Libri > Black Friars
Ricorda la storia  |      
Autore: _Syriana    25/06/2013    0 recensioni
[Episodio accaduto dopo gli avvenimenti di Breathless]
Non c’era nulla nei suoi occhi, invece, quando lui chinò la testa, unendo le labbra a quelle della ragazza. Non fu un bacio dolce com’era iniziato, era un bacio che sapeva di dolore fin troppo trattenuto, di voglia di evadere, di scappare da una non-vita che aveva sempre di più il sapore della morte.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Mayfield, Damian Assange
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

A Cristina. Ti voglio bene, pazza.

Madness

- between sex and friendship -

 
C’era un silenzio quasi spettrale, in quella notte di Luna piena. Nemmeno gli animali notturni osavano emettere alcun suono, per non spezzare la quiete che regnava in quel momento. Un uomo camminava solo per le vie della Cittadella, stringendosi il mantello attorno al corpo e rabbrividendo ad ogni passo.
Una notte di prede e di predatori.
Un ombra veloce passò davanti all’uomo, che si bloccò in mezzo alla strada. Davanti a lui, la più bella ragazza che avesse mai visto nella sua vita. Capelli color miele sciolti alla brezza notturna, pelle pallida e lucida come il marmo alla luce della Luna. Occhi azzurri e cristallini come una pietra preziosa.
Gli sorrise, abbassando appena lo sguardo, aumentando così l’aura di bellezza che la circondava. Fu quasi automatico, per lui, avanzare di un passo, attirato da una forza misteriosa. Vide le sue labbra tendersi, e solo allora capì il suo sbaglio.
Ci fu solo un lampo, due canini d’avorio. Poi, il buio.
 
- Caroline, così lo uccidi – disse Damian Assange, guardandosi distratto le unghie perfette. Carol alzò la testa dal collo dell’uomo, guardandolo confusa. Non poteva credere che sarebbe morto così velocemente, pensava che avendo scelto un uomo prestante e in salute, avrebbe potuto bere molto più sangue di quello che effettivamente aveva bevuto.
Lasciò la presa sull’uomo, sbuffando, e si spazzolò il vestito, per togliere i residui di polvere. Era soddisfatta di se, almeno questa volta non era sporca dalla testa ai piedi del sangue di qualche sconosciuto.
Guardò per qualche secondo il volto senza nome dell’uomo che era diventato a tutti gli effetti la sua cena e scosse le spalle: un volto come un altro, una smorfia di morte come un'altra. Ormai il senso di colpa non gli opprimeva più il petto, come i primi giorni. Allora, uccidere e nutrirsi di qualcuno per lei equivaleva a farsi del male fisico, perché non poteva sopportare l’idea che una persona sarebbe morta sotto il suo tocco. Poi, era arrivato Damian, che le aveva insegnato a sapersi controllare e ad evitare inutili morti.
Si leccò le labbra, togliendo ogni traccia residua di sangue e puntò lo sguardo sul Redivivo che la accompagnava. Era molto bello, Damian Assange, di quella bellezza un po’ matta che tutti associavano a lui. Occhi di un blu intenso e capelli scuri, entrambi messi in risalto da una pelle pallida tipica della loro razza. Era alto, molto più di lei, e, sotto la camicia, si potevano intravedere i muscoli ben definiti.
In conclusione, era davvero un uomo attraente.
- Torniamo a casa, Caroline – le disse, scendendo dal muretto dove si era seduto mentre lei si nutriva. Carol si accigliò.
Da qualche mese, da quando lo stesso Damian l’aveva trasformata, Carol aveva abitato insieme al vampiro nella sua casa nel Borgo di Salimarr, e doveva ammettere che quella soluzione era molto piacevole per lei. Non si doveva nascondere e poteva passeggiare per la casa anche di giorno, grazie alle grandi tende che coprivano le finestre e non permettevano nemmeno ad un raggio di sole di entrare nella casa. Ma alcune volte si sentiva molto sola, perché spesso Damian amava uscire alla sera e tornare solo poco prima dell’alba, mentre lei usciva solo per nutrirsi. In fondo, nessuno doveva sapere che era ancora viva.
Mentre il sole era alto, invece, Damian si ritirava nella sua stanza per dormire, mentre lei, che non era ancor del tutto abituata a dormire di giorno, girava per casa o leggeva nell’enorme biblioteca della casa.
- Non devi nutrirti anche tu? – chiese, mentre Damian la prendeva sotto braccio e iniziava a camminare per le vie della Cittadella, diretto a casa.
- Non ne sento la necessità, ma grazie per averlo chiesto, mia cara – rispose il ragazzo, sorridendole. Carol aveva notato che qualche volta Damian riprendeva ad usare il linguaggio del suo secolo di appartenenza, con una cadenza antica e arcaica.
- E non devi andare in nessun Osteria, stanotte? – chiese di nuovo Carol, guardando distrattamente delle coppiette passeggiare per le strade della Cittadella.
Un moto di nostalgia le strinse il petto, e le lacrime iniziarono a pungerle gli occhi, e scosse velocemente la testa, per scacciare quella tristezza improvvisa. Più velocemente si sarebbe dimenticata della sua vita mortale e più velocemente si sarebbe potuta allontanare da quella città che le ricordava ogni giorno quello che era stata e che non sarebbe mai potuta essere ancora.
Damian si voltò verso di lei , poi le passò un braccio attorno alla vita, stringendosela contro. Carol appoggiò la testa alla sua spalla, chiudendo qualche secondo gli occhi. Gli era grata per quell’attenzione alle sue emozioni, sapeva che si era intristita, e voleva in qualche modo consolarla – Stasera ho intenzione di passare la nottata con la mia figlia di sangue preferita – disse, stringendola di più.
- Nonché l’unica – mormorò Carol, e lui rise, scuotendo la testa.
- Dettagli, Carol bella -.
Non si lamentò quando lui, forse stanco di camminare come un qualsiasi mortale, le fece passare le braccia sotto le ginocchia e la prese in braccio, iniziando a correre verso quella che ormai lei poteva definire “casa sua”.
 
La prima volta che aveva messo piede in quella villa ai margini del Borgo di Salimarr, Carol si era stupita della semplicità dell’arredamento. Mobili di legno antico, scuri, e divanetti di stoffa rossa. In effetti, tutta la casa erano sulle tinte del nero e del rosso.
Si era stupita molto di più quando si era accorta dell’enorme pianoforte a coda che occupava metà del salotto, e dell’immensa libreria che occupava tutta la parete sud della casa. Quel salone era sempre stata la stanza che più amava nella casa, e spesso a si era seduta al pianoforte per suonare o si era stesa sul tappeto davanti al camino, rigorosamente sempre spento, con un libro in mano.
Quella sera, per la prima volta in quei mesi, Damian era seduto su una poltrona del salotto, con un libro in mano, e il busto voltato verso di lei, che, seduta al pianoforte, suonava una delle sue canzoni preferite.
Era una vecchia canzone, appartenente alla tradizione di Altieres, che sua madre suonava spesso a Fayette e lei prima di metterle a letto. Le mani le tremarono sopra i tasti, e le chiuse a pugno, abbassando la testa, coprendo così il volto con i capelli.
Lacrime di sangue, fin troppo trattenute, uscirono dai suoi occhi, macchiando quel volto bianco come il marmo. Non riuscì a trattenere un singhiozzo, e si portò le mani al viso.
Non si accorse che Damian si era alzato dalla poltrona e le si era avvicinato finché non avvertì il suo respiro vicino al collo. Voltò la testa, per incontrare lo sguardo del vampiro, non scorgendovi nessuna compassione, come invece credeva di trovarci. C’era comprensione in quegli occhi, la comprensione di chi ha visto morire nel corso dei secoli amici e parenti. La comprensione di chi sa cosa vuol dire perdere qualcuno che si ama, di chi capisce cosa vuol dire vedersi portare via la propria identità.
Non c’era nulla nei suoi occhi, invece, quando lui chinò la testa, unendo le labbra a quelle della ragazza. Non fu un bacio dolce com’era iniziato, era un bacio che sapeva di dolore fin troppo trattenuto, di voglia di evadere, di scappare da una non-vita che aveva sempre di più il sapore della morte.
Era un bisogno, per questo, quando lui chiese l’accesso alla sua bocca, Carol glielo concesse immediatamente, salendo con una mano a stringere i capelli del ragazzo, che le passò una mano dietro la schiena e premette il corpo della ragazza contro il suo, facendola quasi stendere sullo sgabello del pianoforte.
Carol sentì distintamente i canini di Damian graffiargli le labbra e pungerle, tanto da farle uscire del sangue, che bagnò le labbra di entrambi. Quando si staccò lui si passò la lingua sulle labbra, per raccogliere quelle perle scarlatte e la prese per mano.
La fece alzare e riprese a baciarla, premendosela addosso e alzando lentamente le gonne della ragazza, fino ad incontrare la sua pelle liscia. Le accarezzò le cosce, mentre iniziava a camminare all’indietro, verso il lungo corridoio che portava alla sua stanza.
Carol gli morse le labbra, affondando i canini nella sua carne, e poi ci passò sopra la lingua, lentamente, prima di staccarsi e scendere sul collo di lui, baciandolo, mordendolo e leccandolo. Con le mani iniziò a slacciargli la camicia, tirando qualche bottone fino a farlo saltare del tutto, e quando finì, gli fece scorrere la stoffa lungo le spalle e le braccia, finché non fu caduta a terra.
Quasi non si accorse che Damian aveva aperto la porta della sua stanza e l’aveva trascinata dentro, quando lui la fece voltare e, non troppo delicatamente, appoggiare con il ventre appoggiato contro una cassettiera, il viso di lui affondato contro il suo collo e le sue mani intente a slacciarle velocemente i lacci del corpetto. Con una mano sul ventre, quando ebbe finito, la teneva premuta contro il suo corpo, mentre con l’altra le faceva scivolare il vestito dal corpo.
Carol voltò il volto verso quello di lui, intento a lasciarle una scia di morsi e baci sul collo e sulla spalla, e un gemito basso le uscì dalle labbra. A quel suono, lui le strinse le mani sui fianchi, graffiando la leggera stoffa della sottoveste trasparente che lei indossava.
Carol abbandonò la testa all’indietro, mentre lui la faceva voltare e si inginocchiava di fronte a lei, per lasciarle una scia di baci sulle cosce, per poi risalire, alzando contemporaneamente la sottoveste, fino a toglierla del tutto. La fece arretrare, riprendendo a baciarla, fino a quando le gambe di lei non toccarono il bordo del letto. La fece stendere delicatamente e le sorrise. Era un sorriso da predatore, e affamato. Come se lei fosse stata un dolce e lui un diabetico a cui i dolci erano preclusi.
Carol rabbrividì sotto quello sguardo, ma lo dimenticò immediatamente quando Damian scese con le labbra a stuzzicarle il seno. Un gemito le uscì dalle labbra, mentre inarcava la schiena, premendo il corpo contro quello di lui.
Una parte di lei pensava che quello che stava facendo era completamente sbagliato, Damian era suo amico e lei non poteva farsi coinvolgere con lui in una situazione del genere. Inoltre, il ricordo di Justin era ancora una ferita aperta.
Ma non riusciva a staccarsi, a mettere fine a quella situazione. Il vuoto che sentiva dentro si era attenuato nel momento in cui Damian l’aveva baciata.
Non era amore, ovviamente, non sarebbe mai potuto esserlo, era il bisogno di non pensare per un po’. Un bisogno che aveva percepito anche in Damian.
Da quello che sapeva, il vampiro aveva da poco concluso una relazione con un umano durata moltissimo tempo, e molto travagliata. Quando era ancora umana, aveva sempre creduto che quell’umano fosse Rafael Valance, ex Duca della Chiave, ma non aveva mai avuto prove di quella relazione. Per cui, il misterioso ex amante del Redivivo rimaneva, per l’appunto, misterioso.
Si risvegliò dai suoi pensieri quando Damian le morse un seno, come a volerla richiamare all’attenzione. Lei alzò lo sguardo su di lui, lamentandosi appena e muovendosi sotto di lui, che la premeva contro il materasso con tutto il peso del suo corpo. Lui non sembrò nemmeno accorgersene, e continuò l’esplorazione del corpo di lei con le labbra, facendola gemere e ansimare, fino ad arrivare al suo basso ventre. Lo sentì sorridere sulla sua pelle, prima di risalire verso il viso di lei.
- Sei così arrendevole, Caroline – le soffiò divertito sulle labbra, con un lampo di ironia negli occhi. Lei sentì un ringhio basso risuonare nella sua gola, e a quel suono lui ridacchiò appena, ma il sorriso gli si spense in volto quando lei gli graffiò la schiena come una gatta e gli morse una spalla, con forza.
Quando rialzò lo sguardo su di lui, notò non c’era più nessun segno di ironia nei suoi occhi, ma solo un bisogno pressante.
In un gesto dolce, lui intrecciò le dita di una mano alle sue, stringendole, guidando l’altra mano di lei fino al laccio dei suoi calzoni, dandogli in silenzio un segnale.
Gli slacciò i pantaloni, facendoglieli scivolare lungo le gambe, fino a lasciarlo nudo davanti ai suoi occhi. allargò le ginocchia, per permettergli di sistemarsi più comodamente tra le sue cosce e lo guardò negli occhi.
Lui si chinò, quasi a sfiorare le labbra con le sue – Tu vuoi smettere di soffrire, almeno un po’. Io voglio solo smettere di pensare – mormorò, prima di entrare in lei con un'unica spinta. Un gemito unico risuonò nella stanza, ma proveniva da entrambi. Carol alzò il bacino per andare incontro al movimento di lui, alzando la testa per baciarlo.
Fu un bacio di gemiti e ansiti, di spinte e di eccitazione.
Quando lui aumentò il ritmo, per arrivare ad una conclusione, lei gettò la testa all’indietro e fece scivolare le mani dalle spalle di lui fino ai suoi fianchi, lasciando solchi rossi sulla sua schiena.
Venne gridando, gli occhi chiusi, la testa abbandonata all’indietro, qualche secondo prima di lui.
Quando uscì da lei, sospirò pesantemente, prima di alzarsi in piedi, nella sua perfetta nudità. Carol lo squadrò qualche secondo, alzando interrogativa un sopracciglio quando lui le porse la mano.
- Che vorresti fare? – gli chiese, la voce leggermente arrochita per quella sensazione di piacere che ancora rimaneva nel suo corpo.
Damian sbuffò, togliendosi una ciocca di capelli che gli era caduta davanti agli occhi, e poi la squadrò divertito, e un lampo divertito gli passò in quegli occhi fin troppo blu – Forza, Mayfield, non c’è nulla che io non abbia già visto, o posseduto. Puoi alzarti e venire a fare la doccia con me – le disse, e senza aspettare che rispondesse, la prese per un polso e la tirò in piedi, trascinandola verso la porta del bagno.
- Cosa ti fa credere che io voglia fare la doccia con te, scimmione di un vampiro? – gli chiese, impuntandosi, ma con voce divertita. Lui, per tutta risposta, scoppiò a ridere e la spinse oltre la porta del bagno, divertito.
- A proposito – le sussurrò, tutto ad un tratto, all’orecchio, con voce divertita – sei proprio una tigre, Mayfield – ridacchiò, e Carol rise, quando, guardando verso lo specchio opposto alla loro posizione, vide la schiena di lui segnata da linee rosse.
 
- Ho incontrato un ragazzo carino, qualche sera fa – disse Damian, ad un tratto. Caroline pensò che non avrebbe mai saputo trovare momento meno adatto per un discorso del genere. Lei stava con la schiena appoggiata alla spalliera del letto di lui, ancora nuda, dato che lui aveva detto che ormai era inutile che si coprisse, non c’era più nulla che lui non avesse visto, mentre lui aveva la testa appoggiata al suo seno e giocherellava con le dita di lei, assorto.
Ma forse, si disse,  non era poi il momento più sbagliato. Tra Damian e lei non c’era nulla, se non una salda amicizia.
Dunque, lo guardò incuriosita e smise per qualche secondo di giocare con le ciocche dei suoi capelli, per tirarli appena e poterlo guardare in viso – Davvero? E chi sarebbe il fortunato detentore delle tue attenzioni? – chiese.
Lo vide sorridere furbo e sorrise anche lei, tirandogli di più i capelli, per attirare la sua attenzione e farlo parlare – Chi, Damian Assange? – chiese di nuovo e stavolta lui fu costretto a rispondere.
- Julian Lord – ammise, quasi reticente. Carol rimase stupita di quella risposta. Chiudendo gli occhi riusciva a ricordare Julian che posava una mano sul suo ventre gonfio, dove una vita stava crescendo. Scosse la testa, rimanendo aggrappata con le unghie a quello che le aveva detto Damian. Se si fosse persa nei ricordi, non sapeva se sarebbe riuscita a tornare indietro.
- Lo conosco. Ha la mia età, e mi è stato molto vicino quando ero incinta – disse allora, con voce accuratamente neutra.
Damian alzò lo sguardo su di lei, per nulla stupito, e lei si chiese se lui non ne fosse già a conoscenza.
- Cosa sapresti dirmi di lui? – chiese allora, voltandosi a pancia in giù, con sincera curiosità nello sguardo.
- Allora…-iniziò Carol, sistemandosi meglio nel letto e iniziando a parlare del suo amico, vedendo, mano a mano che parlava, Damian illuminarsi.
 
- Hai davvero intenzione di andartene? –. Quella domanda fece inarcare un sopracciglio alla ragazza a cui era rivolta.
- Pensavo che ne avessimo già parlato a sufficienza, Damian. Non ho più nulla che mi leghi a questa città, e ormai Genevieve è troppo grande. Si ricorderebbe di me, dopo le mie visite. No, devo partire – rispose Carol, infilando l’ultimo vestito nella valigia poggiata nel letto.
Le braccia di Damian la circondarono prima che lei potesse anche solo muovere un muscolo e appoggiò il mento alla spalla della ragazza, stringendola forte. Non aveva paura di farle male, lei in fondo era come lui.
- Mi mancherai, Carol – le sussurrò all’orecchio, lasciandole anche un bacio sotto il lobo, sulla pelle sensibile. Lei sorrise, voltando la testa e lasciandogli un piccolo bacio sulle labbra.
- Mi mancherai anche tu, Damian. Sei la cosa più bella che mi sia capitata in questo anno, di sofferenza e paura e cose nuove. Mi hai insegnato a controllarmi e a fare pace con la nuova me – mormorò lei, sorridendo – ti sarò eternamente grata -.
Lui scosse solo la testa.
- Sarai per sempre la mia migliore amica – le disse, stringendola.
- Sempre – mormorò solo Carol, godendosi quell’abbraccio.
Che era stato d’amante ed ora era d’amico, quasi fratello.

Angolo della pazza:
Allora... In realtà non so bene cosa dire. Questa storia non passava minimamente per la mia testa fino a quando una persona a caso -Cristina- non ce l'ha messa con la forza. E nasce così, questa Darol o Camian, come volete.
Appunto: non sapevo che rating mettere, ma non sono scesa troppo nei dettagli nella scena dell'atto, quindi ho messo arancione. Ma se è sbagliato correggo subito.
Detto questo, ci sentiamo alla prossima!
Baci!
Fra
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Black Friars / Vai alla pagina dell'autore: _Syriana