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Autore: Raella    28/06/2013    7 recensioni
Enara è una ragazza qualunque, destinata ad avere l'anima perpetuamente in tempesta. Certo, se sorvoliamo sul fatto che per sopravvivere ruba e talvolta uccide. Non che ne vada fiera, ma la vita a volte va così. Eppure, per azione del Caso, o del Fato, o di che so io, un giorno si è scontrata con una compagnia che conosciamo molto bene, composta da tredici nani, uno hobbit ed uno stregone. Insomma, Enara si è trovata tutto d'un tratto coinvolta in una storia mille volte più grande di lei: la riconquista della Montagna Solitaria.
Capitolo 1: Pertanto rimase lì, legata ed imbavagliata, puzzolente, con un bernoccolo sanguinante in testa, a guardare i nani, lo hobbit e lo stregone banchettare allegramente circondati dal suo tesoro. Sospirò. Il karma aveva colpito.
Capitolo 5: Fu allora che qualcosa scattò in lei, e nacque la sua nuova verità. Era come una voce, che semplicemente le diceva “corri”, e lei completava quel sussurro dentro di sé con “più veloce che posso e per sempre”. Correva per fuggire una casa che non poteva più essere la sua, correva per non permettersi di osservare il mondo attorno a sé, di registrarlo, di capirlo.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bilbo, Gandalf, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Been trying hard not to get into trouble, but I
I've got a war in my mind.

 
 
Ho provato a non mettermi nei guai, ma io
io ho una guerra nella mia testa.



13 Lairë, anno 2941, terza era
 

I pensieri s’inseguivano frenetici nella testa di Enara. Tutto scomparve attorno a lei e l’unica cosa sulla quale riusciva a focalizzarsi era che, per quanto pensasse e ripensasse all’attacco dei Merli, non riusciva a ricordare segni della presenza del terzo Merlo. I Merli non viaggiano in coppia, lei lo sapeva: i Merli viaggiano in numero dispari. Erano cinque quella notte che l’avevano catturata, ed erano almeno tre – se non di più – l’altra sera. Si chiese quanto fosse passato dall’attacco e, rendendosi conto che sentiva ancora un dolore diffuso lungo tutta la trachea e nei polmoni quando respirava, immaginò che fossero passati pochi giorni, che erano comunque abbastanza perché il terzo Merlo fosse riuscito a scappare dalla valle di Gran Burrone. Tanto più che nessuno sapeva della sua esistenza. Maledisse la propria stupidità.
Dannati Merli, si ritrovò Enara ad imprecare per l’ennesima volta nella sua vita.

 

In quel momento Bilbo, che lei aveva lasciato steso per terra ai piedi del letto, con un mugugno si rialzò e si voltò verso Enara. La donna ridacchiò quando vide che era ancora completamente rosso in viso:
« Come state, mastro hobbit? » fece con un sorriso canzonatorio
« Tecnicamente dovrei fare io questa domanda a voi! » sbottò Bilbo, con fare indignato. Poi la sua espressione si addolcì e si avvicinò alla donna: « Vi siete ripresa? »
« Sì, direi di sì. »
Enara fece vagare lo sguardo lontano dallo hobbit prima di porre la domanda che l’assillava da quando aveva ricordato ogni cosa dell’attacco dei Merli:
« I Nani…come stanno? »
Bilbo sorrise prima di rispondere: « Bene, a parte Bombur che ha inalato un po’ di quella polvere, ma niente di preoccupante in confronto a quanta ne avete respirata voi. » poi divenne serio « Come facevate a sapere della polvere? »
Enara sentì il cuore in gola. Da una parte era sollevata perché la sua disattenzione aveva avuto riscossioni solo su lei stessa e non sui Nani o su Bilbo, ma la legittima domanda che lo hobbit le pose la mise in agitazione. Sicuramente anche gli altri si sarebbero chiesti perché sapeva della polvere, o meglio del veleno, e, anche se non avesse risposto a lui, sicuramente sarebbe stata costretta a dare una risposta a Gandalf, o a Thorin, o a all’elfo che li aveva accolti in casa sua.
Boccheggiò in cerca d’aria, mentre la sua mente lavorava frenetica alla ricerca di qualcosa da dire che fosse il più lontano dalla verità. Era strano che non avesse niente da dire. Enara aveva sempre qualcosa da dire, soprattutto menzogne. Eppure davanti agli enormi occhi azzurri di Bilbo non riusciva a pensare ad altro che alla verità.
« È una storia molto lunga… » riuscì a dire infine e non era nemmeno tanto lontano dalla verità « …e questo non è esattamente il luogo né il momento giusto per raccontarla. »
Al che Bilbo, visibilmente insoddisfatto, fece per insistere ma appena aprì la bocca un bussare leggero li interruppe. Entrò nella stanza un’elfa esile come un fuscello ma alta, dai luminosi occhi verdi e lunghi capelli castani:
« Il mio nome è Serie. » disse in Comune con un forte accento elfico « Sono qui per aiutare a lavarsi e vestirsi la tua compagna, hobbit della Contea. Devo chiederti di lasciarci sole. »
Lo hobbit allora s’inchinò e nel giro di un respiro fu fuori dalla stanza, senza dimenticarsi di lanciare uno sguardo ad Enara come per dire che non si sarebbe dimenticato di cosa stavano parlando prima che fossero interrotti. La donna osservò attentamente l’elfa davanti a lei e sentì crescere un forte senso di disagio. Quando però Serie le sorrise dolcemente, la donna disse:
« …il mio nome è Enara. »
Al che l’elfa chinò il capo in cenno di saluto.

 

Serie la portò in un’altra stanza, accanto alla sua, in cui c’era una vasca grande abbastanza da contenere due Bombur. Del vapore usciva da essa, e l’acqua sembrava calda ed invitante. Enara si avvicinò e con la coda dell’occhio vide che Serie era dietro di lei, pronta ad aiutarla, probabilmente. Per una volta tanto, la donna mise allora a tacere il proprio orgoglio e lasciò cadere l’abito strappato che indossava. Nascondendo il viso arrossato dall’imbarazzo entrò nella vasca. L’acqua calda l’abbracciò ed Enara sentì che essa emanava un leggero profumo.
« Posso aiutarti? » fece Serie, prendendole i capelli. Enara mugugnò qualcosa che l’elfa intuì essere una risposta affermativa ed allora le versò dell’acqua sulla testa e prese a strofinarle delicatamente il capo, mentre la donna si sfregava un pezzo di sapone dappertutto sulla pelle, portando via lo sporco.
Quando l’acqua divenne marrone e torbida, l’elfa la aiutò ad alzarsi e la avvolse in un morbido lenzuolo, strofinandola delicatamente per asciugarla. Tornarono nella stanza da letto ed Enara vide che le erano stati lasciati dei vestiti puliti sul letto.
Di nuovo nuda davanti a Serie, Enara si osservò brevemente allo specchio. Sul fianco destro aveva una leggera ferita in via di cicatrizzazione, circondata da un ematoma viola e verde. Anche le mani erano percorse da nuove ferite, ma profonde e molto dolorose. Aveva altri lividi sparsi un po’ ovunque sul corpo. Quel che più la impressionò, però, fu vedere quanto era diventata magra da quando aveva iniziato a seguire i Vagabondi. Passò una mano sulle costole sporgenti ed evitò di osservare troppo a lungo le scapole appuntite. Attorno agli occhi aveva profonde occhiaie, e gli occhi stessi erano arrossati ed iniettati di sangue. Distolse lo sguardo con un groppo alla gola.
Serie le bendò le ferite e poi con un inchino la lasciò da sola a vestirsi, avvertendola che l’avrebbe aspettata fuori dalla camera. Enara prese dal letto gli abiti che gli Elfi le avevano lasciato ed indossò sia i morbidi pantaloni neri, sia la camicia di lino bianca. Ai piedi del letto c’erano anche un paio di stivali che scoprì essere il paio più comodo che avesse mai indossato.
Prima di uscire dalla camera, Enara chiuse gli occhi e fece un profondo respiro, ignorando le stilettate di dolore che sentiva all’altezza dei polmoni. Un sentimento strano si agitava nel suo cuore: era come se al tempo stesso volesse che i Nani e Bilbo e Gandalf sapessero, ma senza che fosse lei a parlarne. Aveva paura di essere giudicata, soprattutto aveva paura di quello che avrebbe pensato di lei il piccolo hobbit – al quale lei continuava a riferirsi nella sua testa come “piccolo”, nonostante avesse chiaramente superato i cinquant’anni – dal momento che aveva iniziato ad…affezionarsi?
Sentiva le gambe fremere dalla voglia di correre via, il più lontano possibile. Aveva imparato a scappare da certe sue sensazioni ed invece posò la mano sulla maniglia ed aprì la porta. Serie la aspettava lì fuori e la salutò con un sorriso. Era silenziosa quanto bastava perché lei ed Enara potessero andare d’accordo.
L’elfa la prese sottobraccio ed in silenzio iniziò a condurla attraverso Granburrone. C’era qualcosa nella presenza di Serie accanto a lei che calmò il bollente spirito di Enara nonostante camminassero in silenzio, senza scambiarsi nemmeno una parola. Non incontrarono nessuno, fino a quando da un cortile spuntò un bambino che avrà avuto sì e no dieci anni. Il piccolo aveva capelli corvini e vivaci occhi chiari, guardò Enara e ridendo scappò via, passandole in mezzo alle gambe.
Serie rise ed Enara si lasciò scappare un mezzo sorriso.

 

Infine giunsero davanti ad una porta chiusa che alla donna sembrava essere in tutto e per tutto uguale a quella della sua camera.
« Entra, io aspetterò fuori. » disse Serie

 

Non appena entrò, Enara fu colpita quasi fisicamente dalla quantità di rumore che dodici Nani ed uno hobbit erano in grado di produrre se rinchiusi tutti in un stanza. Urlavano, si picchiavano, ridevano, se le davano. Al rumore del richiudersi della porta dietro le spalle della donna, però, tutto tacque ed Enara si ritrovo tredici paia di occhi puntati addosso. Dopo un lungo ed imbarazzante silenzio, Dwalin scoppiò a ridere e disse, esprimendo ad alta voce i pensieri di tutti:
« E chi poteva l’avrebbe mai detto che la nostra ladra, sotto tutti quegli strati di lerciume, si sarebbe rivelata una bella ragazza! »
Enara lo fulminò con la sguardo, provocando le risate degli altri Nani, che furono però interrotte dalle parole di Thorin:
« Non hai qualcosa da dirci, ladra? »
Enara fece per fissarlo con profondo astio, ma si rese conto che nel suo sguardo non c’era odio, o per lo meno non nei suoi confronti. C’era paura, probabilmente per i suoi compagni, e la donna si soffermò allora a pensare che subire un attacco in un luogo in cui si erano creduti sicuri doveva averli provati. O come minimo messi in allerta.
« Siediti qui, ragazza. » le fece Balin, alzandosi dalla sedia su cui era seduto e facendole cenno di accomodarsi.
Enara si sedette. Si sentiva come quando da piccola ne combinava qualcuna ed i suoi genitori la facevano sedere davanti a loro, per farle ramanzine su ramanzine. Inutile dire che le ramanzine le erano sempre entrate da un orecchio ed uscite dall’altro.
Alzò lo sguardo ed incontrò quello di Bombur che stranamente le sorrise bonariamente, come a dirle che non aveva niente da temere da loro.
« Esiste una valle… » sentì dire la sua voce, senza che avesse la percezione di essere lei stessa a parlare « …nelle Montagne Grigie, a Nord di Bosco Atro, molto profonda, che si interrompe all’improvviso davanti ad una cascata enorme. Vi giunsi durante una terribile tempesta, a causa della quale avevo perso l’orientamento. Dal cielo cadeva talmente tanta acqua che a malapena mi resi conto della cascata. Non che sia stupida eh! » aggiunse subito, vedendo Dwalin che sogghignava «Me ne sono resa conto! Solo…ecco…diciamo che me ne sono resa conto quando ci sono precipitata dentro. C’era un laghetto alla base della cascata, ma quella notte era quasi invisibile: un attimo prima stavo camminando su rocce sdruccevoli, alla ricerca di un riparo asciutto, ed un attimo dopo ero completamente circondata dall’acqua. » alzò lo sguardo e vide che tutti i Nani ed anche Bilbo avevano gli occhi fissi su di lei «La corrente era molto forte e la pressione dell’acqua della cascata non mi permetteva di tornare a galla. Mi ero aspettata di essere spinta lontano dalla cascata, lungo il fiume che avevo seguito per giungere lì. Ed invece no. La pressione dell’acqua mi spinse contro il muro di roccia dietro la cascata. E dopo averci sbattuto contro innumerevoli, dolorosissime volte…fui schiacciata dentro un tunnel. »
« Taglia corto, donna. » le fece Thorin, che stava iniziando a spazientirsi, ma nessuno degli altri Nani pareva intenzionato a permettere ad Enara di tagliare corto, perché la guardavano con enorme interesse, quasi dimentichi della questione che l’aveva spinta a parlare di tutto ciò
« Nel tunnel ho perso conoscenza, e quando mi sono risvegliata ero in un’altra valle che era in realtà formata da un profondo crepaccio, aperto fra due montagne che si stagliavano alte verso il cielo. Arroccato sul fianco a Nord c’era il Monastero. » Enara vide Thorin chinarsi verso di lei, catturato anche lui dall’interesse
« Il Monastero è il luogo in cui sono addestrati i Merli, e lo so perché è stata anche la mia casa, per molto tempo. »
« Chi sono i Merli? » le chiese Dwalin, scuro in volto
« Sono degli assassini. Viaggiano in numeri piuttosto numerosi e lavorano in gruppo, o da soli, ma mai in coppia. »
« Ci hanno attaccato dei…Merli? » fece Thorin, guardandola scetticamente
« Sì. »
« Ed erano in coppia? » aggiunse
« No, io credo… » Enara alzò a sua volta lo sguardo e fissò Thorin negli occhi «…credo che ce ne fosse almeno un altro, nascosto da qualche parte. »
La sua rivelazione cadde nel silenzio più assoluto della camera. Nessuno parlava, nessuno osava quasi fiatare. Thorin continuò a fissarla, ma era come se tutto fosse sparito dalla vista del nano.
Enara distolse lo sguardo, quando sentì crescere in lei un forte senso di colpa. Avrebbe potuto scovare il terzo Merlo, se solo non si fosse fatta fregare come una pivella dal trucco del pomolo della spada. Nel tempo che aveva passato svenuta, avrebbero potuto uccidere i Nani, e sarebbe stata solo colpa sua, perché non era stata in grado di avvertirli. Perché era inutile, non riusciva ad essere d’aiuto nemmeno nell’unica cosa che era in grado di fare.
« …è colpa mia. » disse infine, con un tono che fece credere a Bilbo che Enara potesse essere sull’orlo delle lacrime «È colpa mia. » ripeté con più convinzione ed a voce più alta
Thorin riportò lo sguardo su di lei e la guardò attentamente per la prima volta da quando gli era capitata fra capo e collo. Era una donna giovane, anche se non sarebbe stato in grado di dire quanto con precisione. Ora che si era lavata di dosso tutta la sporcizia, Thorin vide che aveva la pelle abbronzata dal sole, e finalmente riuscì a distinguere chiaramente il colore dei suoi capelli che erano castani.
« Non dire stupidaggini. » disse Thorin inaspettatamente, cogliendo di sorpresa tutti i presenti, compresa Enara, ma soprattutto se stesso « Tutti abbiamo abbassato la guardia, non solo tu. » aggiunse e quando lo sguardo della donna si appuntò pieno di stupore su di lui tagliò corto dicendo « Cosa può aver fatto un terzo Merlo in questi giorni? »
« Non sono stupidaggini! Avrebbe potuto uccidervi, anche se evidentemente non l'ha fatto. A quest’ora però sarà tornato dal mittente e ora sì che siete nei guai. »
« Mittente? » fece Balin, posandole una mano sulla spalla
« Sì, chiunque li abbia ingaggiati... »
« Questo è chiaro, ragazza. » disse Gloin con uno sbuffo d'impazienza « Quello che Balin intende dire è... »
« Qualcuno ha assoldato degli assassini per ucciderci? » esclamò all'improvviso Kili, ricevendo un'occhiataccia da Gloin ed un cenno d'assenso da Balin
« I Merli uccidono solo dietro compenso, non per loro personale iniziativa. Quindi sì, qualcuno li ha assoldati per uccidervi. »
Le sue parole caddero nuovamente in un profondo silenzio, durante il quale tutti erano immersi nei loro torbidi pensieri.
« Esistono merli bianchi? » fece Bilbo, rompendo il silenzio con la sua voce squillante
« Sì... » rispose Enara « ...solo i più abili sono Merli Bianchi. E solo uno di loro può guidare un gruppo di Merli. »
« E quindi voi eravate un Merlo? » chiese infine lo hobbit, nella speranza di ricevere la risposta alla domanda che Enara aveva eluso poco prima in camera sua.
La donna arrossì: « No. »
« E allora perché avete detto che quel luogo è stato casa vostra? »
« Perché lo è stato. »
« Ma se non eravate un Merlo! »
« Non esistono solo Merli. » fece Enara perdendo la pazienza « Esistono Gazze, Corvi, Gufi... »
« E voi? » le chiese Bilbo, così incuriosito dalla storia da non prestare più attenzione ai Nani attorno a loro
« Una Rondine... » disse Enara scura in volto « ...ero una Rondine. »
Lo hobbit la guardò negli occhi, mordicchiandosi un labbro. Aveva evidentemente un’altra domanda da farle, una domanda che aveva paura a pronunciare. Enara sperò che Bilbo non trovasse mai il coraggio, ma dopo un lunghissimo attimo lo vide prendere un profondo respiro prima di parlare:
« Quindi anche tu eri… » fece, lasciando anche da parte il “voi” con cui fino a quel momento si era rivolto ad Enara, ma non riuscì a completare la frase perché gli si ruppe la voce e rimase lì boccheggiante a fissare la donna negli occhi.
« …un assassino? » terminò lei senza scostare lo sguardo, lo hobbit annuì « Sì, anche io lo sono. »
 
« Non solo ladra, pure assassina! » sbottò Gloin, alzandosi in piedi e rompendo un lunghissimo attimo di silenzio in cui nessuno si era mosso, e suo fratello Oin annuì vigorosamente
« È inutile che tu faccia tanto lo schizzinoso! » esclamò Enara alzandosi a sua volta ma con così grande impeto che fece cadere a terra la sedia « Se io non fossi stata quel che sono, qualcuno di voi non sarebbe qui a lamentarsi di me perché sarebbe più morto di un mezzo di stufato! »
« Inutile ragazzina, non osar- » fece Oin ergendosi a fianco del fratello
« Inutile ragazzina a me? Chi avrebbe salvato i vostri culi pelosi se non ci fossi stata io? » lo interruppe Enara con veemenza, avvicinandosi a Gloin ed Oin e sovrastandoli con la sua altezza.
Scoppiò un finimondo in cui tutti gridavano contro tutti, perfino il piccolo Bilbo. Enara era al centro della confusione e potrei dire che fosse il centro della confusione. Alta di almeno tutta la testa rispetto a tutti coloro che la circondavano, si girava da una parte e dall’altra e distribuiva improperi a chiunque le capitasse davanti. Oin e Gloin erano quelli che urlavano più forte, com’era nel loro carattere burbero e acido, mentre Fili e Kili li istigavano mostrando loro i pugni, perché erano chiaramente dalla parte della donna. Bifur gridava a caso, senza avercela in particolare con qualcuno e senza sostenere una parte o l’altra. Perfino i calmi e saggi Balin e Dori stavano litigando, gesticolando furiosamente.
In quel momento Thorin si alzò dalla sedia. Enara non seppe esattamente cosa fu nello sguardo del nano a convincerla a smettere immediatamente di fare qualsiasi cosa stesse facendo, ma lo fece e basta. E non fu solo lei a farlo, ma tutti, dai più giovani ai più anziani.
« Ma vi sentite? » tuonò Thorin « Ho fatto tutto ciò che è in mio potere per voi, e questo è il risultato? Tutto ciò che sapete fare è litigare come dei ragazzini senza ancora peli sul viso! Vi prenderei a schiaffi uno ad uno se non fosse che possiedo ancora un minimo di rispetto per voi, e se non fosse che sono l’unico qui dotato ancora di senno! Vi siete offerti per questa missione, consapevoli che potrebbe costarvi la vita, e io sono stato orgoglioso di viaggiare con voi tutti al mio fianco ed ora cosa mi costringete a vedere? E tu… » fece infine rivolgendo lo sguardo verso Enara «…con quale coraggio osi insultare guerrieri che combattevano per la libertà anche del tuo popolo da ben prima che nascessero i tuoi malaugurati genitori? » concluse. La donna alzò il mento e fece per parlare ma poi guardò Thorin negli occhi e il suo orgoglio misto a irruenza si sgonfiò tutto d’un colpo. Chinò il capo. Con poche frasi, il nano li aveva rimessi tutti in riga, come se fossero davvero solo dei ragazzini.
Thorin passò un’ultima volta lo sguardo su di loro, prima di riappoggiarsi allo schienale della sedia. Tutti tornarono ai posti che occupavano prima del litigio, anche Enara, con la coda tra le gambe. C’era qualcosa nella sua voce che non potevi non ascoltare. Fu quello il momento in cui Enara si rese conto che quel nano era un leader naturale, quando vide che poteva leggere vergogna anche sui visi dei nani più anziani.
Bilbo guardò la donna negli occhi con uno sguardo spaurito che le ricordò quello di un cerbiatto. Lo hobbit sbatté le palpebre qualche volta, poi fece una smorfia. Quando Enara si rese conto che stava trattenendo le risate alzò un sopracciglio, come a dirgli: “Ma sei matto?”, poi guardò nuovamente i Nani e Thorin e realizzò quanto fossero divertenti le loro espressioni contrite, da cani bastonati.
Bilbo ed Enara firmarono la loro condanna quando scoppiarono a ridere nello stesso attimo.





NDA
Risalve a tutti (: no, non ho ancora finito gli esami purtroppo D: ho l'orale il 3 e ancora non so il risultato degli scritti, e mi sta salendo un'ansia da paura.
A parte tutto questo sono finalmente riuscita ad aggiornare, ed è pure un capitolo bello lungo, per farmi perdonare i ritardi passati :( giuro che quando avrò finito con la maturità avrete almento un aggiornamento a settimana! Per ora dovrete accontentarvi di questo :P
Due cosine da dire e poi me ne vado. 
Non so, io non me lo vedo Bilbo a dare subito del "tu" ad Enara, quindi per ora le da ancora del "voi", anche se spesso sembra ridicolo anche a me XD ditemi se vi è piaciuto il capitolo perché davvero non ne sono molto soddisfatta :( sarà che l'ho scritto nei ritagli di tempo fra uno scritto e l'altro, sarà che ho il cervello a dir poco in pappa...
La citazione che trovate all'inizio è della canzone "Ride" di Lana Del Rey, e la traduzione è mia.
MILLE PUNTI al primo/a che scopre chi è il bambino che Enara incontra in giro per Granburrone :P

Ringrazio tantissimo chi ha recensito lo scorso capitolo e tutti gli altri, chi ha aggiunto la ff alle ricordate, chi alle seguite e chi alle preferite!
Alla prossima!

 
 
  
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