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Autore: SmartieMiz    25/06/2013    2 recensioni
Spoiler! Season Four
Westerville, 2012.
Un periodo di addestramento completamente gratuito a New York è offerto dalla Dalton Academy, prestigioso istituto per agenti segreti, per gli studenti più brillanti, ma durante il corso di specializzazione, una minaccia incalzerà nella Grande Mela: un covo di criminali capitanato da una personalità oscura incomberà, creando armi altamente pericolose per la stabilità umana.
L’umanità è in pericolo ed è nelle mani di cinque intraprendenti quanto imbranati agenti segreti.
Riusciranno i cinque ragazzi ad affrontare i rischi che minacciano il loro mondo? O rischieranno di peggiorare soltanto le cose?
[Secret Agents! Warblers; Bad! New Directions]
Genere: Azione, Commedia, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Blaine Anderson, Jeff Sterling, Nick Duval, Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Blaine/Kurt, Blaine/Sebastian, Brittany/Santana, Nick/Jeff, Sebastian/Thad
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Titolo: Mission: IMPOSSIBLE - Cinque scadenti agenti segreti a N.Y.C.
Rating: arancione
Genere: azione/commedia/demenziale
Spoiler: personaggi/riferimenti season four



Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà della Fox; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.



MISSION: IMPOSSIBLE - Cinque scadenti agenti segreti a N.Y.C.





CAPITOLO 3
Makeover

 

 

Era il 1 ottobre e nessuno era emozionato quanto Jeff Sterling.
Scesero la mattina molto presto con l’unica auto che era stata loro assegnata: un’automobile spaziosa e di un nero lucido che poteva fare invidia persino ad un riflesso d’acqua.
Litigarono anche su chi doveva guidare, ovvero Sebastian e Thad litigarono, in quanto ognuno credeva fermamente di essere quello più adatto per poter posare le mani sul volante di quella splendida auto.
Nick guidava, con un Jeff esaltato e trepidante al suo fianco e con Blaine dietro che divideva Sebastian da Thad e viceversa.
«Vorrei vomitare anche l’anima», mugugnò Blaine rabbuiato.
«E ci credo, dopo i bagordi di ieri notte», gli rispose Thad con un sorriso irritante.
Sebastian sbuffò. «Non berrò mai più. Che schifo», continuò Blaine, sistemandosi meglio gli occhiali da sole neri per coprire gli occhi rossi e gonfi e le occhiaie viola.
«Anch’io dicevo sempre così all’inizio», sorrise il francese.
Thad roteò gli occhi al cielo. «Problemi, Harwood?», gli chiese Sebastian.
«Nessun problema, Smythe».
«A giudicare dalla tua aria, avrei ammesso l’esatto contrario».
«Forse ti sei impressionato».
«Già, potrebbe essere».
Nick sospirò per poi dire la sua: «La prossima volta moderati, Blaine, e non uscire di notte».
«Non ci sarà una prossima volta, promesso», asserì il riccioluto inorridito.
Ci fu un breve silenzio. «Mettiamo un po’ di musica», propose Jeff, accendendo lo stereo dell’automobile.
 
Come up to meet you, tell you I'm sorry,
You don't know how lovely you are
I had to find you, tell you I need you,
Tell you I set you apart

 
Nick sorrise: «Oh, amo i Coldplay», disse.
Sebastian storse il viso: «Vecchia questa canzone ed è anche assai deprimente, mettete qualcos’altro».
Thad lo guardò sbieco: «Vecchia?! I Coldplay sono immortali!», asserì, convinto.
Blaine si sporse dal sediolino, premendo i vari canali e fermandosi quando udì Teenage Dream.
«Katy Perry!», esclamò con aria sognante.
«Rimetti The Scientist, Jeff», ordinò Thad.
«No, ma perché?», protestò Blaine.
«La sappiamo a memoria questa», rispose Jeff al posto di Thad, cambiando canale.
 
Baby you light up my world like nobody else
The way that you flip your hair gets me overwhelmed
But when you smile at the ground it ain't hard to tell
You don't know oh oh
You don't know you're beautiful

 
Gli occhi di Thad s’illuminarono: «One Direction!».
Sebastian fece una smorfia: «Pessimi gusti musicali, Harwood».
Thad lo guardò storto. Jeff cambiò ancora canale.
 
Never mind, I'll find someone like you,
I wish nothing but the best for you, too,
Don't forget me, I beg,
I remember you said,
"Sometimes it lasts in love,
But sometimes it hurts instead,"
Sometimes it lasts in love,
But sometimes it hurts instead, yeah,
 
«Anche se deprimente quasi quanto The Scientist, è bellissima e Adele canta divinamente. Lasciate questa», asserì Sebastian altezzoso.
«Anche i Coldplay e gli One Direction cantano divinamente!», lo rimbeccò Thad.
Blaine sbuffò, sporgendosi e cambiando di nuovo canale.
«Ma lasciamo una canzone e basta? Santo Cielo, siete proprio dei bambini!», li ammonì Nick: «Non è possibile che litighiate anche per una stupida canzone!».
Quello era soltanto l’inizio. Come avrebbe fatto a sopportarli per un anno intero?
Sarebbe morto prima, ne era certo.
 
Arrivarono a scuola alle otto in punto. La Dalton Academy era molto grande e anche molto bella, ma l’accademia di  New York era semplicemente incantevole; forse già il fatto che si trovasse nella grande metropoli la rendeva un posto ancora più entusiasmante.
All’ingresso i ragazzi vennero fermati dai sorveglianti che chiesero loro la tessera per assicurarsi che fossero davvero studenti della Dalton.
Ognuno aveva il suo orario personalizzato e perciò, per la gioia di Sebastian Smythe, i cinque ragazzi si divisero.
 
Nonostante fosse l’unica ora che aveva in comune con quei quattro scalmanati, Sebastian trovò molto interessante la lezione di autodifesa con Mr. Simmons, insegnante dell’accademia newyorkese.
Alla fine delle lezioni, ogni gruppo venne convocato in presidenza. Fu il turno di Nick, Jeff, Thad, Sebastian e Blaine.
Il preside – Mr. Wellington, così si chiamava – sedeva su una poltrona di pelle nera dietro la scrivania di mogano. Non era molto alto, aveva capelli brizzolati e occhiali a mezzaluna poggiati sul naso.
«Buongiorno, signor preside. Per quale motivo ci ha convocati?», salutò Nick educatamente facendo entrare i compagni in stanza e chiudendosi la porta alle spalle.
«Salve, ragazzi. Oh, non si preoccupi, signor Duval, stiamo convocando tutti per darvi queste», asserì Mr. Wellington facendo cenno ai ragazzi di avvicinarsi.
Estrasse dal cassetto dello scrittoio un mazzo di chiavi e le appoggiò sulla sua superficie: «Avete presente il quadro rosso che si trova nella cucina del vostro appartamento? Bene, ogni appartamento ne ha uno. Se osservate bene potete scorgere una piccola cavità di lato. Inserite questa chiave e troverete una valigetta. Per aprila, utilizzate quest’altra chiave. Siate cauti perché se usato in modo improprio, il contenuto della valigetta è davvero pericoloso, ma un giorno potrà esservi utile».
I ragazzi non fecero domande; si limitarono ad annuire. «La ringraziamo, signor Wellington», fece Thad per tutti, prendendo le chiavi.
Il preside accennò un sorriso: «Custoditele gelosamente e mi raccomando, ragazzi: ricordate che fate tutti parte di un team. Siete una squadra, siete come fratelli. Intesi?».
«Si, lo sappiamo», rispose Sebastian sbrigativo con un sorriso mellifluo: «Arrivederci».
«Un’ultima cosa e potete andare», li fermò il preside: «Avrei un ammonimento da fare proprio per lei, signor Smythe, e per il signor Anderson: è inutile prendersi gioco dei superiori, non siamo sciocchi, sorvegliamo sempre i nostri alunni, anche quando meno se lo aspettano, e sapete bene di cosa sto parlando. La biblioteca ha sempre bisogno di un aiuto, quindi voi due vi occuperete di sistemare libri ed archivi due ore al giorno per due settimane a partire da domani. Vi è andata più che bene, quindi non accetto lamentele. È tutto chiaro?».
Da sotto gli occhiali scuri, Blaine sgranò leggermente gli occhi. «Chiarissimo», rispose Sebastian freddo.
«Mi scusi, signor Wellington, so che non c’entra, ma avrei una domanda», parlò Nick.
«Mi dica pure, signor Duval», lo incitò il preside.
«Sono sicuro che lei sia già stato informato sul tentato omicidio di Mr. Peters. Bene, volevo semplicemente chiederle se sa dirmi cos’è precisamente accaduto e perch…».
«Affari tra grandi, signor Duval. Ma non si preoccupi: è tutto sotto controllo», lo interruppe l’uomo.
Nick annuì lentamente: «D’accordo, la ringrazio. A presto».
I ragazzi lasciarono la stanza e s’incamminarono verso l’uscita dell’istituto. Con uno scatto fulmineo, Sebastian si impossessò delle chiavi di Thad, mettendole in tasca.
«Ma cosa diavolo combini?!», sbraitò l’ispanico.
«Oh, niente, semplicemente non mi sembri il tipo appropriato per poter custodire al sicuro le chiavi che molto probabilmente servono per accedere a qualcosa di molto prezioso», rispose Sebastian con naturalezza.
Thad ribollì di rabbia: «Parla di sicurezza quello che esce la notte per ubriacarsi e fare cose sconce per i locali!».
«Quello si chiama divertirsi, Harwood. Quando lo vuoi capire?», spiegò il francese accigliato.
Nick trattenne l’ennesimo sbuffo. «Allora? Si va a casa?», chiese.
«Io direi di andare a fare un po’ di compere per New York», propose Jeff.
«Anche se non mi sento pienamente in forma, non mi tirerò mai indietro per fare shopping!», rispose Blaine esaltato: «Potremmo già fare quello che ci ha proposto Mrs. Alcott!».
«Oh, sì!», cinguettò Jeff.
Sebastian fece una smorfia. «Scherzi, Blaine?».
«No, sono serio».
«Ma è una cosa ridicola!», sentenziò Sebastian seccato.
«Prima o poi ci toccherà lo stesso», asserì Thad: «Meglio farlo al più presto, così ce lo leviamo di mezzo».
Il francese sbuffò. «Okay, però andiamo prima a casa per sistemare quella faccenda», parlò Nick, riferendosi alle chiavi.
I ragazzi uscirono dall’istituto e presero l’auto. «Come vi sembra Mr. Wellington?», chiese Nick incuriosito agli amici una volta sedutosi al posto guida.
«Sembra simpatico», commentò Jeff.
«Non mi dice niente», fece Thad.
«A me non piace come tipo», asserì Nick facendo partire il motore: «Non so perché ma mi ha dato una brutta impressione».
 
I ragazzi tornarono a casa e subito si precipitarono in cucina.
«Questo è il quadro rosso?», chiese Jeff stranito.
«Per caso vedi altri quadri rossi, Sterling?», chiese acido Smythe.
«Non ti scaldare, era soltanto una domanda!», parlò Thad.
«Qualcuno ti ha interpellato, Harwood?».
Nick roteò gli occhi al cielo: perché erano tutti così infantili?
«Sebastian, apri, dai», lo esortò Blaine.
Il francese annuì e scelse accuratamente la chiave da infilare nella cavità del quadro. Il quadro si alzò meccanicamente, mostrando un nascondiglio nel quale era posizionata una valigetta nera.
I ragazzi si guardarono, bramosi.
«Secondo me c’è del denaro», parlò Thad.
«Ma che dici? Il denaro non mi sembra pericoloso, io opterei per armi», disse Sebastian.
«Se usato in modo improprio, anche il denaro può rivelarsi pericoloso, genio», Thad sostenne la sua tesi, corrucciato.
«Troppo contorto come ragionamento», fece Sebastian.
«Naaah, non possono essere armi o denaro… dai, soltanto la nuovissima collezione di papillon 2012 può essere nascosta così al sicuro!», disse Blaine sicuro di sé.
«Se non aprite non lo sapremo mai», fece Jeff.
«Ecco, Jeff», fece Nick. Ogni tanto ne diceva una giusta il suo migliore amico!
Sebastian prese la valigetta con estrema attenzione e l’appoggiò sul tavolo della cucina. Tutti i ragazzi si accerchiarono intorno ad essa, incuriositi.
Il francese l’aprì e, come aveva immaginato, la valigetta nascondeva delle armi.
«Wow», esclamò Jeff, sfiorando una pistola: «Come sono nere e lucide…».
«Non incominciamo, Sterling», Sebastian allontanò la sua mano: «Non sono giocattoli, okay? Sono vere».
Jeff sbuffò: «Già avevo immaginato di prenderne una ed urlare sono Blond, Jeff Blond!».
Sebastian inarcò un sopracciglio. Jeff si beccò lo sguardo incredulo di tutti. «Ma come? Non l’avete capita? Blond, Jeff, Blond, anziché Bond, James Bond… dai, sarebbe un nome perfetto da agente segreto! Uffa, ma perché mi guardate così? Perché nessuno mi capisce?».
Sebastian lo guardò seccato: «Andiamo, che è meglio», disse, chiudendo la valigetta e rimettendola a posto.
 
Si erano cambiati con abiti quotidiani e potevano passare benissimo per cinque semplici ragazzi di diciassette anni.
«Un centro commerciale!», esclamò Blaine entusiasta: «Lì potremmo trovare ciò che ci serve».
«Mai ricevuto un compito così ridicolo: trovare un completo d’agente segreto che rappresenti te e il tuo team», sputò fuori Sebastian acidamente.                                                                                                                    
Blaine e Jeff costrinsero gli altri tre ad entrare. Jeff si buttò a capofitto nel reparto dei vestiti; Blaine, invece, rimase incantato alla vista di cravatte e papillon.
Sebastian e Thad si dispersero per aree completamente diverse del centro commerciale; Nick, invece, seguì fedelmente Jeff.
«THAD, BLAINE, SEB! HO TROVATO IL COMPLETO D’AGENTE SEGRETO CHE FA PER N…».
Nick tappò la bocca di Jeff con la mano: «Jeff, ma sei ammattito?!», lo rimproverò, sgranando gli occhi.
«Io invece ho trovato un papillon perfetto per qualsiasi completo da agente segreto, guarda!», disse Blaine mostrando orgogliosamente il papillon che aveva appena messo al collo.
«Che ne dici, Anderson, se urlassi un altro po’?», gli disse Thad sarcastico quando lo raggiunse.
«Sterling, non conosco una persona più imbecille di te, credimi», lo ammonì Sebastian seccato.
«Ma io volevo avvisarvi», si giustificò Jeff.
«E non c’è bisogno di urlarlo ai quattro venti!», sbraitò Smythe, poi commentò: «Comunque fa schifo questo completo, e poi non mi vedrete mai con un papillon, sappiatelo».
«Serve una mano?», chiese una voce limpida e soave.
Un ragazzo era appena sbucato da dietro uno stand di vestiti. Pallido, alto, snello, incantevoli occhi azzurri, capelli castano chiaro e bello da mozzare il fiato.
Blaine rimase senza respiro.
«Sì, grazie, staremo cercando un completo da agente seg…».
Sebastian tappò la bocca del biondo: «Farnetica, non le dia ascolto», disse il francese seccato al commesso.
Il ragazzo ridacchiò. «È… è per Halloween», inventò invece Thad al momento, cercando di risultare credibile: «Stiamo cercando dei completi d’agente segreto per Halloween».
Il commesso scrutò i ragazzi, interessato. «Credo proprio di avere quello che fa per voi», disse, con un sorriso radioso.
Blaine pensò seriamente di sciogliersi. Non aveva ancora aperto bocca, o meglio, non l’aveva ancora chiusa, colpito dalla bellezza del ragazzo. «La ringraziamo», disse Nick gentilmente.
«Comunque potete chiamarmi Kurt», rispose il ragazzo con un sorriso: «Seguitemi».
I ragazzi annuirono, seguendo il bel commesso che li portò… in un camerino.
Sebastian incominciò a farsi i film mentali perché comunque non poteva negarlo: il commesso era davvero affascinante. Thad incominciò ad angosciarsi per lo spazio angusto e Nick e Jeff si guardarono perplessi.
Kurt chiuse le tende e, assicurandosi che nessuno li vedesse e li sentisse, sussurrò con un lieve sorriso: «Dalton Academy».
«Come fai a saperlo?», chiese Jeff incredulo sgranando gli occhi, beccandosi la gomitata di Sebastian.
«Jeff!», lo rimproverò Thad.
«Oh, non preoccupatevi, ho un’amica agente segreto qui a New York, alla NYADA, quindi potete stare tranquilli», cercò di rassicurarli Kurt, poi si rivolse al biondo: «Tu sei diventato famoso, Jeff Sterling. Ero passato in Ohio da mio padre quando hai salvato Mr. Peters. Per i comuni esseri umani sei il cameriere-eroe che ha salvato un docente da un tentato avvelenamento, per noi che sappiamo la verità sei diventato un esempio da seguire. Sei coraggioso, Jeff».
Jeff chinò il capo, e le sue guance si imporporarono leggermente. «Oh, grazie».
Sebastian roteò gli occhi al cielo. Soltanto qualcuno più imbecille di Sterling poteva pensare che era un eroe.
Kurt premette la propria mano contro la parete che inaspettatamente si spostò, aprendo un cunicolo.
«Che razza di stregoneria è mai questa?», commentò Blaine sorpreso, abbassando gli occhiali e sgranando gli occhi per vedere meglio.
Kurt ridacchiò, divertito. «È soltanto una scorciatoia, un passaggio segreto. Non ne avete mai visto uno?».
I ragazzi scossero il capo. Kurt li esortò a seguirli e, una volta entrati, la parete dietro di loro ritornò al suo posto. Era tutto buio, ma un’intensa luce bianca permise loro di vedere: proveniva da un orologio che aveva Kurt al polso.
Qualche minuto più tardi, i ragazzi restarono a bocca asciutta: si ritrovarono in quello che era un enorme centro commerciale a più piani. Le pareti metalliche e il pavimento grigio chiaro davano un’impressione di ordine ed efficacia; manichini dalle tute nuove e scintillanti risaltavano sui ripiani di accessori.
«Un centro commerciale nel centro commerciale? Wow!», Blaine si lasciò scappare un gridolino di gioia e sorpresa.
«Che luogo è questo?», si limitò invece a chiedere Thad, sbalordito.
«È il C.C.S., il Centro Commerciale Segreto per Agenti Segreti», sorrise Kurt: «Lavoro qui, ma anche lì», fece, indicando la parete da dove erano sbucati.
I ragazzi, ancora sorpresi, camminarono per il Centro Commerciale Segreto, capitanati da Kurt.
«Salve!», una donna dall’aspetto amichevole, dagli occhi chiari e dai lunghi capelli biondicci spuntò da dietro uno stand, proprio come aveva fatto Kurt poco prima nell’altro centro commerciale.
«Ragazzi, lei è Isabelle Wright, il mio mentore», la presentò Kurt allegro, con un sorriso.
«Cosa cercate, ragazzi?», chiese la donna con un sorriso affabile.
I ragazzi si guardarono tra loro, un po’ confusi. «Credo abbiano bisogno di un completo», asserì Kurt.
«Sì, un completo, una divisa, una tuta che rappresenti noi, il nostro team. Qualcosa del genere», spiegò Nick, vago.
Isabelle annuì, poi scrutò i ragazzi uno ad uno con attenzione. «Ho forse quello che serve per voi», disse la donna, ispirata, poi si rivolse al commesso: «Kurt, qualcosa di personalizzato, non credi? Qualcosa con quelle stoffe nuove che sono arrivate in magazzino… ho già il modello in testa…».
Kurt annuì, come se fosse ipnotizzato. «Ho delle idee grandiose anch’io», asserì, eccitato.
«Bene, allora provvedi subito!», asserì Isabelle con un sorriso, poi si rivolse ai ragazzi: «Le tute dovrebbero essere pronte per domani, servono per le missioni notturne e per diverse attività, intanto posso consigliarvi un completo semplice ed elegante, solitamente uno smoking nero: è d’obbligo per ogni agente segreto che si rispetti!».
I ragazzi annuirono lentamente. Kurt era scomparso, forse per mettersi al lavoro; Isabelle mostrò ai ragazzi dei semplici completi seri ed eleganti. Jeff, distratto, rimase attratto da un espositore di gadget e accessori per agenti segreti: orologi, luci colorate, rampini magnetici.
«Mi sembra di essere Lara Croft», commentò Jeff estasiato, osservando e prendendo in mano i diversi oggetti.
Nick gli si avvicinò, con sguardo severo. «Non toccare!», lo ammonì, dandogli uno schiaffetto sulle mani. Dalle mani di Jeff cadde un accessorio non identificabile che si ruppe all’istante.
«L’hai rotto tu», protestò Jeff: «L’avrei posato io, se me l’avessi chiesto prima».
Nick sbuffò. «Non sono giocattoli, certe volte Sebastian ha ragione».
Jeff mise su un adorabile broncio, e immediatamente Nick si pentì delle sue parole.
Maledetto dolcissimo Jeff Sterling.
Intanto gli altri ragazzi avevano provato i loro completi nei camerini: il completo calzava a pennello, nero ed elegante, la camicia bianca e la cravatta nera e lucida.
Thad si guardò attorno, spaesato. «Non credo di potermi abituare a tutto questo…», mormorò, inquieto.
«Oh, io invece sì», sorrise Blaine.




Angolo Autrice

Buongiorno a tutti! :D
Eccomi, in ritardo stratosferico come sempre ma ci sono xD
Ancora qualche punto interrogativo sulla questione di Mr. Peters, e in più abbiamo un nuovo personaggio: il preside dell'accademia newyorkese, Mr. Wellington.
Mi dispiace, ancora nessuna traccia dei best di Blaine che sicuramente compariranno, ma abbiamo Kurtieee <3 Sappiamo che lavora al Centro Commerciale Segreto per Isabelle Wright, ma lavora anche nell'altro centro, quello diciamo conosciuto anche dai comuni esseri umani, e sappiamo che ha un'amica agente segreto alla NYADA... non vi dice niente? u.u
Jeff si fa conoscere ovunque, ormai xD Blaine ha tipo un feeling(?) con Sebastian e un colpo di fulmine con Kurt, e i rapporti tra Thad e Sebastian sembrano essere sempre meno rosei... :/
Ringrazio Sunflower_ e Diana924 che hanno recensito lo scorso capitolo e tutti coloro che leggono! :D
Al prossimo capitolo ;)

   
 
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