Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: morane18    28/06/2013    4 recensioni
-"Bella, cosa c'è?"- Le sussurai roco.
-"C'è che questo profumo... questo sapore... Sa di caffè, sa di te..."-
E la baciai. Baciai la sua pelle, baciai le sue labbra succhiando il suo sapore unico, dissetante, mio.
.
E' una storia senza pretese, spera solo di riuscire a far sorridere qualcuno di voi, per cui se volete, è vostra!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Esme Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO 2


SEGRETARIA DOC



Sette giorni.

Sette lunghissimi giorni erano già trascorsi da quando avevo varcato la soglia di quell’imponente edificio.

Una intera settimana da quando avevo iniziato a lavorare in quel… in quel…

In quella gabbia di matti.

Si.

Perché se all’inizio avevo considerato notevole il fatto che tutti si dessero un gran da fare, poi avevo iniziato a pensare che però a tutto c’era un limite. Le persone che lavoravano li dentro non si fermavano un attimo. Erano pochissimi quelli che riuscivano a pranzare regolarmente, o che uscivano dal lavoro ad un orario che potesse essere considerato anche solo lontanamente decente.

Ma ciò che mi spinse a pensare che li dentro avessero qualche rotella fuori posto, fu quando vidi Garret, un collega che poteva tranquillamente essere considerato del  tutto e per tutto  un super genio della lampada, pur di non perdersi  una telefonata urgentissima via skype, si era portato il notebook al gabinetto, rinchiudendosi li dentro per almeno 45 minuti.

Dal canto mio non osavo immaginare quale tipo di importantissima conversazione avesse potuto concludere dentro alla toilette, fatto sta che quando ne uscì, era completamente rilassato e soddisfatto.

Non fraintendiamoci, con questo non sto dicendo che in confronto io fossi una scansa fatiche, ma anzi, in pochi giorni avevo già memorizzato nozioni di rilevante importanza. Però non volevo diventare una persona che viveva solo per il lavoro.

Un giorno avrei voluto una famiglia, una bella casa, dei bambini e magari anche un cane.

E di certo se mi fossi buttata in tutto e per tutto solo sul lavoro, non sarei mai riuscita a trovare uno straccio di uomo.

Che poi in realtà, non è che ne volessi uno qualsiasi.

Era dal lunedì precedente che ogni notte sognavo lo stesso uomo: quest’uomo aveva due spalle larghe, dita affusolate capaci di mandarti al paradiso col solo sfiorarti, capelli ramati e soffici sui quali aggrapparti nei momenti di pura lussuria, bicipiti forti e possenti in grado di prenderti e sollevarti a piacimento, un pen-

-“Bella? Bella ci sei!?”-

Una mano sventolata davanti ai miei occhi interruppe immediatamente il sogno ad occhi aperti che aveva momentaneamente avuto la meglio sulla realtà.

-“Ma che hai? Sei tutta rossa in faccia…”-

Jessica inarcò un sopracciglio facendomi arrossire se possibile ancora di più.

Avevo conosciuto Jessica il mio primo giorno di lavoro; vedendomi un poco disorientata si era premurata di presentarsi e di farmi fare il giro delle conoscenze. Era una ragazza davvero simpatica, carina ed estroversa e non era stato affatto difficile entrate subito in confidenza con lei.

-“Non ho niente Jessica, è solo il caldo…”- mentii prendendo a sventolarmi con un fascicolo preso a casa dalla scrivania.

-“Sarà… Ma ti ricordo che in ufficio ci saranno si e no 20° e tu indossi solo una camicetta senza maniche… Non è che per caso hai la febbre? Fammi toccare un po’”-

-“Ma che tocchi?! Non ho la febbre!”- Esclamai agitata spostando la mano di Jessica dalla mia fronte.

-“Beh, meglio così, perché vedi, Victoria è stata poco bene e sarà via tutta settimana, e come sai il capo ha sempre bisogno di una segretaria, che si occupi di smazzarsi tutti i lavori più pesanti e manuali del caso e purtroppo io non posso proprio perché alle 9 ho un appuntamento al terzo piano con un biondino che ho conosciuto la settimana scorsa e non posso proprio annullare l’incontro, capisci? E dato che tu sei l’ultima arrivata e non hai ancora problemi a liberarti potresti farlo tu, no?”-

-“Frena frena frena, ma che stai dicendo? Non ho capito un accidenti Jessica!”-

Aveva parlato talmente tanto velocemente e senza fermarsi che di tutto il discorso avevo solo intuito che doveva appartarsi con qualcuno.

-“Si, ok. Sto dicendo che hanno bisogno di una sostituta segretaria ai piani alti, e che Esme mi ha mandato a dirti che avresti dovuto sostituirla tu.”-

-“Io? Cioè dovrei fare da segretaria al capo?”-

-“Vedrai, non ti dispiacerà!”-

-“No, aspetta un attimo. Io sono della sezione ricerca e sviluppo, mi spieghi cosa diavolo dovrei fare come segretaria?”-

Ero senza parole. Mi avevano assunto per uno scopo e già dopo solo una settimana, mi volevano cambiare totalmente mansione? Se reputavano che non avessi le capacità per operare nel mio settore, allora che me lo dicessero subito!

-“Non te la prendere Bella, qui dentro è così. Ci si da una mano sempre e se c’è un buco da qualche parte lo si cerca di rattoppare alla meglio”-

Buco? Che cavolo centrano i buchi adesso? Cioè, io avrei dovuto rattoppare un buco?

-“Non sono una tappabuchi!”-

-“E’ ovvio che non lo sei, nessuno di noi lo è, ma pensa a quanto tempo ci impiegherebbero per assumere per una sola settimana un’altra persona. E comunque, se proprio non vuoi non c’è problema. Dirò ad Esme di chiederlo a qualcun altro…”-

-“No! No, va bene. Lo faccio io. Dopotutto sarà solo per una settimana, giusto?”-

Non potevo rifiutarmi di adempiere ad una richiesta di Esme; in fin dei conti era grazie a lei se stavo lavorando alla H & C, e se non avessi accettato di ricoprire quel ruolo, sarebbe stato come tradire la sua fiducia.

E poi doveva trattarsi solo di una misera settimana, no?

Tuttavia il sorriso che comparve sulle labbra di Jessica avrebbe dovuto insospettirmi; pensai però di non dargli troppo peso, anche perché ancora non potevo dire di conoscerla così bene, e avrei potuto benissimo sbagliarmi.

-“Grazie, grazie Bella! Sei un tesoro!”-

Mi strinse in un abbraccio stritolatore ed io non potei fare a meno di insospettirmi ancora di più.
-“E di che, non sei tu che devi ringraziarmi no?”-

-“Si, certo, giusto…!”-

-“Allora, che devo fare? Cioè, devo presentarmi alla sua porta e chiedergli se ha bisogno di qualcosa?”-

-“NO! No, assolutamente. Non bussare MAI alla sua porta se non perché è stato proprio lui a chiedertelo, d’accordo?”-

Annuii non capendo il perché di tutta quell’agitazione.

Jessica mi condusse al 48° ed ultimo piano della H & C e per poco non svenni per terra quando per errore il mio sguardo si posò oltre le vetrate mostrandomi una visuale mozzafiato e terrorizzante della città.

Lo so, era assurdo. Avevo accettato di lavorare in un grattacielo anche se soffrivo terribilmente di vertigini.

-“Allora Bella. Ogni mattina Mr Jonas ti porterà la posta per il dott.Cullen. Di solito lui arriva dopo le 9.30 ed hai quindi tutto il tempo di portarla nel suo ufficio, poggiarla sopra la sua scrivania e defilarti in tutta fretta. Le chiamate: non passare mai, MAI chiamate al dottore a meno che non si tratti della sua famiglia.

Appuntati sempre su di un taccuino i nominativi di chi ha chiamato e una volta ogni due ore, passagli il foglio con tutti i dettagli. Al Sig.Cullen non piace essere disturbato.”-

Questo lo avevo intuito… Avrei voluto aggiungere, ma mi prodigai a restare in silenzio ascoltando quelle che sarebbero state le mie mansioni per quella settimana.
La lista aimè, era bella lunga; svolgeva molti più compiti la segretaria del capo che non dei semplici impiegati come noi, e quando alla fine Jessica ebbe terminato il suo monologo fatto di istruzioni e di postille, tirai un sospiro di sollievo, certa che comunque, l’avrei disturbata parecchie volte al giorno per sincerarmi di stare compiendo tutto in modo impeccabile.

-“Ok, direi che è tutto. Mi raccomando Bella, discrezione è la parola d’ordine. Dovrai essere silenziosa al punto tale che per lui sarà come se tu neanche ci fossi, capito?”

-“Posso almeno respirare?”- Chiesi  con una punta di sarcasmo.

Sbuffò ed io non potei far altro che sorridere.

-“Andiamo Jessica, ho svolto incarichi ben più impegnativi e superato prove di gran lunga più difficili. Cosa vuoi che sia per me affrontare questo?”- Dissi allargando le braccia ed indicando il posto dove avrei soggiornato per la prossima settimana.

Jessica prese un profondo respiro e poi decise che era arrivato il momento di lasciarmi sola.

-“Se hai bisogno di qualsiasi cosa, sai dove trovarmi, ok?”-

-“Ok”- Sospirai, salutandola e preparandomi ad affrontare la giornata.

Voltandomi in cerca della prima cosa da fare, notai che la posta per il dott.Cullen era ancora sulla mia scrivania. Guardai l’orologio e purtroppo notai che erano da poco passate le 9.30.

Pensai di attendere il momento in cui sarebbe uscito dalla stanza per recapitargliele, ma poi considerai che magari una di quelle lettere poteva essere importante e così, armata di coraggio, presi la posta e bussai alla sua porta.

Tirai un sospiro di sollievo quando non ottenni nessuna risposta dall’altra parte, ed aprii la porta con molta più tranquillità.

Solo che mi gelai sul posto quando notai che dietro al computer posto sulla scrivania, c’era sicuramente qualcuno.

-“Mi pare che nessuno le abbia dato il permesso di entrare”-

Involontariamente, un brivido mi percorse la schiena al suono di quelle parole.

-“Mi… Mi scusi, io cre-credevo non ci fosse nessuno”- Sussurrai impacciatamente.

Non riuscivo a spiegarmi il perché mi sentissi così in imbarazzo; forse era stato il modo in cui aveva pronunciato quelle parole, freddo e severo, ma dopotutto era stato lui a non rispondere dopo che io avevo scrupolosamente bussato.

-“Beh, la prossima volta faccia il piacere di accertarsi prima di entrare nella stanza di un suo superiore senza neanche bussare”-

Ma io ho bussato razza di sbruffone antipatico!

-“Lasci tutto sulla scrivania e se ne vada”- mi ordinò perentorio.

Io dal canto mio, non vedevo l’ora di recapitare la posta e di defilarmi il prima possibile, prima di dire o fare qualcosa di estremamente compromettente.

Mossi un paio di passi verso la scrivania, ma più mi avvicinavo, e più notavo dei particolari in lui che non avrei mai potuto dimenticare.

Se prima l’enorme schermo del suo computer mi aveva negato la sua visuale, adesso potevo scorgere una chioma folta e ribelle, di un colore bronzeo dorato, quel bronzeo dorato, che avrei ormai riconosciuto tra mille. Ad ogni passo, potevo scorgere quei tratti che mi avevano tormentato ogni notte da una settimana a quella parte e quando fui totalmente vicino alla sua scrivania, poggiai la pigna di lettere che avevo tra le mani quasi al rallentatore.

Improvvisamente la voglia si scappare, era passata in secondo piano; il suo atteggiamento di poco prima era ormai un lontano ricordo e l’unica cosa che avrei voluto fare, era quella di saltargli in braccio e baciarlo senza lasciargli il tempo di respirare.

Qualcosa però riuscì a frenare quell’impulso impellente; più specificatamente, mi bloccò il fatto che la sua mano fosse tesa verso la mia persona come se si aspettasse di ricevere qualcosa.

Ero quantomeno confusa e pensai che forse quella mano protesa, voleva significare che anche lui come me, aveva sentito quel bisogno irrefrenabile di… di… di saltarmi addosso.

Era qualcosa che di certo non mi sarei mai aspettata, dato che ero sicura che da quando ero entrata, non avesse alzato  gli occhio dallo schermo nemmeno per un secondo, ma sicuramente immaginavo che benché non  mi avesse ancora vista, il suono armonioso della mia voce (che stranamente più volte in altre occasioni, aveva rischiato di frantumare i timpani di altre persone ogni qualvolta avevo tentato invano di intonare versi di canzoni), doveva averlo indotto a saltare tutti i dovuti accorgimenti del caso e gli aveva suggerito di buttarsi immediatamente tra le mie braccia.

Tuttavia, nel momento in cui stavo per compiere il gesto che mi avrebbe portato ad esaudire tutti quei sogni che mi avevano dato il tormento nelle ultime notti di quella settimana, la sua voce spezzò di nuovo l’incanto.

-“Caffè”-

Caffè??

Beh, non era proprio il nomignolo migliore che avrei voluto mi attribuissero nei momenti di pura passione, ma visto il soggetto dei miei desideri, decisi per una buona volta di starmene zitta.

-“Allora?”- Continuò con quel tono sprezzante, e fu come se qualcuno mi avesse rovesciato addosso la realtà delle cose, ed il dolore era paragonabile a quando qualcuno ti sferra un pugno direttamente sullo stomaco.

Forse…  forse, avevo per l’ennesima volta preso un piccolissimo abbaglio.

-“Caffè, ha presente?”- Mi disse spazientito, portando quella perfida mano portatrice di false speranze alla bocca, mimando il gesto di bere appunto un caffè.

-“Quella cosa calda, marroncina, dal gusto forte ed intenso, capace di tenerti sveglio le notti e di mandarti il cervello in overflow? “-

Avrei voluto dirgli che, a parte quel marroncino che io avrei volentieri sostituito con un rosa delicato, la sua descrizione avrebbe potuto benissimo riferirsi a qualcos’altro, qualcosa che io ero stata ben disposta a concedergli fino ad un attimo prima e che, se solo me lo avesse chiesto, sarei stata disposta a concedergli anche in quel preciso momento.

Invece fui costretta a censurare tutte le chiavi assurdamente sbagliate di lettura con le quali avevo interpretato i suoi gesti, e molto, molto impacciatamente, cercai di capire cosa volesse dirmi davvero.

-“C… caf… caffè”- riuscì a dire dopo imbarazzanti tentativi.

La mia salivazione si era del tutto esaurita, il mio cervello era entrato momentaneamente in stand-by, e lui mi avrebbe sicuramente dato della pazza incapace di intendere e di volere.

Sicuramente spazientito, lo vidi prendere un profondo respiro e sfilarsi lentamente da quel meraviglioso faccino, un paio di occhiali da vista che, a causa della totale contemplazione alla perfezione del suo viso, non avevo assolutamente notato fino a quel momento.

Quando, con estenuante lentezza, poggiò gli occhiali sulla superficie stracolma di fogli che occupava la sua scrivania, si girò completamente verso di me puntando il suo sguardo dritto nel mio.

Ebbi un fremito a quel contatto: mi resi conto che non avevo ancora avuto modo di osservare i suoi occhi, e che se prima mi era sembrato un angelo mandato sulla terra per mandarmi al manicomio, adesso era come contemplare la statua vivente di un qualche Dio mitologico che si divertiva a causare continui collassi al mio povero cuore di donna mediocre e succube di tutto quel ben di Dio.

Ingoiai un fiotto di saliva che rischiava di straripare dagli argini delle mie labbra, e aspettai che quegli occhi indagatori affermassero il verdetto che mi avrebbe definitivamente mandato ko.

Solo una piccolissima parte del mio cervello notò il leggero inarcarsi delle suo sopracciglia, ma quando i campanellini d’allarme che solitamente mi avvertivano di un qualcosa di sospetto, iniziarono a suonarmi dentro la testa, era ormai troppo tardi.

La sua espressione era tornata piatta e incolore.

-“Dov’è Victoria?”-

Presi un respiro per cercare di calmare un poco i battiti accelerati di quell’organo che rischiava di fracassarmi la cassa toracica nel petto, e tentai di riconnettere i pochi neuroni rimasti ancora sani nel mio cervellino.

-“Victoria è… ammalata”- riuscii a dire, questa volta senza un imbarazzante balbettare.

-“E Lei è?”-

-“Bella”- risposi subito di getto, pentendomi immediatamente per quella presentazione fin troppo confidenziale.

-“Cioè, volevo dire, Isabella. Isabella Swan. Sostituirò la sua segretaria fino al suo rientro.”

-“Isabella…”- pronunciò per bene, ed il suono del mio nome fuoriuscito dalle sue labbra, aveva assunto una vibrazione quasi erotica. Ancora un paio di parole pronunciate in quella maniera e sarei venuta senza nemmeno essere sfiorata.

-“Bene Isabella. Dov’è il mio caffè? Deduco dal fatto che non abbia tra le mani nessuna tazza, che non me l’abbia portato, è corretto?”-

I miei occhi seguirono il movimento del suo sguardo, e fissai le miei mani che effettivamente non stavano reggendo assolutamente niente.

Ecco, adesso ha avuto la conferma che sono totalmente priva di intelletto. Ma perché mi sono guardata le mani? Perché perché perché???

-“Ecc… Ecco io non… non sapevo che lei avesse richiesto un caffè…”-

-“Io non chiedo Isabella. Victoria e chiunque altro sa che ogni mattina, mi aspetto di trovare una tazza fumante di Caffè al mio arrivo.”-

Ok, era assodato. Avrei ucciso Jessica per quella terribile, terribile dimenticanza. Possibile che tra tutte le mansioni che mi aveva elencato, avesse tralasciato di dirmi quella che a quanto pare, sembrava essere la più importante per il grande capo?

-“Io non lo sapevo. Mi dispiace. Le giuro che non capiterà mai più.”-

-“Molto bene. Anche perché non avrà più un’altra occasione. Per questa volta passi, ma voglio il mio caffè fumante sulla mia scrivania entro cinque minuti esatti.”-

Ok, potevo farcela.

Caffè.

Cinque minuti.

Scrivania.

Era un concetto abbastanza facile da elaborare, no?

E allora per quale motivo i miei piedi sembravano essersi incollati al pavimento?

-“Isabella?”-

Oddio adesso vengo…

-“Si…”-
Dimmi che non l’ho detto ansimando, dimmi che non l’ho detto ansimando!!!

-“Sarebbe così gentile da andare a prendermi una tazza di caffè?”- mi chiese come stesse parlando con una demente, la quale ormai mi ero convinta anche io di essere.

-“Caffè…”- sospirai, muovendo un piccolissimo passo.

-“Caffè”- mi ridisse lui continuando a scrutarmi perplesso.

-“Vado?”- chiesi ancora senza capire come mai il mio cervello mi urlava di sparire immediatamente ma il mio corpo sembrava essersi munito di volontà propria.

-“Vai”- continuò lui quasi urlando.

-“Vado…”- e corsi via verso la porta chiudendomela subito alle spalle.
 
 


 
Eccomi con un nuovo capitolo.
E’ arrivato presto perché nel fine settimana non sono sicura che potrò aggiornare.
Spero che anche questo capitolo sia di vostro gradimento; in realtà sarebbe dovuto essere molto più lungo, ma ho preferito dividerlo per non appesantirlo troppo.
Volevo solo specificare una cosa per quanto riguarda Bella: mi rendo conto che forse il capitolo potrebbe forviarvi, ma Bella non è una a cui piace stare con le mani in mano. Vorrebbe fare carriera, solo che fin da piccola ha sempre voluto avere una famiglia e le piacerebbe che le due cose potessero collimare. Inoltre è un po’ riluttante ad accettare di essere la segretaria del capo perché è appena arrivata e teme che spedendola a ricoprire un ruolo che non è il suo, non potrà mai affermarsi nel campo che in vece le interessa veramente.
Ok ora è tutto!
Grazie ancora a tutti coloro che hanno avuto la pazienza di leggere e di recensire!
Ci sentiamo presto e  buon fine settimana a tutte!!
 

 
 
 
 
 
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: morane18