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Autore: Dani85    24/06/2013    1 recensioni
Raccolta incentrata sul rapporto tra Anna e Luca. A cominciare dal loro primo incontro, seguirà lo sviluppo dei fatti così come DdP li ha fatti conoscere e vi ci si inserirà arricchendoli e magari cambiando qualcosina.
Partecipa al The Itten Challange indetto sul Forum di EFP.
Dal I Capitolo:
«Mmm sei capitata in un momento un po' incasinato ma, di solito, c'è sempre un sacco di gente qui! Avrai modo di conoscerli tutti e sono sicuro che ti piaceranno!»
Anna avrebbe voluto dirgli che dubitava che la gente che l'aveva ignorata potesse piacerle ma non lo fece. Il sorriso pieno e gli occhi amichevoli di Luca, mentre le offriva un caffè, le stavano chiedendo di dare una possibilità anche agli altri. Gliela avrebbe concessa, decise, intanto che portava il bicchierino di carta alle labbra. Ma sarebbe andata male comunque, lo sapeva.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Gori, Luca Benvenuto , Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Noi adesso
Autore: Dani85 [Dani85° sul forum EFP]
Fandom: Distretto di Polizia
Personaggi: Anna Gori, Luca Benvenuto
Paring: Nessuno
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo
Rating: Verde
Tabella: Blu
Prompt: Onde del mare
Note: Storia scritta per il "The Itten Challenge" indetto da Edelvais Verdefoglia sul Forum di EFP.
Sesta shot che si pone più o meno dopo la fine di Distretto 6; mia personale interpretazione di come Luca e Anna siano arrivati a prendere casa insieme..
Il titolo e i versi iniziali di questa shot sono presi da "Noi" di Eros Ramazzotti.
A Sara, come sempre ♥♥
Buona lettura a tutti :*

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Questa nostra stagione

Noi adesso

Noi adesso

Noi adesso,
due emozioni che si danno pace
e il permesso di conoscersi profondamente
[Noi – Eros Ramazzotti]


Il sole del tardo pomeriggio picchiava di sbieco la lingua di spiaggia libera che sbocciava a fatica tra due stabilimenti balneari ancora chiusi; poche decine di metri di sabbia si abbandonavano all'andirivieni del mare, costante ed ipnotico come l'oscillazione di un pendolo. Una stretta passeggiata mal lastricata degradava dalla strada alla spiaggia in una curiosa curva ad esse e Anna la percorse seguendo con le dita il corrimano scrostato, la pittura verde bottiglia mangiata dalla salsedine e dall'incuria, fino a quando non sentì i piedi affondare finalmente nella sabbia. Al suo fianco, Luca si era già tolto le scarpe e a piedi nudi aveva preso a camminare all'indietro, gli occhi fissi su di lei e un sorriso appena un po' stanco sulle labbra.
«Dai!» la invitò, puntando un dito contro le sue scarpe, mentre il vento gli scompigliava i capelli e gli appiccicava il giubbotto addosso frustandogli le spalle e la schiena. C'era un qualcosa di familiare nella figura di Luca che si stagliava contro la spiaggia e il mare e il sole che ne disegnava l'ombra allungata, ma era qualcosa di inafferrabile.
«Allora? Ti muovi?» la richiamò di nuovo lui, guardandola stavolta da sopra una spalla e ad Anna tornarono in mente un uomo dalla voce dolce e una bambina che si incantava a guardare il mare. Immagini di una vita fa.
Anna scosse piano la testa, confondendo il gesto nell'intenzione di mandare indietro i capelli e legarli, la sé bambina dissolta in uno sbuffo di nebbia.
Luca aveva già raggiunto la battigia dove Alessandro e Irene parlavano fitto fitto, le teste che praticamente si toccavano. Due giri di elastico attorno ai lunghi capelli dopo, Anna si mosse a imitare l'amico, i piedi finalmente scalzi che affondavano nella sabbia tiepida.
«Ciao!» esordì avvicinandosi al gruppetto.
«Ohi Anna, ciao!» le fece eco Irene, mentre Alessandro si faceva cadere all'indietro sul telo colorato, gli occhiali da sole pigiati sul naso e un paio di bermuda assurdamente arancioni.
«Finalmente siete arrivati!» li stuzzicò, le braccia incrociate a mo' di cuscino sotto la testa.
«Scusa tanto se noi abbiamo dovuto lavorare, eh!» lo rimbeccò a tono Luca, uno sguardo in tralice a fissarlo controluce.
«Dettagli!» lo liquidò Berti con un pigro cenno della mano.
«Mica tanto!» ridacchiò Stefano, la chitarra sotto braccio e un sorriso impertinente.
«Ma dov'eri tu che nemmeno ti avevamo visto?»
La domanda di Anna suonò buffamente stupita e il ragazzino si strinse nelle spalle. «Cercavo un angolo con una buona acustica!» rispose, ignorando Ale che si era tirato su puntellandosi sui gomiti.
«No scusa Ste', che volevi di' con quel “mica tanto”, prima?» gli chiese abbassando gli occhiali quanto bastava per scoccargli un'occhiataccia da sotto in su.
«Nulla! Solo che loro hanno lavorato oggi mentre tu non hai fatto niente... non è un dettaglio!» ragionò serafico affondando a gambe incrociate sulla sabbia.
«Era il mio giorno libero, oggi!» si difese lui, sospettoso.
«Questo sì che è un dettaglio!» fece Stefano, gli occhi brillanti di infantile impertinenza.
«Ma che insolente...» borbottò Alessandro e, un attimo dopo, lo stava già inseguendo lungo la battigia, le onde che si infrangevano ritmicamente contro i loro piedi.
«Non so chi sia il vero bambino tra i due...» sospirò Irene, corte ciocche rosso scuro che le danzavano attorno al viso come fantasmi di fiamme.
«Eh, è una bella lotta!» rise Luca, sedendosi sul telo che era stato dell'amico.
«Dite che dovrei intervenire?» fece Irene, le braccia incrociate sulle ginocchia piegate, un po' a loro un po' a se stessa. Luca si schermò gli occhi con una mano per poter guardare Alessandro e Stefano che si rincorrevano in circolo, mulinelli di sabbia e acqua attorno alle caviglie e la chitarra del ragazzino come improvvisato sparring partner.
«Se vai a dare una mano a Stefano per buttare Ale in mare, accomodati pure!» rispose Luca una mano tesa che era un invito e il sorriso un po' diabolico di un bambino dispettoso.
«Ma che cattivo che sei!» si ribellò lei mentre lo spintonava, una pioggia di manate e piccoli pugni contro una spalla che fu punizione improvvisata, divertente e divertita. Luca la accolse ridendo mentre si lasciava cadere interamente disteso, i piedi che sporgevano oltre il bordo del telo.
«Direi che Stefano ha davvero bisogno di un aiutino!» si intromise Anna, attirando immediatamente l'attenzione di Irene.
Qualche metro lontano da loro, Stefano e Alessandro si erano spinti una manciata di passi dentro l'acqua. La chitarra del ragazzo giaceva sulla sabbia, miracolosamente al riparo dalle onde, mentre loro due schiamazzavano in un'imitazione di lotta, con Stefano che sgusciava sempre con un'anguilla dalla presa di Alessandro. Poi l'uomo era scivolato – o forse aveva inciampato, o semplicemente si era pestato i piedi da solo – ed era caracollato a terra, l'acqua che lo bagnava tutto e il ragazzino che gli sfuggiva, libero per tutto tranne che per quella caviglia afferrata al volo.
«Berti, molla mio nipote!» urlò Irene, il tono leggero che si mischiava allo sciabordio del mare.
«Mai!» gridò in risposta Alessandro mentre, ancora spanciato nell'acqua, scuoteva il ragazzino per il piede cercarne di minarne l'equilibrio. Ma quello, stoico, resisteva in piedi su un'unica gamba in una sorta di stranissimo balletto fatto di saltelli e manate all'aria. E rideva. Stefano rideva di gusto, sguaiato e rumoroso, controcanto dissonante al placido rollio delle onde.
«Ok, quell'uomo ha bisogno di una lezione!» decretò Irene quando Alessandro riuscì ad afferrare anche l'altro piede del nipote e a trascinarlo a mollo con lui, batuffoli di spuma bianca a infrangerglisi addosso.
«E io che avevo detto?» le urlò dietro Luca, la testa appena sollevata dalle braccia incrociate a mo' di cuscino.
«Tanto lo sai che non ti darà mai ragione!» lo prese in giro Anna, mentre rimpiazzava l'amica e gli si sedeva accanto, la grande borsa di tela tra le gambe. Luca la osservò, lo sguardo filtrato da un paio di occhiali da sole, trafficare dentro la borsa: le mani che spostavano cose, aprivano cerniere, ispezionavano tasche nascoste che, lui, nemmeno immaginava potessero avere lo spazio lo spazio materiale per esistere in quel dedalo di scompartimenti che era la borsa di Anna. Che era qualunque borsa di Anna. O che era qualunque borsa di qualunque donna. Poco più in là, poteva notare la borsa di Irene e, onestamente, ne era vagamente inquietato: non aveva l'aria ordinata di quella di Anna e si annunciava con un costante sferragliamento di sottofondo che non ispirava per niente la benché minima voglia di guardarci dentro.
Le personali considerazioni di Luca sulle borse delle donne si interruppero quando il ragazzo notò, con la coda dell'occhio, il pesante libro che Anna aveva appena tirato fuori. Lo teneva in mano, saldamente afferrato dalla costa, mentre le pagine si aprivano in un frusciante ventaglio e intanto – lei, la gonfia coda di capelli svolazzanti intorno alla testa – cercava qualcos'altro, finito chissà dove, perduto in chissà quale piega della borsa.
Adesso tira fuori carta e penna e sono finito! pensò Luca, il miraggio di un tranquillo tardo pomeriggio al mare che sfioriva in un ammasso di codici, norme e commi da imparare.
«Ti prego, non anche oggi!» implorò scattando a sedere e rubando il libro dalle mani di Anna.
Lei si girò a guardarlo sorpresa, i capelli che frustavano l'aria.
«No, ma che hai capito? Non ho mica intenzione di studiare!» si difese con ardore – e intanto si era riappropriata con la forza del volume e se lo stringeva al petto, una luce un po' folle negli occhi scuri e profondi.
Luca si fece scivolare gli occhiali più in basso sul naso, così che lei potesse vedere lo sguardo dubbioso che aveva messo su, il sopracciglio inarcato e un mezzo sorriso sarcastico.
«Davvero! Non ho nessuna intenzione di metterci a studiare adesso!» insistette lei.
Da qualche parte intorno a loro, Alessandro fu spinto di nuovo a viva forza dentro l'acqua. Luca nemmeno si girò a cercarlo, troppo preso a pensare che aveva i suoi motivi – dei buoni e validi motivi – per non credere ad Anna: da quando era iniziata quella storia dello studiare insieme per il suo esame da ispettore – ed era iniziata da pochissimo, eppure sembrava un tempo enorme, intenso come se fosse fatto di mesi interi e non solo di una manciata di giorni consumati tra libri, note e postille –, non era mai capitato che lei prendesse in mano un libro senza pretendere che lui lo imparasse a memoria.
«Sto dicendo la verità!» si imbronciò Anna, un'espressione che voleva essere oltraggiata ma che risultò solamente buffa, gli occhi spalancati a più non posso.
«Ok, ti credo!» le concesse infine lui dando un colpetto agli occhiali che tornarono al loro posto, lo sguardo di nuovo completamente nascosto.
«Certo che devi credermi!» protestò, «Cercavo questo, non il libro!»
Un giornale malamente arrotolato spuntò dalla borsa ed Anna lo usò per assestare un paio di colpi a Luca, su una spalla prima e su un ginocchio dopo.
Lui rise mentre si dibatteva – un po' come Stefano prima: bello, felice, sereno come il cielo di quel giorno.
L'arma improvvisata si srotolò in un mucchietto di carta stropicciata, un paio di cerchietti rossi che risaltavano come boe in mare aperto.
«Trovato niente?» chiese Luca, l'eco della risata che scivolava sul fondo delle parole.
Anna scosse la testa e sbuffò, un'occhiata malevola al povero giornale martoriato, come se lui fosse il responsabile di tutte le sue disgrazie.
«In realtà, un paio di case che potrebbero andare bene le ho trovate!» spiegò, un dito che ripassava velocemente il perimetro dei due cerchietti colorati.
«Ma?» si incuriosì lui, un tono di sotterraneo divertimento nella voce. D'altronde anche quella era una scena che si era ripetuta spesso in quegli ultimi giorni, frequente quasi quanto le continue sessioni di studio in cui si ritrovava coinvolto; una sera sì e l'altra pure.
Succedeva più o meno così: a casa di lei – ma più spesso a casa di lui – seduti al tavolo della cucina o buttati a peso morto sul divano, studiavano per quel benedetto esame da ispettore e poi, con una media di ogni cinque pagine circa, lei – Anna – depennava una casa dalle possibile scelte. Ed era divertente vedere quel giornale riempirsi di righe e scarabocchi – come l'opera incompresa di un moderno astrattista – mentre lei motivava la bocciatura, a volte con mirabile sfoggio di fantasia.
«Eh, ma... una è troppa lontana dal X,» stava dicendo ora e il motivo sembrava valido, «e una è troppo troppo – troppo – grande per me da sola!»
«E che problema c'è? Prendiamola insieme!» esclamò Luca, le parole che erano scappate da sole dalla punta della lingua, che non erano passate al vaglio della ragione, che erano state puro istinto. Anna si era bloccata di colpo, ancora con le mani a mezz'aria nel suo gesticolare, sorpresa.
«Davvero?» pigolò incredula, mentre si mordicchiava nervosamente un labbro.
«Certo, perché no? In fondo, non sarebbe molto diverso da adesso: siamo praticamente sempre insieme!» osservò lui stringendosi nelle spalle. E lei sentì il cuore sfarfallarle in petto elettrizzata. Prendere una casa nuova – la seconda da quando era tornata a Roma – avrebbe sancito il suo nuovo inizio e farlo con Luca avrebbe aggiunto significato a significato; perché era stato lui a tenderle la mano che l'aveva tirata fuori dalle guerre di una vita intera – da un'infanzia consumata da mostri e fantasmi – e perché vivere insieme sembrava la conseguenza naturale, l'ovvio sviluppo di un'amicizia che si stava rafforzando come in preda ad un'incontrollabile accelerazione.
«Però, non so, magari non è proprio una buona idea...» borbottò Luca, allarmato dal silenzio della ragazza, con la testa piena – tutto ad un tratto – di mille dubbi, incertezze e timori. Forse non avrebbe dovuto permettersi, forse aveva osato troppo, forse avrebbe solo dovuto pensare prima di parlare.
«No no, cioè è una grande idea! Sarebbe bellissimo vivere insieme!» confessò lei, felice, occhi scintillanti come il mare sotto il sole.
«Bene! Allora, la dobbiamo andare a vedere 'sta casa!» chiosò Luca, mentre le sottraeva il giornale dalle mani e si ributtava steso sul telo, a leggere quell'annuncio cerchiato di rosso.
Intorno a loro, la presenza degli amici era diventata un vociare piacevole e soffuso: Stefano nuotava nell'acqua bassa, sotto lo sguardo di Alessandro e Irene che si spintonavano e si prendevano in giro ridendo e chiacchierando, ombre nere e lunghissime che divoravano strisce di sabbia. Sullo sfondo, il mare era una tavola di cobalto che Anna osservava incantata; accanto a lei, Luca leggeva ad alta voce l'annuncio immobiliare. E lei non avrebbe saputo dire quando aveva smesso di essere incantata dal mare e quando aveva iniziato ad esserlo da lui. Perché era come il mare, Luca; un fondale misterioso da scoprire, l'acqua che allagava la spiaggia con pazienza, la mareggiata che travolgeva con impeto, l'onda che cullava con dolcezza. E lei, lei sorrise di se stessa, barchetta sopravvissuta alla tempesta, approdata finalmente ad acque più calme.
Ed eccola lì, la Anna bambina, tornata dalle memorie di una vita fa, che giocava a paragonare tutto e tutti al mare. Divertita da un giochino sciocco, il vento sulla pelle e il sale nell'aria, Anna era felice. Le cose andavano finalmente bene.
«Be', già che ci siamo, mi chiedevo... e se ripassassimo un paio di quelle norme?» chiese riprendendo il libro tra le mani. Luca abbassò un po' – solo un po' – il giornale, poi la afferrò per un braccio e se la tirò addosso.
Sorprendente come un'onda improvvisa.
«Non se ne parla proprio!» rise.
Argentino come il fragore di un'onda che si infrange.
Perché era come il mare, Luca.

  
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