le sue lacrime,
guardandolo andare via.
Cosa doveva fare? Gettarsi ai suoi piedi, implorarlo? Offrirsi come
concubina e indossare un costume peloso per farlo sentire a suo agio?
Non sarebbe servito a farlo restare.
“Continui a fuggire, eppure le tue labbra erano calde, le tue
mani così dolci…Vegeta. ” Inutile
continuare a parlare, si era barricato nella camera gravitazionale e
sicuramente vi sarebbe rimasto a lungo, tutto il pomeriggio, fino a
sera.
**********
“Forse
ho commesso uno sbaglio…”
Tutta la giornata era trascorsa senza che lei smettesse di rimuginare.
Guardava malinconica le luci intermittenti del grande albero di Natale,
gli occhi le si erano riempiti di lacrime troppe volte
perché le venisse idea di festeggiare.
Eppure mancavano poco allo scoccare della mezzanotte, v’erano
un sacco di pacchi colorati ai piedi del grande abete, di tutte le
dimensioni, e lì in mezzo anche quello per il suo scorbutico
scimmione.
La scienziata aveva sospirato,Vegeta non avrebbe mai aperto quel dono,
a lui interessava solo il potere, solo ferire, solo allontanarsi, solo
rinunciare all’unica donna che gli aveva dimostrato un
sentimento sincero.
Sollevandosi stancamente si diresse verso la vetrata, guardando la
navicella che il padre gli aveva messo a diposizione cedendo alla sua
impellente richiesta.
“Se ne va davvero e non tornerà
più.” Disse tra sé e sé, poi
con tutta la forza che le rimaneva si trascinò verso il
corridoio, arrivando alla cucina, sperando di trovarlo lì
seduto a ingurgitare tonnellate di cibo.
Provò una dolorosa fitta la petto quando si accorse che lui
non c’era, osservò il tavolo con occhi sbarrati al
pensiero che realmente se ne sarebbe andato.
Sconvolta tornò sui suoi passi, verso il soggiorno, era
tutto sbagliato e doveva trovarlo, impedirgli di tornare nello spazio
in mezzo a quella desolante solitudine.
Arrivò sulla soglia ansimante, aveva avuto molte gioie dalla
vita ma quella fu la più intensa, vederlo lì
accanto all’albero, la sua mano alzata sfiorava una pallina
di vetro colorato, sembrava la stesse ammirando mentre questa
rifletteva l’immagine di lei alle sue spalle.
“Vegeta sei qui …” c’era
qualcosa di magico nell’aria, di diverso, persino le sue
labbra accennarono un lieve sorriso nel vederla.
Quella sera gli avrebbe detto tutto, si sarebbe incatenata a lui pur di
trattenerlo.
E poi…poi sapeva di non
poter rinunciare a lui.
Bulma si avvicinò e il saiyan rimase immobile, continuava a
guardare l’albero e le luci che illuminavano il suo viso.
“Non puoi andartene…prima devo darti il mio
regalo.” Disse timidamente.
Le sue labbra tremavano, era bellissima con i capelli sciolti di un
azzurro intenso e gli occhi dello stesso colore, probabilmente
qualsiasi uomo avrebbe fatto i salti di gioia per ricevere la sua
attenzione.
La ragazza si chinò e raccolse il pacchetto porgendolo nelle
mani di lui, una scatola quadrata fasciata in una carta rossa legata da
vistoso fiocco giallo.
“Aprilo per favore, dopo se vuoi potrai andare
via,…” lo fissò con i grandi occhi da
cerbiatta, incredibile quanto fosse persuasiva, era riuscita a fargli
accettare il dono anche se ora lui stava borbottando seccato.
Vegeta ci pensò un momento prima di scartarlo, e poi
scrollò la testa, pensando che non aveva mai ricevuto un
regalo prima d’ora, solo una terreste un po’ pazza
e insopportabile com’era lei poteva pensare di fargliene uno.
L’uomo rimase un attimo smarrito davanti al cofanetto color
dell’oro e non era meno meravigliato del fatto che lei avesse
spento tutte le luci, lasciando che la stanza calasse
nell’oscurità.
“Aprila cosa aspetti!” disse mentre una lacrima le
scendeva sulla guancia.
Sembrava sconvolto mentre sollevata con lentezza il coperchio e tanti
piccoli raggi di luce uscivano con prepotenza colpendo il soffitto e
rendendolo simile ad un cielo stellato.
Era da parecchio tempo che non provava quella sensazione, gli sembrava
di essere così vicino alle stelle, quei giochi di luce
facevano sì che lui potesse sentirsi a casa.
“Ti-ti piace? Ho faticato a trovarlo, ma mi è
parso perfetto…” ammise la ragazza titubante
notando quanto fosse rimasto sorpreso giacché continuava a
rivolgere lo sguardo verso l’alto.
“Ho pensato che ti mancassero le stelle, se ti va puoi
tenerlo sempre acceso in camera tua, ha una batteria di
ricambio…”
Quanto parlava, quanto era bella.
“Bulma…” mormorò
e lei gli mise le braccia intorno al collo, finalmente
l’aveva chiamata per nome e non sembrava nemmeno sul punto di
sclerale.
“Rimani ti prego, non ti darò più
fastidio te lo prometto.” Gli mormorò sulle labbra
ad una distanza troppo ravvicinata, niente poteva impedirgli di
baciarla e lo fece, con passione, con trasporto, stringendola al petto
sotto i bagliori di quel cielo irreale.
Gli occhi di lei mandarono un luccichio quando si staccò da
lui e lentamente sollevò una mano a sfiorargli una guancia
senza temere che si scansasse.
Il suo desiderio si era avverato e senza le sfere del drago: era suo
quello splendido primate che ora la guardava malizioso e che di
lì a poco avrebbe fatto salire nella sua stanza.
Bastò quel pensiero per farle provare un brivido, era in
preda di una profonda gioia e si accorse di non essere mai stata
così felice, sentendolo parlare con voce così
roca.
“Buon Natale…” gli disse con dolcezza
avvicinandosi ad un orecchio.
Ma subito ripeté la frase aggiungendo una parola:
“Buon natale …SCIMMIONE!”
Lui ghignò e con impeto la sollevò sulle spalle,
stavolta non si sarebbe fermato, la voleva e adesso toccava a lui
sorprenderla.
Fine.
E’
tardissimo, ma ci sono riuscita, volevo davvero finire questa storia^^
Mi piacerebbe
avere la vostra opinione, cosa ne pensate?
Il finale vi ha
deluso?
Vegeta
è davvero lui o alla fine mi sono fatta trasportare troppo
dal romanticismo?
Aspetto i vostri
commenti e vi ringrazio:
Ishyna, scImMIA,
Dolcissima_Bra, l_s,
giada_chan,
miss
miyu 91, maryana,
nana987,
ragazza silenziosa, Feleset90,
Bea, nicichan,
MartaSaru,
Molly_Brief,
pan.
Grazie a
Shari_Aruna per i suoi consigli ^^
Un bacione, ora
devo portare a termine anche l’altra a tema Natalizio :
“Esiste
Babbo Natale?”
La
posterò nei prossimi giorni…
Ciao a presto VVB
LORIGETA ^^