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Autore: Molly182    26/06/2013    2 recensioni
“Questo sarebbe il momento in cui io ti dovrei baciare”, aveva sussurrato a pochi centimetri dalle mie labbra.
“Questo sarebbe il momento in cui tu dovresti farlo”.
Nella penombra avevo visto comparire un sorriso sulle sue labbra e pochi secondi dopo le sentii appoggiate sulle mie.
“Mi piaci molto, Allyson”, mi aveva sussurrato. Mi stavo davvero convincendo che quel ragazzo non fosse solo un completo idiota, ma sapeva essere dolce e romantico. Eppure mi stavo facendo abbindolare da un ragazzo che probabilmente avrei rivisto chissà quando. “Non mi scappi, ora sei mia”, però mi piaceva e non potevo fare nulla.

“Ally ci sei?”, mi chiese Sally sventolando una mano davanti ai miei occhi cercando di portarmi alla realtà.
“Ehm…sì, scusa”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alex Gaskarth, Jack Barakat, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Chap dodici.
“Buongiorno Jack”, annunciai al ragazzo che era intento a mangiare dei cereali col latte indossando solo dei boxer. Ormai ritrovarsi Jack in cucina era diventata un’abitudine nelle ultime due settimane. Tra poco gli avrei fatto pagare l’affitto o almeno gli avrei chiesto i soldi per la spesa visto che solo lui si faceva fuori metà delle nostre provviste.
“Ally!”, salutò lui con un semplice gesto della mano continuando a mangiare.
“Hai dormito ancora qui?”
“Beh, di sicuro non è un mio hobby andare in giro in boxer a fare colazione a casa degli altri”, disse scherzano.
“Ah no?”, gli chiesi ridendo. “Beh, tu sei Jack Barakat!”, affermai. “Ci si può aspettare tutto da te!”
“Vedo che si sta diffondendo la notizia”
“Sarà un tormentone”, gli dissi continuando a ridere prima di diventare momentaneamente seria. “Quindi tu e Sally…. Beh… mi hai capito…”
“Mi stai chiedendo se abbiamo scopato?”
“Oh no, lo so perfettamente quello... ”, dissi nascondendo una risata che stava per uscire. “Vi sento bene la notte”, non riuscii più a trattenermi. “Beh, insomma, quindi è una cosa seria?”
“Non lo so ancora”, disse stringendosi nelle spalle. “Ci stiamo lavorando… stiamo andando con calma”.
“Con calma?”, replicai non troppo convinta.
“Buongiorno”, annunciò Sally entrando in cucina ed emettendo un enorme sbadiglio. Si avvicinò alla schiena del ragazzo e ci si poggiò sopra per raggiungere le labbra del chitarrista. “Di cosa parlavate?”
“Di voi due che fate porcate alle tre del mattino”, risposi osservando divertita il viso della mia coinquilina che diventava sempre più rosso.
“Come mai sei così allegra?”, mi chiese Sally cercando di cambiare discorso e sedendosi davanti a quello che apparentemente sarebbe stato il suo ragazzo/amante/compagno. Sinceramente non sapevo neanch’io come definirlo.
“Io?”
“Già, ultimamente sei piuttosto allegra”
“Gaskarth si è dato da fare?”
“Come scusa?”, chiesi al chitarrista che continuava a fare strani gesti alludendo a qualcosa che non sarebbe successa per i prossimi, beh… finché non… no, non sarebbe successa mai, punto! “Penso di dover andare”, annunciai prendendo la mia borsa dalla sedia e le chiavi di casa.
“Scappi signorina Porter?”, mi urla Jack facendomi ridere. “Resta qui è affronta questa discussione!”
“Ci vediamo stasera!”
“Ci vediamo dopo in ufficio”
Avevano ragione, ultimamente ero piuttosto felice. Non sapevo spiegarmi neanch’io il motivo, ma mi piaceva questa nuova sensazione. Era da fin troppo tempo che non mi sentivo così bene.
“Ehi Alex, sono quasi arrivata”, dissi al telefono che aveva improvvisamente iniziato a squillare. “Scusami per il ritardo”
“Tranquilla, ti aspetto!”
Non sapevo neanche come spiegarmi questo strano comportamento che avevo iniziato ad avere con lui. Forse mi ero davvero messa l’anima in pace e avevo deciso di comportarmi diversamente.
Da quando era tornato, non aveva accennato di essersi lasciato con la sua ragazza, tanto meno di volerla lasciare. Avevamo deciso di sorvolarci sopra semplicemente non parlandone più e comportandoci come degli amici.
Era decisamente la cosa migliore da fare.
“Eccomi!”, annunciai sedendomi al tavolo davanti a lui. “Scusami ancora”
“Mi sono permesso di ordinare, se non ti dispiace”.
“Tranquillo”, gli risposi facendo spazio alla cameriera che posava in quel preciso istante un cappuccino e un caffè sul tavolo.
“Grazie Susan”, disse lui regalando a quella ragazza un magnifico sorriso che la fece arrossire. Aveva un certo non so che e le ragazze sembravano non resistergli ed io stavo cercando di non cadere nella sua trappola diventando di nuovo una delle sue vittime, ma diventava difficile quando se ne stava davanti a te mentre mescolava distrattamente il suo caffè. Era un controsenso di tutto quello che mi ero ripetuta prima. “Sai pensavo a una cosa…”, disse facendomi abbandonare i miei pensieri.
“Della serie?”
“Tra poco è il compleanno di Jack potremmo organizzare qualcosa di divertente per la sua festa…”.
“Sarebbe una bella idea, ma io non conosco così bene Jack quanto te, quindi non saprei come darti una mano…”.
“Non è questo il problema, basta che mi aiuti, ti dirò io cosa fare”, disse regalandomi uno dei suoi magnifici sorrisi. Probabilmente Jack era davvero fortunato ad avere un amico come lui.

“Quindi cosa avevi in mente di fare?”
“Penso che ti sia fatta già un’idea di come sia Jack… cioè…. Penso che ormai tu lo abbia inquadrato…”, iniziò a dire stringendosi nelle spalle. “Avevo pensato di fare qualcosa di eccentrico, con piume e brillantini e tanta birra…”.

“Intendi dire con delle spogliarelliste?”
“Esatto!”, dichiarò ridendo. “Inoltre penso che sia inutile organizzare una festa a sorpresa, ci romperebbe così tanto le palle che rischieremmo di urlarglielo noi stessi in faccia…”.
“In effetti, è un ragazzo molto…”, dissi cercando di trovare le parole giuste per definirlo. “…determinato”

“Determinato… certo!”
“Quando compierebbe gli anni?”
“Il 18 ne fa 25, se non sbaglio”

“Se non sbaglio?”, gli chiesi ridendo. “Non dovresti sapere quanti anni ha?”
“Dipende gli anni che intendi…”, mi rispose, ma non capii cosa intendesse dire. “Vuoi sapere quanti anni ha o quanti anni ha mentalmente?”, mi spiegò. “Perché la differenza è davvero enorme”, continuò ridendo.
“Quindi abbiamo a che fare con un bambino di cinque anni bloccato nel corpo di un venticinquenne?”
“Ora hai capito!”
“Jack è davvero unico”, dissi sinceramente. “Nel senso positivo”
“In effetti, Jack è quel tipo di ragazzo che piace a tutti: ragazze, genitori, vecchi e bambini. Ci sa semplicemente fare ed emana una sottospecie di aurea che lo fa giudicare simpatico e socievole”, iniziò a dire. “Fa tanto lo scemo del villaggio, ma è una persona fantastica”.
“È davvero bello che tu parli di lui in questo modo…”.
“Siamo amici da tutta una vita, ormai ho imparato ad amarlo… in fondo lui è Jack Barakat, come si fa a non amarlo?”
“Ma tu sei Alex Gaskarth, probabilmente sei uno dei ragazzi più desiderati di tutto il Maryland, mi chiedo chi tu sia davvero?”, gli chiesi sorprendendomi di quello che la mia voce era riuscita a dire senza che me ne accorgessi. “Mi sembri uno sconosciuto, non so quasi niente di te…”, notai che rimase sorpreso dalla domanda che gli avevo appena fatto.
“Io… beh, sono Alexander Gaskarth, ma puoi anche chiamarmi Alex, sono nato il 14 dicembre del 1987 a Essex, il mio secondo nome è William e sono un musicista…”.
“Non voglio sapere la biografia di Wikipedia, voglio sapere chi sei realmente”, gli dissi non distogliendo i miei occhi dai suoi castani. “Chi sei Alex?”, rimase parecchi minuti in silenzio prima di aprire bocca e poi chiuderla immediatamente. Gli avevo posto una domanda cui neanche lui sapeva rispondere. Lo avevo totalmente lasciato senza parole. Per la prima volta mi ero ritrovata davanti a un Alex che riusciva a stare zitto. Non sapevo se approfittarne di quel momento e goderne la tranquillità o cercare di risollevare la situazione con una domanda di riserva.
“Non saprei cosa risponderti”, disse finalmente dopo diversi istanti di silenzio. “Sai, dovrei essere un maestro della parola ed eppure non riesco a formulare una risposta a quello che mi hai chiesto”.
“È così difficile?”
“Penso di non essermi mai soffermato più di tanto su chi io sia…”, disse stringendosi nelle spalle e non distogliendo gli occhi dalla tazza bianca che stringeva tra le mani. “Sono diventato quello che sono grazie alla casa discografica, ai fan e a tutto il resto, penso che la mia vita sia comandata da qualcun altro, ma nonostante ciò, non penso che mi dispiaccia”, continuò a dire. Forse si era sbloccato. “Voglio dire, sono diventato famoso e ora quasi tutti mi conoscono, è quello che ho sempre desiderato essere, però… ”, si fermò. Lasciò la sua frase sospesa per aria, come se stesse cercando qualcosa da dire, qualcosa che andasse bene. Si stava aprendo con me ed ero felice del risultato che avevo ottenuto. Stavo finalmente conoscendo l’Alexander non famoso, quello lontano dai riflettori.
“Però?”, gli chiesi incoraggiandolo a continuare.
“Però niente… non c’è nulla che cambierei di quello che ho fatto fin ora, sono sempre lo stesso stupido ragazzo soltanto con più anni”, disse alzando le spalle. “A volte mi dimentico soltanto di accendere il filtro che collega la mia bocca al mio cervello, e questo mio umorismo fa ridere solo Jack e i bambini”, sorrisi a quella frase.
“Penso che ti sottovaluti, sai essere un fantastico ragazzo quando vuoi”.
“Lo pensi davvero?”
“Penso che potresti esserlo, se solo la smettessi di atteggiarti da rockstar”.
“Io non mi atteggio da…”, gli lanciai un’occhiata che percepì immediatamente. “Ok, forse è vero, a volte mi comporto da stronzo ma non lo faccio a posta… non mi piace apparire debole…”.
“A volte penso all’Alex che si è presentato a casa nostra in piena crisi emotiva e penso a quanto fossi simile a noi comuni mortali…”.
“Mi stai dando della divinità?”, chiese ridendo.
“No, non montarti la testa”, lo avvertì. “Ti stavo definendo come… beh… in effetti, la gente ti tratta come una divinità… non ti da fastidio essere così tanto al centro dell’attenzione?”
“È sia la mia forza e sia la mia kryptonite”.
“Ora sei diventato il Superman del ventunesimo secolo?”
“Non sto dicendo di essere Superman ma soltanto che nessuno ha mai visto me e Superman insieme nella stessa stanza”.
“E dopo questa cazzata me ne vado Alex Kent”, gli risposi scoppiando a ridere. “Ti perdoniamo Mister Gaskarth per tutte le cavolate che dici, soprattutto perché adesso devo andare al lavoro”, dissi alzandomi dalla sedia e prendendo il portafoglio dalla borsa.
“Tranquilla, offro io”
“No, sul serio…”
“Insisto”, disse posando la sua mano sulla mia. “Non sarei un gentiluomo se non lo facessi e da tale ti accompagno in ufficio aprendoti perfino la portiera della macchina”.
“Saresti così galante?”
“I can be a gentleman, anything you want…” canticchiò.
“Ti prego, dimmi che non stai cantando la canzone di Justin Bieber”, quasi lo implorai.
“Se ti dicessi che sto cantando la cover degli Issues, cambierebbe qualcosa?”
“Forse sì, almeno è orecchiabile!”

-Molly
Grazie ancora a Layla e Rack per le recensioni ^^
   
 
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