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Autore: __MariMalfoy    25/06/2013    3 recensioni
Quando si ha paura di determinati aspetti della vita, si crede di poterli affrontare, di andare loro incontro e di distruggerli. Questo dovrebbe fare una persona qualsiasi, ma non Louis perché egli è terrorizzato dalla vita, dai problemi e dal dolore che sa abilmente nascondere. Noah invece no: distrugge i problemi, li affronta sempre, ma le rimane addosso una patina di debolezza.
Quando Londra è troppo grande quanto la confusione, il grigio incontra il verde.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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A Rebecca, perché nonostante gli impegni e tutto sei stata sempre con me.
A Federica, perché quando ho bisogno di qualcosa sei sempre lì sia per le fanfiction sia per qualsiasi altra cosa.
A Sarah, per il banner e tutto il resto.

 
Alle persone non piace soffrire.
Si preferisce evitare il dolore, saltarlo a piè pari, chiudersi in sé stessi, arrabbiarsi contro il mondo, distruggere il proprio animo invece di scontrarsi faccia a faccia con ciò che ci aspetta al di fuori della nostra sfera personale.
E Louis sa. Louis sa come evitare il dolore, saltarlo a piè pari, chiudersi in un resistente guscio di ghiaccio, infuriarsi contro il mondo, lacerarsi l’animo con continui dubbi e insinuazioni mal fondate, che trovano dimora nella sua testa confusa.
Louis sa come passare inosservato agli occhi delle persone. Sa come battere ripetutamente le palpebre per impedire alle lacrime di uscire e bagnargli le guance, come stringersi le braccia per reprimere il nervosismo, come falsificare un sorriso compiaciuto, come non far trapelare emozioni dietro quel bel viso triste, come soffocare l’impulso di guardare altrove quando qualcuno lo ferisce e mantenere uno sguardo impassibile e glaciale piantato negli occhi di colui che lo tradisce, come sfogare la rabbia chiudendo i pugni e affondando le unghie nel palmo della mano, come essere antipatico e distante.
Louis non sa abbracciare, provare affetto o darlo, non sa relazionarsi se non con la sua famiglia, non sa ridere né abbozzare un sorriso sincero. Non sa cosa si prova a sentire qualcuno tra le proprie braccia, non sa stringere forte fino al soffocamento, non sa affondare il viso nella spalla di qualcuno o nei suoi capelli, non sa baciare sulle guance né sulle labbra. Non ha idea di cosa siano le lacrime di commozione o gioia perché non le ha mai versate, non ha mai pizzicato una guancia a qualcuno né fatto il solletico, non ha mai bevuto un drink in più e mai preso una sbronza decente.
Louis non dice mai una parola scortese, preferisce il silenzio e l’autodistruzione piuttosto alla sofferenza altrui. Preferisce la propria, semplice.
Louis non è del pianeta Terra, ma neanche di Marte né di Venere né di Saturno né di Giove. Louis vive nel proprio mondo, in un mondo apatico e triste, in un sogno costante profumato di affetto e baci, che non ha mai ricevuto.
Louis, semplicemente, non è capace di vivere.
 
A Noah non piace il buio, il nero, le canzoni troppo ritmate e l’alcol.
Lei che nasce alla luce del sole in un parco perché sua madre non ha avuto il tempo di arrivare in ospedale, lei che sta ore al sole come una lucertola, lei che ha gli occhi come il colore di quella campagna inglese dei film, lei che canta sotto la doccia pur sapendo di essere stonata, lei che urla e finge di essere ubriaca perché sa che il suo comportamento le permette di sembrarlo senza che possa bere, lei che ride ogni attimo della sua esistenza, lei che mangia cioccolato di nascosto anche se ha paura di ingrassare.
Noah sa alla perfezione come si sorride: i lati della bocca all’insù ed è fatta. Sa come si fanno i vestiti con le maglie da uomo, sa come si mangia il giapponese, sa come si decifra il codice Morse, sa come si calcia un pallone, sa come mangiare senza essere scoperta e sa ridere. Sa che dopo la tempesta c’è l’arcobaleno, che il rosso viene prima del giallo e dell’arancione e che tutto svanisce, perfino la felicità.
Sa che il suo cane è maschio ma nonostante tutto ha un nome femminile, sa che le stelle non hanno cinque punte, ma a lei piace davvero immaginarle così come i bambini che decorano un foglio completamente blu notte. A Noah piace stare al sicuro, tra le braccia di qualcuno che le voglia bene, le piace affondare la testa nel petto di un ragazzo, stringerlo fino a soffocare, dare baci sul naso e farsi fare il solletico che però non soffre.
A Noah piace essere genuina e viva. Adora condividere il dolore, piangere, ridere, imbarazzarsi, arrossire come un pomodoro maturo oppure di quel colore simile a quello delle ciliegie, storcere la faccia in buffe smorfie, fare le linguacce alla macchina fotografica professionale regalatale da suo padre per il suo compleanno.
A Noah piace tingersi i capelli. Blu, verdi, rossi, arancioni, viola, ogni colore è ben accetto tranne quel castano biondo naturale che emerge ogni tanto, però ora ha smesso perché, dice, non vuole diventare pelata come suo zio.
Noah non ama i problemi, ma sa come andare loro contro. Noah li combatte, li sconfigge, eppure rimane sempre debole.
Noah ama vivere, e ci riesce.
 
Louis si guarda attorno con aria spaesata: Londra è grande, caotica, non come la sua stanza a Doncaster, piccola e sicura. Negli occhi ha la paura di chi non vuole affrontare il mondo e rimanere ancorato al proprio, di un bambino che non desidera staccarsi dalla gonna della mamma, di chi aspetta il peggio, di chi attende e brama ma non può ottenere ciò che vuole. Louis ha un’emozione per ogni parte del corpo: possiede esitazione, terrore, disperazione, desiderio, ma nessuna prevale. Ha la testa in confusione, gli occhi diventati grigi come il cielo terso di Londra di inverno.
Louis ha paura della solitudine e della compagnia allo stesso tempo, per cui si infila le cuffiette dell’iPod nelle orecchie con la consapevolezza di affogare i sentimenti all’interno di una melodia dei The Fray e di fuggire, ancora. È già più rassicurato dalle note dolci dell’ennesima canzone triste, mentre siede su una panchina qualunque e attende, attende che qualcuno lo venga a prendere e salvarlo un po’ come un naufrago su un’isola deserta.
A Noah piace aiutare, specialmente chi si trova in difficoltà, chi ha gli occhi colmi di tristezza come quelli di Louis, chi urla sottovoce ciò che prova. Chi è spaventato, disorientato, chi non ha appigli, chi non ha appoggi, chi soffre, chi è solo desideroso di riversare la propria rabbia su altri. Allora si siede e aspetta. Aspetta che la persona in questione parli, si sfoghi e dica, senza nessuna presentazione né saluto.
Siede e salva.
Louis, immerso nelle note consolanti di una canzone dolce, sposta gli occhi verso la sua destra e vede. Vede le campagne inglesi in primavera, una pioggia di ciocche castane, una cicatrice appena accennata sopra un labbro, un paio di anfibi neri, dei jeans strappati, un cappottino grigio scuro e un cappello di lana a forma di orsetto. Vede, ma non sente perché lei non parla e allora percepisce il dovere di salutarla, anche se non sa il motivo per cui si trova lì.
“E’ la fermata di un autobus?” chiede dal nulla.
E lei ride. La sua risata ha la stessa melodia della canzone dei The Fray, ha ogni singola nota, ha i ricordi e la consolazione confuse in una sola voce.
“No, - Noah si scosta i capelli dagli occhi, osservando con interesse i guanti rosa. – E’ una panchina”
“Oh”
Louis sa di essere stato stupido, anche con quell’ultima esalazione, eppure non è a disagio. Riprende a guardare con indecisione il proprio iPod, incerto sull’idea di accenderlo di nuovo o meno, perché da una parte non vuole perdersi una risata di lei, così simile a quella canzone. E Noah attende ancora.
“Ti ascolto – dice, e scruta il cielo con un labbro arricciato. Louis la guarda confuso,  si stringe nella felpa pesante e alza anche lui gli occhi verso le nuvole indistinte che passano loro sulla testa. – Il cielo è come i tuoi occhi”
“Come?”
“Grigio, poi azzurro perché dopo il brutto c’è sempre il sereno – Noah osserva Louis a naso all’insù e sorride di fronte alla sua innocenza. Vuole prendergli la mano, ma è troppo presto. – Come i tuoi occhi. Dopo il brutto, c’è sempre il sereno”
Il ragazzo distoglie lo sguardo con aria imbarazzata, si passa una mano tra i capelli sparati in aria e non osa osservarla perché ha paura. Ha paura di nuovo perché Noah lo legge nonostante non lo conosca, sa che in lei c’è la novità e ne è terrorizzato, che le stelle non sono ancora spuntate da sotto la coltre cupa del cielo e che non splendono per lui.
“Sicura ci sia il sereno?” chiede incerto, tanto per assicurarsi del fatto che lei non lo stia prendendo in giro.
Noah annuisce, ma indica una nuvola passeggera. “Non ora, però. Ora piove.”
Si alza, si liscia il cappottino perché sa che il ragazzo parlerà a mala pena e si sente un po’ inutile, mentre Louis rimane lì a fissarla in tutta la sua confusione, nel suo mistero e nella sua preoccupazione: ha una ruga di fastidio che le increspa la fronte, forse dovuta alle prime gocce di pioggia.
A Noah non piacciono le tempeste né i temporali né gli acquazzoni, è per questo che molte volte pensa al fatto che forse l’Inghilterra non è una patria adatta a lei. Però le piacciono gli sconosciuti confusi, disorientati e le piacciono le parole strappate dalle loro labbra che riesce a ricavare non appena li incontra. Le piace la timidezza, la debolezza e l’esitazione, e Louis le ha tutte e tre. Anche se non sopporta la pioggia, trova una sorta di dolce piacere nell’osservazione del grigio, perché in fondo lo trova carino. Ma solo se è di quella tonalità del cielo terso di Londra in inverno o autunno, altrimenti no, e solo se dopo c’è il sereno e l’azzurro che precede l’arcobaleno.
E Louis comincia ad apprezzare il verde, un verde particolare però, quello delle campagne inglesi. E solo se ha i capelli castani e un cappello ad orsetto.
Perciò si fida, per la prima volta in vita sua decide di affidare a qualcuno la sua fiducia e lo fa con Noah. Perché Noah ha gli occhi color campagna, ha il cappello strano, gli anfibi, i guanti rosa e i jeans strappati nonostante faccia freddo; perché Noah parla di azzurro quando c’è il grigio; perché Noah siede per ascoltare; perché Noah è nuova e lui ha paura dello sconosciuto. Perché Louis ha il grigio negli occhi, perché Noah è terrorizzata dal buio, perché sa che dopo c’è sempre il sereno.

***


Non avrei mai creduto di ritornare con una one shot, devo ammetterlo. Pensavo di arrivare a bomba con una long o una raccolta di missing moments e invece ho scritto una one shot deprimente adatta alla mia partenza proprio, che avverrà tra pochissimo e sono terrorizzata al riguardo lol  
So che sono stata assente per molto tempo, che ho cancellato long che non avrei voluto eliminare e che sono sparita, mi dispiace molto per chiunque mi stesse seguendo ma davvero ho passato un momento piuttosto complicato e  tuttora l'ispirazione è infilata da qualche parte, si è nascosta da me. In ogni caso spero di tornare a Settembre con una long nuova, oppure di concludere quelle vecchie, in ogni caso di tornare a postare come prima, con regolarità in modo da non lasciare tutto allo sbando come ho fatto quest'anno. Ripeto, mi dispiace moltissimo e ringrazio quelli che durante la mia crisi di nervi in cui avrei voluto eliminare anche l'account efp hanno impedito che lo facessi, vi ringrazio davvero. E ringrazio quelle tre personcine meravigliose cui ho dedicato il delirio perché mi hanno sopportata sempre, in ogni caso. Vi voglio bene, davvero.
Spero solo vi sia piaciuta, che abbiate apprezzato e vi auguro buone vacanze :)
Mari :)

  
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