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Autore: Ely_fly    28/06/2013    4 recensioni
Dunque, salve a tutti :)
Sono tornata, stavolta con una song-fic ambientata al liceo.
Garfield e Rachel fanno parte del club di canto e il ragazzo cerca di sfruttare l'occasione per esprimere i suoi sentimenti, con una canzone, appunto. Anzi, più di una. Ma saranno sufficienti ad aprire gli occhi alla ragazza?
Genere: Commedia, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beast Boy, Raven
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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«Rachel, tesoro, sei sicura di aver preso tutto?»

«Sì, zia. Sono pronta per partire» rispose la ragazza, chiudendo la cerniera del trolley e guardando la donna davanti a lei.

«Allora vado a chiamare tuo zio e tuo cugino» disse la donna, facendo per uscire dalla stanza e trovandosi davanti i due uomini.

«Non ce n’è bisogno, mamma. Siamo già qui» annunciò Richard, sorridendo.

«Hai preso tutto? Sicura?» chiese lo zio, controllando la camera della ragazza.

«Tutto fatto, zio. Possiamo andare» rispose Rachel, posando il trolley a terra. Richard si lanciò a prenderlo e controllò l’orologio: «Direi più che altro che dobbiamo andare, dobbiamo ancora passare a prendere Garfield.»

«Allora andiamo. Tutti in macchina, forza» li esortò l’uomo, dando l’esempio e cominciando a scendere le scale.

Rachel lanciò un’ultima occhiata alla sua stanza, poi uscì e chiuse la porta.

 

«Quindi questo ragazzo è orfano? Oh, povera creatura» mormorò la signora Wayne, la madre adottiva di Richard e zia adottiva di Rachel. Anche i genitori di Richard erano morti quando lui era piccolo, quindi era stato affidato alle cure di un parente di suo padre, il signor Wayne. Successivamente, dopo l’incidente con suo padre, anche Rachel era andata a stare con loro. Fin da piccola era sempre stata affezionata al cugino, così come Arella, che si era offerta di prenderlo con sé quando sua sorella e suo marito erano morti. Purtroppo, non erano riusciti ad ottenere la tutela, ma Rachel e Richard avevano mantenuto uno stretto legame e Arella si era subito trovata in sintonia con i Wayne.

«Ma’, non ti devi preoccupare, Gar è in gamba» rispose il ragazzo, guardando il biondo che si avvicinava alla macchina e salutandolo con un cenno.

«Ma vive da solo?» continuò Selina, guardando il marito aiutare il ragazzo a caricare la valigia.

«Sì, zia. Ma non ti preoccupare, se la cava. Ciao, Garfield» disse Rachel, scivolando sul sedile per fargli spazio e chiudendo così il discorso.

Garfield fece un cenno, mentre si sedeva accanto a lei nel sedile posteriore, poi salutò con estrema cortesia la signora Wayne.

Il viaggio fino all’aeroporto si svolse piuttosto tranquillamente, con i signori Wayne che discorrevano animatamente di uno spettacolo che avevano visto qualche giorno prima, mentre i ragazzi dietro erano silenziosi: Richard si immaginava la cugina, tutta sola, a New York; Rachel non stava nella pelle all’idea di entrare alla Juilliard e Garfield non riusciva ancora a credere alla sua fortuna, tre mesi con Rachel Roth alla Juilliard.

«Siamo arrivati!» esclamò il signor Wayne, parcheggiando e scendendo per cominciare a scaricare le valigie dei due ragazzi.

«Grazie, zio» ringraziò Rachel, recuperando il suo trolley e cominciando a camminare con le gambe molli verso l’ingresso dell’aeroporto. Per sua fortuna, accanto a lei c’era Richard a sorreggerla.

«Grazie del passaggio, signor Wayne» disse Garfield, mentre prendeva la sua valigia e si avviava verso l’entrata, affiancato dai signori Wayne.

«Nessun problema, figliolo» rispose l’uomo, burbero.

I cinque entrarono e si diressero verso il banco per il check-in.

 

«Fatto. Non riesco davvero a crederci» disse Garfield.

Erano tutti seduti ad un tavolino del bar, ad aspettare che chiamassero il loro volo. I due ragazzi erano un fascio di nervi.

«Vuoi un pizzicotto?» domandò Rachel, mostrandogli due dita.

«No, grazie. Facevo per dire» si difese il biondo, alzando le mani.

«Rachel, mi raccomando, comportati bene» intervenne Bruce Wayne, con la sua voce profonda, interrompendo il momento tra i due ragazzi.

«Bruce! Non disturbare i ragazzi. Sai già che tua nipote sarà un modello di virtù, non è vero tesoro?» lo rimproverò Selina, lanciandogli un’occhiataccia.

«Rachel, ti prego, portami con te! Non vorrai lasciarmi con questi due!» sospirò Richard, pregando la cugina.

«Mi spiace, Richard. Temo che la mia valigia sia già a bordo, se no avresti potuto nascondertici dentro» rispose lei, sorseggiando il suo tè freddo, mentre Garfield ridacchiava.

«Questa è cattiveria, però» borbottò il moro, abbandonandosi sulla sedia.

«Si pregano i gentili passeggeri del volo per New York…» gracchiò in quel momento l’altoparlante, iniziando a sciorinare il codice del volo.

«È il nostro!» esclamò Rachel, balzando in piedi e rovesciando il tè.

«Andiamo» gridò Garfield, imitandola. I due ragazzi raccolsero al volo le loro borse e cominciarono a correre verso il loro gate d’imbarco.

Ai Wayne e a Richard non restò altro che inseguirli.

Arrivarono davanti alle porte d’imbarco e a quel punto Rachel si voltò: era il momento degli addii. Era già stato brutto la sera prima, quando lei e Garfield avevano salutato tutti i loro amici. Adesso non osava immaginare cosa sarebbe successo. Selina la abbracciò, mentre Bruce stringeva la mano a Garfield. Dopo, una volta libera dalla zia, la ragazza venne abbracciata velocemente anche dallo zio, che si raccomandò ancora una volta con lei. Dopodiché fu il turno di Richard, che aveva già salutato l’amico. Il ragazzo l’abbracciò, sussurrandole: «Non fare nulla di stupido e mangia, d’accordo?»

«Stai tranquillo, fidati di me» rispose lei, abbracciandolo.

Finalmente, i saluti terminarono e i due ragazzi si avviarono lungo il corridoio che li avrebbe portati a bordo. Dietro di loro, Selina nascondeva le lacrime in un fazzoletto di pizzo bianco, mentre il marito le posava una mano sulla spalla per confortarla. Richard si limitava a fingere di non conoscerli.

 

«Garfield…» mormorò Rachel, una volta a bordo.

«Sì?» rispose il ragazzo, voltandosi verso di lei.

«Potresti… Ehm… Tenermi la mano?» sussurrò la ragazza, imbarazzatissima.

«Come?» chiese lui, il cuore che gli andava a scatti, certo di aver capito male. Rachel non poteva certo avergli chiesto di…

«Potresti tenermi la mano? Soffro di vertigini e il decollo mi mette un po’ paura…» ripeté la ragazza, alzando un pochino la voce.

«Oh, ehm, certo. Nessun problema» rispose Garfield, prendendole la mano e stringendogliela delicatamente. Se quello era un sogno, che nessuno lo svegliasse.

«Grazie» disse lei, guardandolo e poi posando lo sguardo sulle loro mani intrecciate.

Rimasero così per qualche minuto, poi, mentre l’aereo cominciava a vibrare per i motori, Garfield disse: «Davvero soffri di vertigini? Sembri una che non ha paura di nulla, figurarsi dell’altezza.»

«Già… So che è sciocco da parte mia, ma ho sempre avuto questo problema. Da bambina mi rifiutavo di arrampicarmi fino alla casetta sull’albero a casa di Richard» rispose lei, prestandogli tutta la sua attenzione.

«La casetta? Quella che ormai raggiungiamo semplicemente stando in piedi?» chiese il ragazzo, per essere sicuro di aver capito bene.

«Proprio quella» confermò Rachel, annuendo.

«Wow. Non pensavo fossi così terrorizzata. Come hai fatto finora, con gli aerei, scusa?»

«Non ho mai preso un aereo in tutta la mia vita. Sempre auto, nave, pullman… Niente che si sollevasse dal suolo» raccontò lei, senza mai distogliere lo sguardo dallo schienale del sedile davanti a lei.

«Non sai che cosa ti perdi. È fantastico volare!» esclamò Garfield, agitando le mani, salvo poi ricordarsi che le stava ancora tenendo la mano. Si scusò e lei gli fece un lieve sorriso ad indicare che non era niente.

«Quindi tu hai già volato?» domandò la ragazza.

«Un sacco di volte. Quando ero in Africa con i miei…» cominciò a raccontare il ragazzo, ma venne interrotto da Rachel, che gli strinse la mano con molta più forza e che gli si gettò addosso. Solo in quel momento, il ragazzo si accorse che l’aereo si era staccato dal suolo e che stava prendendo quota.

Abbassò lo sguardo sulla ragazza tra le sue braccia, che aveva ancora la sua mano intrappolata nella sua. Senza sapere cosa fare, si ritrovò a tranquillizzarla, passandole la mano libera tra i capelli e sussurrandole che sarebbe andato tutto bene.

Pian piano, la ragazza si abituò alla situazione e scivolò via dalle sue braccia. Tuttavia la mano non la tolse.

«Quindi… Dicevi, sei stato in Africa?» domandò Rachel, fingendo che non fosse successo nulla.

«Sì, per un anno intero, quando ero alle elementari» rispose Garfield, per nulla a disagio con la mano della ragazza nella sua.

«Ah, mi ricordo. Richard mi disse che eri stato rapito dagli alieni, che ti tenevano prigioniero» ricordò la ragazza, scuotendo la testa.

«E tu gli hai creduto?» chiese lui, incredulo.

«Avevo sette anni! Gli avrei creduto anche se mi avesse detto che eri diventato il nuovo aiutante di Babbo Natale!» si difese lei, fingendosi offesa.

«Ahahahah, da non credere» rise il ragazzo, portandosi una mano al volto.

«Stai ridendo di me?»

«Non oserei mai!»

«E allora piantala!»

«Non posso… Troppo divertente!»

A quel punto anche Rachel scoppiò a ridere e i due risero per qualche secondo ancora. Quando finirono erano entrambi senza fiato e si stavano ancora tenendo per mano.

«Cosa stavamo dicendo?» disse Garfield, asciugandosi gli occhi.

«Parlavamo di Africa. Ci sei andato con i tuoi, giusto?» domandò la ragazza, risistemandosi sul sedile.

«Esatto. In realtà non ho dei bei ricordi, perché è proprio lì che sono morti i miei genitori, però finché erano vivi, bè, era tutto fantastico» rispose il ragazzo, adombrandosi un po’.

«Mi dispiace, non volevo suscitarti brutti ricordi» si scusò lei, abbassando gli occhi.

«Nessun problema. Ormai sono passati otto anni, però fa ancora un po’ male, ricordarli» la tranquillizzò lui. Calò un silenzio imbarazzante, che venne rotto dall’arrivo della hostess con la cena, cosa che li costrinse a lasciarsi le mani.

Rachel non poté fare a meno di pensare che era bello avere una mano calda a tenere la sua.

 

Dopo cena i due guardarono il film che veniva proiettato davanti a loro, “Dieci cose che odio di te”, ma l’avevano già visto tutti e due e in breve Rachel si addormentò sulla spalla del ragazzo.

Garfield girò la testa per guardarla e vide che aveva di nuovo posato la mano sulla sua. Con delicatezza la strinse, poi si concentrò sul film. In quel momento, il protagonista maschile cominciò ad intonare una canzone, che lui conosceva bene nella sua versione originale. Cominciò a canticchiarla sottovoce, per non svegliare la ragazza e per non disturbare il resto aereo.

 

You're just too good to be true
Can't take my eyes off of you
You'd be like heaven to touch
I wanna hold you so much

 

Mai canzone era capitata più a fagiolo di quella: pensava una cosa del genere tutte le volte che vedeva Rachel. Non riusciva ancora a credere che lei fosse lì davvero e che lui la stesse davvero tenendo tra le braccia. Ed era decisamente meglio di quanto avesse mai immaginato.


At long last love has arrived
And I thank God I'm alive
You're just too good to be true
Can't take my eyes off of you

Certo, non poteva essere che un miracolo. Rachel Roth, tra le sue braccia. Non poteva fare a meno di guardarla, di notare come le ciglia lunghe le sfioravano le guance, di ammirare i suoi capelli lucidi, di osservare con bramosia le labbra piene, leggermente socchiuse nel sonno.

 

Pardon the way that I stare
There's nothing else to compare
The sight of you leaves me weak
There are no words left to speak

Era impossibile paragonarla a qualcosa, era semplicemente perfetta. Tutto quanto sembrava sbiadire al suo cospetto… E quando la guardava negli occhi gli venivano sempre le gambe molli. Non c’erano parole per descriverla.

 

So if you feel like I feel
Please let me know that it's
real
You're just too good to be true
Can't take my eyes off of you

Sarebbe stato meraviglioso sapere che lei lo ricambiava. Almeno un pochino… Così almeno anche Tara si sarebbe messa il cuore in pace. E a proposito di Tara… L’aveva salutato come se nulla fosse accaduto, ma gli aveva messo in mano un bigliettino con il suo nome nel programma di chat. Cosa voleva?


I love you baby and if it's quite all right
I need you baby to warm
the lonely nights
I love you baby, trust in me when I say
Oh pretty baby, don't bring me down I pray
Oh pretty baby, now that I've found you stay
And let me love you baby, let me love you

 

Ah, accidenti a Tara. Sperava che Rachel non venisse mai a sapere cosa era successo. Voleva soltanto che lei lo ricambiasse, o perlomeno che lo lasciasse amarla. Non era chiedere tanto, in fondo, si disse. Doveva solo trovare il coraggio di dirglielo, certo. Da questo punto di vista ammirava Tara, per averglielo detto. Magari nel modo sbagliato, ma almeno glielo aveva detto.

 

You're just too good to be true
Can't take my eyes off of you
You'd be like heav
en to touch
I wanna hold you so much

 

At long last love has arrived
And I thank God I'm alive
You're just too good to be true
Can't take my eyes off of you

 

Al diavolo Tara. Delicatamente alzò una mano per accarezzare la guancia di Rachel, beandosi della vista. L’avrebbe avuta tutta per sé per tre mesi. Doveva venire a capo con qualcosa…

 

I love you baby and if it's quite all right
I need you baby to warm the lonely nights
I love you baby, trust in me when I say
Oh pretty baby, don't bring me down I pray

Oh pretty baby, now that I've found you stay
I love you baby, trust in me when I say

 

La canzone finì, sia nel film che nella realtà. Garfield sorrise dolcemente, mentre il film andava avanti con la trama. Continuò a tenere la mano di Rachel, poi posò la testa su quella della ragazza, delicatamente per non farle male e chiuse gli occhi. Non si accorse che quelli di Rachel si erano spalancati non appena lui aveva finito la canzone.

  
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