«Rachel,
tesoro, sei sicura di aver preso tutto?»
«Sì,
zia. Sono pronta per partire» rispose la ragazza, chiudendo
la cerniera del trolley e guardando la donna davanti a lei.
«Allora
vado a chiamare tuo zio e tuo cugino» disse la donna,
facendo per uscire dalla stanza e trovandosi davanti i due uomini.
«Non
ce n’è bisogno, mamma. Siamo già
qui» annunciò Richard,
sorridendo.
«Hai
preso tutto? Sicura?» chiese lo zio, controllando la camera
della ragazza.
«Tutto
fatto, zio. Possiamo andare» rispose Rachel, posando il
trolley a terra. Richard si lanciò a prenderlo e
controllò l’orologio: «Direi
più che altro che dobbiamo andare, dobbiamo ancora passare a
prendere Garfield.»
«Allora
andiamo. Tutti in macchina, forza» li esortò
l’uomo, dando
l’esempio e cominciando a scendere le scale.
Rachel
lanciò un’ultima occhiata alla sua stanza, poi
uscì e
chiuse la porta.
«Quindi
questo ragazzo è orfano? Oh, povera creatura»
mormorò la
signora Wayne, la madre adottiva di Richard e zia adottiva di Rachel.
Anche i
genitori di Richard erano morti quando lui era piccolo, quindi era
stato
affidato alle cure di un parente di suo padre, il signor Wayne.
Successivamente,
dopo l’incidente con suo padre, anche Rachel era andata a
stare con loro. Fin da
piccola era sempre stata affezionata al cugino, così come
Arella, che si era
offerta di prenderlo con sé quando sua sorella e suo marito
erano morti. Purtroppo,
non erano riusciti ad ottenere la tutela, ma Rachel e Richard avevano
mantenuto
uno stretto legame e Arella si era subito trovata in sintonia con i
Wayne.
«Ma’,
non ti devi preoccupare, Gar è in gamba» rispose
il ragazzo,
guardando il biondo che si avvicinava alla macchina e salutandolo con
un cenno.
«Ma
vive da solo?» continuò Selina, guardando il
marito aiutare il
ragazzo a caricare la valigia.
«Sì,
zia. Ma non ti preoccupare, se la cava. Ciao, Garfield» disse
Rachel, scivolando sul sedile per fargli spazio e chiudendo
così il discorso.
Garfield
fece un cenno, mentre si sedeva accanto a lei nel sedile
posteriore, poi salutò con estrema cortesia la signora Wayne.
Il
viaggio fino all’aeroporto si svolse piuttosto
tranquillamente,
con i signori Wayne che discorrevano animatamente di uno spettacolo che
avevano
visto qualche giorno prima, mentre i ragazzi dietro erano silenziosi:
Richard
si immaginava la cugina, tutta sola, a New York; Rachel non stava nella
pelle
all’idea di entrare alla Juilliard e Garfield non riusciva
ancora a credere
alla sua fortuna, tre mesi con Rachel Roth alla Juilliard.
«Siamo
arrivati!» esclamò il signor Wayne, parcheggiando
e
scendendo per cominciare a scaricare le valigie dei due ragazzi.
«Grazie,
zio» ringraziò Rachel, recuperando il suo trolley
e
cominciando a camminare con le gambe molli verso l’ingresso
dell’aeroporto. Per
sua fortuna, accanto a lei c’era Richard a sorreggerla.
«Grazie
del passaggio, signor Wayne» disse Garfield, mentre
prendeva la sua valigia e si avviava verso l’entrata,
affiancato dai signori
Wayne.
«Nessun
problema, figliolo» rispose l’uomo, burbero.
I
cinque entrarono e si diressero verso il banco per il check-in.
«Fatto.
Non riesco davvero a crederci» disse Garfield.
Erano
tutti seduti ad un tavolino del bar, ad aspettare che
chiamassero il loro volo. I due ragazzi erano un fascio di nervi.
«Vuoi
un pizzicotto?» domandò Rachel, mostrandogli due
dita.
«No,
grazie. Facevo per dire» si difese il biondo, alzando le
mani.
«Rachel,
mi raccomando, comportati bene» intervenne Bruce Wayne,
con la sua voce profonda, interrompendo il momento tra i due ragazzi.
«Bruce!
Non disturbare i ragazzi. Sai già che tua nipote
sarà un
modello di virtù, non è vero tesoro?»
lo rimproverò Selina, lanciandogli un’occhiataccia.
«Rachel,
ti prego, portami con te! Non vorrai lasciarmi con questi
due!» sospirò Richard, pregando la cugina.
«Mi
spiace, Richard. Temo che la mia valigia sia già a bordo, se
no avresti potuto nascondertici dentro» rispose lei,
sorseggiando il suo tè
freddo, mentre Garfield ridacchiava.
«Questa
è cattiveria, però» borbottò
il moro, abbandonandosi sulla
sedia.
«Si
pregano i gentili passeggeri del volo per New
York…» gracchiò
in quel momento l’altoparlante, iniziando a sciorinare il
codice del volo.
«È
il nostro!» esclamò Rachel, balzando in piedi e
rovesciando il
tè.
«Andiamo»
gridò Garfield, imitandola. I due ragazzi raccolsero al
volo le loro borse e cominciarono a correre verso il loro gate
d’imbarco.
Ai
Wayne e a Richard non restò altro che inseguirli.
Arrivarono
davanti alle porte d’imbarco e a quel punto Rachel si
voltò: era il momento degli addii. Era già stato
brutto la sera prima, quando
lei e Garfield avevano salutato tutti i loro amici. Adesso non osava
immaginare
cosa sarebbe successo. Selina la abbracciò, mentre Bruce
stringeva la mano a
Garfield. Dopo, una volta libera dalla zia, la ragazza venne
abbracciata
velocemente anche dallo zio, che si raccomandò ancora una
volta con lei. Dopodiché
fu il turno di Richard, che aveva già salutato
l’amico. Il ragazzo l’abbracciò,
sussurrandole: «Non fare nulla di stupido e mangia,
d’accordo?»
«Stai
tranquillo, fidati di me» rispose lei, abbracciandolo.
Finalmente,
i saluti terminarono e i due ragazzi si avviarono
lungo il corridoio che li avrebbe portati a bordo. Dietro di loro,
Selina
nascondeva le lacrime in un fazzoletto di pizzo bianco, mentre il
marito le
posava una mano sulla spalla per confortarla. Richard si limitava a
fingere di
non conoscerli.
«Garfield…»
mormorò Rachel, una volta a bordo.
«Sì?»
rispose il ragazzo, voltandosi verso di lei.
«Potresti…
Ehm… Tenermi la mano?» sussurrò la
ragazza,
imbarazzatissima.
«Come?»
chiese lui, il cuore che gli andava a scatti, certo di
aver capito male. Rachel non poteva certo avergli chiesto di…
«Potresti
tenermi la mano? Soffro di vertigini e il decollo mi
mette un po’ paura…» ripeté
la ragazza, alzando un pochino la voce.
«Oh,
ehm, certo. Nessun problema» rispose Garfield, prendendole la
mano e stringendogliela delicatamente. Se quello era un sogno, che
nessuno lo
svegliasse.
«Grazie»
disse lei, guardandolo e poi posando lo sguardo sulle
loro mani intrecciate.
Rimasero
così per qualche minuto, poi, mentre l’aereo
cominciava a
vibrare per i motori, Garfield disse: «Davvero soffri di
vertigini? Sembri una
che non ha paura di nulla, figurarsi dell’altezza.»
«Già…
So che è sciocco da parte mia, ma ho sempre avuto questo
problema. Da bambina mi rifiutavo di arrampicarmi fino alla casetta
sull’albero
a casa di Richard» rispose lei, prestandogli tutta la sua
attenzione.
«La
casetta? Quella che ormai raggiungiamo semplicemente stando in
piedi?» chiese il ragazzo, per essere sicuro di aver capito
bene.
«Proprio
quella» confermò Rachel, annuendo.
«Wow.
Non pensavo fossi così terrorizzata. Come hai fatto finora,
con gli aerei, scusa?»
«Non
ho mai preso un aereo in tutta la mia vita. Sempre auto,
nave, pullman… Niente che si sollevasse dal suolo»
raccontò lei, senza mai
distogliere lo sguardo dallo schienale del sedile davanti a lei.
«Non
sai che cosa ti perdi. È fantastico volare!»
esclamò
Garfield, agitando le mani, salvo poi ricordarsi che le stava ancora
tenendo la
mano. Si scusò e lei gli fece un lieve sorriso ad indicare
che non era niente.
«Quindi
tu hai già volato?» domandò la ragazza.
«Un
sacco di volte. Quando ero in Africa con i miei…»
cominciò a
raccontare il ragazzo, ma venne interrotto da Rachel, che gli strinse
la mano
con molta più forza e che gli si gettò addosso.
Solo in quel momento, il
ragazzo si accorse che l’aereo si era staccato dal suolo e
che stava prendendo
quota.
Abbassò
lo sguardo sulla ragazza tra le sue braccia, che aveva
ancora la sua mano intrappolata nella sua. Senza sapere cosa fare, si
ritrovò a
tranquillizzarla, passandole la mano libera tra i capelli e
sussurrandole che
sarebbe andato tutto bene.
Pian
piano, la ragazza si abituò alla situazione e
scivolò via
dalle sue braccia. Tuttavia la mano non la tolse.
«Quindi…
Dicevi, sei stato in Africa?» domandò Rachel,
fingendo
che non fosse successo nulla.
«Sì,
per un anno intero, quando ero alle elementari» rispose
Garfield, per nulla a disagio con la mano della ragazza nella sua.
«Ah,
mi ricordo. Richard mi disse che eri stato rapito dagli
alieni, che ti tenevano prigioniero» ricordò la
ragazza, scuotendo la testa.
«E
tu gli hai creduto?» chiese lui, incredulo.
«Avevo
sette anni! Gli avrei creduto anche se mi avesse detto che
eri diventato il nuovo aiutante di Babbo Natale!» si difese
lei, fingendosi
offesa.
«Ahahahah,
da non credere» rise il ragazzo, portandosi una mano al
volto.
«Stai
ridendo di me?»
«Non
oserei mai!»
«E
allora piantala!»
«Non
posso… Troppo divertente!»
A quel
punto anche Rachel scoppiò a ridere e i due risero per
qualche secondo ancora. Quando finirono erano entrambi senza fiato e si
stavano
ancora tenendo per mano.
«Cosa
stavamo dicendo?» disse Garfield, asciugandosi gli occhi.
«Parlavamo
di Africa. Ci sei andato con i tuoi, giusto?»
domandò
la ragazza, risistemandosi sul sedile.
«Esatto.
In realtà non ho dei bei ricordi, perché
è proprio lì che
sono morti i miei genitori, però finché erano
vivi, bè, era tutto fantastico»
rispose il ragazzo, adombrandosi un po’.
«Mi
dispiace, non volevo suscitarti brutti ricordi» si
scusò lei,
abbassando gli occhi.
«Nessun
problema. Ormai sono passati otto anni, però fa ancora un
po’ male, ricordarli» la tranquillizzò
lui. Calò un silenzio imbarazzante, che
venne rotto dall’arrivo della hostess con la cena, cosa che
li costrinse a
lasciarsi le mani.
Rachel
non poté fare a meno di pensare che era bello avere una
mano calda a tenere la sua.
Dopo
cena i due guardarono il film che veniva proiettato davanti a
loro, “Dieci cose che odio di te”, ma
l’avevano già visto tutti e due e in
breve Rachel si addormentò sulla spalla del ragazzo.
Garfield
girò la testa per guardarla e vide che aveva di nuovo
posato la mano sulla sua. Con delicatezza la strinse, poi si
concentrò sul
film. In quel momento, il protagonista maschile cominciò ad
intonare una
canzone, che lui conosceva bene nella sua versione originale.
Cominciò a
canticchiarla sottovoce, per non svegliare la ragazza e per non
disturbare il
resto aereo.
You're just too good to be true
Can't take my eyes off of you
You'd be like heaven to touch
I wanna hold you so much
Mai canzone era capitata più a fagiolo di quella: pensava una cosa del genere tutte le volte che vedeva Rachel. Non riusciva ancora a credere che lei fosse lì davvero e che lui la stesse davvero tenendo tra le braccia. Ed era decisamente meglio di quanto avesse mai immaginato.
At
long last love has arrived
And I thank God I'm alive
You're just too good to be true
Can't take my eyes off of you
Certo, non poteva essere che un miracolo. Rachel Roth, tra le sue braccia. Non poteva fare a meno di guardarla, di notare come le ciglia lunghe le sfioravano le guance, di ammirare i suoi capelli lucidi, di osservare con bramosia le labbra piene, leggermente socchiuse nel sonno.
Pardon the way that I stare
There's nothing else to compare
The sight of you leaves me weak
There are no words left to speak
Era impossibile paragonarla a qualcosa, era semplicemente perfetta. Tutto quanto sembrava sbiadire al suo cospetto… E quando la guardava negli occhi gli venivano sempre le gambe molli. Non c’erano parole per descriverla.
So if you
feel like
I feel
Please let me know that it's real
You're just too good to be true
Can't take my eyes off of you
Sarebbe stato meraviglioso sapere che lei lo ricambiava. Almeno un pochino… Così almeno anche Tara si sarebbe messa il cuore in pace. E a proposito di Tara… L’aveva salutato come se nulla fosse accaduto, ma gli aveva messo in mano un bigliettino con il suo nome nel programma di chat. Cosa voleva?
I love you baby and if it's quite all right
I need you baby to warm the lonely nights
I love you baby, trust in me when I say
Oh pretty baby, don't bring me down I pray
Oh pretty baby, now that I've found you stay
And let me love you baby, let me love you
Ah, accidenti a Tara. Sperava che Rachel non venisse mai a sapere cosa era successo. Voleva soltanto che lei lo ricambiasse, o perlomeno che lo lasciasse amarla. Non era chiedere tanto, in fondo, si disse. Doveva solo trovare il coraggio di dirglielo, certo. Da questo punto di vista ammirava Tara, per averglielo detto. Magari nel modo sbagliato, ma almeno glielo aveva detto.
You're
just too
good to be true
Can't take my eyes off of you
You'd be like heaven to touch
I wanna hold you so much
At long last love has arrived
And I thank God I'm alive
You're just too good to be true
Can't take my eyes off of you
Al diavolo Tara. Delicatamente alzò una mano per accarezzare la guancia di Rachel, beandosi della vista. L’avrebbe avuta tutta per sé per tre mesi. Doveva venire a capo con qualcosa…
I love you baby and if it's
quite all right
I need you baby to warm the lonely nights
I love you baby, trust in me when I say
Oh pretty baby, don't bring me down I pray
Oh pretty baby, now that I've
found you stay
I love you baby, trust in me when I say
La
canzone finì, sia nel film che nella realtà.
Garfield sorrise
dolcemente, mentre il film andava avanti con la trama.
Continuò a tenere la
mano di Rachel, poi posò la testa su quella della ragazza,
delicatamente per
non farle male e chiuse gli occhi. Non si accorse che quelli di Rachel
si erano
spalancati non appena lui aveva finito la canzone.