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Autore: Simuz    27/06/2013    2 recensioni
Estratto:
«[...]È da più di una settimana che ti osservo guardarmi. Arrivi quando salgo sul palco e te ne vai quando scendo, pensavo fossi uno di quelli, ma non hai quello sguardo.»
«Quale sguardo?»
«Quello tipico dei frequentatori di questo posto: laido, patetico, triste. - Gaara alza un sopracciglio stupito - Per questo stasera ho voluto conoscerti. Volevo conoscere un'altra persona finita nel baratro come me.»
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sabaku no Gaara , Sakura Haruno
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Two


Ascolta il suono che si liquefà. Lo percepisce scorrergli nelle vene, invadere il suo corpo sfitto da emozioni; ascolta l'anima con un tocco vibrante mentre i suoi occhi scrutano la ballerina: si agita, si muove, si scuote. Sotto delle luci armoniosamente finte la ragazza scuote il corpo con maestria, mostra il suo piacere ad avventori, a depressi, ad innamorati persi in ricordi che non riescono a soffocare nei bicchieri pieni di whisky posti davanti a loro; scuote anima, capelli, occhi, aria, lussuria, amori. Gocce di sudore si levano e si accasciano sullo squallido parquet di uno strip club di londra come rugiada al mattino. Il ragazzo la osserva mentre danza, lavora, attaccata ad un palo: una prigione. Anche lui possiede una prigione, la chiama mente. I ricordi di un passato che ha voluto dimenticare si dimostrano restii a scomparire del tutto, ma Gaara sa che se vuole evadere deve imparare anche ad accettarli: psicologia spiccia, ma efficace a detta del suo analista. Eppure da più di una settimana, tutti i giorni, alle otto e mezza, lui si presenta in questo bar. Ordina da bere, guarda la ballerina ballare finché non ha finito e poi esce: non dice nulla, non fa nulla: osserva.
Quella sera come al solito è posizionato davanti alla ballerina che danza. La vede muoversi, ma in maniera più affrettata, come se volesse concludere velocemente. Continua a fissarlo. Lui s'innervosisce, ma resiste.
La ragazza finisce, tutto si dovrebbe avviare verso la sua naturale conclusione, ma la voce della ballerina esplode in una richiesta.
«Bevi qualcosa con me?» chiede inginocchiata di fronte a lui che non reagisce se non con una smorfia stupita.
«Scusi?» domanda lui alla ricerca di una risposta sensata per il suo cervello. Ma lei non risponde si alza, sorride e si gira.
«Dieci minuti e sono da te.» dice lei mentre scompare nella porticina coperta con una tenda.
Gaara guarda intensamente il suo whisky annacquarsi nell'attesa di lei; di una risposta alle tante domande che il suo cervello freneticamente produce. Quando si presenta, la ragazza, è vestita in maniera sobria, il contrario di quello che pregiudizialmente lui si era immaginato, tanto che in quel bar angusto e semivuoto quella visione fa a pugni con il candore che la ballerina emana. Non sembra neppure lei. Senza strass, senza pajette, senza palo con cui dimenarsi lei sembra quasi - bella - semplice.
«Vedo che non sei scappato.» dice sedendosi al bancone.
«Perché avrei dovuto scappare?»
«Impressione.» dice laconicamente. Gaara non capisce, è nervoso e questo non è un bene, deve calmarsi velocemente. Ordina un altro whisky e lo beve alla goccia sotto gli occhi meravigliati dei presenti. Sente il liquido ambrato bruciargli la gola e lo stomaco. Questo lo risveglia, lo stimola a perdere i pensieri malevoli e illusori che gli affollano il cuore in quei momenti di stress.
«Non ti facevo un bevitore accanito.»
«Non lo sarei, ma quando sono nervoso mi aiuta.» si lascia scappare la frase inconsciamente. Alza la testa costernato dal suo comportamento, ma lei sta ridendo.
«Perché sta ridendo?»
«Perché non pensavo di averti fatto questo effetto. - si mette a giocare con il bicchiere di lui - Sembri una persona così seria. Non immaginavo potessi essere uno timido.» un sorriso languido si stampa sulla sua bocca carnosa e sensuale. Gaara si umetta le labbra secche dal nervoso: è in panico, non capisce se è una situazione che può reggere. Affrontare una donna, dopo quello che gli era successo, ne era capace? Non ne era sicuro.
«Come si chiama?» domanda lui cercando di nascondere le emozioni sotto il taglio di capelli.
«Sakura.»
«Capisco. - come un novello Shyloch soppesa il silenzio - E il suo vero nome?.»
«È quello il mio vero nome. - dice con un leggero gridolino che enfatizza la sua permalosità - Mi sono sempre chiamata così e si, prima che tu me lo chieda, ho i capelli rosa.»
«Non era mia intenzione innervosirla.»
«Senti potresti levare il lei? È fastidioso, mi fa sentire vecchia, cosa che non sono.»
«Nessun problema. - osserva di nuovo il suo bicchiere. - Perché mi hai chiesto di bere qualcosa insieme a te?»
Sakura schiocca la lingua sul palato due volte, gli occhi fissi al soffitto ed un pensiero incrostato sulla superficie delle corde vocali. Non lo sa neppure lei il motivo di quell'invito: era attratta da lui? No. Era carino, ma non da farla urlare all'assalto alla prima buona occasione. Eppure glielo aveva chiesto.
«Non saprei; probabilmente istinto.»
«Istinto?» ripete a pappagallo Gaara evidentemente sorpreso da quella risposta così semplice, quasi infantile.
«Qualcosa di simile. È da più di una settimana che ti osservo guardarmi. Arrivi quando salgo sul palco e te ne vai quando scendo, pensavo fossi uno di quelli, ma non hai quello sguardo.»
«Quale sguardo?»
«Quello tipico dei frequentatori di questo posto: laido, patetico, triste. - Gaara alza un sopracciglio stupito - Per questo stasera ho voluto conoscerti. Volevo conoscere un'altra persona finita nel baratro come me.» ingolla un enorme sorso della birra appena ordinata.
«In che senso? Sei triste?»
«Non posso essere certa di potere usare quella parola, sono felice della mia vita, ma forse il termine più vicino al mio sentimento è il rimpianto.»
Gaara ne può percepire l'amaro in bocca.
«Penso di capire.»
«Non voglio sentire la tua storia. - dice lapidaria - Ma non voglio neppure raccontarti la mia. Non voglio che ci piangiamo addosso solo perché ci sentiamo vicini. Non dobbiamo sprecare questi attimi ricordando momenti antichi e dolorosi.»
«Cosa vuoi allora da me?»
Sakura si sposta una ciocca di capelli dalla fronte, inclina la testa da un lato e poi alza un dito.
«Forse potresti raccontarmi una barzelletta.» dice sorridendo.
Gaara scuote la testa.
«Ti sembro uno che racconta barzellette? Non sono mai stato il tipo.»
«Non importa che sia divertente, basta che sia qualcosa di non personale.»
Per la prima volta dall'inizio di quella conversazione sorride; si lascia andare a quella conversazione fine a sé stessa; senza problemi da risolvere o domande personali a cui rispondere. Da troppo tempo, perso in quel nosocomio chiamato cervello, non assaporava la chiacchiera fine a se stessa.
«A tuo rischio e pericolo. - si schiarisce la voce e comincia a raccontare con voce calma - Due atomi si incontrano. Uno dice all'altro: ho perso un elettrone. L'altro lo guarda e chiede: sicuro? E lui: Positivo.»
Sakura lo scruta cercando di capire se la barzelletta fosse veramente finita e, dopo qualche secondo, scoppia a ridere.
«Non è possibile. Hai capito la battuta?»
«Per niente, ma era talmente stupida come barzelletta che mi è venuto da ridere.»
Sakura sposta gli occhi sul bicchiere, di nuovo, li rialza come per controllare il locale. Non sembra cercare qualcuno, ma solo temporeggiare. Afferra il bicchiere e beve.
«Vuoi passare la notte con me?»
Richiesta indecente che non ha bisogno di domande. Schiaccia il sorriso di Gaara indietro da dove erano venuti. Sbarra gli occhi. Il suo sopracciglio si alza perplesso. È attonito, non conosce una risposta chiara, manichea qualche professore vi direbbe, perciò tentenna. Si passa una mano sul collo. Distoglie lo sguardo dai suoi lineamenti sottili e leggeri. Lei aspetta, non fa pressioni, non sono necessarie. Consapevole di avere scagliato una bomba in faccia ad uno sconosciuto non lo pressa, si tiene in disparte: attende.
«Perché?» domanda necessaria.
«Perché no?» domanda illogica e brutalmente insensata. Lui non si scompone, rimane immerso in quello stato catatonico in cui si era appena gettato.
«Capisco» dice laconico.
Si alza dallo sgabello. Lascia sul bancone 15 sterline. Accarezza gentilmente i suoi capelli e gli scocca un bacio soffice sulle labbra.
«Ci vediamo» dice lasciandola indispettita sullo sgabello.

I criminologi affermano che è nella natura di uno psicopatico seriale tornare sulla scena di un delitto. La natura umana è affascinante quando trova un riscontro.
Gaara entra nel locale. Il locale è pieno. L'odore di sesso permea le pareti e vizia l'aria. L'orologio con le lancette a forma di coniglietta di playboy segna le otto e mezza. Si siede davanti al palco, sempre allo stesso posto: libero come se aspettasse solo lui.
La ballerina spenta sul palco da il cambio ad una più radiosa, fresca. Sale con lo sguardo convinto, fermo, sicuro. Egocentricamente inizia a ballare solo per se stessa. Il mondo si muove, ma lei resta ferma in quell'illusione che crea con il palo. Gaara osserva bevendo whisky: tutto normale. L'orologio batte le nove: finisce tutto. Si alza lentamente come se quella danza lo avesse prosciugato. Mentre dà le spalle sente l'insana sensazione di girarsi, attratto da una forza misteriosa. La vede in piedi di fronte a lui. Lo sguardo arrabbiato lo punta rabbiosamente. Scende dalla pedana e lo bacia appassionatamente.
«Questo è un bacio» afferma lei.
Gaara non dice nulla. Annuisce come uno scolaro che ha capito la lezione ed esce dal locale sotto gli sguardi ammirati dei clienti.
Un ragazzo dai capelli dorati lo ferma sulla porta.
«Dovresti aspettarla.» dice convinto. Gaara lo squadra dalla testa ai piedi: capello biondo, sorriso ottimista e sicurezza. Scuote la testa.
«Non ne capisco il motivo.»
«Potresti scoprire qualcosa di interessante.» afferma misteriosamente.
«Capisco, ma non sono interessato a quel tipo di interessante.» una vena malinconica o di delusione sembra colorargli la voce.
«Insisto.»
Due mani minute, ma misteriosamente forti come tenaglie lo trascinano all'interno del locale.
Di nuovo viene assalito dall'odore viziato di sesso non consumato incrostato sulle pareti.
Di nuovo lei seduta sullo sgabello: tutto già visto.
Eppure qualcosa di diverso si è s'insinuato tra loro due.
Lei saluta.
Lui tace.
«Credevi non avrei più voluto vederti?» domanda lei con fare spiritoso.
«Si» afferma sintetico. Si siede esitante sullo sgabello. Non ha voglia di fermarsi troppo.
Sakura scuote la testa. Per lei quella risposta non ha senso. Poggia una mano su quella di lui e si avvicina leggermente all'orecchio.
«E allora, perché sei tornato stasera?»
Gaara sbarra gli occhi e si ammanetta ai braccioli della sedia. Intimorito da quel fare provocatorio, si ritira; si allontana coraggiosamente da lei. Perde tempo ordinando un drink: uno qualsiasi.
Lei rimane immobile, aspetta una risposta, un cenno che tarda ad arrivare. Ma lei è perseverante. È un suo vizio, una virtù, una mania, una caratteristica.
Gaara, infastidito da quella presenza immobile che lo fissa, si sgonfia. Lascia fluire le sue parole e le sue sensazioni.
«Forse sono tornato per rimediare ad un errore.» dice con voce flebile.
La ragazza continua a fissarlo con i suoi occhi verdi; brillano felinamente sotto le luci colorate del locale. La bocca s'increspa, poi si rilassa. In un momento di riflessione aggrotta la fronte; riflette sulla sua mossa: come scacchi i due si osservano silenziosamente: la mossa. Sakura avvicina le sue labbra a quelle di lui; non reagisce, scioccato dal secondo che si è appena consumato in quel mondo colorato: si allontana ancora più intimorito; non ha senso quel gesto.
«Siamo sco-sconosciuti l'uno all'altra» balbetta.
«Il sesso è solo chimica: non la senti? Fluttua tra di noi. Vuoi chiamarmi troia? fallo. Vuoi chiamarmi ninfomane? fallo. Ma non rovinare la magia della natura.»
Lo bacia di nuovo.
Il barista biondo sorride. Gaara lo vede con la coda dell'occhio singhiozzare per il ridere.
Sente la sua lingua muoversi ritmicamente; si sente in pace, soddisfatto; pur non capendo; pur non sopportando quel suo atteggiamento illogico, si lascia andare: carne tremula.
Ciò che è illogico trova il suo senso solo in un mondo caotico....come questo strip club avviluppato su regole astratte.
Escono per strada.
Gaara non sa cosa lo aspetta: non gli importa. L'unica cosa che sa è che in quel mondo assurdo ha trovato qualcuno ancora più contorto di lui.
Non sei solo.....mai.
  
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