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Autore: Maharet    27/06/2013    1 recensioni
Gli era capitato raramente di spogliare una donna. La maggior parte di coloro che aveva incontrato parevano cavarsela egregiamente da sole, grazie ai busti allacciati sul davanti, tipici delle scholarae . In alcuni casi, addirittura, non aveva reputato necessario lo spreco di tempo e fatica di togliere i vestiti. Una gonna sollevata risultava alle volte più che sufficiente per sfogare una tensione momentanea, lo sterile incontro di due pulsioni senza passato né futuro. Ma non era questo il caso.
ATTENZIONE: La coppia presente nella storia non é canon, cioé non é tale nei libri di Lady Virginia; nasce all'interno del GDR ufficiale di BF, e al momento é ancora in attesa di approvazione. Ovviamente, ciò non mi impedisce di amarli disperatamente e scrivere di loro ogni volta che posso. Elestin foreverer :)
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elenoire Sinclair, Justin Sinclair
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Alla mia El.
E a a tutti coloro che hanno creduto che ce l'avrei fatta a scrivere qualcosa che andasse oltre il rating verde.
Anche se la prima a non crederci ero io.


Justin sapeva con esattezza l’ubicazione del luogo, chiamarla casa sarebbe stato forse pleonastico, dove Elenoire viveva e trascorreva la maggior parte del suo tempo. Tuttavia fino a quel momento aveva rispettato la volontà della ragazza di mantenerlo lontano da quella parte di sé di cui non andava particolarmente fiera. Ma erano giorni che non la sentiva, e questo già di per sé sarebbe bastato a metterlo in ansia. In più sapeva, senza che lei avesse dovuto spendere una sola parola per comunicarglielo, che aveva deciso di parlare finalmente con Cain e chiudere per sempre quel capitolo della sua vita. Questo, indubbiamente, peggiorava le cose.

Si presentò alla porta di Palazzo Belmont di buon’ora, teso come la corda di un violino, ed esitò a lungo davanti alla scalinata d’ingresso prima di decidersi a sollevare il pesante battente e percuotere violentemente la porta massiccia, annunciando così la sua presenza. Gli aprì una ragazzina di circa quindici anni, che avrebbe quasi potuto considerare carina, se non fosse stato per lo sguardo decisamente interessato con cui l’aveva percorso per un istante, prima di prendere ad enunciare con voce monocorde le tariffe delle cortigiane.

Justin non era decisamente un puritano. Aveva frequentato per anni luoghi come quello, ed era avvezzo alle trattative commerciali, ma quel giorno la cosa lo infastidì senza un reale motivo, forse a causa del nervosismo che l’aveva spinto verso quel luogo. La interruppe bruscamente, chiedendo di parlare con Elenoire. Se la ragazza fu infastidita dall’interruzione non lo diede a vedere; si fece da parte in silenzio per lasciarlo passare, e lo guidò lungo scale e corridoi, fino ad una stanza al piano più alto della casa, spalancando la porta senza nemmeno bussare.

Elenoire era in piedi accanto alla finestra. Si girò verso di loro sentendoli entrare, lo sguardo indecifrabile e un pennello sospeso a mezz’aria. Davanti a lei una tela quasi intatta, solcata solo da lunghe pennellate cremisi. Un lampo attraversò gli occhi plumbei quando intercettò il sorriso lascivo che la ragazza stava rivolgendo al soldato, e con un brusco cenno del capo la esortò a lasciarli soli. Solo quando la giovane si fu chiusa la porta alle spalle lasciò cadere la maschera, rivelando quel sorriso caldo e solare che Justin tanto amava.

Si pulì velocemente le mani in uno straccio inumidito gettato sulla toletta e gli volò tra le braccia, facendolo quasi barcollare per l’impeto che l’aveva colto alla sprovvista. Lo strinse forte, appoggiando la guancia contro il suo petto e lasciando che la stringesse a sua volta, affondando il volto nei suoi capelli ed assaporando il calore del suo corpo.

Non avrebbe saputo dire come, ma si ritrovarono ben presto distesi sul divanetto posto davanti al camino, decisamente troppo piccolo per contenere i loro corpi allacciati e l’urgenza che rendeva quasi rudi i loro gesti. Justin si sollevò da lei a malincuore, lasciandola a fissarlo confusa ed insoddisfatta. Sorrise per la sua espressione frustrata e le porse la mano, sollevandola in piedi accanto a sé e voltandola con dolcezza verso la parete.

Gli era capitato raramente di spogliare una donna. La maggior parte di coloro che aveva incontrato parevano cavarsela egregiamente da sole, grazie ai busti allacciati sul davanti, tipici delle scholarae . In alcuni casi, addirittura, non aveva reputato necessario lo spreco di tempo e fatica di togliere i vestiti. Una gonna sollevata risultava alle volte più che sufficiente per sfogare una tensione momentanea, lo sterile incontro di due pulsioni senza passato né futuro. Ma non era questo il caso.

Sciolse con dita agili, che mascheravano con discreti risultati la sua inesperienza, i lacci del busto di Elenoire , aprendolo a rivelare la sua schiena esile, dritta come un fuso. La osservò in silenzio per qualche istante, come a volersela imprimere nella memoria. Non pago si chinò a sfiorarla con la punta delle dita, e fu allora che le avvertì.

Solchi sottili nella trama di quella pelle candida, quasi invisibili ad uno sguardo distratto. Cicatrici, un reticolo di cicatrici leggere che la ornavano come un pizzo pregiato. Frustate . Non le aveva mai sperimentate sulla propria pelle, grazie ad una famiglia amorevole e scarsamente avvezza a simili punizioni. Ma ne aveva intuito le conseguenze più di una volta su ragazzi meno fortunati, e forse nemmeno consci di esserlo.

Esitò , incerto. C'erano molte parole non dette, tra loro. Segreti oscuri che poteva soltanto intuire, sotto lo specchio argenteo dei suoi occhi. Non sapeva come avrebbe reagito El ad una domanda diretta su un argomento così delicato.

Un'improvvisa tensione della sua schiena gli comunicò senza possibilità di errore che lei aveva intuito il motivo del suo improvviso silenzio, così si riscosse e riprese a percorrere con le dita pigri sentieri senza scopo sulla pelle di lei.

-        Sono guarite bene... - si limitò a commentare, con studiata noncuranza.

Lei scrollò le spalle, rilassandosi impercettibilmente.

-        La pelle di una cortigiana non può assolutamente essere deturpata. Usavano impacchi di camomilla e calendula per limitare al minimo i danni.

Una nota di forzata allegria a nascondere il dolore di quei ricordi. Justin finse di non coglierla , chinandosi per tutta risposta a sfiorare con le labbra ciò che, ne era certo, non rappresentava che il pallido fantasma delle cicatrici che erano impresse a fuoco nella sua anima.

La sentì sospirare , quando le labbra sfiorarono la sua pelle candida. Risalì con lentezza fino alla nuca, scostando la cascata di riccioli color rubino che ostacolava la sua attenta esplorazione. La sua pelle profumava di spezie e cannella, un aroma molto diverso dai nauseanti profumi dolciastri che aveva avuto la sfortuna di incontrare in passato su corpi ai quali stentava ora ad associare un nome. Afferrò i suoi fianchi, tenendola ferma contro di sé mentre la sua bocca indugiava su un punto preciso appena sotto l'orecchio, provocando un leggero incresparsi della pelle di lei, accompagnato da un mugolio che da solo ebbe il potere di accelerare lo scorrere del sangue nelle sue vene.

La voltò nuovamente verso di sé, stupendosi di quanto si mostrasse arrendevole al suo tocco. Lei lo fissava in silenzio, gli occhi chiusi intorbiditi dal desiderio, la scollatura dell' abito resa ancora più pronunciata dall' allentarsi dei lacci sulla schiena. Solo le spalline sottili lo mantenevano ai limiti della decenza, ostinandosi a celare al suo sguardo ciò che aveva fino a quel momento solo immaginato. Con un gesto brusco le guidò lungo le spalle, guardandola fisso negli occhi mentre il corsetto crollava su sé stesso, lasciandola nuda fino alla cintola .

Fu lei a prendere la sua mano e guidarla su di sé. La appoggiò in corrispondenza del cuore, ricoprendola con la propria.

-        Lo senti? - mormorò appena.

Justin abbassò lo sguardo sulle loro mani intrecciate. Quella di El era così piccola rispetto alla sua, che sfiorava quella pelle soffice avvertendo, appena sotto di essa, il battito impazzito del suo cuore. Si perse a contemplarla , incantato. Era così bella che fissarla gli procurava una fitta di dolore. Odiava il pensiero che altre mani l'avessero percorsa, insudiciando quella pelle candida e pura come la neve. Ma ora era lì, tra le sue braccia, e fu la sua mano che, sciogliendosi dalla presa di quella di lei e sfiorandola piano, provocò il gemito che suonò alle sue orecchie come la più dolce delle melodie.

La spinse contro il materasso, chinandosi ai suoi piedi per sfilarle gli stivaletti col tacco, che amava tanto indossare a parziale compensazione della scarsa altezza che gli dei avevano reputato di assegnarle . Le sue mani risalirono lungo le gambe snelle, lottando per qualche minuto con i nastri che reggevano le calze di cotone leggero, finché un suono di stoffa lacerata accompagnò la loro discesa verso il pavimento.

-        Temo che dovrò risarcirti di un reggicalze - sussurrò il ragazzo per nulla contrito , ricevendo in risposta l'eco di una risata argentina.

Le sue mani percorsero le cosce di lei con una calda carezza, risalendo al di sotto delle sottogonne di pizzo nero, ma le dita sottili di Elen fermarono la loro corsa. Justin sollevò il viso di scatto, l’irrazionale timore che la ragazza intendesse porre un freno alla confidenza che si stava prendendo con lei. Elenoire era per lui un eterno enigma, i suoi repentini cambi d’umore lo confondevano ed affascinavano in egual misura. Ma il sorriso malizioso che lei gli regalò fugò in fretta i suoi dubbi, accogliendo derisorio la sua espressione palesemente delusa.

-        Tu non ti sei ancora tolto nemmeno la cintura… mi pare una situazione alquanto impari, non trovi?

-        Non mi pare che questo sia mai stato un rapporto alla pari – bofonchiò lui mascherando un sorriso mentre la osservava sollevarsi dal letto, tirandolo con sé.

Elenoire aveva lo sguardo fisso su di lui mentre le sue mani iniziavano a slacciare lentamente un bottone dopo l’altro, solo un fremito, quasi impercettibile, ad indicare quanto l’impassibilità forzata del suo bel volto fosse solo l’ennesima maschera dietro cui nascondere le proprie emozioni.  Raggiunto infine il suo scopo aprì i lembi della camicia, contemplando attentamente il corpo del ragazzo, immobile ed arrendevole sotto le sue mani.

Percorse a palmi aperti il torace e l’addome del ragazzo, temprati dai duri allenamenti a cui si sottoponeva con costanza quasi maniacale. Justin rabbrividì al suo tocco, socchiudendo gli occhi ed inarcandosi quasi inavvertitamente per permetterle un più comodo accesso alla sua pelle.

-        Anche tu hai parecchie cicatrici…

Constatò la ragazza con uno strano tono. Justin scosse le spalle con noncuranza. Portava quei segni con l’orgoglio di un soldato, consapevole in cuor suo che ognuna di essere rappresentava il fantasma di un colpo che suo malgrado era arrivato a segno, ma che non era riuscito ad avere la meglio su di lui. Un monito per il futuro a prestare maggiore attenzione.

-        La calendula scarseggiava, in caserma…

Rispose con una vena di ironia, nel tentativo di interrompere la sorta di trance di cui pareva preda la ragazza. El scosse la testa e si allungò in punta di piedi a cercare le sue labbra proprio mentre il ragazzo si chinava su di lei. Le loro bocche si incontrarono a metà strada, così che non avrebbe saputo dire chi avesse baciato l’altro. Di certo fu lei a schiudere le proprie in un muto invito ad approfondire il bacio, mentre il suo seno morbido premuto contro la pelle nuda gli faceva perdere ogni senso del tempo e dello spazio.

Forzò le sue labbra quasi bruscamente, circondandole la vita con le braccia per stringerla a sé, quasi il contatto dei loro corpi non fosse comunque sufficiente a placare quel desiderio così a lungo imbrigliato dalle redini della ragione. Le mani di lei erano corse alla fibbia della cintura e l’avevano sganciata con dita esigenti, che erano state legna secca sul fuoco della sua eccitazione quando avevano, non avrebbe saputo dire quanto inavvertitamente, sfiorato la stoffa leggera dei calzoni, diventati d’un tratto troppo stretti.

I bottoni saltarono in rapida sequenza mentre le loro bocche non cessavano di inseguirsi in una sinfonia di labbra, denti e lingue intrecciate. Le mani di Elen addosso erano fuoco e ghiaccio insieme; in un istante di lucidità si ritrovò a pensare che, se il loro leggero sfiorarlo era in grado di provocargli sensazioni così forti, ciò che sarebbe successo di lì a poco avrebbe probabilmente avuto il potere di ucciderlo. Ebbe appena il tempo di pensare che sarebbe stato uno splendido modo per morire; i calzoni scivolarono a terra, e con essi la sua capacità di produrre pensieri coscienti.

Le sue mani corsero ai lacci della gonna, quasi strappandoli dalle asole nel tentativo di eliminare in fretta quell’ultimo ostacolo tra loro. Rinunciando in partenza alla sola idea di scioglierli senza ulteriori danni insinuò le mani al di sotto di essi, resistendo alla sublime tentazione della sua pelle serica sotto le dita ed allargandoli quanto sufficiente a far scivolare quel tripudio di pizzi e broccato lungo i fianchi sottili della ragazza, lasciando che andassero a far compagnia al resto del loro abbigliamento sul soffice tappeto che ricopriva il pavimento di legno scuro.

Fu del tutto naturale sollevarla tra le braccia e portarla verso il letto, i denti candidi di lei che incidevano la sua spalla, lasciando dietro di sé solchi umidi e rossastri sulla pelle abbronzata di Justin. Era leggera tra le sue braccia, eppure quei pochi passi gli parvero eterni, forse per via delle unghie conficcate nella schiena, sufficienti ad evocare nella sua mente pensieri che di casto avevano davvero poco, persino considerata la situazione.

Scostò la coperta pesante che ricopriva l’ampio letto a baldacchino e l’adagiò sulle lenzuola di seta cremisi, su cui i suoi capelli si confondevano quasi mentre il biancore accecante della pelle nuda veniva arricchito di sfumature rossastre. Era forse la cosa più bella che avesse mai visto, immobile e silenziosa mentre ricambiava il suo sguardo senza pudore, gli occhi color argento intorbiditi dal desiderio e dall’attesa.

-        Vieni qui…

Sussurrò piano porgendogli la mano. Lei era la tentazione più dolce che avesse mai provato, si ritrovò a pensare intrecciando le dita alle sue mentre la raggiungeva tra le lenzuola, ad appena un respiro da qualcosa che, lo sapeva, avrebbe cambiato tutto. Ma forse tutto era già cambiato, dal primo istante in cui i loro occhi si erano incrociati, mesi prima.

La strinse tra le braccia, il sangue impazzito nelle vene, la pelle che sembrava bruciare al contatto con il corpo di lei. Fu puro desiderio a guidare le sue mani, mentre lasciavano cadere ad una ad una tutte le barriere che avevano posto intorno a loro. Su quel materasso, insieme ai loro corpi, si unirono anche i loro cuori. Ed il profumo di lavanda delle lenzuola Justin già sapeva che non avrebbe più potuto dimenticarlo.

Era ben lontana dall’essere la prima volta, per lui. Eppure, mentre i gemiti di Elenoire si spegnevano sulle sue labbra, seppe che era qualcosa di nuovo. Qualcosa che aveva inseguito per anni nel fantasma di altri abbracci, anelandolo e temendolo in egual misura. Mentre i loro corpi si muovevano all’unisono, trasportandoli verso un’estasi che non aveva mai sperimentato con una tale intensità, Justin si sentì, per la prima volta, completo.
   
 
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