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Autore: Sekunden    26/06/2013    0 recensioni
[http://it.wikipedia.org/wiki/Celeste_2]
Perché piangere, Celeste? Tua sorella non era più disposta a dar via se stessa per avidità e lussuria, al contrario era pronta a seguirti ovunque.
La tua Claretta era finalmente tornata dove sarebbe dovuta restare, nel posto che tanto bramava: vicino a te, vicino al tuo cuore… per sempre.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Sekunden.
Titolo: Sempre y para siempre, Clarita.
Fandom: Celeste, siempre Celeste/Celeste 2;
Genere: drammatico, maliconico, triste.
Desclaimer: i personaggi appertengono agli aventi diritto.
N.d.A: Sono certa che quasi nessuno capirà di chi sto parlando. Posso dirvi che “Celeste” è una telenovela anni novanta che mia madre vedeva con molta euforia, un po’ come me con le serie tv americane. Ultimamente ho avuto modo di guardare la seconda serie, “Celeste, siempre Celeste”. Mi sono innamorata della trama, folle e spesso assurda, ma soprattutto della psiche dei personaggi e della spaventosa bravura degli attori. Andrea Del Boca è la regina delle telenovelas argentine, lei probabilmente la conoscerete. Ciò che ho notato è come ci siano elementi spesso utilizzati in serie che guardo ora, come The Vampire Diaries, Pretty Little Liars e simili. Quindi, vi invito a leggere qui la trama. Se sapete di cosa sto parlando, allora vi anticipo che scrivere questa shot è stata dura. Ho quasi pianto, perché Clara è il mio personaggio preferito, perché l’ho sempre preferita alla povera ed innocente Celeste. Il suo carattere mi rispecchia un po’ (certo, non sono così bastarda!) e adoro il modo in cui ci hanno mostrato i suoi punti deboli. Buona lettura.

 

•••


Unica, sola al mondo. Quella sensazione la si prova anche in circostanze poco consone, magari quando le proprie mani scorrevano sul corpo scolpito di un latino americano, uno dei tanti che, non appena scrutavano due occhi celesti e al contempo infuocati, bruciavano davvero e volevano consumare quel fuoco in un istante. 
Probabilmente è il modo in cui ancheggiava, o il tono di voce pericolosamente sensuale.
La rosa rossa e spinosa che reggeva con due dita, accompagnava un altro tentativo di sopravvivere. Clara non sorrideva, si limitava ad osservare. I suoi occhi non brillavano, ma accecavano qualsiasi iride. Il corridoio di quella casa era sempre più lungo, specie quando tornava alle prime luci dell’alba. Aveva già dimenticato il tocco famelico di quell’uomo, perché non si sentiva più appagata come prima. Il vestito nero come la pece metteva in risalto le sue curve, ma non vedeva l’ora di toglierlo di dosso. Si sentiva sporca, ma al contempo potente.
In fondo, la sua vita era quella: cercare il Potere, senza guardare in faccia a nessuno.
Perché gli uomini la temevano? Erano tutti sciocchi, non si ribellavano mai. Obbedivano, la fissavano sconvolti dalla sua bellezza e dal suo modo di fare. Clara non voleva questo trattamento, al contrario, avrebbe voluto sentirsi urlare quanto facesse schifo, quanto fosse egoista e narcisista.
Quel sogno sembrò realizzarsi, si illuse di potercela fare.
Nonostante l’impulsivo gesto di cambiare vita, di essere chi non era mai potuta essere, ella si era ritrovata sedotta e abbandonata. Non le era mai successo, non poteva esistere un mondo in cui sarebbe stata scartata. La sua femminilità urlava, in preda al panico, poiché potesse ritornare a brillare. A cosa serviva, poi? Ogni complimento era vanità, ogni singola dichiarazione d’amore era guidata da ossessioni continue. Clara non credeva nell’amore, nelle dolci parole e nel ‘per sempre’.
Gli uomini non erano capaci di amare, né lei riusciva a farlo.
Così, quando si ritrovò a dover lottare per avere l’uomo della ‘sua vita’, non si rese conto che stava sbagliando ancora una volta. Franco la detestava, era disgustato dalla sua presenza in camera da letto. Avrebbe voluto cacciarla a pedate, rimpiazzarla con quell’altra… sua sorella.
Già. Clara ricordava perfettamente il giorno in cui aveva scoperto di avere una sorella gemella. Quelle foto la spiazzarono, rendendola più debole di quanto non lo fosse mai stata.
I capelli biondi e ricci, gli occhi chiari di un angelo e un sorriso compassionevole; lei era Celeste, sangue del suo sangue, colei che Clara non sarebbe mai potuta essere.
Perché, si chiedeva. Come aveva potuto un’ingenua ragazza, incapace di passarsi del fondotinta, rubare la sua felicità? A cosa era servito donare il proprio corpo e vivere solo per renderlo sempre più bello e seducente?
Era stata abbandonata, non aveva vissuto la vita che le spettava. Odiava Celeste con tutta la sua anima, se mai ne avesse una. Quel sentimento così negativo la stava divorando, non riusciva a capacitarsene.
Una sorella gemella, capace di essere migliore. Eppure, Clara l’avrebbe desiderata al suo fianco, pronta a consigliarle cosa fosse giusto e cosa sbagliato; si sarebbe confidata con lei, le avrebbe chiesto come si impara ad amare, come si apre il proprio cuore; sarebbe stata il suo esempio, ma anche lei avrebbe fatto da maestra. Era troppo tardi, però. Una vita passata in compagnia di tante persone, ma in realtà da sola.
Clarita… voleva sostituire sua sorella, amare suo marito e suo figlio. Abbandonare se stessa, crearsi un’identità che non le apparteneva; infatti, non sarebbe mai stata Celeste.
Clara era sempre la solita donna vissuta, piena di vizi e vogliosa di nuove avventure.
Nonostante tutto, quella sua estenuante ricerca della felicità e dell’amore l’avevano consumata, resa folle e indomabile, perfino da se stessa. Doveva accettare la sua identità, il suo passato e ciò che l’aveva resa.
Così, appunto, aveva trovato l’illusione di amare nelle parole colme d’odio del marito di sua sorella, che – in un momento di grande debolezza interiore – le aveva permesso di prendere il suo posto.
Celeste era viva, pronta a riprendersi ciò che le apparteneva da sempre. Quella donna dai capelli neri e gli occhi chiari, cercava aiuto.
Continuava i suoi giochi maliziosi, escogitava nuovi piani per rovinare la vita ad una ragazza innocente; tutto questo, perché non voleva tornare ad aver paura: tremare la notte, piangere continuamente perché non aveva la possibilità di provare una tenerezza qualsiasi. Clara desiderava un abbraccio sincero, una parola di conforto.
Spesso diceva che preferiva gli insulti alle frasi melense, proprio perché essi erano frutto della verità. Così era sicura che nessuno le stava mentendo, che tutto si basava sul carattere e non sul fisico mozzafiato. Non serviva più essere belli fuori, perché ella voleva essere pura dentro, anche se non ci riusciva.

«Clara, buon compleanno, sorella.»

Una pistola in mano, al limite della follia. Quelle parole la distrussero, le fecero perdere la memoria.
Non sapeva che quel giorno era il suo compleanno, aveva sempre creduto fosse il 5 Agosto, non il 1 Settembre. I suoi occhi erano lucidi, stava per uccidere sua sorella che le aveva appena fatto gli auguri di buon compleanno.
Così era davvero questa la fine della mente di un essere umano? Era arrivata a desiderare veder scorrere il suo stesso sangue, da un corpo identico al suo?

Clara dimenticò di essere stata adottata da una prostituta, di aver vissuto come moglie di un uomo perverso che l’aveva comprata a soli sedici anni. In quell’istante, si sentiva solo la sorella di Celeste, la sua copia, ma con un temperamento differente. Era una sensazione bella, perché riusciva a provare qualcosa.
Sì… ogni notte di sesso, ogni follia, ogni sotterfugio; tutto era svanito nel nulla. Perché cercare l’amore di un uomo, quando avrebbe potuto benissimo cominciare da sua sorella?
Anche se quella notte scappò via, urlando “stupida” per la milionesima volta, non riuscì a dormire dall’emozione. Si alzò, convinta di aver capito cosa fare, perché finalmente il suo cuore riusciva a parlare.

«Celeste è mia sorella e sento che le voglio bene.»

Dopo anni di odio profondo, una luce stava spaziandosi in Clara.
Quante volte si era sentita dire che la differenza tra sua sorella e lei era evidente; i suoi occhi erano di ghiaccio, spenti e oscuri; la sua pelle era chiara, ma non luminosa e viva; il suo volto era particolarmente bello, ma non angelico e rassicurante; le sue mani non erano calde, ma fredde come l’inverno più rigido.
Quel sentirsi inondare da buoni propositi fu come liberatorio, perché finalmente i suoi occhi celesti, come la sorella, davano uno spiraglio di purezza d’animo.
Era decisa a farsi perdonare, a tornare da Celeste e Franco, a dir loro che le dispiaceva. Non solo, voleva ricominciare e dimenticare chi fosse, perdendo quelle qualità da felina che la contraddistinguevano. Non le interessavano più, perché dopo tanto egoismo era arrivato il momento di fare del bene.
Il fantasma del suo passato andò via, non appena sorrise.

«Le voglio bene, zia. Sono qui ad implorarle perdono. Mi dispiace, davvero.» 

Sorrise ancora, sua sorella stava arrivando. L’avrebbe abbracciata, senza più il bisogno di volerla morta. Al contrario, le avrebbe augurato il meglio.
A Clara brillavano gli occhi, specie quando sentì la voce dolce e confortante di Celeste. Voleva voltarsi, correre da lei e raccontarle tante cose, ma non ci riuscì: sentiva tutto girare, probabilmente era l’emozione? Clara non respirava più, aveva chiuso le palpebre dopo aver bevuto un sorso di quel tè. Eppure, avrebbe giurato che la voce della propria sorella la stava chiamando con insistenza. Sorrideva, la sentiva vicino a lei, percepiva le sue mani calde e morbide sul suo petto. 

«Clara, no!»

Perché piangere, Celeste? Tua sorella non era più disposta a dar via se stessa per avidità e lussuria, al contrario era pronta a seguirti ovunque. La tua Claretta era finalmente tornata dove sarebbe dovuta restare, nel posto che tanto bramava: vicino a te, vicino al tuo cuore… per sempre.
Le foto di una donna splendida e capace di ammaliare chiunque restavano intatte, pronte a testimoniare la vita tormentata di un’anima schiava del male, ma che alla fine era riuscita a trovare redenzione.
Clara è morta, ma non è mai stata così viva. Finalmente, lo sarà sempre e per sempre.

   
 
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