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Autore: CowgirlSara    10/01/2008    9 recensioni
C’è una ragazza. Seria, sola, enigmatica forse. Ha preso decisioni importanti, eppure si sente fragile. Si difende con la dignità. Ma la sua vita non è una favola e forse non lo sarà mai. Essere investita da una macchina sembra solo l’ennesima sfortuna. Ma tutto sta in CHI c’è su quella macchina…“E quando sentirai questa canzone autunnale / Ricordati i tempi migliori stanno già arrivando…”
Genere: Romantico, Commedia, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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autumn song 2
Secondo capitolo. Sono contenta che il primo vi sia piaciuto così tanto! Un sacco di recensioni, grazie! Ad ogni modo, oggi conoscerete la protagonista femminile della storia, ma per sapere tutto di lei dovrete aspettare…via, un po’ di mistero ci vuole! Spero che l’apprezzerete perché è un personaggio che già amo!

Via lascio alla lettura, note e ringraziamenti alla fine!
Baci
Sara

2. Una ragazza

Due paia di occhi nocciola, praticamente identici, si aprirono quasi contemporaneamente nella luce pallida del mattino autunnale. Spaesamento, confusione, un abbraccio involontariamente troppo stretto e… i gemelli si allontanarono con un grido sordo esploso all’unisono.
Passarono poi qualche minuto distesi ai due lati opposti del letto, riprendendo fiato, entrambi con una mano sul cuore.
“Devo pisciare.” Proclamò infine Tom, con tono solenne, prima di alzarsi e dirigersi in bagno.
Bill rimase a letto, a fissare i rilievi che incorniciavano il soffitto. Non aveva mal di testa, ma si sentiva come se avesse il cranio pieno di aria compressa, ogni movimento gli riusciva faticoso.
“Come ti senti?” Domandò suo fratello dal bagno; la sua voce risultava più profonda del solito, forse perché era ancora assonnato, infatti, poco dopo lo sentì schiarirsela tossendo.
“…i… o… s… sho… behhhh… hhhhene…” Rispose Bill, ma senza l’assistenza delle sue corde vocali, che evidentemente avevano deciso un’improvvisa vacanza, gli uscì solo una specie di rantolo soffocato. “Ahhhhhhh…” Anche il grido di orrore spuntò fuori leggermente rauco, mentre il cantante si portava disperato le mani alla gola.
Tom spuntò dal bagno con un’espressione interrogativa. “Che hai detto?” Domandò.
“Tohhhh… mihhhh…” Squittì implorante Bill, sempre con una mano alla gola e sporgendo l’altra verso il fratello. “La mia vohhh… cehhh…”
Tom corse al suo capezzale, sedendosi sulla sponda del letto. “Stai calmo!” Gl’intimò prendendolo per le spalle, ma Bill continuava ad agitarsi ed a cercare di parlare. “Calmo, cazzo! Ascolta me.” Esclamò allora e lui annuì. “È il minimo che ti poteva succedere, dato che ieri sera ti sei fumato tutta la manifattura tabacchi.” Bill annuì ancora con aria spaurita, poi iniziò a tossire. “Ecco, bravo, tossisci, che ti apre tutto, poi senti che facciamo…”
Tom continuava a parlare con tono tranquillo, mentre schiacciava i capelli di Bill troppo dritti e scostava la coperta per invitarlo ad uscire dal letto. L’altro lo ascoltava, annuendo ogni tanto.
“…adesso te ne vai in bagno, fai tutte le tue cosine, mentre io ti aspetto di sotto. Poi scendi, ti bevi un bel the caldo col miele e quindi fai i tuoi gargarismi, con quella roba che sembra accelerante per barbecue…” Bill fece un’espressione scettica. “Sì, come no, è inutile che fai quella faccia, una volta l’ho usato, sembrava di farsi i gargarismi col cherosene.” Il fratello ridacchiò. “Oh, buon segno!”
“Tomi…” Sussurrò Bill con un filo di voce, una volta in piedi.
“Eh?”
“Sembri papà…”   
“Ma va, va!” Replicò il gemello, dandogli una spinta per mandarlo in bagno. “Ti aspetto giù, metto l’acqua sul fuoco.” Aggiunse poi, quando l’altro fu scomparso oltre la porta.
“Ok…” Biascicò Bill, ma subito seguì una specie di miagolio disperato che bloccò Tom mentre lasciava la camera. Il chitarrista corse subito dal fratello.
“Che c’è?!” Domandò preoccupato, affacciandosi in bagno.
“Che cos’è questo?!” Ribatté Bill, con il sibilo raschiante che era la sua voce, prima di voltarsi verso di lui; era davanti allo specchio e teneva le dita su un lievissimo livido sulla guancia.
Tom fece un sorriso sbieco. “Non ricordi che ti ho colpito?” Fece poi sornione.
“Cazzo, ho capito!” Replicò l’altro sconvolto e sempre con la solita vocina strascicata. “Ma guarda qui! Hai le mani di piombo, porca puttana!” Aggiunse Bill tornando a scrutare la sua pelle violata nell’enorme specchio illuminato. Tom se ne andò ridendo.

La voce di Bill, dopo il trattamento intensivo, si riprese un po’, ma restò fievole per tutto il giorno; a causa di questo, David decise di utilizzarlo molto poco durante la sessione di registrazione. La cosa consentì al cantante di organizzare il suo piano per il pomeriggio.
Quando David li liberò dagli impegni di lavoro, Bill prese con se Saki e lasciò gli altri a domandarsi che cavolo avesse in mente.
“Non voglio saperlo.” Commentò soltanto Tom, ignorando il fratello.
“Tanto poi te lo dice.” Affermò Gustav.
“Scherzi?” Intervenne Georg. “Qui stiamo parlando di Mister Logorrea in persona, domani lo saprà anche il tizio che consegna il latte!”
“Sì.” Sbottò Tom. “Gli rilascerà un’intervista esclusiva!” E giù tutti a ridere.
In realtà non c’era nessun mistero nel comportamento di Bill. Voleva solo andare a trovare la ragazza dell’incidente all’ospedale, ma aveva fatto tutto in silenzio perché non voleva impicci da Jost o critiche da parte di Tom. Accompagnato solo da Saki avrebbe fatto i suoi comodi, lontano da occhi indiscreti.
Il cantante si era preparato accuratamente: perfettamente truccato, vestito di tutto punto e avvolto di un’apparente sicurezza. Aveva anche acquistato un gigantesco cestino di fiori, perché sua madre gli aveva insegnato che non si andava a trovare le persone in ospedale a mani vuote.
Le infermiere del reparto erano decisamente meno inflessibili di quella della sera prima e una in particolar modo, molto giovane e carina, lo riconobbe e gl’indicò la stanza giusta. Anche se poi, per non farle raccontare la cosa in giro, Bill dovette corromperla con un autografo e un bacio…

La porta si aprì piano e la ragazza sollevò lo sguardo dalla rivista che stava leggendo. La prima cosa che vide fu un enorme cesto di fiori bianchi che camminava verso di lei; senza dubbio dietro c’era una persona, ma da quello che riusciva a vedere poteva essere benissimo un canestro di fiori con le gambe.
“Ciao!” Salutò entusiasta una persona, spuntando da dietro gigli e tulipani; quindi posò sbuffando il cesto sul comodino, mentre lei lo fissava perplessa.
La ragazza squadrò diffidente la persona che aveva davanti, che nel frattempo si era raddrizzata. Impossibile dire se fosse maschio o femmina, anche se istintivamente propendeva per il maschio ambiguo. Era piuttosto alto, magro e con un paio di mani curatissime e chilometriche. Unghie smaltate di nero. Indossava un paio di pantaloni scuri infilati in dei griffatissimi stivali da motociclista con le prime fibbie slacciate, una giacca di lana grigia dalla foggia vagamente militare ornata in vita da un cintura alta. Sotto aveva un maglioncino a collo alto e una grossa catena d’argento molto figa, che lei subito gl’invidiò. La parte di viso che spuntava sotto ad un paio di occhiali giganti, anche questi super firmati, era delicatissima: mento sottile, quasi raffinato, un neo impertinente e un paio di labbra da pubblicità.
Poi la ragazza si accorse che anche lui (o lei?) la stava osservando. Abbassò gli occhi imbarazzata, ma il visitatore sorrise cordiale. Eppure, aveva un viso conosciuto…
Bill non se l’era immaginata così; anche se era seduta nel letto sembrava abbastanza alta, ma era magra e pallida, anzi quasi grigiognola, ma c’era da capirla, povera anima, con quello che le era capitato! Aveva i capelli molto lunghi, le arrivavano alla piega dei gomiti ed erano di un biondo cenere piuttosto smorto, pettinati con una semplice quanto infelice riga centrale. Il suo viso era regolare, anche se aveva un lievissima fossetta sul mento e la fronte era coperta per metà da un grosso e antiestetico cerotto. Le labbra sottili. Gli occhi…
La ragazza aveva abbassato di nuovo il viso e non riusciva a vedere bene, quindi si sporse per cercare di guardarle gli occhi. Lei si ritrasse, alzando il capo.
“Scusa, ci conosciamo?” Gli domandò quindi, con freddezza, costringendolo a riprendere una posizione più arretrata.
“Ehm… veramente…” Biascicò lui, facendo un ulteriore passo indietro e guardandosi attorno. “Io… io sarei…” Continuò, prendendo una sedia di metallo e sedendosi a lato del letto. “Io sarei quello… cioè, il mio autista… la macchina che…”
“Aspetta in attimo.” Lo bloccò la ragazza. “Tu sei quello che mi ha investita?!”
“Sì…” Ammise sconsolato lui, scrollando il capo.
“E che cavolo ci fai qui?!” Gli chiese allora la ragazza, che ormai aveva capito di avere davanti un maschio, per quanto efebico, dato il suo prominente pomo d’Adamo.
Bill alzò lo sguardo ancora coperto dagli occhiali. “Beh, ero preoccupato per te, volevo sapere come stavi, ti… ti ho portato i fiori.” E concluse indicando il cesto.
“Ah, grazie!” Sbottò lei, per nulla commossa dalla premura. “E grazie anche di questo…” Indicò il gesso che le ricopriva la gamba destra. “…e di questo!” Indicò il cerotto che aveva sulla fronte. “Era proprio quello che ci voleva nella mia vita, grazie davvero…” Commentò sarcastica infine.
“Scusa…” Mormorò Bill rammaricato e a capo chino.
“E comunque si può sapere chi sei? Hai una faccia familiare…” Riprese lei; la sua voce, nonostante l’evidente riprovazione era dolce, di quel tipo di voci che non stridono mai, anche nella rabbia più nera. “Sei sicuro che non ci conosciamo?”
“Ecco…” Rispose il ragazzo, torcendosi nervosamente le dita. “Io sono sicuro di non conoscere te, ma forse… tu mi hai già visto.” E detto questo si sfilò lentamente gli occhiali, scoprendo un paio di grandi occhi nocciola truccati pesantemente di nero. Inconfondibili.
La sua mente si ricollegò agli innumerevoli poster, alle foto, agli articoli delle riviste, ai programmi televisivi in cui li aveva intravisti. E al nome di quella band che volava leggero dalle trasmissioni musicali fino alle labbra delle sue coetanee…
“Tu… sei il cantante dei Tokio Hotel!” Esclamò incredula la ragazza, spalancando gli occhi.
“Eh, sì.” Annuì lui quasi dispiaciuto.
“Non ci posso credere…” Mormorò lei, guardandosi le mani. “…sono stata messa sotto dal cantante dei Tokio Hotel… non sono nemmeno una vostra fan! Pensare che c’è gente pronta a dare un rene per una cosa così…”
“Eh, già…” Annuì di nuovo il ragazzo.
“Senti un po’.” Fece lei all’improvviso, alzando gli occhi nei suoi. Erano blu, ora Bill li vedeva. Blu genziana. “Che fretta avevi, eh, per far correre così il tuo autista?!” Continuò con tono accusatorio, Bill allargò gli occhi sorpreso. “Avevi un appuntamento con la manicure?” L’interrogò quindi, lui allarmato abbassò gli occhi sulle sue perfette unghie nere. “Ti scappava il parrucchiere? Cosa? Avevi un appuntamento improrogabile con l’estetista o eri in ritardo per qualche party mondano?! Mi potevi ammazzare, cazzo! Te ne rendi conto?!”
“Ma… ma perché mi tratti così?” Balbettò il ragazzo confuso. “Io ero sinceramente preoccupato per te, non hai idea di che ansia mi ha procurato tutto questo…” Continuò accorato, con una mano inanellata appoggiata sul petto.
“Oh, sì, ci scommetto!” Replicò lei con foga crescente. “L’ansia di non coinvolgere il tuo prezioso culo da star in uno scandalo, ecco cos’era! Prova a negare!”
“Sei… sei… Mi stai offendendo!” Esclamò Bill alzandosi dalla sedia. “Io ero venuto con le migliori intenzioni, ma se mi tratti così, allora…”
“Allora che?” Ribatté la ragazza fissandolo furente. “Vattene, per favore.” Lo supplicò poi, abbassando di nuovo gli occhi sulle proprie mani.
“Se è questo che vuoi.” Affermò lui, rivestendosi di altezzosa dignità e dirigendosi veloce verso la porta, ma prima di aprire si girò di nuovo verso di lei. “Sai, non credo che tu capisca il privilegio che ti è capitato, ci sono ragazze che sarebbero pronte a tutto per un solo minuto con me. Io, Bill Kaulitz, vengo a trovarti e tu mi offendi, sei fortunata che non mi hai fatto incazzare sul serio, dovrei riprendermi i fiori!” Aggiunse col tono indignato di una principessa oltraggiata.
“E riprenditeli!” Sbottò lei senza mostrare scalfitture.
“Stronzetta!” Berciò Bill, uscendo e sbattendosi la porta alle spalle, che però non fece il rumore atteso, perché era di quelle apposta a chiusura lenta.
“Checca isterica…” Commentò la ragazza, riprendendo la rivista abbandonata sul materasso.

Il giorno dopo Bill fu molto distratto. Continuava a pensare agli occhi blu della ragazza ferita, così vivi eppure tristi e pieni di rabbia. Più ci pensava, più si convinceva di aver sbagliato. Certo, era stata lei ad iniziare la discussione, a reagire male, ma del resto era sempre lei quella col gesso e quell’orrido cerottone sulla testa… e tutto per colpa sua. Sì, per colpa dell’arroganza di uno stupido cantante. Doveva scusarsi.
“Bi… Bill…” Un voce metallica e rimbombante gli entrò direttamente nel cervello; solo dopo qualche secondo si rese conto di avere in testa le cuffie e che qualcuno gli stava parlando dalla saletta tecnica dello studio. “Eri un attimino fuori tempo…” Continuò la voce, che seppure resa strana dalla statica, era chiaramente quella di Tom.
“Ah, sì?” Rispose lui svagato. “Non me ne ero accorto…”
David, completamente all'oscuro della faccenda ospedale, si girò verso il chitarrista. “Ma dove ha la testa oggi?” Chiese perplesso.
Tom scosse il capo. “Ci penso io.” Affermò poi, cercando di rassicurarlo, ma il manager continuava a fare smorfie poco convinte. Tom riaprì la conversazione con Bill. “Tranquillo, Billy, la rifacciamo, ma cerca di essere leggermente più lento.”
“Ok.” Rispose il gemello dalla sua stanzetta al primo piano dello studio di registrazione. “Senti, Tomi…” Chiamò però, prima di rimettersi a lavorare.
“Cosa c’è?” L’interrogò il fratello un po’ scocciato.
“Dov’è che compri quei cioccolatini al rhum che ti piacciono tanto?” Gli chiese Bill.
“Perché?” Replicò sospettoso il chitarrista. “Tu non mangi cioccolata.” Aggiunse; agli occhi dei tecnici quella conversazione era ancora più surreale, dato che ogni volta, per parlarsi, dovevano spingere alternativamente il bottone accanto al microfono.
“Non è che la cioccolata si deve per forza mangiare!” Ribatté il cantante quasi offeso.
“Sì, beh, ci puoi fare anche dei giochini erotici, ma non mi sembri il tipo…”
“Li devo regalare, idiota!” Sbottò Bill, schiacciando con un po’ troppa forza il pulsante del microfono, cosa che provocò un rumore scricchiolante.
Tom ridacchiò, adorava stuzzicare Bill. “Eheheh, la cioccolateria svizzera di Metzer Strasse.” Gli disse poi, accontentando la sua richiesta.
“Ci voleva tanto?!” Esclamò Bill.
“Gnèno gnano gnao…” Lo scimmiottò Tom facendo smorfie e gesti strani.
“Ti ho sentito!” Protestò l’altro. “Non mi fare il verso, testa di cavolo!”
“Senti Tom.” David intervenne all’improvviso, chiudendo il canale con la stanza di Bill e afferrando Tom per un braccio, di modo da farlo voltare. “A chi li regala i cioccolatini?” Domandò poi serio.
“E che cazzo ne so io!” Rispose il chitarrista con troppa foga, mentre cercava di evitare lo sguardo indagatore del manager.
“Dimmi la verità, va dalla ragazza dell’incidente?” Gli chiese allora con tono insistente, stringendo la presa sul polso sottile di Tom.
“Se anche ci va, è un problema?” Replicò il chitarrista, liberandosi con uno strattone.
“Lo è.” Affermò netto David.
“Andiamo, David, lo conosci Bill, niente gli avrebbe impedito di farlo!” Proclamò il ragazzo, scrollando il capo. “A meno che tu non volessi legarlo in uno stanzino con un ananas in bocca!”
“E sia.” Si arrese David allargando le braccia. “Ma se succede un casino, io non voglio saperne niente!” Aggiunse, prima di alzarsi e lasciare la saletta. Tom sbuffò.

Era difficile stare sempre in quel letto, non poter assumere posizioni diverse, perché la gamba doveva stare sollevata. E poi le prudeva il cerotto. Uffa! Il camice era scomodo e come si muoveva prendeva posizioni strane e imbarazzanti. La ragazza stava giusto sbuffando, grattandosi la fronte con due dita, quando bussarono alla sua porta.
“Avanti…” Invitò lei perplessa, non aspettava certo visite.
L’anta bianca si aprì quasi timidamente e vide una gamba entrare. Ben presto una figura ormai conosciuta fece il suo ingresso. Impossibile scambiarlo per qualcun altro, con quei capelli neri, lisci meshati di platino e gli occhialoni da sole telescopici.
Era Bill Kaulitz. Ma che ci faceva di nuovo lì? Il ragazzo, almeno, aveva avuto la decenza di non presentarsi vestito come il servizio di copertina di Vogue Man come l’altra volta… Indossava dei semplici jeans chiari e un giubbotto di pelle marrone, scarpe da ginnastica.
“Ciao.” Salutò timidamente lui, avvicinandosi con fare incerto.
“Ciao…” Fece lei, quasi preoccupata. “Perché sei tornato qui?” Gli domandò infatti.
Il cantante fece un breve sorriso, accomodandosi sulla solita sedia di metallo, poi si alzò gli occhiali dal viso, mettendoli sulla testa. Era sempre truccato, ma un po’ meno del giorno prima.
“Sono tornato perché ieri… beh, credo che siamo partiti col piede sbagliato, io sono stato sgarbato, ti ho trattata male, ma… hai ragione tu, è colpa mia se sei qui…” Affermò Bill, quasi senza riprendere fiato, poi le porse un’elegante scatola bianca con un fiocco d’oro. “Ti ho portato questi, immagino che il cibo dell’ospedale non sia granché, così ti rifai…”
La ragazza prese la scatola, erano senz’altro cioccolatini. La guardò, sembrava roba fine, artigianale. Saranno costati un sacco… ma per lui non sarà così tanto, pensò poi.
“Ah, grazie…” Mormorò imbarazzata lei, alzando appena gli occhi, per abbassarli subito dopo. “Non era necessario…” Aggiunse, senza guardarlo.
“No, figurati!” La bloccò lui alzando le mani e negando. “Volevo scusarmi con te, mi sembra il minimo portarti dei cioccolatini!” Concluse ridacchiando in modo un po’ nervoso.
“A questo punto…” Riprese lei, guardandolo improvvisamente negli occhi. “…credo che anche io dovrei scusarmi con te.” Soffiò poi, veloce. “Ero arrabbiata per l’incidente e… non ho ragionato, ti ho offeso, ecco…”
“Tranquilla.” Replicò Bill con un dolce sorriso, toccandole l’avambraccio nudo. La sua mano era calda e gentile. “Ricominciamo dall’inizio, ti va? Io sono Bill.” Aggiunse poi, porgendole la mano.
“Annika.” Ribatté lei con un sorriso, stringendogliela.
“Puoi assaggiarli, quelli.” Affermò il ragazzo, indicandole la scatola dei cioccolatini. “Mio fratello dice che i fondenti al rhum sono deliziosi.”
Annika guardò la scatola e poi lui. “Tuo fratello?” Bill annuì. “Quello coi rasta… che suona la chitarra?” Il cantante annuì di nuovo.
“È il solo fratello che io abbia attualmente.” Spiegò poi sorridendo tranquillo.
“Scusa, è che… è un po’ strano averti qui, che parli, parli di tuo fratello…” Precisò la ragazza, mentre apriva la scatola dei cioccolatini. “…come se fosse normale…”
Bill rise deliziato, reclinando un po’ il capo all’indietro e mostrando il suo lungo collo bianco. Aveva una bella risata, solare e delicata, quasi un po’infantile. Capiva come tante ragazzine potessero morirgli dietro, anche se a lei sembrava sempre un po’ troppo effeminato.
“Ti assicuro che, anche se è uno sborone idiota che non pensa prima di parlare, mio fratello è una persona normalissima!” Affermò poi il cantante. “È anche molto dolce, quando vuole.”
Annika non poté fare a meno di sorridere, soprattutto per come Bill aveva pronunciato quella frase.  
“Non intendevo quello.” Soggiunse quindi. “Il fatto è che voi due siete famosi, delle star, e sei qui a parlare con me, una ragazza insignificante, come se fosse la cosa più comune del mondo…”
Lui rise di nuovo. “Ma non vedo nulla di assurdo nel parlare, comunicare, esprimere i propri sentimenti con una persona e, comunque, non credo tu sia così insignificante.” Le disse poi, fermandosi a guardare quei suoi grandi occhioni blu tanto espressivi.
“Grazie…” Soffiò Annika, abbassandoli subito.
Era strana questa ragazza. Un po’ timida, schiva, ma in un certo senso severa, dignitosa. Un soldatino di cristallo, ecco cosa sembrava. Il suo aspetto era nordico, ma quando sorrideva era come se emanasse calore. Eppure i suoi occhi erano profondamente malinconici. Un mistero. E la curiosità di Bill era quasi patologica…
“Ne vuoi uno?” Si sentì chiedere il ragazzo, che sorrise in automatico, come gli avevano insegnato anni di interviste, così si nascondeva la distrazione. Vide che lei gli porgeva i cioccolatini.
“No, grazie. Non mangio cioccolata.” Le rispose con garbo.
“Davvero?! Non ci credo! Tutti amano la cioccolata!” Replicò lei allegra. Riecco il calore che Bill aveva intravisto prima.
“A me non piace particolarmente.” Affermò Bill tranquillo. “Ci sarà qualcosa che non piace anche a te.” Aggiunse, sperando così di cominciare a scoprire qualcosa in più di lei.
Annika abbassò gli occhi, che si fecero seri. “Le persone ipocrite e bugiarde.” Sentenziò poi.
“Ohhh…” Commentò lui, quasi deluso, cosa che fece alzare immediatamente gli occhi alla ragazza. “Allora temo che io non ti piacerò, perché sai, nel mio ambiente, a volte sei costretto ad essere ipocrita e bugiardo, per necessità…” Spiegò quindi, gesticolando e parlando piuttosto veloce, era buffo. “…cioè, non è che puoi dire sempre quello che pensi delle persone e ci sono cose private su cui sei costretto per forza a mentire…”
“Ah, capisco.” Lo interruppe Annika. “Come sul tuo orientamento sessuale…”
Il cantante smise di gesticolare e si raddrizzò contro la spalliera della sedia, fissandola con gli occhi abbastanza spalancati. La ragazza fece altrettanto, perché non capiva quella reazione improvvisa. Ops, forse non gli piace che la gente parli di questo… pensò imbarazzata Annika.
“Io… non sono gay.” Proclamò però Bill, alzando il suo sopracciglio col piercing.
“Oh, sì, certo!” Replicò lei, pensando di aver capito. “Tranquillo, non lo dico a nessuno.” Aggiunse annuendo con aria complice.
“No, non hai capito.” Intervenne serio lui. “Io veramente non sono gay.” Sottolineò quindi.
“Ohhhh, mio – Dio…” Esclamò Annika a quel punto, realizzando e portandosi le mani davanti alla bocca. “Mio Dio, penso di aver appena fatto una figura orrenda… mamma mia, scusa, davvero!” Continuò, mentre arrossiva senza saper dove guardare.
“Non ti preoccupare, non sei certo la prima che lo pensa.” La rassicurò il ragazzo con un sorriso amaro, prima di abbassare gli occhi sulle proprie curate mani.
“Sì, però, non mi sembra che ti faccia piacere.” Ipotizzò Annika, vedendolo rattristato.
Bill rialzò gli occhi, recuperando il suo solito, quasi perenne, sorriso. “Non posso farci nulla, sono io che ho scelto di essere così, molto prima di diventare famoso.” Le spiegò quindi. “E la gente mi ha sempre giudicato, ormai ci ho fatto il callo.” E anche se non era proprio vero, perché ogni volta era come ricevere uno di quei piccoli tagliettini fatti con la carta, dolorosi e fastidiosi, il suo viso non tradì i suoi sentimenti, ormai troppo abituato al controllo.
“Mi dispiace.” Disse soltanto Annika, allungando una mano e posandola sulla sua. Erano lunghe, pallide e sottili, le sue dita, come i rami spogli di una betulla.
Bill alzò gli occhi e incrociò i suoi. Erano sinceri nel pentimento e anche nella solidarietà e lui si ritrovò a stringere la mano di Annika quasi senza volere, facendo un breve sorriso.
“Non fraintendere, Annika, ma…” Affermò poi il ragazzo, rivolgendole uno sguardo dolce. “…tu mi piaci.”
“Oh, beh…” Biasciò lei, colta di sorpresa da quella dichiarazione, poi però alzò gli occhi e sorrise sicura. “Io non ho ancora deciso se tu mi piaci o no!”
“Ah, ok!” Sbottò Bill ridendo. “Tanto ne avremo di tempo per conoscerci, perchè domani torno.” Aggiunse fluido, prima di lasciarle la mano ed alzarsi.
Annika si raddrizzò con espressione stupita. Ma diceva sul serio? Insomma, una star internazionale aveva sicuramente di meglio da fare che passare il tempo con una come lei.
“Non… non è necessario che ti disturbi.” Gli disse infatti. “Non voglio rubarti del tempo…”
“Ma che cosa dici!” Esclamò allegro Bill, con un sorriso enorme e sincero. “Se non mi facesse piacere non verrei! Anzi, sai che ti dico? Domani se c’è il sole ti porto in giardino!”
“Davvero, non devi.” Insisté però lei, severa sia nel tono che nell’espressione.
Bill, fermo a lato del letto, le strinse piano una spalla e la guardò dritto negli occhi. “Forse non devo, ma voglio.” Le disse senza esitazioni. “Ci vediamo domani.” Aggiunse, prima di lasciarla e dirigersi alla porta, da dove la salutò un’ultima volta con la mano.
Annika sospirò, lasciandosi andare contro i cuscini. Certo che era strana questa cosa. Lei, una ragazza che fino a due giorni prima aveva dormito… beh, lasciamo perdere dove, stava diventando amica di un cantante famoso. Stavano diventando amici?! Oddio! Lei non era in grado, non era all’altezza! Insomma, lui era… lui era…
Già, cos’era lui, oltre la facciata della popolarità, il trucco pesante, il sorriso obbligato, se non un ragazzo molto giovane, che forse era dovuto crescere troppo in fretta. Proprio come lei.
Non le piacevano i salti nel buio, gli imprevisti, eppure ne aveva affrontati molti di più di qualsiasi diciassettenne. E allora, anche stavolta, l’unica alternativa era chiudere gli occhi e saltare.

CONTINUA

Ringrazio in particolare quelli che mi hanno messa nei preferiti e color che hanno commentato:
crY: ecco il seguito, contenta?
Whity: essì, sono tornata! Sono felice che apprezzi il mio Tom, adoro caratterizzarlo, quel ragazzo mi da delle soddisfazioni!
Gufo: risparmia le forze per commentare questo capitolo!
Flavia: sento che Bill non ti deluderà!
RubyChubb: ascolta, vai a belare da un’altra parte, io voglio recensioni serie, hai capito! ^__- ti adoro e aspetto tue novità!
Ninnola: è la continuazione è presto arrivata!
maky my 94: la continuo anche se non mi obblighi, adoro questa storia!
Piscula: beh, mi fa piacere che ti abbia divertito il primo capitolo, spero di non smentirmi! Sono anche contenta che tu abbia visualizzato le scene, perchè io quando scrivo sono molto cinematografica nella mia testa!
dark_irina: spero che anche il secondo capitolo riscontri il tuo apprezzamento!
Loryherm: era proprio il mio intento far apparire un Bill inizialmente un po’ antipatico, anche perchè ogni tanto gli gireranno pure a loro, no? Ma non ti preoccupare, amo troppo Bill per non farlo ritornare subito billoso!
Selina89: ed eccomi qui, un altro capitolo caldo caldo.

Grazie ancora a tutti, anche a quelli che hanno solo letto!
Lunga vita e prosperità!


   
 
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