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Autore: xmanu    25/06/2013    3 recensioni
Questa fan fiction, riguarda una ragazza di 15, Emily, che combatte contro gli insulti, le prese in giro e giudizi degli altri, è vittima di bullismo psicologicamente e per sfogarsi, oltre al piangere si autolesiona con una semplice lametta, ma grazie a un ragazzo guarisce da questa 'malattia'. Questo ragazzo riesci a salvarle la vita e a migliorarla.
Ritornerà la ragazza solare che era.
Genere: Guerra, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Niall Horan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo


"Stai zitta mamma, sono stanca, sono andata a letto tardi ieri sera per il mal di pancia, lasciami dormire un pò in pace" risposi molo freddamente.
In parte avevo ragione, avevo dormito poco, ma non per il mal di pancia, ma per il continuo e forte dolore al polso sinistro, perennemente coperto da bracciali.
 
Mi alzai e il forte mal di stomaco, dettato dalla fame, si fece spazio dentro il mio ventre.
Mi alzai e velocemente mi sfilai il pigiama e indossai una maglietta bianca a scollo 'v' coperto ovviamente sotto da un top ed un paio di pinochietti dello stesso colore del top, grigio.
Una ragazza normale solitamente averebbe scelto un vestito o comunque colori molto appariscenti, ma a me non piaceva stare in gruppo o essere notata, non perchè non sono una persona solare o a cui non piace avere amici, ma ho paura perenne di essere poi giudicata.
Scesi in cucina e guardando l'orologio corsi a prendere lo zaino e una frutto e corsi fuori da casa, lasciando un bacio sulla guancia di mia madre salutandola, poichè ero in ritardo.
 
Arrivai a scuola in tempo per buttare il torsolo della mela nel cestino prima di entrare nella struttura. Entrai nella accoglienza della mia migliore amica, non che unica. 
 
"Emily, pensavo non venissi più!" disse scherzosamente la mia amica Charlie
"Pensi male, che lo sai che ti rovinerò la vita fino all'ultimo mio respiro" risposi con un finto sorriso che precedette l'acuta risata di Charlie.
 
La campanella suonò e interruppe la nostra conversazione.
Ci dirigemmo verso la classe di trigonometria, di cui ovviamente nessuno capisce nulla senonché gli sfasi della professoressa Bundin.
Entrai per prima per evitare le occhiate delle stronzette dalle minigonne talmente corte che potevano passare per delle cinture un po' spesse.
Mi posizionai al banco accanto alla finestra in fondo.
Purtroppo accanto a me si sedette la più troia delle troie: Lottie.
Si credeva figa perchè è la sorella del ragazzo più bono della scuola, di cui ovviamente io sono cottissima.
Mi fece un occhiata cupa per poi avvicinarsi alla sua amica e sussurrarle qualcosa di talmente divertente che fece scoppiare a ridere le due ochette.
Io le fissai per un momento per poi seguire la lezione ignara di ciò che stava succedendo un banco più in là.
 
Mezz'oretta dopo, una pallina di carta mi colpì poco più sotto del lobo del mio orecchio destro.
Cadendo a terra fece un piccolo tonfo che fortunamanete passò inosservato alla prof.
Lo raccolsi e lo aprii leggendo nella mente:
 
''Ehi cagna, impara un po' a vestirti''.
 
Un pizzicore invase i miei occhi.
Presi una penna girando il foglio e scrivendo: 
 
''Perchè mi odi?''
 
Rilanciando il foglietto sul banco di Lottie la osservai scrivere molto velocemente per poi riavere lo stesso foglietto un poema scritto in piccolo:
''Sei brutta e non piaci a nessuno,
Sei grassa e per questo fai schifo a tutti,
Hai gusti musicali orribili e per questo tutti ti prendono in giro,
Non sai vestirti e quando indossi qualcosa o ti allarga i fianchi già poco magri o è roba fuori moda a vecchia.
Tutti ti odiano, perchè non dovrei odiarti anche io allora?''
 
I miei occhi si inondarono di lacrime, nascosi nella tasca dei pantaloni una lametta smontata da un temperino e percorsi la classe arrivando davanti alla cattedra, avevo intanto ancora il foglio in mano e le mie lacrime iniziavano a bagnare le mie superga bianche.
Passai davanti alla prof che mi guardava sbalordita e, minacciandomi con una nota se non fossi tornata al mio posto, le lanciai un sonoro ''vaffanculo'' prima di uscire dalla classe e correre in bagno.
  
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