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Autore: AxXx    27/06/2013    4 recensioni
Un esperimento fallito porta poteri a diversi ragazzi nel mondo. L'ONU istituisce la I.S.A. (International Security Agency) E, nel presunto tentativo di fermare i nuovi terroristi Omega, cerca di distruggerli, rendendo loro legali l'uso della violenza e dell'uccisione.
In fuga da tutto e tutti, alcuni Omega si ritrovano a combattere contro criminali e forze dell'ordine, spesso anche tra loro tutti con un obbiettivo importante da raggiungere.
Salvarsi, aiutare, sacrificare, combattere: tutto si risolve in una cosa sola; fare una scelta.
Quale prenderanno?
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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                          Battaglia sul treno

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Devo ammettere che non mi aspettavo un esercito, quando mi vidi addosso questi quattro elicotteri da trasporto truppe. Mi sorpresi ancora di più del fatto che i soldati che arrivavano non erano le solite tre, quattro spie che mi mandavano contro di solito, ma ce n’erano, come minimo, quaranta in tutto.

“Sembra che ci divertiremo…” Dissi sparando un fulmine molto potente contro l’elica del veicolo più vicino, facendolo precipitare.

“Ma sei pazzo!?” Mi urlò il mio avversario correndo verso di me lanciandomi un pugno che io evitai rotolando.

“Quelli mi vogliono catturare e, sinceramente, vorrei rimanere libero!” Urlai, mentre lanciavo un'altra saetta che lo tramortì per alcuni secondi, mentre io tornavo a concentrarmi sui soldati.

Ascoltavo le loro trasmissioni per riuscire a capire come muovermi.

“Squadra bravo-4-7, Charlie-3-1 è stato abbattuto, prendere posizione sul terzo Omega, Alfa-7-1, con me, concentrarsi sui due sul tetto del treno, pronti con i missili.”

‘Missili!? Così ammazzeranno un sacco di gente!” Pensai sbarrando gli occhi, pochi attimi prima di vedere il micidiale proiettile sganciarsi da uno degli alettoni del secondo elicottero per dirigersi ad alta velocità verso di noi.

“Merda!” Urlai, mentre con una saetta intercettavo l’arma facendola esplodere.

“Squadra bravo-3-9 a squadra, attacco fallito, mi avvicino, uomini pronti a scendere.”

‘Venite pure… vi farò un culo grosso come l’area 51’ (che è grande come la toscana) Pensai, mentre l’elicottero prendeva posizione sopra il treno e i soldati iniziavano a far calare le corde.

“Ma sono matti! Quel missile poteva ammazzare tutti su questo treno!” Urlò il mio nuovo compagno di viaggio che si era appena risvegliato.

“Credo che lo sapessero anche loro… ma non gli interessa, sistemiamoli!” Urlai lanciandomi contro il nemico più vicino, mentre anche gli altri veicoli facevano scendere i loro soldati.

Alcuni entravano all’interno, ma altri rimanevano sul tettuccio del vagone a combattere. Il primo lo scaraventai di sotto con una spinta e quello accanto si ritrovò stampata l’impronta del mio pugno sulla faccia. Anche WK07 ci stava dando dentro: era riuscito a stenderne tre con pochi colpi e sembrava proprio immune ai proiettili. Con una piccola scossa colpii un terzo soldato facendolo cadere a terra, mentre gli altri sparavano contro di me. Il mio muro elettrico ressi i primi colpi, ma non volendolo mettere alla prova, decisi di fare una ritirata strategica, così mi aggrappai al bordo del tettuccio e, con una capriola, mi lascia dondolare sfondando il finestrino della carrozza atterrando nel corridoio. All’interno c’era un soldato che, vedendomi cercò di spararmi, ma io fui più rapido e con una saetta lo mandai a terra. Nello stesso istante, dietro di me, vidi una porta che si sfondava facendo volare fuori due uomini armati e, dietro di loro, la ragazza che avevo intravisto all’ultima fermata del treno… quella che mi aveva osservato.

“Ehi!, gli hai stesi tu?” Chiesi, mentre mi avviavo verso la seconda carrozza, dove speravo di recuperare Folgore (la mia spada). Ad un rapido calcolo dovevo averne già stesi circa metà. L’adrenalina che mi scorreva in corpo era migliore di qualsiasi scarica elettrica. Ero certo che avrei potuto vincere contro un intero esercito.

Be’, mi sbagliavo di grosso.

Nel secondo vagone tre soldati stavano allineando una decina di minacciandoli con i loro fucili. Quando li vidi colpii il primo con un fulmine, correndo incontro al secondo e colpendolo con un pugno alla gola, ma quando arrivai al terzo fui costretto a fermarmi. Stava tenendo davanti a se, stringendola per il collo, una ragazzina di quattordici anni, come se fosse uno scudo e io non lo attaccai.

“Fermo, stronzo! Ho faccio saltare il cervello alla ragazza!” Mi intimò puntandole la pistola alla testa.

Lei emise un rantolo terrorizzato, mentre il metallo dell’arma le sfiorava la tempia. E mi stava guardando. Vi siete mai trovati in una situazione del genere? Ti ritrovi davanti un soldato armato che usa una ragazzina indifesa come scudo e lei ti chiede, con gli occhi, con la bocca, con tutto ciò con cui può comunicare di non farla uccidere; di salvarla, mentre a pochi passi sua madre e sua sorella piangono coprendosi gli occhi, incapaci di reagire perché hanno paura di metterla in pericolo. E sei solo tu il responsabile: quella vita dipende solo da te: tu cosa faresti? La condanneresti o la salveresti? Io scelsi di salvarla.

“Va bene! Ok… tranquillo… mi arrendo.” Dissi alzando le mani in segno di resa.

Mi maledissi in tutti i modi e in tutte le lingue conosciute, ma io non sono un mostro. Ho un grande rispetto per la vita di una persona e, pur avendo già ucciso, non sacrificherei mai una ragazzina per la mia libertà. Ci sono limiti che nemmeno io sono così ansioso di superare.

“Bravo… sembra che questa stronzetta vivrà un altro giorno. Ora muoviti, figlio di puttana, prendi le manette che si trovano attaccate alla cintola di uno dei miei colleghi e legati. Inibiranno i tuoi poteri.” Mi intimò mentre sorrideva da dietro il passamontagna, continuando a tenere come scudo il suo ostaggio.

Mentre io mi chinavo a setacciare il corpo, lo sentii ordinare la stessa cosa alla mia nuova compagna e, anche lei, si chinò subito a cercarle. Non ci mettemmo molto a trovare quello che ci aveva detto e, appena me le infilai, mi sentii spossato, come se mi avessero prosciugato da ogni energia. L’uomo dal canto suo era soddisfatto: senza i nostri poteri eravamo ragazzi normali. Così decise di lasciare andare la ragazza che, appena fu libera, corse ad abbracciare i suoi parenti, piangendo.

“Allora non sei così stronzo come dicevano i rapporti… certamente sei un vero coglione, dato che io avrei sparato all’ostaggio, ma sai com’è… non si può vincere sempre.” Sussurrò il soldato puntandomi la pistola contro. Ero certo che non mi volesse uccidere, ma di certo nulla gli avrebbe impedito di spararmi.

Ma non ne ebbe mai l’occasione dato che WK07 piombò su di lui sfondando il tettuccio e brandendo un altro soldato come se fosse una mazza. Il suo solo peso bastò a stendere il nostro avversario e io e K43 ne approfittammo subito per afferrare le chiavi e liberarci.

“Come stai?” Chiese il nostro salvatore si guardava in torno alla ricerca di altri nemici.

“Poteva andare peggio, grazie. Dove sono finiti i soldati e gli elicotteri?” Risposi, mentre sentivo l’energia elettrica tornare nel mio corpo.

“Andati tutti.” Rispose lui, mentre guidava la gente fuori dal vagone e la mia nuova compagna veniva raggiunta da una donna (la madre) e un ragazzo (Dopo scoprii che era il fidanzato)

Io, di mio, recuperai spada e valigetta, ripromettendomi di non perderli. Ma non era ancora finita: il treno tremò paurosamente e la velocità aumentò.

“Merda… mi sa che c’è un problema…” Sussurrai a me stesso.

 

 

 

 

 

[Registrazione chiamata dal Dottor Wolf al Generale Ritcher]

 

D.W.:  Generale! Ho saputo che anche la nostra base in Nevada è stata persa! Là c’era il meteorite che conteneva la fonte principale di Elemento Omega! Per colpa sua decine dei nostri migliori scienziati sono morti!

G.R.: Conoscevano i rischi… non si preoccupi, intendo risolvere velocemente la questione: le testate sono già puntate sull’obbiettivo. Non rimarrà nemmeno l’ombra.

D.W.: Vuole lanciare delle testate nucleari sul suolo americano!? È per caso uscito di testa!?

G.R.: Dottore… lasci a me le valutazioni tattiche e si concentri sul suo lavoro… e      sua nipote.”

D.W.: No! Adesso basta! Sì è spinto troppo oltre! Il ho già informato il presidente! Lui la farà desistere da questo suo folle intento a costo di…

G.R.: Cosa ha fatto!? Lei mette in pericolo decine di persone per la sua sciocca morale!

D.W.: Lei è quello che non pensa! Vicino alla base ci sono tre città di grandi dimensioni! Se lanciasse la bomba saranno inondate di radiazioni e non avremo tempo di evacuarle!

G.R.: Chi ha detto che dobbiamo farlo? Probabilmente quella gente è già stata esposta alle radiazioni Omega. Tanto vale distruggerle subito.

D.W.: Lei è un pazzo! Non le permetterò di bombardare quella zona!

 

 

 

 

 

[Estratto dal diario del soggetto WK15.]

 

Eravamo messi davvero male. L’unica cosa di cui non potevamo lamentarci era il fatto che, avessimo un tetto, seppur fatiscente, sulla testa. Avevamo trovato rifugio in una vecchia baita d’alta montagna dalla quale si poteva vedere tutto ciò che accadeva nella valle.

Eravamo stanchi e affamati. Il cibo scarseggiava e ci eravamo davvero messi a cercare roba da mangiare in città. Ormai eravamo proprio alla frutta e la nostra situazione non era per niente buona. Uno di quelli che era con me ha cercato di forzare la quarantena ed è morto sotto i colpi dei mitra. Sperava di confondersi tra la folla, ma fu proprio quello ad ucciderlo: un gruppo di persone si era mossa verso il posto di blocco della quarantena sulla strada, ma i soldati non li fecero passare. Quando la gente cominciò a premere sulla linea difensiva aprirono il fuoco, massacrando uomini, donne e bambini… senza rimorso e senza esitazione. Duecento persone morte, uccise sotto una pioggia di fuoco. Non erano nemmeno armate.

Mi ritrovai ad affrontare una vita da partigiano alla costante ricerca di cibo e sempre in fuga da tutti. La gente comune cu chiamava ladri e terroristi incolpandoci delle loro disgrazia, gli ‘infetti’, coloro che erano entrati in contatto con Sasha, davano la caccia a noi come a qualsiasi altra cosa si muovesse e i soldati avevano l’ordine di ucciderci a vista.

Quel giorno in particolare, mi ricordo, che mi trovavo in un piccolo paesino, dove ebbi la fortuna di radunare diversi pacchetti di patatine (ormai mangiavamo solo quelle, oltre alle merendine) e insieme a me c’era Alissa che stava radunando bibite e acqua. Era da un po’ che cercavamo di rimanere soli io e lei, anche se, ovviamente, questo accadeva solo durante le incursioni nei paesini come in quel momento. Dopo aver finito di fare le scorte, mi avvicinai a lei, intenzionato tentare un approccio amichevole, quando sentii il rumore di una macchina che si fermava all’esterno: una jeep. Subito io e lei prendemmo posizione, nascondendoci dietro il bancone delle ordinazioni.

“Stai qui, non ti muovere.” Sussurrai avvicinandomi furtivamente all’uscita.

In strada c’erano sei uomini, tutti armati di mitra e stavano setacciando gli edifici vicini. Sentii il caposquadra ordinare a tre soldati di controllare anche quello in cui ci eravamo nascosti noi.

“Merda… non ci voleva…” Sussurrai, mentre cercavo di inventarmi qualcosa.

L’idea mi venne al volo, mentre si avvicinavano. La giornata era molto limpida, quindi il solo batteva forte. Con i miei poteri feci in modo che si concentrassero sul cofano della jeep surriscaldandolo. Ci volle un po’ e i tre soldati erano già parecchio vicini alla porta quando il veicolo esplose. Il rumore forte attirò i pazzi che, armati di pistole e coltelli, si lanciarono contro i soldati.

“Andiamo, presto! Dal retro!” Urlai, mentre alle nostre spalle si sentiva il rumore delle armi da fuoco.

Passammo da una porta secondaria, ma, mentre lei usciva per prima, venne assalita da un di quei soldati infetti che la afferrò, cercando di strangolarla. Io fui rapido e, concentrando l’energia solare nella mia mano, la liberai sotto forma di un raggio che travolse il folle, carbonizzandogli mezza faccia.

“Grazie… me la sono vista brutta.” Mi disse, raccogliendo la sua roba.

“Non c’è di che… ora andiamo, presto!” La incitai, mentre superavo una recinzione.

 

 

 

 

 

[Estratto dal Diario di WY01]

 

 

Cavolo che idiozia. Ne avevo ammazzati altri cinque e loro continuavano ad arrivare. Certo, non che non fossi abituato, ma proprio interrompermi mentre gioco a Pokemon… questo potevano proprio evitarselo.

Era iniziato tutto la settimana scorsa: mi trovavo al parco, sotto le sembianze di un bambino di dieci anni, camuffandomi tra la folla di bimbetti che giocherellavano qua e là senza badare a me, con i loro genitori a poca distanza che li tenevano d’occhio. Ero alla ricerca di una nuova vittima, dato che avevo bisogno do energie, ma la mia attenzione fu attirata da una bimba. Era un po’ paffutella, dai capelli biondi e ricci. Stava armeggiando con una specie di scatoletta aperta di color grigio metallico. Non che fossi un tipo da giochetti, ma mi incuriosì e decisi di dare un occhiata a quel giochino, dimenticandomi il mio vero obbiettivo.

Feci finta di sedermi con noncuranza accanto a lei e, mentre fingevo di non fare attenzione, lanciavo occhiate furtive al gioco. Era davvero interessante: c’era una specie di omino stilizzato che si muoveva e, appena ne incontrava altri, se questi volevano, iniziavano a combattere con degli strani animali. Se vinceva il tuo omino avevi come premio dei soldi e i tuoi animaletti avanzavano di livello.

Decisi di interagire con la bambina in maniera amichevole per farmi spiegare che gioco fosse e lei mi spiegò che era un videogioco chiamato Pokemon e mi spiegò che tu guidavi un personaggio nel suo percorso per diventare allenatore di quegli strani animali che combattevano.

I Pokemon (così si chiamavano quelle creature) erano tantissimi e tutti diversi e con diverse abilità.

Dovevo ammettere che fui stranamente attratto da quel particolare passatempo, così, dopo averla salutata, mi diressi lontano, in un mio piccolo rifugio attendendo la notte.

Andai a prendere il gioco: sfondai il vetro del negozio e arraffai rapidamente tutte le console e i giochi con scritto ‘Pokemon’ e, già che c’era, sfondai la cassaforte sul retro prendendo tutto ciò che c’era dentro (Solo soldi). Di solito non rubavo, ma quel videogioco mi piaceva troppo e non riuscii a resistere alla tentazione.

Appena mi fui allontanato di qualche isolato, smisi di correre e mi presi il tempo di esaminare quegli strani dischi (che dischi non erano) che andavano messi nel gameboy (Così si chiamavano quelle scatolette). Avevo preso una decina di giochi diversi, così decisi di prenderne uno a caso, ma, mentre lo stavo per inserire, fui circondato da alcuni soldati armati.

“Ora, prendetelo!”  Urlò uno, mentre un altro mi colpiva al collo con un teaser, per tramortirmi.

“Diavolo!” Urlai, mentre la vista mi si appannava, per la scossa elettrica. Ero così concentrato da quel gioco che i miei sensi non gli avevano sentiti arrivare.

Fortunatamente il mio corpo era molto resistente e non svenni, anzi, irritato per l’interruzione, materializzai la mia falce e, facendo un giro su me stesso, falciai tre soldati con un solo colpo. Gli altri due estrassero le pistole e cercarono di spararmi. Io evitai i colpi meglio di Matrix e, saltando alle loro spalle, li falciai entrambi, tagliandoli a metà all’altezza della vita.

‘Così imparate a non interrompermi.’ Pensai con un sorriso, mentre pulivo il monitor del gameboy sporco di sangue.

 

 

 

 

 

[Estratto dal diario di WK43]

 

Quando il treno tremò sobbalzai spaventata, mentre il tipo che prima aveva affrontato i soldati usciva dalla sua cabina stringendo una specie di sciabola nella mano sinistra e una valigetta in quella destra.

“Tutto a posto?” Gli chiese Tiziano vedendolo uscire trafelato.

“No, credo che qualcosa sia esploso sul treno… meglio controllare la locomotiva.” Disse lui.

“Non c’è bisogno, siamo messi male…” Disse l’altro ragazzo, quello che aveva tramortito l’ultimo soldato, mentre tornava da noi con un uomo sulle spalle e gli abiti fumanti.

“Hanno fatto saltare la locomotiva e il sistema frenante è andato.” Disse, mentre poggiava il macchinista a terra. “Sono arrivato appena in tempo per salvarlo.”

“Bene… allora dobbiamo abbandonare il treno. Andiamo!” Disse il signor ‘sparo elettricità’ avviandosi verso la porta.

“Aspetta! Tra meno di dieci minuti questo treno incontrerà un ponte che, fortunatamente è alzato! Si schianterà e tutti i passeggeri moriranno!” Urlò quello che aveva salvato il macchinista.

Il suo compagno si fermò un attimo, stringendo la spada che aveva in mano, mentre riuscivo ad osservare sotto il cappuccio una sorte di espressione preoccupata, ma anche scocciata. Pensai che non voleva trovarsi lì in quella situazione.

“Ok… cosa devo fare?” Chiese mettendosi il fodero dell’arma a tracollo, mentre raccoglieva due auricolari dai corpi dei soldati, lanciandone uno al compagno, infilandosi quello che si era tenuto nell’orecchio.

“non abbiamo molte possibilità… ma se toglie energia al treno potrei riuscire a fermarlo prima che si schianti, cercherò di fermarlo con la mia forza.” Disse K07, avviandosi verso il retro del treno.

Io rimasi un attimo imbambolata al mio posto, incerta sul da farsi: avrei voluto aiutarli, ma non sapevo in che modo… o meglio, lo sapevo ma era molto rischioso e non avevo garanzie che funzionasse.

“Cos’hai intenzione di fare?” Mi chiese mia madre, osservandomi. Lei sapeva fin troppo bene cosa pensavo. Mi conosceva.

“Ho intenzione di aiutarli.” Risposi prendendo l’auricolare del terzo soldato e saltando dal finestrino. Una fortuna saper volare.

 

 

 

 

 

 

 

Ok, stavo per fare una cavolata. Avevo una mezza idea di lasciare tutti lì a morire e andarmene… ma non potevo. Avete mai sentito quel detto: se salvi una vita ne sei responsabile? Be’… io ho il difetto di essere così: non salvo le vite per vederle morire un secondo dopo.

“Ok, sono in posizione.” Dissi all’auricolare, mentre raggiungevo ciò che rimaneva dal vagone di testa. Il vento prodotto dal movimento del treno mi frustava il viso, facendomi muovere il cappuccio.

“Ascolta, sto cercando di rallentare il treno con la mia forza, ma ho bisogno che tu tolga la corrente!” Urlò K07, con un verso che indicava palesemente uno sforzo enorme.

“Sarà dura… non ho mai assorbito tanta elettricità.” Risposi mentre mettevo mano ai comando ormai distrutti.

All’inizio non sentii nulla, poi fu come se il mio corpo iniziasse a farsi pesante, un po’ come quando hai mangiato così tanto che il tuo stomaco non fa entrare più niente. Il mio corpo era saturo di elettricità e scalpitava per potersi scaricare, ma io facevo del mio meglio per trattenere tutti gli elettroni al suo interno. Immaginavo che il mio sistema nervoso sarebbe stato danneggiato, ma c’erano delle vite in gioco. Dopo un minuto circa, sentii che l’elettricità sul treno era svanita, dato che le luci a intermittenza si spensero, ma quello rallentava davvero poco.

“Ehi! Il motore è spento, ora, ma tu che stai facendo!?” Chiesi, mentre cadevo in ginocchio, stanco per lo sforzo di mantenere l’energia in me.

“Sto facendo del mio meglio… ma non sono così forte!” Urlò W07 dall’altra parte, affaticato.

“Sto arrivando!” Urlò una voce sopra di me.

La ragazza che aveva steso due soldati stava levitando sopra il vagone di testa del computer tendendo le mani verso di esso, come se volesse fermarlo senza toccarlo. Sorprendentemente il treno iniziò a rallentare più vistosamente.

‘Deve avere dei poteri telecinetici… o psichici…’ Pensai, mentre mi veniva un idea per rallentare ancora di più la corsa. Ormai riuscivo a vedere il ponte sollevato.

Con la mia attuale carica elettrica non fu un problema teletrasportarsi a metà strada tra treno e ponte, dopodiché creai a sei metri di distanza da me un muro di elettroni compatti, mentre caricavo braccia e gambe con tutta l’elettricità che mi era rimasta. Ormai il treno era a meno di trenta secondi da me e lo vidi vibrare paurosamente, mentre sfondava il muro di elettroni che avevo preparato. Lo rallentò, ma non era ancora fermo e, un attimo dopo, puntellai braccia e gambe cercando di trattenerlo a spinta. Sapevo che, se spingevo troppo sarei stato messo sotto, ma, sinceramente non avevo altre idee.

Quando io e il treno impattammo l’uno contro l’altro sentii che, nonostante l’elettricità che mi faceva da scudo, le mia braccia erano sul punto di cedere e, se non avessi creato il muro di elettroni, probabilmente, me le sarei rotte.

Cercai di fermarlo con tutte le mie forze, dando fondo a tutte le mie forze e a tutta la mia elettricità. Le mie mani si ferirono e il mio naso iniziò a sanguinare per i danni al mio cervello e al mio sistema nervoso in generale, ma io resistetti, mentre il treno rallentava, rischiando comunque di schiacciarmi.

Non so per quanto tempo rimasi aggrappato al treno… probabilmente si era già fermato da un pezzo quando mi staccai. Le mie gambe e le mie braccia avevano perso sensibilità e io mi sentivo terribilmente stanco e intorpidito. L’ultima cosa che ricordai prima di svenire fu di essere sollevato da due forti braccia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

    

 

  
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