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Autore: bruciato    28/06/2013    1 recensioni
Third Sun è un romanzo in fase di scrittura, narra delle vicende della Terra in un lontano e imprecisato futuro. Guerra, devastazioni, e nuovi modi di concepire la società si affollano in un variopinto ambiente futuristico.
Genere: Azione, Guerra, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo 3: The battle of Newburg

 

Mentre scendeva in picchiata, la tuta si serrò ancora di più per evitare l'assideramento. La radio iniziò a gracchiare dopo pochi secondi che si era gettato dal modulo.

«Spiegate le ali e volate. Dio sia con voi. »

Lo sguardo di Raiden fu attirato dalle scritte sulla manica destra della sua tuta.

Sesto reggimento. Sessantaseiesima divisione. Accanto alla numerazione, un teschio pirata.

Il pugno di Satana, li chiamavano. E avevano ragione.

Il sesto reggimento era tra i più pericolosi al mondo. Il loro addestramento era tra i più duri; dovevano sopportare prove fisiche e psicologiche al limite delle possibilità umane.

Uno di essi consisteva nello spezzare una caviglia al soldato, e fargliela risistemare con mezzi di fortuna. Raiden passò alla grande quella prova. Nemmeno gli innestarono la caviglia bionica, come fecero a molti altri.

«Sessantaseiesima divisione Fantasmi, dirigetevi nel settore Foxthroat e coprite la fanteria.» fece la nave madre, nell'orbita di Terra 2.

«Che mi dite del quarto?» chiese Kai. «Hanno ancora problemi sul crinale vicino New Sidney?»

« Negativo. » risposero. « Stanno avanzando come previsto. »

Solo allora Raiden si accorse che il suolo era sempre più vicino. Lanciò un'imprecazione, e premette sullo stomaco. La bolla antigravità si generò in un millisecondo, e lui atterrò delicatamente sull'arida terra del deserto.

Attivò subito il sistema di localizzazione. Il settore Foxthroat non era così lontano. Nella sua zona erano atterrati solo due compagni. Li chiamò alla radio e gli chiese di andare assieme.

Raiden guardò in alto. Il cielo violaceo di Terra 2 era un pugno nell'occhio come gli avevano descritto. Per il resto, il pianeta sembrava piuttosto simile al pianeta natale degli uomini. Vide due figure stagliarsi all'orizzonte. Controllò il fucile. Carico al massimo, così come la pistola d'ordinanza. Anche il sistema IFF e il dispositivo di occultamento parevano non aver sofferto del lancio. I due erano ormai arrivati.

« Andiamo?» chiese Raiden.

« Non ci presentiamo? » chiese uno dei due, quasi sorridendo. Doveva essere veramente eccitato di essere finalmente sul campo di battaglia. Stolto.

Nessuno dei due gli rispose. Raiden voltò le spalle e iniziò a camminare. «Sono il numero quarantasei.» fece poi.

« Io sono il venti. » rispose quello.

Raiden si voltò verso il terzo del gruppo.

«E tu?» chiese, alzando la visiera dell'elmo.

« Centoventitre. » rispose il tizio, distogliendo lo sguardo.

Raiden sapeva che dal centodieci in poi vi era solo gente poco raccomandabile. Stupratori, assassini, ladri e gente degli ultimi livelli. Reks aveva proprio fatto in modo che Raiden fosse tra i primi cento.

«Sapete perché siamo atterrati qui?» chiese Venti.

« A quanto pare dei venti ci hanno spinto fuori rotta.» rispose Raiden.

«Venti minuti, e saremo al punto di raduno. Da lì, attendiamo istruzioni. Se Dio vuole, avremo preso Newburg in poche ore. Non dovremmo incontrare particolari resistenze.»

«”Preso” è una parola grossa, comandante.» intervenì Centoventitre. «Newburg è da anni grande sostenitrice della dipendenza di Terra 2 dalla Terra. Non vedono l'ora che arriviamo, secondo me.»

 

Passarono il resto del breve viaggio in silenzio. Ogni tanto una volata di vento alzava un po' di sabbia dal terreno roccioso, ma non era nulla di fastidioso. Raiden non osava pensare a Kai. Lui aveva una tuta leggera, quella standard dei Fantasmi. Ma Kai era un marine di sfondamento.

In questo momento starà bollendo dentro quella gabbia...”

 

Arrivarono al centro di raccolta. Ma quello che vide non era minimamente previsto. Centinaia di soldati erano a terra, feriti più o meno gravemente. Le unità mediche correvano da una parte all'altra. Qualcosa era andato decisamente storto.

«Che diavolo è successo qui?» chiese Venti.

«Credo siano stati colpiti dai laser di sbarramento nella mesosfera.» ipotizzò centoventitre.

«Ma i ribelli non hanno antiaeree!»

«Le hanno eccome. Ma sono sotto il nostro controllo, da sempre.» lo contraddì Raiden. «Non possono usarle senza i codici.»

«Si, sicuramente è andata così.» concluse Venti. «Non possono essere feriti di guerra.»

In quell'istante, un soldato trafelato si avvicinò ai tre.

«Sessantaseisimo?» chiese, ansimando.

«Affermativo.» rispose Raiden.

«Dirigetevi a quel capannone laggiù.» fece, indicando in lontananza. «Sopra c'è scritto il vostro numero, sono tutti là.»

I tre andarono nel capannone. Faceva sempre più caldo. La tuta segnava quarantadue gradi centigradi. Kai ormai doveva essersi sciolto. Il capannone era stato costruito sul momento, e un grande telo verde lo ricopriva.

All'interno, centinaia di Fantasmi, che seguivano le istruzioni del maggiore Ryazan. «...signori, quindi è questo il...» il nero fermò il discorso, osservando i tre che erano appena entrati.

«Alla buon'ora, soldati!» esclamò. «Prego, accomodatevi.»

Si sedettero quindi sulle uniche tre sedie rimaste libere.

«Dicevo...» riprese Ryazan. «Dobbiamo supportare i carri e la fanteria. Approccio stealth e invisibilità quanto più possibile. Passiamo dietro le loro linee e facciamo tanto casino. Ci vediamo alle ventidue di stasera, ci caricano sui jet; lì vi spiegherò i piani d'attacco per bene. Entro sei ore, signori, avremo Newburg!»

« Ave! » urlò un soldato.

« Ave! » fecero tutti di rimando.

 

 

Aprì gli occhi che era notte. Sentiva dolore. Era vivo. Si guardò attorno. Decine di corpi. In alto, solo fumo. Macerie ovunque. Odore di sangue, di morte.

Il cielo era plumbeo, anziché viola. Sembravano quelle giganti macchie scure, chiamate nuvole. Mai viste dal vivo.

Era tornato sulla Terra? No, non era possibile. Cercò di alzarsi, ma il dolore alla schiena era troppo forte. Riuscì però a trascinarsi addosso a un muro crollato quasi del tutto. Sentiva rumori in lontananza. Parevano latrati. Forse era qualcuno che si lamentava del dolore. Ma perché era lì? Cos'era successo? Cercò di rimembrare, ma tutto ciò che gli venne alla mente furono immagini distorte dal dolore. Ricordava di essere entrato trionfante a Newburg con il sessantaseiesimo, ma null'altro. Non vi furono massacri o saccheggi. La popolazione festeggiò assieme a loro. Era risaputo che la parte desertica del pianeta vedeva di cattivo occhio il governo di Terra 2. Newburg era davvero una bella città, come gli avevano descritto. Non questo ammasso di macerie che aveva intorno. Ma cos'era accaduto a quella meraviglia di architettura? Newburg aveva grattacieli infiniti, ma anche riproduzioni di opere antiche a ogni angolo. Fontane romane, riproduzioni di monumenti storici della Terra...Aveva tutto questo. Non le macerie.

La tuta era praticamente morta. Sparava valori a caso, e dava posizioni casuali per tutto il pianeta. La radio era muta, ogni tentativo di contatto sarebbe stato vano.

 

Fece forza sul suo fucile, forse l'unica cosa funzionante che gli era rimasta, per alzarsi da terra. Cercò di usarlo come bastone, e si incamminò verso il centro della città, poco distante da quel che ricordava. Doveva solo percorrere una via, quella davanti a lui. Era tutto in frantumi. Le autostrade erano crollate al suolo. Autostrade...a New York erano pezzi di archeologia, e venivano utilizzate solo dal quarantesimo in poi. Tecnologia obsoleta, ma a basso costo.

Profonde crepe si erano formate nel terreno, quasi separavano la via in due. I corpi dei morti iniziavano a puzzare. Quanto era rimasto svenuto? A giudicare dall'arsura e dalla fame, almeno un giorno. Vide un uomo vivo a lato del marciapiede. «Ehi, tu!» sussurrò, con il poco fiato che gli era rimasto in gola. Le corde vocali gli dolsero in maniera atroce, parevano infuocate. Iniziò a tossire senza sosta, ma quando il dolore si fu placato l'uomo era già sparito.

Adesso ho anche le allucinazioni...” disse tra sé e sé.

Un soldato gemeva a terra, senza più le gambe. Doveva avere anche la schiena frantumata in mille pezzi, a giudicare dal modo innaturale con cui era a terra. Notò il biondo, e cercò vano di allungarsi verso di lui. Raiden gli si avvicinò, sempre zoppicando. Erano suoi, i latrati che sentiva prima. Una sofferenza di almeno un giorno; incapace di vivere. Incapace di morire.

Nessuno dei due riuscì a dire niente. Si guardarono solo negli occhi; sguardi che valsero più di mille parole. Sofferenza e compassione si liberarono in Raiden. Sapeva cosa chiedeva quel ragazzo. Raiden imbracciò il fucile, lo puntò e fece fuoco. Un baleno azzurro colpì e trapassò il cranio del giovane a terra. Aveva posto fine a una vita di sofferenze, prima che iniziasse. Sempre se fosse sopravvissuto.

Raiden arrivò finalmente alla piazza centrale di Newburg. Non vide null'altro che desolazione e morte. I corpi di civili e militari erano ovunque. Controllò la targhetta di qualcuno lì vicino. Come temeva, erano tutti del sessantaseiesimo. Iniziò a piovere, all'improvviso. Raiden si accasciò a terra, senza più forze.

Era solo, in una città di morte e polvere. Perché doveva essere sopravvissuto proprio lui? Perché Dio aveva voluto questo? Perché questo sterminio?

Raiden cercò di concentrarsi su Monil, ma la sua mente lo portò a Reks.

Le lacrime sgorgarono, e si mescolarono alle pesanti gocce di pioggia. 

  
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