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Autore: VexDominil    27/06/2013    1 recensioni
Una scelta è sempre una scelta. Anche se presa per le decisioni sbagliate.
Genere: Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate
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Nessun giorno è uguale all'altro, ogni mattina porta con sé un particolare miracolo, il proprio momento magico, nel quale i vecchi universi vengono distrutti e si creano nuove stelle. (Paulo Coelho)

Quando la sveglia suonò, per una volta tanto, fu subito azzittita da un braccio lesto e non come al solito da materia organica molle che sembrava più zombie che viva.

Questo perché Temi non aveva dormito affatto bene, agitandosi e avendo degli incubi spaventosi. Così alla fine aveva deciso che tanto valeva stare a letto sveglia, godendosi il tepore.

Quando si alzò quasi sussultò spaventandosi a morte per il disegno fatto il giorno prima: non si ricordava che fosse così realistico. "E così brutto".

Mise quello e la descrizione in una busta di plastica e la nascose dentro uno dei suoi tomi di medicina, i pochi ornamenti della casa, insieme alle sedie e i centrini di sua nonna.

Questa, non si sa per quale motivo, aveva deciso di fare una produzione industriale di pizzi e altre cose da regalare poi in giro, cioè alle sue nipoti, figlie e nuore varie.

Il problema era che nessuna di loro amava quelle cose, pur essendo ben fatte, così di solito risolvevano la questione facendo un bel falò a Capodanno.

Solo Temi li teneva, pur trovandoli orribili, per senso di colpa e perché appena cercava di buttarli si ricordava la faccia di sua nonna, trepidante e tutta illuminata, mentre le porgeva la sua parte di centrini.

Così continuava a tenerli e loro giacevano sempre lì, ammuffiti.

"Ecco perché non potrei mai portarmi a casa un uomo. Macché un uomo, nemmeno l'idraulico."

Questo era il suo pensiero, quando posava su di loro lo sguardo.

Sfregandosi gli occhi, aggrottò il naso per il disordine e la polvere. Con tutto quello che era successo si era dimenticata di pulire e odiava essere così immersa nei ricordi della sera prima. Occhieggiò con odio anche la pila di vestiti che si ergevano, coprendola alla vista, da una sedia. Quando arrivò in cucina in due passi e mezzo, notò gli schizzi sui fornelli, i piatti erano sistemati uno sull'altro in modo precario nel lavandino e in generale sembrava che la casa fosse stata lì a riposare per qualche anno e poi fosse stata shakerata per benino.

Fran, se avesse visto ciò, l'avrebbe uccisa e dopo sarebbe svenuta.

Non aveva tempo per questi pensieri oziosi, così, dopo aver mangiato dei cereali con del latte quasi scaduto ed aver rovistato nell'armadio per trovare qualcosa di pulito, se ne andò in ospedale, con un bellissimo camice stropicciato e già usato a rovescio. Non aveva proprio la testa, in quel momento, per cercare di comportarsi normalmente.

Con il senno di poi, considerò che avrebbe dovuto capire che non era l'outfit migliore per lavorare, con quegli odiosi che non perdevano un'occasione di ridere degli altri.

Quando entrò nella hall, subito tutte le teste degli impiegati si voltarono verso di lei, come azionate da un meccanismo incredibile, e due infermieri le cercarono di spiegare che l'ospizio per i poveri era una strada più in là.

"Ma io sono un dottore!" Non si accorse di aver gridato fino a quando notò tutti avevano ripreso le loro attività, solo con la testa più incassata sulle spalle.

Ma non aveva tempo per questo, anche se si imbarazzò moltissimo, perché quei due la stavano squadrando come se stessero decidendo se internarla o no. Così tirò fuori il tesserino e glielo mostrò.

"Mhhh...Qui c'è scritto specializzando..."Temi li guardò con odio puro: non sopportava quelli che specificavano che lei non era ancora un medico vero e proprio.

"Lo sarò prestò." Ringhiò piano.

"Continua a sperarci. Se ti preoccupi della tua igiene come ti occupi dei pazienti, allora auguri!"

I due si allontanarono ridendo. Se prima la ragazza voleva solo rintanarsi nello spogliatoio il prima possibile, ora voleva una bella voragine con scritto il suo nome, cognome e indirizzo.

Finalmente Norge, un'infermiera con cui faceva comunella, la raggiunse e la prese subito sottobraccio, allontanandola da lì.

"Ma che credi di fare, conciata così? Cerchi di vincere il concorso di "Travestiti da barbone"? " A questo punto Temi storse il naso: lei li aveva visti, sul serio e non pensava che fosse giusto criticare qualcuno per la vita che conduceva. Ma se l'altra se ne accorse, non lo mostrò. "E cos'hai fatto ai capelli? Sembra che ti sia nata una nuova stella in testa! Senti, io ti timbro il cartellino, ma vai nello sgabuzzino del primo piano e ti cambi velocemente. Sei fortunata che cominci da lì la ronda."

"Ma è lontano, buio e sporco! E il mio turno inizia a momenti."

L'infermiera, con un gesto deciso della mano, la zittì.

"Non mi interessa, ma se vuoi perdere il lavoro e il tuo periodo di praticantato, fa pure. Se ti vede il grande capo vestita così... Già non sei molto ben vista in generale, con questo gli altri spareranno su di te alla massima potenza, dicendo che mini la rispettabilità dell'ospedale e cavolate varie."

Si guardarono un momento negli occhi: Temi sapeva che era tutto vero.

L'altra non scherzava affatto e si vedeva che ci teneva a lei.

Così annuì leggermente, si sfilò dalla tasca la tessera, gliela consegnò e fece per andarsene.

Norge la fermò ancora e, quando lei si voltò, le lanciò una cosa piatta e circolare.

Temi se la rigirò in mano perplessa.

"E questo cos'è? Una bomba?"

L'altra rise.

"No, è il rimedio per i tuoi capelli. Si chiama spazzola!"

Detto ciò, iniziò a correre verso il suo corridoio, mentre lei si rifugiò nello sgabuzzino, scuotendo la testa.

Dopo qualche minuto, era vestita più decentemente, anche se era di cattivissimo umore.

Odiava quel posto: era minuscolo, con la puzza dei detersivi e le scope che le continuavano a cadere in testa.

In più era buio e ogni ombra sembrava qualcosa di schifoso, quel giorno più che mai, mentre magari era solo un secchio.

Decisamente non era il suo posto preferito.

In realtà non aveva un posto preferito nell'ospedale: i corridoi erano gremiti di persone, le stanze piene di ammalati e non c'era mai un attimo di pace.

Le piaceva esercitare la sua professione, ma ad un certo punto non riusciva più a sopportare l'ennesima inutile lamentela del paziente sui suoi compagni di stanza o a doverne annunciare la morte, la malattia incurabile, la cattiva riuscita di una cura.

Certe volte avrebbe voluto fare un mestiere diverso: aveva un cuore troppo tenero.

Ringraziava sempre il cielo di non aver scelto pediatria, altrimenti si sarebbe suicidata dopo tre giorni: come avrebbe fatto ad annunciare ai genitori di un neonato che quest'ultimo aveva la sindrome di Patau?

Molte sue compagne di università l'avevano studiata, ma alcune, dopo aver capito che i bambini non sono solo putti viventi che ridacchiano e giocano, ma qualche volta esseri arrabbiatissimi che non fanno altro che piangere e stare male, avevano lasciato, dedicandosi ad altro, affermando che "L'unico bambino che sopporto è un bambino ancora nella placenta."

Lei non era molto d'accordo: conosceva altre persone che erano ugualmente odiabili, ed erano tutte adulte. Quelle ridevano e dicevano che se fosse stato per curarli sarebbe stato perfetto, ma fingersi contente di essere sommerse da valanghe di pannolini di figli non loro andava oltre la loro capacità di faccia di bronzo.

Temi di solito storceva il naso, ma non aggiungeva altro.

Lei, lo sapevano tutti, si prendeva troppo cura di alcuni pazienti, pur riuscendo a essere distaccata con altri.

Di solito quest'ultimi erano quelli che le rompevano l'anima fino allo sfinimento con stupidaggini di varia sorta o che cercavano di strapparle vita morte e miracoli, resurrezione inclusa.

A lei non dispiaceva fare due chiacchiere ogni tanto, capiva che potessero sentirsi soli e annoiati, ma se avesse dovuto dedicare 10 minuti a ognuno, sarebbe tornata a casa nel giorno del mai.

E c'erano altre persone di cui occuparsi.

In generale però, quando accadeva qualcosa di brutto a un suo ammalato, pur essendosi lamentato troppe volte perché non c'era la tv via cavo, era molto triste per lui e se ne doleva come se fosse effettivamente colpa sua.

Come per il signor T.




Angolo dell'autrice disperata perchè non trova il quinto capitolo:
Ciao a tutti!
Curiosi di sapere chi sia il signor T, vero?:D
Mi dispiace, ma dovrete aspettare la prossima settimana, anche se potete fare delle congetture: non sono razzista, rispondo a tutti!;)
Se pensate che il nome dell'infermiera sia strano, ebbene è così: magari farò qualcosa per spiegare perchè si chiama così nella storia, ma nella realtà è un caso.
Ringrazio chi segure, legge, preferisce e commenta questo sgorbio, ma un grazie speciale va a Acquamarine_ che mi aiuta sempre un sacco!
Spero che vi stiate divertendo a leggere della povera Temi, che recensiate e che stiate passando una buon'estate!
Adieu!:)
Vex

  
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