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Autore: I m a witch    26/06/2013    5 recensioni
Cosa potrebbero mai combinare due poveri e innocenti bimbi di cinque e quattro anni nel cuore della notte?
Innumerevoli disastri, se di cognome fanno Potter-Weasley...!
[Questa storia partecipa al contest "Rowling, mi chiedevo solamente..." indetto da Moonspell]
Genere: Azione, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Sirius Potter | Coppie: Harry/Ginny
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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23/04/2020


 

Nickname sul forum: I m a witch
Nickname su EFP: I m a witch
Titolo della storia:"Una notte movimentata!"
Domanda scelta: b) Al termine del settimo libro, i Doni della Morte, nel famigerato capitolo "19 anni dopo" si viene a sapere che Harry Potter nega a James Sirius la possibilità di dormire in stanza con il fratello Albus Severus. Perché? Per quale motivo un genitore dovrebbe essere così risoluto nel tenere ben separate le stanze dei figli?
Rating: Verde
Introduzione: Cosa potrebbero mai combinare due poveri e innocenti bimbi di cinque e quattro anni nel cuore della notte? Innumerevoli disastri, se appartengono alle famiglie Potter-Weasley...!
Note dell'autrice: I versi che aprono la fic appartengono ad una poesia che mio nonno scrisse da giovane e alla quale sono molto affezionata. La storia è ambientata nel 2009: James ha 5 anni, Albus 4 e Lily appena 1. Per le figure dei due fratelli Potter mi sono ispirata ai miei fratelli minori (la cui differenza di età è di appena 14 mesi, similarmente a James e Al... vi dico solo che il maggiore di loro diede fuoco alla sua stanza quando aveva soltanto 3 anni...!), anche loro reduci di centinaia rovinose incursioni notturne! Credo di aver detto tutto... Buona lettura!


 



 

Una notte movimentata!


 

Silenzio d'intorno, tutto s'addorme!
O quasi...



 

Casa Potter, notte fonda.

Il silenzio regnava sovrano mentre la famiglia dell'ex Bambino-Che-È-Sopravvissuto dormiva beatamente.

D'un tratto, una voce interruppe quella magia.

«Albus, sei sveglio?»

Nessuna risposta.

«Al!» cercò di gridare sussurrando, per quanto gli era possibile.

Dal letto del fratellino giunse un mugolio.

«Mmh, James, cosa c'è?»

«Al, non riesco a dormire...»

«Io stavo dormendo però, ho sonno!» piagnucolò il povero bimbo.

«Io no! Mi annoio!» brontolò il maggiore. «Sai che ti dico? Andiamo in cucina a mangiare qualcosa!»

«Ma io non ho fame, ho sonno! E poi è buio, e io ho paura del buio!»

James sbuffò.

«Insomma Al, ti lamenti sempre! Alzati, su!»

«E va bene...»

James si alzò dal letto, cercando nel buio il letto di Al, accanto al suo. Non appena lo trovò, lo prese per mano e insieme iniziarono la loro incursione notturna.

La casa era a malapena illuminata da qualche raggio lunare che filtrava dalle finestre. Camminavano a tentoni, facendo del loro meglio per non andare a sbattere contro qualcosa. Fortunatamente non era la loro prima avventura in giro per casa in piena notte e ormai conoscevano perfettamente la planimetria anche al buio.

«Sai, Al,» sussurrò James, trascinando per mano il fratellino. «si dice che un tempo questa casa era piena di fantasmi!»

James avvertì Al tremare e la stretta sulla sua mano si fece più forte e disperata.

«Fantasmi?!» gridò quasi il bambino.

«Shh, ci scopriranno!» lo ammonì il maggiore. «Sì, ma non ti preoccupare! Io ho il potere di mandarli via!»

«Sei grande, fratellone!»

James sorrise compiaciuto e, con rinnovata confidenza, imboccò il corridoio che portava in cucina.

Arrivati alla meta, chiusero la porta con cautela e accesero la luce.

«Finalmente! Pancia mia fatti capanna!» esultò James, aprendo il frigo. Prese una torta al cioccolato dall'aspetto succulento.

«James, no, fermo! La mamma ha detto di non mangiare quella torta! La mamma ha detto che era per le sue amiche del Quidditch! Devono venire qui domani, e la mamma ha detto che è importante, e anche che dobbiamo fare i bimbi bravi, e che...»

«Insomma, Al, ma tu ascolti sempre la mamma?» sbottò James. «Chi è che ti protegge dai fantasmi?»

Il bimbo sorrise raggiante.

«Il mio fratellone!» dichiarò, alzando le braccia sopra la testa in segno di trionfo.

«E chi è il tuo fratellone?»

«Ovviamente sei tu, James...» Al adesso era confuso.

«E allora devi dare retta a me, proprio perché sono il tuo fratellone e perché ti proteggo dai fantasmi!»

Al si accigliò, riflettendo sulle parole del fratello. Mise il broncio.

«Ok... ma la mamma si arrabbierà molto...!» piagnucolò.

James scrollò le spalle, indifferente.

«Non importa, può sempre fare un'altra torta, non è un problema. Abbiamo solo fame! Ora mangiamo!»

James posò la torta sul tavolo, dopodiché si recò verso il cassetto delle posate, pescando un coltello.

«James, no! Mamma e papà dicono sempre che i coltelli sono pericolosi e non si toccano!»

«E secondo te come la mangiamo la torta?» sbuffò James.

Al ci pensò un po' su, poi si inerpicò su una sedia per arrivare meglio alla torta.

«Così!» e detto ciò, tuffò una manina paffuta sulla povera torta, prendendone un gran pezzo e mangiandola con gusto.

«Bravo, Al! Ogni tanto anche tu hai una buona idea!» approvò.

Mangiarono la torta leccandosi i baffi e facendo cadere cioccolato ovunque: sul tavolo, sui cuscini delle sedie, per terra, sui loro pigiamini.

Una volta terminato di mangiare, scesero soddisfatti dalle sedie e cercarono di pulirsi le mani e la bocca su uno degli strofinacci posati accanto al lavello.

«E ora ci vuole un bel bicchiere di latte!»

«Sì!» esultò Al, saltellando allegro.

James aprì il frigorifero e prese una confezione di latte già aperta, rovesciandone un po' per terra.

«Però a me non piace il latte freddo!» piagnucolò il più piccolo.

«Non ti va mai bene niente... e va bene! Allora riscaldiamolo!» fece James, come se fosse la cosa più normale del mondo. Dallo sportello accanto al forno prese il pentolino che la mamma usava la mattina per preparare la colazione e lo mise sopra uno dei fornelli, versando il latte all'interno. Ovviamente la maggior parte del liquido cadde sul piano cottura ben lucidato, ma i due poveri bambini non potevano certo dar molta importanza a questo dettaglio.

«Mmh... la mamma per far apparire il fuoco usa un oggetto babbano che le ha regalato nonno Arthur...» rifletté James, guardandosi intorno.

«Sì, l'accio... acci... accendigno!» Al riaprì il cassetto delle posate, afferrando trionfante il misterioso oggetto e mostrandolo al fratello. «E' questo, guarda!»

«Bravo, Al!» James prese l'accendigno.

Lo puntò con fare solenne contro il pentolino, quasi avesse in mano una bacchetta.

«E adesso... Fuoco!» ordinò.

Niente. Lo scosse energicamente, sbottando.

«Uffa, deve essersi rotto...»

«No, James, la mamma non dice "fuoco", la mamma preme il bottone giallo quello lì, guarda!»

Al riprese l'accendino e, con sforzo, generò una fiammella premendo il bottone indicato.

«Sei un genio, fratellino! E ora?»

Al si avvicinò al fornello, usando una delle sedie come scala per vedere meglio.

«Adesso la mamma gira questa rotella nera...»

«Che puzza, Al, cos'é?» James si tappò il naso.

«E' il gas! E ora gli diamo fuoco!»

Dopo vari tentativi e scottature, Al e James riuscirono nell'impresa.

«Perfetto! E ora prendiamo i bicchieri!»

James si arrampicò sulla cucina, riuscendo a prendere dallo sportello in alto due bicchieri. All'improvviso si udì un sonoro crack. Aveva fatto cadere per terra uno dei bicchieri, il quale si era rotto sparpagliando numerosi frammenti di vetro per tutto il pavimento.

«Oh, no! E ora?»

«Non ti preoccupare, Al! Basta toglierli via! La mamma usa una scopa, va' a prenderla!»

«Va bene, arrivo!»

Al uscì dalla cucina e nel frattempo James provò a raccogliere i pezzi più grandi, tagliandosi. La vista del sangue lo spaventò un po', ma lui doveva essere coraggioso: era un ometto, ormai!

«Ecco James, tieni!»

Al gli porse una scopa.

«No, Al! Questa scopa non serve per pulire ma per volare! E' quella che la mamma usa per allenarsi!» James alzò lo sguardo al soffitto. Come faceva suo fratello a non capire una cosa talmente ovvia?

Al guardò il manico di scopa – uno degli ultimi modelli di Fire Bolt sul mercato – con meraviglia, gli occhi verdi luminosi come stelle.

«Che bello, la scopa della mamma!»

Il piccolo vi salì sopra, iniziando a correre per tutta la cucina con il manico tra le gambe.

«Al, basta, fermati!» James cominciò a rincorrerlo. «Voglio provarci anche io!»

«No, l'ho presa prima io!»

«Ma io sono più grande! Dammela subito!»

«Ho detto NO!»

Al si arrabbiò, correndo più veloce.

James però lo stava raggiungendo e il piccolo pensò intensamente di voler andare più veloce per poterlo seminare. Quel sentimento fu talmente forte che la scopa prese davvero il volo, sollevandosi da terra e librandosi in aria.

Al si mise a piangere, terrorizzato.

«Aiuto, James, Aiuto! Fammi scendere!»

James spalancò gli occhi, non sapendo come aiutare il fratello.

«Oh no, Al, fermati! Ordina alla scopa di scendere!»

«Ci sto provando!» continuava a piangere il bambino.

Cominciò a sfrecciare per tutta la cucina mentre James si arrampicò sul tavolo, cercando di afferrarlo.

«Ti prendo io, Al! Non preoccuparti!»

La scopa però decise di fiondarsi fuori dalla cucina e si diresse verso il salone, sotto lo sguardo sbigottito di James.

E ora che faccio?!



«Harry... Harry!»

Harry sentì Ginny scuoterlo, svegliandolo dal suo meritato sonno profondo.

Era appena tornato da una missione molto pericolosa durata mesi, la quale aveva coinvolto vomito di troll, il cugino poco simpatico di Aragog e altre oscenità che non voleva nemmeno rievocare.

«Ginny, che succede?» si mise gli occhiali e guardò la sveglia sul comodino, sbuffando. «Sono le due di notte... spero che tu mi abbia svegliato per un buon motivo... magari un secondo round...»

Fece per avvicinarsi a lei con un sorriso ben poco raccomandabile e intenzioni molto chiare. Ginny però lo fermò, dannatamente seria.

«Sai che non rifiuterei mai, ma... ho sentito degli strani rumori dalla cucina.» si fermò, preoccupata. «Credi che possano essere... loro

Harry scattò subito in piedi, all'erta.

Nell'ultimo periodo aveva ricevuto delle minacce non troppo velate da alcuni simpatizzanti di Voldemort e delle sue ideologie, ancora in circolazione.

Che fossero davvero loro?

Si mise in fretta una t-shirt, afferrò la bacchetta e strinse le spalle di Ginny, guardandola dritto negli occhi con tutta la serietà di cui era capace.

«Io scendo giù, tu vai subito dai bambini. Prendili e andate via... se senti degli schiantesimi, chiama subito Ron!»

Ginny annuì, preoccupata ma decisa.

«Va bene... ma stai attento, ti prego.» lo supplicò, dandogli un veloce bacio, per poi dirigersi in fretta verso le camere dei figli.

Harry scese le scale, vigile, dirigendosi verso il salone.

I rumori si fecero sempre più forti.

Puntò la bacchetta davanti a sé, pronto a stendere chiunque fosse là dentro.

Il sangue gli si raggelò nelle vene quando sentì la voce di Albus che gridava terrorizzato.

«Aiuto! Vi prego! Papà, mamma!»

Harry lasciò perdere la cautela e corse a capofitto verso la stanza, irrompendo con ferocia.

Nessuno poteva toccare i suoi figli.

Avrebbe fatto rimpiangere a quell'essere anche il solo pensiero di avergli torto un capello.

«Expelli-» gridò, ma si fermò di botto, la bacchetta quasi gli cadde dalle mani.

Era il caos.

Per. La. Barba. Di. Merlino.

Divano rovesciato, televisore distrutto, lampade e lampadari ormai inesistenti, per non parlare dei soprammobili.

Quel che peggio, vide Al sopra una scopa - la scopa di Ginny - che volava in giro per la stanza, senza il minimo controllo, e James che correva dietro al fratello, saltando per cercare di afferrarlo.

«Aiuto!» continuava a gridare il più piccolo dei suoi figli maschi,.

Dopo quel primo momento di shock, Harry si riprese e la mente cominciò a correre frenetica.

«Albus! Resisti, papà ti farà scendere da lì!»

Entrambi i fratelli si girarono verso il padre, e due paia di occhi ugualmente colmi di lacrime si puntarono verso di lui, guardandolo supplici.

«Papà!» urlò James. «Ho cercato di fermarlo, ma è troppo alto per me!»

Harry valutò il modo migliore per fermarlo senza rischiare di farlo cadere per terra o sbattere contro un muro. Un colpo del genere avrebbe potuto essere fatale per un bambino della sua età.

In quel momento Ginny entrò come una furia nella stanza, fuori di sé.

«Harry, Harry! Hanno preso James e Al! Li ho sentiti gridare!» piangeva disperata, la piccola Lily semi addormentata stretta al suo petto.

Poi anche lei si interruppe come un minuto prima aveva fatto il marito, guardando la scena con la stessa faccia sconvolta.

«Porca. Miseriaccia.» Ginny impallidì. «Al! Oh Merlino, Al! Resisti!»

Al ormai gridava come un pazzo. Harry prese la sua scopa decidendo che si sarebbe avvicinato cautamente per poi afferrarlo al volo.

In quel momento, però, la scopa puntò dritto alla finestra, rompendo il vetro e sfrecciando verso il cielo notturno con a bordo il povero Al.

Sia Harry che Ginny gridarono il suo nome con terrore.

Harry non esitò a salire sulla scopa, ma Ginny lo fermò.

«Harry, prendi Lily: vado io!»

Harry scosse la testa: sapeva che Ginny era reduce da un infortunio alla rotula abbastanza dopo l'ultima partita con le Holyhead Harpies e non si era ancora ripresa del tutto. Non poteva farla volare in quelle condizioni, nonostante fosse nettamente migliore di lui.

«Tu tieni d'occhio James... fidati di me!» cercò di sembrare fiducioso.

Scattò subito all'inseguimento, lasciando una Ginny sotto shock al centro del loro soggiorno distrutto.

«James... stai bene?» chiese angosciata raggiungendo il figlio, anche lui sconvolto. Lo esaminò con lo sguardo attento che solo una madre poteva avere, individuando subito molteplici graffi sulle sue manine paffute. «Le tue mani... sono sporche di sangue!»

Gliele prese subito con la mano libera, mentre con l'altro braccio teneva ancora Lily Luna, ormai completamente sveglia e in lacrime.

Con sollievo si accertò che erano solo graffietti superficiali.

Anche James piangeva come la sorellina, sconsolato. Ginny lo guardò attentamente negli occhi, cercando ancora di dare un senso a quello che aveva visto poco prima.

«James... potresti spiegarmi cosa è successo?»

Il bambino abbassò lo sguardo sul pavimento, senza nemmeno avere il coraggio di guardarla negli occhi.
«Ma... mamma...» singhiozzò. «... po... posso spiegare tutto!»

In quel momento, udendo quella famosa frase che mai nessun genitore vorrebbe sentire, Ginny realizzò che tutto quel finimondo non era opera di organizzazioni criminali, né di Mangiamorte, né tanto meno di Lord Voldemort in persona, ma di creature ben peggiori.

I suoi figli.


 

Harry volò come se non fossero passati più di quindici anni dall'ultima volta che era stato su un manico di scopa.

Cercare di agguantare Al si stava rivelando un'impresa impossibile: in confronto, rincorrere un boccino era una passeggiata. Il fatto che cavalcasse la velocissima Firebolt 2008 di Ginny, poi, non aiutava affatto.

Il bambino gridava come un forsennato, cercando di aggrapparsi con tutte le sue forze al manico di scopa della madre.

«Resisti, Al!» gridò Harry, cercando di avvicinarsi sempre di più. Proprio quando stava per afferrarlo, la scopa fece una brusca virata, cambiando direzione.

Maledizione!

I Babbani cominciarono ad affacciarsi dalle finestre, attirati dal trambusto. Alcuni di loro guardavano strabiliati Al ed Harry sfrecciare nel cielo notturno a bordo delle loro scope. Ma c'era di peggio.

Albus si abbassò di quota e cominciò a correre per la strada. In quel momento si fiondò addosso al Nottetempo. Il povero vecchio Ernie, per evitarlo, perse il controllo del mezzo e, per la prima volta in più di cento anni di onorato servizio, andò a sbattere contro un palazzo. Dall'autobus per streghe e maghi in difficoltà, ormai ben visibile agli occhi dei Babbani, cominciarono a sollevarsi i lamenti di dolore dei passeggeri.

Harry prese la bacchetta, imprecando. La situazione si era fatta troppo critica.

«Qui Potter! Ho bisogno di rinforzi, immediatamente!» gridò. «Mandate subito obliviatori e i migliori piloti che abbiamo! Allertate anche i medimaghi: il Nottetempo si è schiantato contro un muro, ci sono streghe e maghi feriti! Presto!»

Sparò un raggio di segnalazione sopra il Nottetempo, in modo da permettere alla squadra di soccorso di individuare il luogo dell'incidente. I Babbani l'avrebbero scambiato per un innocuo fuoco d'artificio, inconsapevoli della sua potente traccia. Ripose la bacchetta e si concentrò nuovamente sull'inseguimento, sperando che la sua squadra di Auror arrivasse in fretta.

Al aveva ripreso quota, correndo a velocità inaudita verso le stelle.

«Papà! Papà!» lo sentiva gridare, piangendo come mai aveva fatto in vita sua.

«Resisti, Al! Papà sta arrivando!»

Harry riuscì ad avvicinarsi sempre di più. Poteva quasi per sfiorare il colletto del pigiama di Albus.

Allungò la mano verso di lui con disperazione.

Un ultimo sforzo...

«PRESO!»

Lo afferrò a malapena, trascinandolo subito con sé sulla sua scopa e stringendolo forte al petto. Per poco non perse l'equilibrio per il violento sbalzo di peso e velocità ma, con abilità, riuscì a mantenere la scopa in assetto.

La Firebolt di Ginny era precipitata, tuffandosi nelle acque del Tamigi. Non sarebbe stato per nulla facile recuperarla, ma quello era l'ultimo dei pensieri di Harry in quel momento.

Continuava a stringere Al più forte che poteva mentre quello piangeva distrutto, in parte per far calmare suo figlio, in parte perché anche lui ne aveva dannatamente bisogno.

Per un attimo aveva temuto il peggio e il terrore che lo aveva attanagliato al solo pensiero era stato indescrivibile.

«Papà!» Al continuava a gridare e piangere, mentre Harry gli accarezzava i capelli scuri e scompigliati.

«Shh, è tutto finito... sei con me adesso, sei al sicuro.» Harry sospirò di sollievo e scostò leggermente il figlio per esaminarlo, preoccupato. «Stai bene, vero?»

Il bambino si limitò ad annuire, rituffandosi subito sul suo petto. Harry riprese ad accarezzargli la testa, lui stesso ancora sconvolto.

«Ma la sco... la scopa della mam... mamma...»

«Tranquillo, non ci pensare. L'importante è che stai bene.» poi inspirò ed espirò profondamente, come se avesse finalmente imparato a respirare di nuovo solo in quel momento. «Di questo passo tu e James farete morire me e la mamma di infarto! Giurami che non proverai mai a giocare a Quidditch, per nessuna ragione al mondo! Non voglio mai più vederti vicino a un manico di scopa!»

«Lo... lo giuro!» singhiozzò il piccolo.

All'improvviso vide uno dei suoi Auror sfrecciare verso di loro, anche lui a bordo di un manico di scopa.

«Capo! Siamo appena arrivati sul luogo dell'impatto del Nottetempo. Stiamo provvedendo a cancellare le memorie dei Babbani presenti e trasportare tutti i feriti al San Mungo!»

Harry annuì.

«Ottimo lavoro.»

Il suo sottoposto lo guardò, con espressione grave e preoccupata.

«E' opera loro, signore? Dei discepoli di Tu-Sai-Chi?»

Harry sospirò, non sapendo come affrontare l'argomento. Albus si era calmato tra le sue braccia, ma lo sentiva tremare ancora.

L'Auror sembrò notare solo allora il bambino e imprecò.

«Non mi dica che... avevano preso suo figlio? Dove sono andati?! Mando subito una squadra all'inseguimento...»

Harry lo interruppe con un gesto della mano.

«No, niente del genere... tranquillo, Ross. Tutto questo... sono stati... solo i miei figli...!»


 

«Harry, benedetto Merlino, finalmente!» Ginny li stava aspettando sul marciapiede di fronte la loro casa. Era rimasta lì tutto il tempo, scrutando ansiosa il cielo notturno con la sola speranza di vederli tornare sani e salvi.

Lily si era addormentata nuovamente tra le sue braccia, mentre James era seduto su una panchina, con aria afflitta, riprendendosi solo quando vide il padre e il fratellino tornare.

Harry scese dalla scopa, tenendo ancora ben stretto a sé Al il quale però, vedendo la madre, si divincolò subito.

«Mamma!» gridò il bambino, fiondandosi fra le braccia di Ginny, già in ginocchio per accoglierlo.

Lei fece del suo meglio per stringerlo senza svegliare la piccola Lily.

«Al, piccolo mio! Sono stata così in pena!» pianse, grata che finalmente avesse di nuovo tra le braccia il suo bambino.

Harry giurò di non averla mai vista piangere a quel modo, quasi sull'orlo di una crisi isterica nonostante anche lei, come lui, avesse vissuto parecchie avventure terrificanti.

«Mamma... la tua... la tua scopa... è caduta nel fiume...» continuò a piangere violentemente lui. Harry sorrise, sorprendendosi di come la prima preoccupazione di suo figlio Albus non fosse stata per la sua incolumità ma per il manico di scopa della madre.

Come Harry prema di lei, Ginny scosse la testa e lo riempì di baci.

«Non importa, Albus! Ciò che più conta è che sei tornato da me.» anche lei non riusciva a smettere di singhiozzare.

Harry non poteva biasimarla; lui stesso non si era ancora ripreso. Quella notte aveva fatto perdere a entrambi almeno dieci anni di vita.

Si inginocchiò anche lui sul marciapiede, cingendo con un grande abbraccio la moglie, Lily e Albus.

Anche James corse verso di loro, piangendo.

«Scusa, scusa papà, scusa mamma, scusatemi!» riusciva a malapena a dire tra i forti singhiozzi.

Harry accolse anche lui, e diede un bacio sulla testa a ciascuno di loro.

Riavere la sua famiglia al sicuro, tutti e quattro tra le sue braccia, era la sensazione più bella al mondo e la sua priorità assoluta.

«Per fortuna, alla fine, è andato tutto bene.» sospirò tra i capelli di Ginny. Lei sollevò la testa verso di lui e poggiò la fronte sulla sua. Harry sorrise appena, guardando gli occhi della moglie ancora inondati di lacrime. Si guardarono intensamente per lunghi secondi, dandosi forza l'un l'altro, quasi comunicando mentalmente "abbiamo superato anche questa".

«Su, rientriamo a casa...» disse Harry alzandosi. Aiutò Ginny a rimettersi in piedi e si fece porgere la piccola Lily per prenderla in braccio. La bimba, ignara di tutto, aveva aggrottato la fronte nel sonno profondo, disturbata da tutto quel trambusto.

All'improvviso, però, ci fu un piccolo scoppio dalla cucina e feroci fiamme divamparono, diffondendosi velocemente per tutta la casa.

Harry e Ginny erano nuovamente sul punto di svenire. Si guardarono tra loro per poi fissare simultaneamente lo sguardo su James Sirius il quale, a sua volta, fissò Albus Severus.

«Ehm... mi sa che il latte era già pronto da un pezzo...!»


 

Una settimana dopo...


 

La famiglia Potter si era trasferita temporaneamente presso la Tana, in cerca di una nuova casa.

Il bilancio dei danni fu drammatico: numerosi Auror e vari settori del Ministero della Magia lavoravano ininterrottamente giorno e notte per cancellare i ricordi dei testimoni Babbani e per riparare gli innumerevoli danni.

Casa Potter era ormai distrutta.

Decine di maghi e streghe erano ancora ricoverati al San Mungo con ferite più o meno gravi e chiedevano a gran voce un risarcimento danni.

Il povero vecchio Ernie aveva più volte cercato di farla finita, ancora incredulo per aver perso il controllo del suo fedele automezzo.

Un disastro simile non si verificava dagli oscuri tempi di Voldemort e fu in prima pagina sulla Gazzetta del Profeta per molti giorni.

Inutile dire che Harry e Ginny avessero messo in punizione i propri figli a vita.

«Mi dispiace, bambini.» fece Ginny, per niente dispiaciuta. Le mani sui fianchi, era un'infelice quanto terrificante imitazione di sua madre. «Spero vi siate goduti questi cinque e quattro anni di libertà, perché non ne avrete mai più!»

«E scordatevi di dormire nella stessa stanza!» aggiunse Harry, fuori di sé. «Nella nuova casa faremo costruire due gabbie in stanze separate appositamente per sigillarvici dentro ogni santa notte!»

Proteste, urla, liti, pianti.

Arthur e Molly osservavano impotenti e increduli le scenate da un angolo della cucina. Da una parte, il tenero cuore di nonni li spingeva a consolare i nipotini, dall'altra non osavano contestare i rimproveri di Harry e Ginny. Per questo motivo giocavano con la piccola Lily, la loro gioia più grande, cercando di ignorare a malincuore i piagnistei di James e Albus.

Ron ed Hermione venivano spesso a fargli visita, mentre la piccola Rose si vantava con i nonni: «Io sono una brava bimba e non faccio mai arrabbiare mamma e papà. Una volta ho rotto un vaso, ma non l'ho fatto di proposito e non è successo più. Anche Hugo è un bravo bimbo. Siamo bravi bimbi, vero?»

«Ron, com'è possibile che due bambini di cinque e quattro anni siano stati la causa di una tale catastrofe?» Hermione non riusciva ancora a capacitarsene, nonostante avesse fatto appello a tutto il suo IQ. Quando quella mattina dopo l'incidente si era trovata numerosi rapporti sulla scrivania riguardo l'accaduto, era stata costretta a leggerli più e più volte per concepire quello che avevano fatto i due nipotini.

«Fidati, Hermione.» Ron aveva ancora lo sguardo sconvolto mentre guardava la moglie. «Io ero là, quella notte, insieme agli altri Auror, e non è stato per niente uno spettacolo piacevole! Persino la povera prozia Muriel sarebbe morta di crepacuore, e lei è morta quando aveva già 256 anni suonati e ne aveva viste di tutti i colori...!»

Ad un certo punto, James sbuffò, esasperato.

«Perché voi grandi, per una volta, non guardate il lato positivo?» cercò di difendersi, con filosofia, mentre Al ancora piangeva. «Ora avremo una casa nuova e per un mese staremo con i nonni e gli zii, proprio come se fosse sempre Natale!» esultò con un largo sorriso; ma se ne pentì subito quando i suoi genitori si infuriarono ancora di più (sempre se era possibile), per poi gridare all'unisono:

«JAMES SIRIUS POTTER!»


 

Da allora, i due fratelli Potter non dormirono mai più insieme, nemmeno quando erano tutti riuniti alla Tana per le feste. Nonostante le camere scarseggiassero, avevano sempre l'accortezza di tenerli ben separati.

La leggenda narra che perfino il Cappello Parlante abbia deciso di smistarli in Case differenti (rispettivamente Grifondoro e Serpeverde) proprio per il timore che, se fossero finiti nello stesso dormitorio, avrebbero fatto saltare in aria l'intera Hogwarts.

 

THE END!


 

Angolino dell'autrice:

Da tanto tempo, ormai (troppo onestamente) non facevo un salto qui su EFP. 
Rileggere questa storia, a cui sono sempre stata molto affezionata, mi ha fatto tornare in mente tanti bei ricordi con una delle mie famiglie preferite di sempre: i Potter.
Mi sono resa conto di quanta nostalgia avessi di loro e quanto il mio amore non sia cambiato nel corso degli anni, a differenza del mio stile che è molto mutato; per certi versi, non sentivo più mia questa ff (per quanto la cosa possa avere un senso).
Ho deciso quindi di adattarla alla me del presente, conservando comunque sul mio computer la vecchia versione. Non ho modificato nulla della trama in sé, tranne per il fatto di aver smistato James in Grifondoro e Albus in Serpeverde come ormai da storia canon.
Spero che possiate tornare ad apprezzarla anche così!
Se vi va, lasciatemi una recensione! (:
 
A presto, 
Witch! ^^

 

  
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