Anime & Manga > Inuyasha
Segui la storia  |       
Autore: Youki    20/09/2004    1 recensioni
Come arrivò Inuyasha nel villaggio di Kikyo 50 anni fa? E cosa faceva Sesshomaru nel frattempo? E come viveva Kikyo? E chi è Sayouki? Scopritelo leggendo la mia fic, già completa, che posterò regolarmente ogni settimana! COMMENTATE COMMENTATE!!! Baci Youki
Genere: Azione, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

UNA STORIA DEL PASSATO
di Youki
Cap 2
L’eredità del sangue: la storia di Sayouki



Il sole sorse dietro una plumbea cortina di nubi e una luce grigia e opprimente si diffuse annunciando il nuovo giorno. Il vento aveva smesso di soffiare e la neve, che ora cadeva bagnata e pesante, aveva ridotto l’incendio ad un agonizzante, esteso braciere.
Quando i sei cavalieri arrivarono nella radura antistante il villaggio distrutto, stava nevicando abbondantemente già da ore e quasi non videro i tre corpi distesi al riparo nell’albero cavo seminascosti dalla neve caduta. Sentendo qualcuno che la scuoteva delicatamente, Sayouki aprì gli occhi e si ritrovò tra le braccia di un giovane che la stava avvolgendo in un caldo mantello di lana: ancora debole e visibilmente smarrita, sorrise flebilmente, grata di quel gesto, per quanto inutile…Lei non sentiva freddo…Però sentiva le mani stranamente intorpidite e si rese conto di essersele portate chissà quando al petto: stringevano il suo nenju, il sacro rosario che era stato l’ultimo dono di suo padre e che lei non portava mai al collo, ma all’interno della casacca, sul proprio cuore.

****

-Mi sentite, venerabile miko? Siamo le guardie del nobile Ishihara…per fortuna siamo arrivati in tempo…la neve…-
Sayouki era così stanca…le parole dell’uomo si confondevano nella sua mente e si sforzò di parlare perché doveva assolutamente dire dov’erano gli abitanti del villaggio…
-Sono in salvo…tutti alla miniera…- furono le uniche parole che riuscì a pronunciare prima di perdere di nuovo conoscenza.
Dormì per tutto il viaggio di ritorno e per il giorno e la notte successivi e si risvegliò solo verso il tramonto del secondo giorno, pienamente riposata e in forze. Allora seppe che si trovava al palazzo del nobile Kaoru Ishihara e che gli uomini che li avevano trovati erano le sue guardie. La donna che l’aveva assistita in quei giorni le raccontò che due notti prima era giunta notizia che un demone aveva attaccato e incendiato il villaggio nei pressi della miniera; diversi contadini, con le loro famiglie, erano riusciti a fuggire, avevano raggiunto il villaggio più a nord e avevano dato l’allarme. Il nobile Ishihara aveva subito dato disposizioni alle sue guardie di dividersi in drappelli e scandagliare la foresta per portare al sicuro i superstiti e dare la caccia al demone e così avevano trovato anche loro.
-I due sacerdoti erano quasi in fin di vita, ma per fortuna vi hanno trovati in tempo e ora si stanno riprendendo.- Sayouki ne fu sollevata e seppe anche che il giovane a cui aveva detto dei rifugiati alla miniera aveva fatto quanto prima rapporto ed erano stati subito inviati i primi aiuti, nonostante la neve, con la promessa di portarli in salvo non appena il tempo fosse stato più clemente. Non aveva infatti ancora smesso di nevicare ed era molto più sicuro per quella gente, stare al riparo alla miniera, sia pur razionando il cibo e patendo qualche disagio, piuttosto che affrontare la traversata della foresta con quel tempo.
La sera il Nobile Hishihara in persona venne ad accertarsi delle condizioni della sua onorata ospite e la invitò ad unirsi a lui e alla sua famiglia per la cena. Era un uomo di mezza età, cordiale e bonario con una moglie affabile e gentile. Aveva due figli, nei cui occhi brillavano una sana vivacità e una notevole dose di curiosità nei confronti dell’ospite, nonostante la compostezza e la solennità che tentavano di mantenere, con visibile sforzo, durante il pasto. Come Sayouki aveva immaginato, le fu chiesto di raccontare la sua versione dei fatti e così si mise a narrare del suo incontro con la gente del villaggio diretta a sud e di come, saputo dei due sacerdoti, era accorsa in loro aiuto, trascinandoli lontano dalle fiamme.
-E il demone?- volle sapere il capofamiglia, visibilmente preoccupato, alla fine del suo breve e scarno resoconto –Non siamo riusciti a scovalo, quel maledetto!-.
Sayouki non aveva fatto il minimo cenno ad Inuyasha e, spinta da uno strano bisogno, mentì, forse per la prima volta nella sua vita:
-Non saprei. Quando arrivai, di lui non v’era più traccia.-

****

Perché lo aveva fatto? La giovane donna non sapeva spiegarsi il suo comportamento di poco prima e continuava a pensare all’hanyou mentre percorreva i corridoi che l’avrebbero ricondotta nella stanza assegnatale.
‘Inuyasha…’
Perché le aveva detto il suo nome? Cosa era successo? Perché l’incontro con quel mezzo demone l’aveva tanto sconvolta e aveva risvegliato gli spettri che da tanto dormivano in fondo al suo cuore? Quando lui le si era avvicinato Sayouki era stata sopraffatta da una sorta di visione e aveva rivissuto in quei pochi attimi tutta la sua vita, ma non solo. Aveva trovato la risposta che tanto aveva cercato. Stremata dalla difficile prova a cui il suo potere l’aveva sottoposta, aveva dormito per un giorno e mezzo e ora non aveva sonno, quindi si inginocchiò ai piedi del tatami ed estrasse il suo nenju, predisponendosi alla meditazione. Chiuse gli occhi, respirò a fondo e svuotò la mente da tutto, finché non rimase che un punto di luce nel buio, il quale assunse pian piano le sembianze di Inuyasha che le chiedeva:
-Perché lo fai?-
Il cuore della giovane miko saltò un battito rivivendo quel momento e, come le era accaduto due notti prima, si ritrovò a rivivere tutta la sua vita.

****

Era una bambina pallida e gracile, dai grandi occhi chiari e dalla fisionomia insolita quella che era giunta al villaggio, sulle rive del lago, assieme all’onorato sacerdote veggente Ohjio. Egli l’aveva presentata come sua figlia, ma nessuno aveva notato tra loro la benché minima somiglianza, perché non potevano sapere che da lui aveva ereditato l’unica cosa che della sua stirpe contasse: il dono della preveggenza.
Sayouki al tempo aveva quasi dieci anni, pur non dimostrandone più di sette ed era una bambina seria e solitaria, che preferiva passare il suo tempo nella penombra del tempio a meditare, piuttosto che a giocare con gli altri bambini. Il suo desiderio di unirsi a loro si era fatto via via sempre più flebile, dal momento che, le poche volte che in tanti anni di vagabondaggi aveva trovato qualcuno disposto ad accettare la sua compagnia, aveva dovuto suo malgrado lasciarselo alle spalle. E poi, crescendo, si era resa conto di essere troppo diversa dai suoi coetanei e di non riuscire a sopportare i loro scherzi e le loro prese in giro, suscitate dal suo singolare aspetto, nonché dalla sua particolare sensibilità alla luce che più volte le aveva procurato stupidi soprannomi quali ‘strega della notte’ o simili. Alla fine si era risolta a lasciare perdere e aveva preferito stare da sola, ma ora che il loro viaggio si era concluso, era felice di avere una casa e di avere trovato delle persone che sembravano accettarla. Non si riferiva certo agli abitanti del villaggio, loro si comportavano esattamente come si aspettava, perché come quasi tutti coloro che l’avevano incontrata si sentivano a disagio in sua presenza. Invece i monaci del tempio parevano davvero apprezzarla. In particolare Sato, il sacerdote più anziano, l’aveva sempre trattata con gentilezza e aveva convinto suo padre a fermarsi in quel villaggio, per poter offrire alla bambina la possibilità di costruirsi un futuro. Spesso Sayouki accompagnava il padre e Sato nelle loro passeggiate ed eseguiva scrupolosamente le commissioni che le affidavano. Ben presto Sayouki divenne una presenza costante nel tempio e cominciò a nutrire profondo interesse per gli insegnamenti che vi venivano impartiti, applicandosi in particolare allo studio della medicina: finalmente sentiva di avere uno scopo e di poter essere un elemento importante della comunità, indipendentemente dal suo ancora acerbo e inaffidabile dono della preveggenza e nonostante la sua giovane età.
-E se tu diventassi una sacerdotessa?- le chiese un giorno il padre mentre facevano una delle loro abituali passeggiate serali verso l’albero sacro.
-Hai avuto una visione, papà?- Sayouki non aveva mai pensato di prendere i voti e non credeva di avere la vocazione per dedicare la propria vita agli altri, benché le piacesse studiare la medicina e alleviare le sofferenze altrui. MIn realtà ciò che la rendeva felice era essere apprezzata e stimata per questa sua abilità in un’arte così complessa e non venire allontanata con diffidenza a causa del suo aspetto…e di tutto il resto. Questo, suo padre lo sapeva, la conosceva troppo bene. Perché ora azzardava una simile proposta?
-Perché mi chiedi ciò?-
-Ho avuto una visione, sì, ma non ti ho vista diventare una sacerdotessa.- rispose con una nota di dolore nella voce -Vorrei solo che tu trovassi un tuo posto nella vita che ti aspetta, magari qui al villaggio…un posto sicuro, che ti permetta di sfruttare a fin di bene la tua eredità…-
Con quei giri di parole suo padre non poteva che riferirsi ad una sola cosa…
-La mia maledizione, direi piuttosto…- disse Sayouki assumendo uno sguardo triste e sapendo che dava così inevitabilmente inizio ad una discussione che si ripeteva quasi uguale ogni volta che toccavano quell’argomento. Non poteva farci nulla se la sua eredità comprendeva, oltre al dono della preveggenza, un altro strano, odiato potere: non sapeva nemmeno spiegarselo, ma le persone si sentivano terribilmente a disagio in sua presenza, in particolare sotto il suo sguardo diretto. Per questo tutti la evitavano e, se le rivolgevano la parola, avevano imparato a non guardarla mai in volto. Anche suo padre sembrava a volte subirne gli effetti e questa pareva essere proprio una di quelle.
-La tua diversità - insistette Ohjio guardando un punto davanti a sé -è la tua forza, bambina mia.-
‘La mia diversità’…la bambina sospirò e le parve che il fardello che pesava sulla sua anima si appesantisse sempre più ogni volta che pensava a ciò che suo padre chiamava la sua eredità materna.
Perchè con ciò Ohjio si riferiva al sangue youkai che scorreva impetuoso nelle vene di sua figlia.
Ohjio non parlava mai della madre di Sayouki: di lei, la bambina sapeva solo che era uno spirito notturno, una yasha che era morta quando lei era ancora molto piccola. Non sapeva altro, non ricordava nemmeno il suo nome e non si era mai attentata a chiederlo al padre, nel timore di risvegliare in lui ricordi troppo dolorosi.
Un giorno, guardando perplessa il suo riflesso in uno specchio d’acqua, gli aveva chiesto perché il suo aspetto era così diverso, perchè non somigliava a lui. Ohjio aveva studiato in silenzio la figlia, i suoi grandi occhi chiari come il ghiaccio, dalle pupille sensibilissime, gli zigomi poco marcati e il naso sottile, le labbra carnose dietro cui sapeva celate piccole zanne, le orecchie leggermente appuntite e all’infuori…le aveva preso le mani tra le sue e, accarezzando con il polpastrello i piccoli artigli affilati, le aveva detto, con un nodo alla gola:
-Perché tu sei come tua madre…-
Aveva quasi due anni ed era stato quel giorno che aveva saputo di essere umana solo per metà, una mezzosangue. Fino ad allora Sayouki aveva vissuto sola con Ohjio, del tutto isolata dal mondo e non aveva capito quanto la sua diversità fosse evidente. A quel tempo aveva accettato la spiegazione senza pensarci più di tanto, ma in seguito, quando avevano cominciato a viaggiare, si era resa conto della realtà: i mezzi demoni erano disprezzati dagli umani tanto quanto dagli youkai. Aveva deciso quindi di essere più umana che poteva, umana come il padre che tanto amava e aveva acconciato i capelli in modo che nascondessero le orecchie, limato i suoi artigli per accorciarli e smesso di sorridere per non mostrare le zanne. I successivi villaggi che attraversarono, videro solo una strana bambina, pallida e molto timida, che parlava poco e teneva sempre lo sguardo basso.
Ma tutto questo, almeno all’inizio, le era costato molto, soprattutto quando vedeva gli altri bambini correre e giocare, ridendo e gridando a squarciagola…
Poi un giorno erano giunti in quel villaggio nei pressi del lago ed erano stati ospitati al tempio dal venerabile Sato e Ohjio le aveva chiesto se avesse desiderato mai di porre termine a quel vagabondaggio…a Sayouki era parso un sogno…
Ora padre e figlia vivevano da più di tre anni in quel luogo e Sayouki stava guardando con fare abbattuto Ohjio che continuava imperterrito:
-…il tuo potere è ancora latente e non sei in grado di controllarlo…Quando sarai capace di usarlo appieno, vedrai!…se ci fosse tua madre… - sospirò, scuotendo stancamente il capo.
Sentir nominare sua madre dopo tanto tempo preoccupò Sayouki, che disse di slancio:
-Il mio dono, la mia maledizione, non importano finché tu mi sarai accanto, papà!-
Ohjio non ebbe nulla da ribattere perché stava scrutando di nuovo la visione della propria morte. Gli era capitato spesso, ultimamente, segno che era ormai questione di poco…Abbracciò stretta l’esile figlia.
Al suo contatto la bambina sussultò, percependo per la prima volta nella sua vita, lo strascico di una visione E ciò che vide era il volto agonizzante di suo padre.
-Padre mio!- gridò sollevando improvvisamente i grandi occhi colmi di lacrime e aggrappandosi disperatamente alla tunica di Ohjio.
-Sayouki, piccola mia, che ti succede?- la voce preoccupata del padre la riportò alla realtà -va tutto bene… - La bambina non riusciva a fermare le lacrime che continuavano a scorrerle copiose sulle guance e non poté trattenersi dal singhiozzare istericamente: -Ti ho visto!…Non voglio che tu muoia! Non puoi lasciarmi adesso! Non sono pronta!-
-Hai avuto una visione? Il tuo dono sta crescendo…- volle glissare Ohjio, ma poi capì che la figlia non aveva semplicemente avuto una visione, ma aveva percepito la sua stessa visione…e questo poteva essere accaduto solo grazie al potere ereditato dalla madre…
-Bambina mia- sospirò. Prese Sayouki per le spalle allontanandola quanto bastava per inginocchiarlesi di fronte e guardarla negli occhi (non senza subirne l’ammaliante fascino) -Purtroppo il mio tempo è quasi terminato e la malattia che mi divora lentamente già da lungo tempo sta per giungere al culmine. Nonostante le cure del maestro Sato, la situazione non migliora e io voglio saperti al sicuro e felice, prima di andarmene…-
Sayouki era furiosa con se stessa per non essersi accorta di nulla ‘E dire che mi reputavo tanto brava come guaritrice…stupida egoista! In tutto questo tempo ho sempre solo pensato a me stessa e ora…’
-Non dire così! Ora io ti starò vicina e troverò un modo…lo troverò…-
Le lacrime continuavano a sgorgarle infinite e il padre dovette scuoterla per calmarla e poter continuare il discorso:
-Ora ascoltami, figlia mia: so quanto sia stata dura per te in tutti questi anni, sempre derisa e allontanata, e anche se spero che tu decida di rimanere al tempio quale sacerdotessa e impari a controllare le tue doti per il bene comune, sappi che qualunque cosa deciderai di fare, io ti sarò vicino. Un giorno il tuo potere sboccerà e voglio che tu sia pronta per usarlo nella giusta maniera: voglio che tu segua sempre il tuo cuore, bambina, e che non cederai mai alle tentazioni del tuo sangue. Promettimelo.-
Lei non riusciva a smettere di piangere e l’unico suono che le uscì dalla gola fu un gemito strozzato mentre annuiva col capo: non aveva capito il significato di quelle ultime parole di Ohjio, ma aveva ancora negli occhi la visione del padre morente e avrebbe fatto o detto qualsiasi cosa pur di non farlo preoccupare.
Dopo quella notte Sayouki si era completamente dedicata al padre, impegnandosi ancora più a fondo nello studio delle arti curative, ma tutto il suo impegno veniva frustrato dal veloce deperire di Ohjio, la cui vitalità veniva inesorabilmente divorata dalla malattia. Il maestro Sato, intenerito dalla sua dedizione al padre e colpito dal fervore con cui ella si dedicava alla medicina, volle prenderla sotto la sua ala e ciò confortò notevolmente Ohjio, che continuava a preoccuparsi per il destino di quella figlia tanto amata.
E poi un giorno Sayouki gli annunciò che avrebbe preso i voti: era quello che Ohjio aveva tanto sperato negli ultimi anni al villaggio, ma per qualche motivo, non si sentiva pienamente soddisfatto:
-Perché lo fai?- le chiese.
-Non è forse l’unica cosa che posso fare, chichi-ue?- fu la risposta
Sapeva che la scelta della figlia era l’unica possibile se lei avesse voluto continuare a vivere lì in pace, dopo la sua morte, quindi non ribatté e si abbandonò lentamente al sonno mormorando:
-Con la tua arte curerai i corpi, col tuo potere curerai le menti….-

Ohjio non la vide mai vestire l’abito di sacerdotessa perché poco tempo dopo si spense in silenzio durante il sonno. Sayouki, che quella dolorosa notte aveva assistito al suo ultimo respiro, pensò a lui mentre, a quattordici anni compiuti, pronunciava le sacre parole che la consacravano agli dei e al suo prossimo.

Da allora in poi le cose migliorarono e la gente dei villaggi vicini a cui faceva spesso visita in compagnia del maestro Sato, superata la diffidenza, si abituarono presto al suo insolito aspetto e cominciarono seriamente ad apprezzare la sua solerzia e la sua abilità di guaritrice. Sempre più spesso viaggiava sola tra un villaggio e l’altro in quanto l’età imponeva ormai seri limiti al suo maestro, ma questi momenti di solitudine la facevano sentire libera e felice delle scelte fatte.
Purtroppo tutto doveva finire.
Aveva una strana sensazione quel giorno, mentre tornava al tempio dopo una delle solite visite; nulla che si avvicinasse ad una visione (quella del padre morente era stata per ora la prima e unica), ma comunque qualcosa da non sottovalutare, come aveva imparato nei suoi ormai quindici anni di vita.
Viaggiava assieme ad un gruppo di querelanti, alcuni contadini che portavano un carro di offerte e due donne che accompagnavano le rispettive figlie al tempio per dei riti di purificazione, ed erano ormai a metà strada quando furono circondati. Si trattava di banditi, disertori di qualche esercito, dagli abiti logori ma dalle armi affilate. Puntavano certamente al carro di offerte, pensò la giovane miko, aprendo bocca nell’intento di difendere i suoi compagni di viaggio:
-Prendetevi pure il carico, i buoi, tutto quello che volete ma, vi prego, non fateci del male…- Sayouki non si aspettava certo di suscitare una reazione feroce quale invece fu…Quegli uomini si lanciarono sul gruppo urlando incoerentemente e facendo a pezzi con le loro armi gli uomini che si erano parati in difesa sua e delle donne.
-Tutto quello che vogliamo, mia giovane fanciulla, è proprio qui davanti a noi, e non sta solo su quel vostro stupido carro…-
Il brigante che aveva parlato era orribile, sporco e trasandato con denti marcescenti che sbucavano radi nel suo perverso ghigno, mentre con gli occhi porcini guardava famelico le cinque vittime. I loro intenti erano ormai chiari e Sayouki ebbe paura. Questa gente non avrebbe mostrato alcun timore né rispetto per le donne, le bambine, nè tantomeno per i suoi abiti sacerdotali…La giovane non aveva mai avuto tanta paura in vita sua…c’era sempre stato suo padre a proteggerla…ma ora era sola e questa volta toccava a lei proteggere le persone inermi e innocenti che stavano alle sue spalle. Lei era una sacerdotessa: era il suo dovere!
Poi un grido dietro di lei squarciò l’aria e Sayouki si voltò di scatto. Altri briganti erano sbucati dalla foresta e avevano strappato le bambine alla stretta delle loro madri e ora si stavano avventando su di loro. Il terrore di essere inerme la sommerse e quando si sentì afferrare per la vita gridò, gridò e gridò, finché il suo grido divenne un urlo terribile e la sua vista si ricoprì di un velo rosso sangue. Ritornò in sé solo udendo di nuovo la voce di una delle bambine che, si rese conto, era l’unica superstite di un massacro. Ovunque, lì attorno, i corpi giacevano a terra riversi in un lago di sangue, macabro spettacolo ulteriormente arrossato dalla luce del tramonto. Petti squarciati, teste mozzate...altri invece non presentavano neppure un graffio, ma il sangue colava in rivoli sottili dalle loro orecchie. Tra questi ultimi c’erano anche le due donne e l’altra bambina…Sayouki sentì un nodo alla gola e l’odore dolciastro del sangue le fece salire la nausea; abbassò lo sguardo sulle proprie mani e vide i suoi artigli sguainati, lordi di sangue. La bambina la fissava con occhi folli, senza muoversi e senza più gridare, Sayouki non poté sopportare quello sguardo: fuggì nel buio della foresta e non tornò mai più nell’unico posto che avesse mai chiamato casa.


****

Nella fredda aria mattutina il canto di un gallo echeggiò chissà dove e la giovane miko si destò dalla profonda trance con nella mente una visione, la stessa che aveva avuto al momento del suo incontro con Inuyasha. Era così, dunque…quel giorno si sarebbe deciso il suo destino.
Non nevicava più e la giovane comunicò ai suoi generosi ospiti che avrebbe tolto il disturbo, rifiutando, gentilmente ma categoricamente, di prolungare il suo soggiorno nel loro palazzo. Elargì auguri di prosperità e benedizioni e, ringraziando ancora per l’ospitalità, riprese il suo cammino.
Quando fu di nuovo sola tra gli alberi della foresta, il senso di oppressione che era calato su di lei durante la notte si dileguò. Fece un profondo respiro e sorrise tristemente; forte delle sue decisioni, mosse un passo verso l’inevitabile.

****

Al riparo di una caverna, il giovane Inuyasha fissava con lo sguardo perso il fuoco su cui stava carbonizzando la sua cena. Gli avvenimenti di tre notti prima lo avevano sconvolto e occupavano ancora interamente i suoi pensieri. Era a dir poco furioso per ciò che gli era capitato, per come si fosse dimostrato debole e non avesse saputo reagire di fronte ad un’umana…Ma era poi umana quella strana sacerdotessa bambina? Dall’aspetto non si sarebbe detto, a cominciare da quegli occhi che trapassavano l’anima…ma indossava abiti sacerdotali…
‘Cosa diavolo è quella femmina?’ si era chiesto fuggendo quella notte. Si era sentito inerme sotto il suo sguardo mentre qualcosa di lui veniva attratto irresistibilmente contro la sua stessa volontà. E poi perché diamine le aveva detto il proprio nome? Era forse impazzito? Ma era stato più forte di lui…Lo turbava profondamente il fatto di aver perso il controllo di sé, e ancor più il fatto di non riuscire a togliersela dalla testa; era come se in quei pochi attimi qualcosa si fosse insinuato nella sua mente e vi avesse lasciato un’acuta sensazione di dolore e solitudine e disperazione. ‘Come se i miei non mi bastassero…’
Il giorno successivo non aveva potuto fare a meno di cercarne le tracce e scoprire dove si trovasse; trovato il palazzo, era tornato più volte per cercare di intravederla, ma senza successo, finché quella mattina, verso mezzogiorno, lei aveva lasciato quel riparo per inoltrarsi nella foresta. ‘Stupida femmina…’ aveva pensato guardando da lontano quegli occhi che per un attimo parvero scorgerlo ‘Va al diavolo!’
Si era quindi allontanato con l’intenzione di dimenticare l’intera storia, ma non ci riusciva proprio e ora decise di andarla a cercare: doveva essere accampata da qualche parte e certo non sarebbe stato difficile seguire le sue impronte sulla neve fresca, anche alla luce della mezza luna. Sorprendendola nel sonno, si sarebbe trovato in posizione di vantaggio…
Ma quando la raggiunse, la miko non stava dormendo e nemmeno era accampata per la notte: Inuyasha la trovò inginocchiata in attesa sotto l’albero cavo dove l’aveva lasciata la notte del loro incontro. Aveva gli occhi chiusi, ma sentendolo avvicinarsi (come diavolo aveva fatto a percepire la sua presenza??) li aprì e le sue pupille si dilatarono enormemente per cogliere quanto la circondava nel buio:
-Ti aspettavo…Inuyasha-
Al suono del suo stesso nome, il giovane hanyou si bloccò, trovandosi di nuovo trafitto da quel suo sguardo gelido e nel contempo così triste…come potevano essere così espressivi due occhi tanto inumani? Di nuovo si sentì travolgere da un fiume di emozioni incontrollabili, ma tra esse fu la rabbia a prevalere e con uno scatto improvviso riuscì a liberarsi e a balzare lontano da quell’essere:
-Si può sapere che cosa vuoi da me?-
-L’unica cosa che voglio da te…è ucciderti.-



Piccolo dizionario di giapponese (senza pretese ^_^ ):
nenju: rosario.
yasha: demone femmina. (almeno così ho letto da qualche parte ma non sono sicura...)
Ok, ecco qui....Il ritmo è ancora lento, ma mi ci vuol tempo per introdurvi questo mio particolarissimo personaggio...Cosa ne pensate della mia Sayouki? Commentate, commentate che mi fate felicissima!! :D Youki
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: Youki