La macchina avanzava piano,
Matt forse non aveva alcuna fretta di arrivare, fin da quando aveva messo piede
fuori casa si era ripromesso di non tornarci molto presto. Brian era silenzioso,
stretto nell'accappatoio che gentilmente gli era stato dato per tamponare il
lerciume che lo ricopriva, guardava le case, le persone, praticamente tutto
quello che sfilava fuori dal finestrino, meditando sul dire o non dire qualcosa
riguardo a tutta quella storia. Poi, all'improvviso fu Matt a rompere il
silenzio - Mi dispiace per, sai, questo piccolo inconveniente. -
- Beh, fosse
stata un'altra situazione probabilmente sarebbe stata la cosa più esilarante che
ci succedeva da mesi. - provò a smorzare Brian, sorridendo lievemente. - In
effetti... - osò Shads -... la tua espressione era da premio Oscar. - Poi con
una manovra sicura e precisa parcheggiò davanti casa dell'amico, era arrivati.
Brian scese velocemente, guardandosi intorno circospetto per assicurarsi che
nessuno lo vedesse aggirarsi per la strada in quello stato, poi infilò la testa
nel finestrino. - Grazie del passaggio. Vuoi... scendere per un caffè? -
-
Oh no, grazie. Credo che farò un giro, ti do anche il tempo di sistemarti.
-
- Se vuoi passare più tardi, mi troverai qui. - gli sorrise l'altro con la
speranza negli occhi.
- Sì, va bene. - rispose senza guardarlo, Matt,
accendendo il motore e allontanandosi rapidamente. Ma più che dall'amico e da
quella casa, voleva allontanarsi da tutta quella storia, più accellerava e più
si sentiva leggero; accese la radio al massimo e si lasciò distrarre dalle note
pesanti che come un fiume in piena uscirono risolute ad abbracciarlo,
pervadendo tutto l'abitacolo.
Il destino però è un bambino capriccioso che si
diverte prendendosi gioco di ognuno di noi, così quando le parole raggiunsero il
cantante fu sicuro che non sarebbe potuto scappare da quell'incubo che aveva
incredibilmente preso forma e possesso della sua vita qualche ora prima,
stravolgendo tutte le cose in cui credeva fermamente.
Zacky si aggirava per casa nel
panico più totale ponendosi domande sui massimi sistemi del mondo per non
pensare alla grossa grassa babelica ed indisponente situazione in cui era
finito, con tutte le scarpe e calzini bianchi annessi.
Buttò un occhio fuori
dalla finestra, incuriosito dal vociare convulso proveniente dal giardino: Jimmy
e J.C. stavano l'uno di fronte all'altro; il piccolo gesticolava come un
italiano doc, sicuramente c'era lo zampino di sua madre; l'altro lo guardava a
braccia conserte con un'espressione tetra e allo stesso tempo confusa,
stampata in viso. Il chitarrista sospirò sperando che i suoi amici non
stessero litigando, quella giornata era già stata inverosimile così, non
servivano altri problemi. Ciondolò per casa, fermandosi di fronte alla porta,
sperando di vederla aprire e che Matt entrasse con un sorriso dei suoi,
perdonandolo e permettendogli di spiegare tutto.
- Qualche testa rotolerà
per questo... - borbottò tra sè.
-... la tua. - concluse una voce alle sue
spalle.
- Johnny? Quando sei rientrato. -
- Giusto ora. -
- E Jimmy? -
chiese, aspettandosi di vederlo lì.
- E' andato a casa, torna più tardi.
-
- Ah, capisco. -
- Zacky? Non tergiversare... parliamo. - disse
incamminandosi verso la porta-finestra poco distante - ...andiamo fuori in
veranda. -
- Di cosa? -
Johnny si fermò un attimo, guardandolo
intensamente - Io so tutto. -
- Tutto cosa?? -
- Beh per cominciare... che
sei un cretino.
Il telefono squillava
disperatamente da un pò ma lo scrosciare dell'acqua ne copriva
nettamente l'insistente ed incessante suono. Con tutta la calma di
questo mondo uscì dalla doccia, allagando con noncuranza mezzo pavimento ed
annesso tappeto in tinta con le piastrelle pallide del muro. Prese una tovaglia
a caso e l'annodò intorno alla vita, soffermandosi poi a guardare compiaciuto il
suo riflesso nello specchio. Si sistemò i capelli ancora umidi, ravviandoli
con le mani, pompò i muscoli notando che dopotutto anche poche ore di palestra
davan grandi risultati sul suo corpo già atletico per natura. Lavorò
attentamente con creme, dopo barba e tutte quelle lozioni che amava tanto con
così tanta flemma che avrebbero potuto girare un remake di "C'era una volta
in america " nel suo salotto e non se ne sarebbe accorto. A quel punto,
esauriti i rituali di bellezza, finalmente si accorse della spia lampeggiande
sul suo cellulare, guardò, trovando ben sette chiamate perse e sbuffando avviò
la telefonata.
- Quante volte t'ho detto di non chiamarmi qui? - proruppe
senza dar modo all'interlocutore di rispondere. - Sì, beh, non è un buon motivo.
E se ci fosse stato qualcuno?
Sai bene a cosa mi riferisco.
Non credi di
aver fatto già abbastanza danni così? Non era questo che avevamo
concordato.
Sì, va bhe lasciamo stare... quando?
Se tutto va come
spero... direi di no.
Sì, devi proprio?
Allora te lo faccio sapere più
tardi.
Ho detto che te lo faccio sapere tra un pò. E non chiamarmi più!
-
Incredibile ma vero, sono tornata!
Dovrei dilungarmi
in chilometriche scuse per questa lunga pausa che mi sono presa e per aver
lasciato la storia in sospeso così. Infatti, mi
scuso tantissimo con tutte le
meravigliose persone che hanno sempre letto la storia, recensendo, leggendo e sostenendomi
in questo percorso, spero di farmi perdonare con dei capitoli
che vi piaceranno. Questo come potete vedere è breve, per
rimetterci un attimo in carreggiata. Presto i nodi verranno al pettine...! (:
Mi attiverò anche per rispondere a tutte le recensioni. Shame on me e alla
mia ispirazione svanità nel nulla.
A presto.
A.
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