Serie TV > Da Vinci's Demons
Segui la storia  |       
Autore: Chemical Lady    25/06/2013    6 recensioni
Beatrice, agli occhi di Girolamo Riario, non è altro che una nobile come le altre, dagli occhi bassi e pieni di riverenza, almeno fino a che non avrà la possibilità di vedere il fuoco che arde nel suo sguardo. Un segreto la lega a suo nonno Cosimo e ad un certo Leonardo da Vinci, che diverrà ben presto la tessera mancante di questo gioco pericoloso.
Cosa vincerà? L’amore per la sua famiglia e la sua città o quello per un uomo che da tutti è ritenuto al pari di un orco ma che, dietro ad una maschera di marmorea freddezza, ha molte più sfaccettature di quanto si possa pensare? Riuscirà Beatrice ad adempiere al destino per cui è stata prescelta?
Fanfiction What if, assolutamente senza pretese, con l’aggiunta di un nuovo tassello alla famiglia De Medici.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Giuliano Medici, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Titolo: No Good Deed Goes Unpunished.
Capitolo decimo.
Rating: Arancione.
Betareader: Lechatvert
Genere:Sentimentale, Drammatico, Avventura.
Personaggi principali: Famiglia De Medici, Nuovo Personaggio, Girolamo Riario.
Coppie trattate: Het
Disclaimer: Non possiedo i diritti suoi personaggi protagonisti  di questo racconto, ne sulla trama di fondo.
Sommario: Beatrice, agli occhi di Girolamo Riario, non è altro che una nobile come le altre, dagli occhi bassi e pieni di riverenza, almeno fino a che non avrà la possibilità di vedere il fuoco che arde nel suo sguardo. Un segreto la lega a suo nonno Cosimo e ad un certo Leonardo da Vinci, che diverrà ben presto la tessera del domino mancante.
Cosa vincerà? L’amore per la sua famiglia e la sua città o quello per un uomo che da tutti è ritenuto al pari di  un orco ma che, dietro ad una maschera marmorea freddezza, ha molte più sfaccettature di quanto si possa pensare? Riuscirà Beatrice ad adempiere al destino per cui è stata prescelta?
Fanfiction What if, assolutamente senza pretese, con l’aggiunta di un tassello alla famiglia De Medici.
Buona lettura.
 
 
 


 
 
 
 
 
 
Parte X: La Fiducia.
 
 
 
La ripresa di Riario fu fin troppo rapida per un uomo normale, ma eccessivamente lenta per la pazienza del Conte.
Aveva perso parecchio sangue, troppo per resistere ancora a lungo in quelle condizioni. Dopo il discorso alla cittadinanza si era ritirato in una delle molte stanze della Rocca, la prima a livello di distanza dall’ingresso.
Lì un guaritore lo aveva medicato e suturato, insistendo poi nonostante le obiezioni di Beatrice per praticare un piccolo salasso con delle sanguisughe attorno alla ferita. A nulla era servito sottolineare che Riario aveva già perso anche troppo sangue.
Passati i primi due giorni, in cui l’uomo riusciva a mala pena ad alzare il capo per bere un poco di acqua o di brodo, la ripresa fu fulminea. La moglie rimase sempre al suo fianco, eccetto la notte e quando lo lasciava dormire in pace, gironzolando per la Rocca di Ravaldino e dando ordine alla servitù per riorganizzarla.
Dalle famiglie più benestanti della città arrivarono moltissimi doni ai nuovi Signori di Forlì. Pierpaolo Orsi, insieme ai figli Ludovico e Checco, arrivarono dopo soli tre giorni dalla battaglia alla Rocca, mostrando degli stupendi arazzi che ritraevano gli stemmi delle famiglie Riario e de’Medici*. Ne portarono almeno venti, di diverse misure e ricamati a mano, mostrandoli a Beatrice – visto che ancora Girolamo stava riposando, nonostante si fosse trasferito da quella prima stanza ad una molto più bella e scelta dalla consorte come loro alloggio definitivo- e si presero a carico l’onere di sostituirli a quelli degli Ordelaffi per la città. Quando si ritirarono per eseguire quel compito ne promisero molti altri.
Nocolino Saffi, abile ingegnere, si presentò la quarta sera, dicendo che tutte le strade e i muri rovinati durante l’assedio erano stati sistemati e che la ricostruzione delle mura esterne sarebbe iniziata a giorni. Riario lo ricevette in camera, ordinandogli di fare il muro due volte più spesso e non usare più la tecnica dei muri a secco. Quando uscì dalla Rocca con in mano un sacchetto pieno di scudi, Nicolino pareva l’uomo più felice della città.
Il capo delle milizie cittadine, Teodoro Orgogliosi, diede il massimo appoggio alla nuova Signoria, in attesa che un piccolo drappello dell’esercito personale del Conte arrivasse alla città. Fu premura dell’armaiolo Guglielmo Manfredini affilare di nuovo tutte le lame senza pretendere un pagamento anticipato.
“O qui vi è molto senso civico, o stanno organizzando una congiura per farci fuori.” Girolamo si rigirò tra le mani una piuma, guardando fisso verso la finestra il cielo piovoso di giorno. Non ricevendo risposta, voltò il capo verso il letto dove se ne stava distesa Beatrice. Sugli occhi aveva i suoi occhiali “Mi state ascoltando o preferite continuare a navigare in un oceano di ignoranza? Non  è così che sarete ricordata come una buona reggente. E, per Dio, mettete via i miei occhiali!”
“Sono orrendi. Non voglio nemmeno sapere chi ve li ha costruiti.” Fu la risposta quasi catatonica della ragazza, che si mise seduta, sempre tenendoli sul naso “Non si vede nulla!”
“Per forza, hanno le lenti scure e oggi non vi è sole da schermare!” l’uomo guardò esasperato la moglie, prima di tornare a scrive la lettera per il Papa. Aveva premura di rispondergli, sapeva che al Pontefice non piaceva attendere. Un paio di braccia gli circondarono le spalle, mentre delle tenere labbra morbide si appoggiavano sul suo collo teso. Sospirò lentamente, chiudendo gli occhi per un istante e godendosi la sensazione di puro calore che Beatrice gli donava ogni qualvolta si faceva più vicina. Poi li riaprì, riprendendo a scrivere “Dovreste mandare a chiamare i Corbelli. Sono i bancari della città e dobbiamo far arrivare qui più soldi da Roma. Stamane ho ricevuto un artista che sembra promettente, un certo Merlozzo. Voglio fargli sistemare il convento di Santa Maria Pia e affrescare per me questa Rocca. È così spoglia da ferire lo sguardo.”
La moglie appoggiò gli occhiali sul ripiano dello scrittoio, prima di appoggiarsi ad esso con i fianchi, incrociando le braccia sul petto “Chiederò a Walmar di andarlo a cercare” rispose semplicemente “Voi dovreste rimettersi a letto e tenere la gamba distesa o quei punti non guariranno mai.”
“Mh.” Riario firmò la lettera, prima di prendere la cera lacca e creare il sigillo sulla busta, imprimendovi il simbolo papale. Chiamarono Walmar, che con una riverenza prese a carico di cercare la famiglia Corbelli e di far si che un messo corresse a Roma per consegnare la lettera.
Il Conte si fece aiutare docilmente da Beatrice  e si ristese sul letto, sentendo i punti tirare. La ferita era più profonda di quanto immaginasse e gli provocava non pochi dolori. Lei prese posto in parte a lui, iniziando a giocherellare con un piccolo foro nel copriletto “Non dovevate darmi lezioni di reggenza?” domandò la mora, alzando gli occhi sul marito.
Lui sogghigno “Non sembravate interessata pochi minuti fa.”
“Cercavo di capire il senso di quegli occhiali, ero distratta.” Si difese lei, con non curanza “Ora, però, pendo dalle vostre labbra.”
Riario alzò gli occhi verso il soffitto, muovendoli rapidamente come se stesse ricercando qualcosa nella sua memoria “Ditemi, Madonna, conoscete la Bibbia, vero?”
Beatrice mugugnò piano. Il momento era arrivato, avrebbe dimostrato al marito, fervente sostenitore della Chiesa del Signore, la sua profonda ignoranza “Qualcosa, Girolamo. Purtroppo non ho avuto il piacere di fare studi approfonditi quanto i vostri.”
“Ricordate la Decima Ecclesiaste?” attese un instante e davanti al silenzio prolungato della moglie, l’uomo sospirò “Cosa vi insegnavano a Firenze? Eccetto il saper usare la spada e le risposte sarcastica, ovviamente.”
Beatrice sbuffò, scocciata “Lo so, sono una peccatrice e vengo da una città di sodomiti” rispose, per l’appunto, con sarcasmo “Quante volte mi è stato detto alle spalle, a Roma. Peccato che io abbia occhi anche sulla nuca e orecchie che sentono assai bene!”
Riario decise di portare pazienza. Le rivolse solo un’occhiata di ammonimento, prima di proseguire il discorso “Nel sedicesimo versetto troviamo scritto ‘La felicità di uno stato dipende dal carattere dei suoi governanti’.” Recitò a memoria, quasi come se fosse la cosa più naturale del mondo. “Con ciò non sto di certo sostenendo che ora dovrete uscire dalla Rocca a lanciare monete come si lanciano briciole di pane ai pettirossi o per baciare le fronti di ogni bambino che incontrate. Il carattere di cui parlo è di tutt’altro tipo.”
“Ad esempio?”
Il Conte continuò a citare le Sacre Scritture con dedizione “ ‘Il popolo non può essere felice quando i loro capi sono infantili e amanti del piacere. La negligenza ha brutte conseguenze sia negli affari privati che nei pubblici. Il denaro, di per sé, non nutre né veste, sebbene risponda alle situazioni della vita presente, poiché ciò che ci serve, si deve generalmente comprare’ . Capite cosa intendo?”  
Beatrice corrugò la fronte, riflettendo su quelle parole. “Che non devo essere sciocca, né perdermi in piaceri fittizi?”
“Anche, ma soprattutto non dovete peccare di superficialità” Riario fece una pausa, prima di alzare una mano “Questa è la prima lezione, Beatrice. Devi essere sempre desta innanzi ai bisogni del tuo popolo, ricordando che il solo denaro non compra i favori. Ci saranno sempre nemici che non si lasceranno conquistare dall’oro e dall’argento degli scudi.”
La mora allungò il braccio, scostandogli dalla fronte i capelli neri come la pece “Se essi non bastano, cosa devo dare loro per conquistarli? Qualcosa mi dice che un sorriso non basta per conquistarsi amicizie tra i nostri detrattori.”
Riario piegò un angolo della bocca in un sorrisetto “Siete tenera, tanto siete ingenua. Nemmeno la più armonica delle risa innocenti potrebbero bloccare una lama diretta al vostro cuore. C’è una sola cosa che tiene un popolo calmo, sottomesso.”
“Ovvero?”
“La paura.” La giovane rabbrividì a causa del tono usato da Girolamo “Essa è, nel modo più assoluto, l’arma più convincente di cui possiamo disporre. Abbiamo voce in capitolo su ogni faccenda di ordine sia amministrativo, che legale, che spirituale. Non dovete avere pietà per coloro che vi tradiscono, affinché futuri atti contro la nostra Signoria vengano scongiurati.”
“Questo è quello che fate sempre, dopotutto.” Beatrice si mise seduta sul bordo del letto, dando le spalle al marito “Affogare le repliche della gente nel sangue. Non credete che un retto governante sia quello che fa così tanto per il suo popolo da invogliarlo a ricambiare queste premure?”
“La sete di potere è una brutta bestia, Beatrice. Ancora coloro che ti stanno più vicini bramano la tua fine, poiché visto dal basso, un trono sembra sempre più attraente.” Riario lasciò scivolare gli occhi lungo la schiena della moglie, trovando quasi sconfortante quel suo modo di non capire “Potresti anche venir ricordata come ‘La Magnanima’, per ciò che mi riguarda, ma dureresti poco.”
La ragazza scosse piano il capo, come incredula a sentire quelle parole così cupe “ ‘Nessuno vi potrà resistere; il Signore, il vostro Dio, come vi ha detto, diffonderà la paura e il terrore di voi per tutto il paese dove camminerete’.”
Girolamo inclinò il capo, compiaciuto “Deuteronomio, 11:25. Allora qualcosa lo sapete”
“Incredibile quanto, giorno dopo giorno, voi mi dimostrate sempre di più di essere un uomo di chiesa” sbottò con impertinenza Beatrice.
Il moro rimase impassibile a quella reazione “Cosa intendete?”
“Rispondete con sincerità, Conte: credete che la maggior parte degli uomini siano credenti poiché sentono la chiamata del Signore o perché temono le fiamme dell’Inferno?” la ragazza tornò a voltarsi verso di lui “Non è bello vivere una vita nella paura, Girolamo. Non poter far nulla poiché temiamo di venir condannati per una parola sbagliata. Sapete però qual è la differenza tra voi e il Signore?”
“State scadendo nell’eresia” sottolineò Riario.
Beatrice lo ignorò “Voi non  offrite la possibilità di perdono.” Si interruppe, scrollando le spalle “Quindi la prima lezione è che il popolo mi deve temere?”
Il Conte la guardò cupo, pensando se farle passare una tale impudenza oppure se farle chiedere perdono per le cose che aveva detto. Alla fine si arrese come sempre, non poteva farci nulla se sua moglie aveva quel tipo di carattere. Beh, poteva prenderla a schiaffi, farle passare una giornata sotto al sole, nella gogna, ma sapeva che non sarebbe servito a nulla. Ce l’aveva nel sangue “Se ci tenete alla vita, sì.”
Beatrice si alzò da letto, andando verso la finestra. Si appoggiò al muro lì accanto e guardò verso il cortile interno della Rocca, notando che stavano richiudendo il portone “Dev’essere arrivato qualcuno.” Disse sovrappensiero.
Non fece quasi in tempo a chiedersi chi mai potesse essere che bussarono alla porta. Riario diede il permesso di entrare e una Camilla particolarmente concitata aprì la porta di scatto, correndo da Beatrice e abbracciandola “Ecco la vostra complice, de’Medici” disse il Conte, alzandosi seduto per accogliere anche l’altra persona che stava entrando nella stanza, Severio Baldi.
Beatrice era così presa dall’amica da non accorgersi di cosa il vecchio servitore portava con sé “Non preoccupatarti Camilla, non si è adirato” la rassicurò, prima di abbracciarla nuovamente “Non sarei mai riuscita nel mio intento senza di te.”
L’altra ridacchiò sollevata, “Il mio è stato un piacere.” Poi prese a sussurrarle piano in un orecchio “Devo parlare con te di una cosa urgente, però.”
La bruna annuì “Dopo cena” rispose, prima di sciogliere quell’abbraccio e voltarsi verso il marito che si era schiarito la voce, come a voler attirare la sua attenzione.
“Baldi vi ha portato qualcosa di vostro da Roma, Madonna” disse alla consorte, mentre il servitore si avvicinava, porgendole poi un oggetto che ella conosceva bene.
“La spada di mio nonno!” disse felice, prendendola ed estraendola dal fodero come a voler verificare che fosse davvero lì, fra le sue mani “Davvero posso riaverla?”
“Forse è meglio che la teniate voi, almeno ho capito che siete in grado di usarla.”
“Meglio di voi, Conte” sottolineò la ragazza, sorridendo per quella piccola vittoria.
Riario non aggiunse nient’altro, prendendo una mela da un canestro posto sul suo comodino.
Sicuramente non era più abile di lui, ma aveva dimostrato una maestria invidiabile.
Senza contare che era scesa in battaglia, mossa solo da chissà quale sentimento.
Più di una volta Girolamo si era chiesto come fosse possibile che lei fosse arrivata nel momento giusto per aiutarlo. In un certo senso gli aveva salvato la vita e l’aveva fatto padroneggiando quell’istante.
Il dubbio rimaneva, tanto quanto quello che gli imponeva di levarle le armi.
Era una donna e non doveva combattere per natura. A lui però l’idea non infastidiva, anzi.
Lui era il primo a sostenere che ogni dono di Dio era, in qualche modo, utile.
Se quello era quello della moglie, beh, ‘che così sia’.
 
 
 

***


 
 
 
Il clima umido di quella zona si rivelò più clemente a partire dal giorno successivo.
Beatrice si era alzata, per una volta, prima del marito. Voleva parlare a Camilla visto che dopo la cena della sera precedente non avevano avuto modo di vedersi, ma trovandola ancora addormentata aveva optato per attendere che si destasse.
Il sole era già in cielo quando, presa dalla voglia di carpire qualche raggio di sole, era uscita nel cortile con un libro in mano. Si era seduta sotto ad uno degli alberi lì piantati, appoggiandosi con la schiena alla corteccia e reggendo  il libro contro le ginocchia.
Girolamo aveva seriamente intenzione di riprendere a camminare, stufo di tutte le possibile implicazioni che avrebbe portato il riaprirsi dei punti di sutura. La ferita non si era infettata, stranamente, ma lui sembrava voler colmare questa mancanza riprendendo a camminare due giorni prima di quelli che il medico aveva raccomandato.
Con questo ultimo pensiero – la testardaggine riguardo quel argomento del marito la indisponeva – aprì il libro e iniziò a leggere, perdendosi tra canti d’altri tempi.
Così coinvolta da quelle parole, che parevano danzare come foglie al vento nella sua testa, non si rese conto che non era più sola. Un uomo le si parò innanzi, schermandola dal sole. Fu la sua ombra a costringere Beatrice ad alzare il capo, portando una mano sugli occhi per proteggerli dalla luce, sorridendo non appena lo riconobbe “Ezio Brancacci, buongiorno.” Disse, facendo per alzarsi, ma lui le fece segno di rimaner comoda.
“Buongiorno a voi, Madonna. Passavo per il cortiletto e mi sono preso la libertà di venirvi a portare i miei saluti. Spero vogliate perdonarmi.”
“Non vi è nulla di cui dovervi perdonare. Vi prego, sedete e fatemi compagnia, vi devo molto” la giovane ragazza chiuse il libro, tenendo però un dito tra le pagine così da non perdere il segno. “Non vi ho ringraziato a dovere per non avermi denunciata durante l’assedio.”
“Grazie al cielo è andato tutto bene, non mi sarei mai perdonato se vi avessero ferita o peggio.” L’arciere prese posto accanto alla Signora, guardandola in volto.
Ella ricambiò quello sguardo, soffermandosi un poco ad analizzare i tratti di quel viso che, a causa della preoccupazione e della guerra, aveva a stento memorizzato. L’uomo era senza ombra di dubbio di bell’aspetto: alto, spalle larghe, in salute. Sembrava giovane,  ma non troppo, più vicino ai trenta che ai venti. Il viso sembrava quello di una statua greca, come quello dell’Ares che avevano in giardino, a Villa Orsini. Gli occhi azzurri sottili e i capelli ricci di un biondo dorato come spighe di grano mature lo facevano rassomigliare di più ad un abitante di una lontana terra del nord, ma l’accento tipico romano lo collocava laddove doveva stare. Erano pochi gli italiani a cui era concesso di entrare nell’esercito di Roma, composto quasi prevalentemente da guardie svizzere, ergo un suo antenato doveva essersi distinto nell’arte bellica e fatto un nome.
“Siete molto caro, Brancacci.” Beatrice distolse lo sguardo, dopo averlo studiato anche troppo “Se è in mio potere far qualcosa per ripagarvi, chiedete.”
Lui sorrise, come se per la mente gli passasse chissà quale pensiero “In vero una cosa c’è. Non sappiamo nulla sulla salute del Conte, solo che è ancora costretto a letto e che si rimetterà. Potete essere più precisa?”
“Girolamo ha una brutta ferita alla gamba che, nonostante non mostri segni di cancrena, è così profonda da faticare a rimarginarsi.” Spiegò la mora, portando una ciocca di capelli dietro all’orecchio mentre un venticello leggero la spettinava. “Si rimetterà presto, quello la è un leone, non un uomo.”
“Se lui è un leone, allora voi siete una tigre.” Replicò Ezio “In tutta Italia non si parla d’altro che delle vostre gesta, sapete?”
“Sul serio?” domandò Beatrice, stranita “Si è già saputo quel che è accaduto?”
“Si, Madonna. Beh, si sa che siete scesa in battaglia al fianco del Conte, il resto è stato inventato un po’ di qua e un po’ di la, man mano che la voce ha preso piede” spiegò il soldato “Ho sentito dire che siete già bella che temuta, Madonna, la gente mormora! ‘Quella tigre dì la Madonna di Forlì! Tutta spaventa la Romagna!’**. Così dicono alcuni contadini, li ho sentiti io stesso quando ho portato la lettera del Conte al messo a Bologna!”
La Contessa pareva sempre più basita “Ma non ho fatto nulla per meritarmi una simile nomea!”
“Avete decapitato Ordelaffi.”
“Io l’ho solamente fermato. È stato Girolamo a tagliargli la testa!” la difesa della giovane sembrava debole, nonostante le sue argomentazioni fossero vere.
“Non importa, ormai il popolo così v’ha giudicato. Vi temono molto e fanno bene. Siete la sposa del meno paziente degli uomini e siete donna. Si sa che le donne son più malevole degli uomini.”
Beatrice sbuffò “Pregiudizi continui, ecco il vero male del mondo.” Portò le mani ai capelli, passando le dita tra le ciocche e spostandole dietro, sul capo “Io che volevo instaurare un regime umanista, qui a Forlì. Girolamo sarà felice, lui dice che mi devono temere tutti e già lo fanno.”
Ezio la guardò ammirato “Umanista? Come i Medici, la vostra famiglia?”
“Esatto, festeggiando e celebrando il popolo invece di annichilirlo.” La ragazza sospirò, affranta “Quo mihi rectius videtur ingenii quam virium opibus gloriam quaerere”***
Brancacci sembrava sempre più preso da quel discorso. Gli occhi gli brillavano “Ah, Madonna, se il mondo fosse pieno di persone come voi, allora io non dovrei più combattere.”
“Mio fratello ci mette del suo e io del mio. Speriamo che altri prendano esempio anche se ne dubito.” Beatrice prese ad accarezzare il dorso del libro che ancora reggeva tra le mani con nostalgia. Ogni qualvolta ripensava alla corte di Firenze si rendeva conto di quanto le mancasse casa.
Ezio parve capirlo, così cambiò argomento “Vedo che state leggendo l’Inferno di Dante. Lettura mirabile.”
Beatrice riportò l’attenzione su di lui, prima di riaprire il libro “Dante era un fiorentino come me.” disse con una punta di orgoglio “Tutto ciò che ha scritto è geniale.”
“Amate un brano in particolare?” domandò curioso il giovane.
La ragazza ridacchiò “Quanto male pensereste se vi dicessi che io prediligo il quinto canto?”
“Paolo e Francesca, tipico delle donne!”
“Oh, questi pregiudizi!”
Ezio ridacchiò, prima di schiarirsi la voce e recitare con tono pomposo e accento sbagliato una parte di quel canto, forse la più nota “ ‘Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende, prese costui de la bella persona che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende’.”
Dal canto suo, Beatrice parve raccoglie quella sfida e nel più calcato degli accenti toscani rispose a tono “ ‘Amor, ch'a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m'abbandona’.”
Brancacci rise di cuore innanzi a tanta pomposità, coinvolgendo la ragazza. Stava per concludere  quello stralcio, quando notò qualcuno alla porta sul fianco della Rocca. Appoggiato ad un bastone da passeggio, volto verso di loro, se ne stava il Conte. Beatrice non poteva di certo vederlo, visto che gli dava le spalle, ma l’espressione dell’uomo era tutt’altro che serena. Brancacci si incupì un istante, prima di rivolgersi di nuovo alla giovane  “ ‘Amor condusse noi ad una morte: caina attende chi a vita ci spense’. È stato un piacere parlare con voi Madonna, ma tempo di non poter tardare oltre.”
La mora annuì, mentre questi si alzava in piedi. “Vi lascio tornare alle vostre incombenze dicendovi un’ultima cosa: sapevate che la donna che tanto bramava Dante portava il mio nome?”
Brancacci sorrise, tiepidamente “Egli era un uomo fortunato Madonna, poiché anche se non ha mai avuto il suo amore, è sempre stato parecchio lontano da ella. Lo posso comprendere però. Non vi è nulla di peggio che cader folle d’amore per una donna che non si più avere.” Fece una piccola riverenza “Buona giornata, Madonna.”
Beatrice lo guardò allontanarsi in fretta, salutando Camilla che stava correndo nella direzione della ragazza. Non capiva il perché di quell’allontanamento rapido.
L’amica però la distrasse a sufficienza “Devo dirti una cosa importante.” Sussurrò, dopo aver controllato che nessuno fosse in ascolto. Il Conte doveva essere rientrato, visto che non vi era anima viva nel cortile.
“Or dunque parla, sembra qualcosa di molto importante.” La sollecitò Beatrice.
Camilla prese un respiro, prima di iniziare a parlare, torturandosi le mani “Simonetta, lui….Mi ha avvicinata, mentre mi fingevo te.”
“Non ti avrà importunata, voglio sperare.”
Madonna Colonna scosse il capo “Peggio, invero. Sta cospirando per uccidere il Conte Riario e voleva il mio aiuto. Il tuo aiuto, Beatrice.”
La Contessa sgranò gli occhi, prima di appoggiare una mano sulla spalla dell’amica “Camilla, dimmi tutto ciò che ti ha detto.”
 
 


***

 

 
 
Beatrice non aveva esitato.
Appena sentito tutto ciò che Camilla aveva da riferirle, la mora tornò verso i suoi alloggi, trovandoli insolitamente vuoti. Riario sedeva nella biblioteca della Rocca, su di una poltroncina bardata di tessuti color borgogna. Quando le vide arrivare così di fretta appoggiò un volume che stava reggendo su di una coscia, chiedendo alle due donne cosa  mai fosse avvenuto.
Beatrice non sapeva bene come dare una simile notizia; Francesco Simonetta era il guardiano della Rocca Sforzesca di Imola prima ancora che lì vi ci si insediasse il Conte, due anni prima. Sembrava un uomo da bene, mai aveva dato alito a dubbi sulla sua buona fede.
Così, dopo un piccolo tentennamento, riferì fedelmente quello che Camilla le aveva detto. Il Conte non fece una piega, ascoltando attentamente le parole della moglie prima di chiedere a Camilla di ripetere esattamente ciò che Simonetta le aveva chiesto di fare. Alla fine di quel breve colloquio mandò a chiamare Grunwald, incaricandolo di portare immediatamente Simonetta alla Rocca di Ravaldino.
Con la moglie…. E i tre figli.
“La seconda lezione è il proseguo della prima” tenendo la moglie a braccetto da un lato e il bastone da passeggio nell’altro, per non mettere tutto il peso sulla gamba ferita, Riario camminava per i corridoi del castello, verso la sala principale. Non l’aveva ancora visitata “Dovete sapere, Madonna, che la cosa più importante per un governante è la schiettezza.  Dovete essere in grado di inviare messaggi chiari a tutta la cittadinanza se volete che essa vi prenda sul serio.”
Beatrice annuì, voltandosi per guardare il profilo spigoloso dello sposo “Che tipo di messaggi?”
“Di qualsiasi tipo” proseguì Girolamo “A seconda della situazione in cui vi trovate, dovete essere in grado di mostrare una posizione ferma. Vi farò un esempio pratico ora…” un paio di guardia spalancarono per loro il portone che conduceva al salone e lì Riario si bloccò un istante per osservare il mirabile lavoro che sua moglie aveva fatto, nell’apportare cambiamenti all’arredamento. Le pareti spoglie erano state sostituite da tendaggi rossi e dorati, in richiamo ai colori simbolo di Roma. La sala si spezzava a tra quarti della sua lunghezza grazie a quattro gradini e nella zona più piccola, innanzi a due grandi vetrate, c’erano due grandi sedie simili a quelle che avevano a Imola, che stavano la schiena alle finestre e il volto sul resto della sala. Sopra a quelle specie di troni vi era, in grande, l’arazzo raffigurante i blasoni delle due casate, Riario e de’Medici, finemente ricamato a mano dagli Orsi e abbelliti con autentici fili d’oro “Mirabile opera, Madonna.” Disse Girolamo, una volta preso posto su una delle sedie. Si allungò sui braccioli imbottiti, sempre di tessuto vermiglio, voltando il capo verso la moglie che si era seduta accanto a lui “Avete preso alla lettera le mie istruzioni, facendo addirittura meglio di quanto mi aspettassi.”
Il salone era pieno di famiglie nobili o comunque benestanti, di Forlì. Tutti mostrarono i loro omaggi alla famiglia della città, una volta entrati nel salone.
Beatrice annuì piano, voltandosi a sua volta a guardarlo “Mi ha stupito la vostra richiesta di abbellire il salone dove riceviamo, sapete? Non credevo foste così legato alle apparenze.”
 “Esse sono fondamentali.” Sottolineò l’uomo, facendo un piccolo cenno a Grunwald, il quale uscì con una piccola riverenza “Un’altra regola è quella che recita che un buon governante riesce ad impressionare il popolo e gli altri signori con lo sfarzo. È sempre stato un punto fondamentale della mia famiglia, e mi pare di aver notato anche della vostra, il dimostrare grandezze in questo modo.”
“Non mi avete citato un brano della Bibbia in cui specificava che il denaro né veste né nutre?” chiese affabile la ragazza mentre diverse guardine si disponevano lungo le logge ad arcata della stanza, armati. Beatrice corrugò la fronte cercando di capirne il motivo.
“Ho anche detto che però è indispensabile, poiché tutto ha un prezzo al nostro tempo.” Rispose Riario, prendendo una mela da un cesto, posto su una piccola colonnetta, alla sua sinistra.
“Comprate la paura con l’oro, quindi?” domandò sarcastica Beatrice.
Lui sbuffò, non era chiaro se esasperato o divertito “No, l’ammirazione. Anch’essa è molto importante, non vorrete di certo essere ricordata come una Contessa rozza. Il decoro è una facciata molto più raffinata di quanto si possa immaginare.” Le porte furono aperte nuovamente e da esse entrarono una decina di guardie svizzere, che portavano con loro l’intera famiglia Simonetta. Beatrice si diede della stupida, doveva immaginare il motivo della loro presenza lì. Era palese che Riario avrebbe preso provvedimenti “Torniamo alla lezione numero due, Madonna. Inviare un messaggio.”
“Per questo motivo avete richiesto alle famiglie nobili e quelle dell’alta borghesia di venire qui, oggi? Per mostrare loro di cosa siete capace?”
 Girolamo guardò la moglie con la coda dell’occhio, facendole capire che aveva centrato il punto.  Prese a sbucciare la mela con la punta del pugnare che sempre portava in vita e, senza alzare gli occhi da essa, domandò “Grunwald, fate avvicinare Francesco Simonetta.”
Il consigliere venne afferrato per le braccia da due guardie ed esse lo spinsero fino innanzi alle due sedute dei Signori, facendolo poi inginocchiare a terra. Beatrice notò che aveva i polsi legati con una fune piombata e il volto era livido, come se avesse subito diverse percosse. Egli alzò gli occhi su di lei, guardandola implorante. “                           
“Francesco Simonetta” la voce chiara di Riario scandì quel nome, facendo sussultare anche la moglie, non solo il prigioniero. Mangiò un pezzetto di mela, sistemandosi sulla seduta per stare più comodo “Voi siete accusato di crimini assai gravi, tra cui l’aver cospirato alle mie spalle e l’aver tentato di utilizzare mia moglie come veicolo per un tale infimo scopo. Cosa avete da dire, a vostra discolpa?”
L’uomo rimase in silenzio, spostando lo sguardo sui gradini di granito. Riario gli concesse qualche istante, prima di appoggiare la male con un sospiro che voleva sembrare fin troppo esasperato “Cosa devo fare con voi, adesso?” si alzò, appoggiandosi sul bastone da passeggio e camminando lentamente verso di lui. Grunwald si avvicinò, permettendo al Conte di appoggiarsi a lui mentre scendeva i gradini. Quando fu davanti a Simonetta allungò il bastone da passeggio, portandolo sotto al mento del prigioniero per costringere ad alzare il capo “Sapete, siamo sotto la giurisdizione di mia moglie, Beatrice. Entrambi ora dovremo convincerla o a liberarvi o a condannarvi tutti a morte…”
“Per pietà, no!” Francesco alzò il capo di scatto, voltandosi verso Madonna de’Medici, supplicante “Fate di me ciò che desiderate, Madonna, ma permettete alla mia famiglia di salvarsi.”
Beatrice si morse il labbro, prima di cercare lo sguardo del marito. Lui però stava camminando attorno a Simonetta, dopo aver fatto segno alle guardie di allontanarsi da lui. Aveva così paura da essere del tutto inoffensivo. Quando finalmente Riario volse gli occhi verso la moglie, sorrise appena “Permettete che io prosegua, vero?”
La mora sospirò, annuendo piano “Sì.”
Riario si voltò verso il drappello di guardie, indicando la moglie di Simonetta “Portatela qui, che faccia compagnia al marito!”
Francesco si voltò di scatto “Cristina! Vi prego! Aspetta un bambino, trattatela con riguardo!”
Beatrice distolse un istante lo sguardo, mentre uno dei mercenari svizzeri staccava violentemente i due gemelli dalle sottane della madre, sospingendola poi verso il marito. Riario la fece inginocchiare davanti a lui, ponendosi poi alle sue spalle per guardare a meglio Simonetta “Non è gradevole quando usano vostra moglie per certi scopi, vero?” domandò cattivo, guardandolo negli occhi mentre lasciava cadere il bastone, afferrando Cristina per i capelli e portandole indietro il capo “Voi volevate che la mia mi uccidesse, io pretendo invece che la vostra vi insegni una lezione.” Prese lo stiletto dalla cinta, portandolo alla gola della donna.
“Vi supplico!” Francesco gridò, mentre non riusciva a staccare gli occhi dalla sua povera consorte, che piangeva disperatamente.
“Girolamo!” Beatrice cercò inutilmente di attirare l’attenzione del Conte.
“Proteggi i b-bambini.” Singhiozzò Cristina.
“No, vi prego, Conte, no!”
Le preghiere di Francesco di infransero, mentre la lama squarciava la carne. Beatrice si alzò di scattò, senza nemmeno sapere cosa voleva fare. Fu tutto inutile.  Il sangue colò a fiumi dal collo di porcellana della povera donna, mentre Riario la lasciava cadere in avanti. Un fiume vermiglio prese a scorrere sul pavimento, arrivando alle ginocchia di Simonetta “Voi! Schifoso bastardo, figlio di una cagna! Mostro! Avevate detto che vostra moglie doveva decidere!”
Riario non diede segni di pentimento. Prese il bordo della gonna di Madonna Cristina, ripulendo accuratamente la lama. “Non si parlava di certo del destino di vostra moglie, ma del vostro.” Chiarì, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Poi si alzò, recuperando il bastone. “Chiedo che questo traditore sia condannato a morte, ora che ha provato cosa significa l’utilizzare la propria sposa per scopi scellerati.”
Beatrice balbettò “Io….”
Il Conte tornò verso le seduta, affiancandosi a lei e sussurrandole piano ad un orecchio “Dovete inviare un messaggio a tutti questi nobili. Voi non conoscete la pietà verso coloro che cercano di usurpare i vostri titoli. Dovete farglielo vedere.”
La mora rimase in piedi, mentre Riario prendeva posto, recuperando la mela e riprendendo a mangiare con tranquillità. Che decisione prendere?
Passò gli occhi sulla folla, che pendeva dalle sue labbra, poi su Francesco Simonetta che se ne stava chino sul corpo della moglie, singhiozzante, accarezzandole i capelli chiari lentamente.
Strinse i pugni, chiudendo un istante gli occhi. Si sentiva male al pensiero di ciò che stava per fare, ma sapeva che era il solo modo per non ritrovarsi poi la Rocca assediata dai nobili della zona, in cerca di indipendenza dalla Santa Sede. L’aveva visto fare, una volta: Lorenzo aveva condannato a morte più di un uomo che aveva attentato alla vita dei Medici. Poteva riuscirci.
Doveva farlo.
“Io, Beatrice de’Medici, Signora di Forlì….” Fece una pausa, prendendo un respiro profondo “Ordino che voi, Francesco Simonetta, veniate giustiziato domani all’alba. Il vostro reato è troppo grave affinché io possa passarci sopra. Avete cospirato alle spalle della vostra Signoria, quindi…”
“Il cappio.” Suggerì Riario.
La moglie si voltò verso di lui, prima di tornare a guardare il condannato “Per il reato di congiura, siete condannato a penzolare da una fune.”
“Nella piazza cittadina, laddove tutto potranno vedervi” terminò il Conte “Grunwald, portatelo via.”
“Cosa ne facciamo dei bambini?” chiese il Capitano.
“Loro li risparmiamo” disse Beatrice, guardando i due gemelli di tre anni stretti alla sorellina di cinque.
“Sapete vero che, una volta cresciuti, cercheranno giustizia?” domandò Girolamo, con tono ovvio.
Madonna de’Medici parve non ascoltarlo, visto che ci aveva già pensato “La bambina verrà portata nel Convento delle Beatissime, a Rocca Santa, mentre i due bambini, ancora troppo giovani per conservare ricordi, saranno inviati a Roma, nel monastero dei benedettini.” Beatrice tornò a sedersi sulla sedia, mentre le guardie portavano via la famiglia Simonetta, compreso il cadavere della povera Cristina.
In un ultimo sguardo, Francesco le parve quasi grato. Aveva quanto meno risparmiato i suoi figli, non si aspettava di certo nella sua clemenza.
Le porte si richiusero e Riario si voltò verso la consorte “Non sei stata abbastanza di polso, ma possiamo lavorarci. Io avrei fatto impiccare l’intera famiglia, non meritavano altro.”
“Credo di aver mandato un messaggio chiarissimo. I bambini sono innocenti, Girolamo.”
Cadde tra loro il silenzio, rotto solo dal chiacchiericcio degli ospiti.
Beatrice si alzò dopo poco, allontanandosi da quella sala, nauseata da se stessa.
Come poteva esser giusta una cosa così sbagliata?
Come poteva servire un Signore come Riario se non riusciva a reggere quella decisione? Stroncare le vite dei briganti e in battaglia non era come decidere a tavolino delle sorti di un uomo, per quanto grave fosse la sua colpa.
Si chiese se ci fosse un modo di mettere a tacere a coscienza, poiché così sarebbe stata sempre più dura preservare la sua posizione.
 





 

***

 
 


 
16 Giugno, 1476
Non oso nemmeno immaginare quanto brutto sia veder morire innanzi ai tuoi occhi una persona amata. Dev’esser come sentire il cuore strappato dal petto ancor palpitante e straziato lì, innanzi al tuo sguardo. Come si fa a continuare a vivere quando una parte della tua anima è perduta per sempre?
Forse è per questo che Simonetta si è abbandonato alla morte, abbracciando sereno la via del Cristo. Espiando così i suoi peccati.
Lui si è ricongiunto  alla sua Cristina, che sia essa in Paradiso o tra le fiamme dell’Inferno, ora sono insieme.
Cosa dire, però, di me?
Dove mi porterà  la mia infatuazione per Riario?
…. Mentre seguo una scia di chicchi di riso e petali di rosa, essa mi conduce  ad un ambito sepolcrale****. Sento la mia anima che lentamente si sporca di nero maligno, ma non ho il cuore di lasciarlo, di tentare la fuga.  Quando il giorno delle nozze  ho deciso di seguirlo, ho capito dopo poco che mi avrebbe condotta in un baratro senza via di ritorno. È come se, amando Girolamo, avessi accettato di finire i miei giorni in una pozza di sangue.
Non importa quante volte intingerai la nostra fede nuziale nel veleno, non smetterò mai di sperare che un giorno tu possa comprendere il profondo significato della vita umana.
 

 
 
 

Continua

 
 
 
 


 
 
*Ho disegnato io stessa il blasone dei Riario-de’Medici:
https://fbcdn-sphotos-c-a.akamaihd.net/hphotos-ak-prn1/936433_510992445622950_642216850_n.jpg
** Frase riferita a Caterina Sforza, contessa di Forlì nella storia reale.
*** ‘Perciò mi sembra più giusto cercar la gloria con le doti dell'intelletto che con la forza fisica’ Sallustio, De Catilinae Cognurationem.
**** Citazione da una vecchia FF a cui ho lavorato con la mia migliore amica, Michela. Mi sembrava giusto riportarla, visto che quella storia non è stata più postata.
 
 
 
 
Nda.
Ce l’ho fatta, eccovi anche il decimo capitolo!
Intanto grazie a Maia per la betatura celere, nonostante la maturità e fatti e mazzi suoi!
Grazie alle sei persone che mi hanno recensita, ovvero Lechatvert ( <3 ), Eagle (dove sei sparitaaa??), Yoan ( <3 ), _Coco (Madonna Riario <3), Nikka deep e alle due new entry, ovvero Morthien che ha recensito il capitolo uno e Jiuliet96!
Grazie a tutte, siete speciali e vi adoro.
Grazie anche a chi ha messo la storia tra le preferite o le seguite.
Ci sentiamo nel prossimo capitolo con un ballo alla corte degli Este!
Un abbraccione
Jessy. 
  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Da Vinci's Demons / Vai alla pagina dell'autore: Chemical Lady