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Autore: Ser Balzo    28/06/2013    4 recensioni
Ultimamente, nell'ala egizia del museo del Louvre, qualcosa di strano sta accadendo: una piccola statuetta ha cominciato a muoversi da sola. E' stato dimostrato che il suo comportamento ha una spiegazione scientifica di tutto rispetto.
Ma se non fosse così?
Genere: Horror, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La maschera

 

 

 

Jerome Baileu, custode in servizio al museo del Louvre, diede una leggera gomitata al suo collega Gaspard Leville.

 

«Hai visto? Che ti ho detto?» disse in tono eccitato, indicando una teca di vetro dinanzi a lui. 

 

Dentro la teca vi erano tre statue egizie: due, in pietra chiara, raffiguravano un caratteristico egiziano vissuto al tempo della dinastia dei Re seduto a gambe incrociate; la terza, invece, molto più scura delle altre due, quasi nera, aveva le fattezze di una persona con in mano un bastone ritta in piedi, con la caratteristica posa con una gamba leggermente più avanti dell’altra.

 

Era proprio quest’ultima statua ad attrarre l’attenzione dei due uomini.

 

Gaspard Leville si accarezzò con una mano il mento, squadrando con fare accusatorio la statuetta, alta non più di trenta centimetri. Quella di improvvisarsi detective ogni volta che fosse possibile era da sempre una sua piccola mania.

 

«Sì, Jerome, sembrerebbe proprio che qualcuno l’abbia spostata.»

 

Jerome colse la sfumatura scettica nella voce del collega. «Gaspard, nessuno l’ha toccata. Te lo posso giurare.»

 

Gaspard si girò, lanciandogli un’occhiata sprezzante. «Senti, Jerome, se avessi saputo che mi avevi chiamato per la statuetta mi sarei evitato il disturbo di venire qui. Tutti lo sanno, anche Camille giù alle casse. E tutti sanno che la statua si muove per le vibrazioni della marea di gente che viene qui ogni giorno. E sanno anche perchè si muove solo quella e le altre restano ferme» continuò, ritenendo che quella sarebbe stata la prossima obiezione del suo collega «Perchè la statua in piedi è di materiale vulcanico, quindi più leggero delle altre due. Ora, se non hai altro da aggiungere, ho da fare...»

 

Jerome lo guardava con aria furba. «Sapevo che l’avresti detto.» Tirò fuori dal suo marsupio una piccola videocamera. «Ho piazzato quest’affare sul muro vicino alla teca, durante tutti questi giorni... vedrai.»

 

E con fare cospiratorio, premette il tasto play sulla videocamera.

 

La ripresa mostrava la teca circondata da turisti di ogni angolo del mondo, indaffarati nel riuscire a visitare il mastodontico museo tutto in una sola giornata. 

 

«Ma non è leggermente illegale quello che hai fatto?» chiese Gaspard.

 

«Hugo è un mio amico, mi doveva una favore...»

 

«Difficilmente riuscirei a trovare un modo più idiota per sprecare un favore.»

 

«Ssh... guarda.» Jerome premette il tasto dell’avanzamento rapido, e i turisti cominciarono a muoversi al velocizzatore, saettando come macchie sfocate di colori attorno alla statuetta.

 

Che, lentamente, cominciò a muoversi.

 

Gaspard non riuscì a trattenere un piccolo brivido. Nonostante sapesse che quello che stava vedendo aveva un solido fondamento scientifico, la lenta e inesorabile rotazione di quella statuetta era decisamente...

 

...inquietante.

 

«Non vedo niente di nuovo, Jerome» disse, stupendosi di avere la voce un po’ più acuta del normale.

 

«Aspetta e vedrai.»

 

Il flusso degli spettatori cominciò a diminuire, fino a sparire. Calò la notte.

 

La statua si fermò.

 

«Visto?» fece Gaspard. Era sollievo quella piccola sbavatura nel tono di voce? «Le persone non ci sono: niente vibrazioni, niente movimento.»

 

«Sarei d’accordo con te, Gaspard, se non avessi visto questo.» Jerome fermò la registrazione alle ventitrè e cinquantanove. 

 

«Mandando al velocizzatore non si vede, ecco perchè nessuno l’ha notato. Ma guardando normalmente...»

 

«Jerome, per favore, piantala di...»

 

Gaspard lasciò la frase a mezz’aria, impietrito.

 

Un movimento.  Impercettibile, praticamente infinitesimale. Un occhio distratto non l’avrebbe notato.

 

Ma Gaspard sapeva quello che aveva visto.

 

Nella penombra e nel silenzio più totale, la statuetta si era chiaramente mossa.

 

«Sono andato a controllare» sentì Jerome dire. «A mezzanotte men’ un quarto ho misurato con un goniometro di precisione lo spostamento angolare della statua: quarantaquattro gradi. Sono tornato a mezzanotte e dieci minuti...»

 

Jerome Balieu fissò dritto negli occhi il suo collega.

 

«Quarantacinque gradi esatti.»

 

Gaspard non sapeva cosa dire. Guardo la statuetta davanti a se’, puntata verso la grande finestra che normalmente sarebbe stata alla sua destra: un grande brivido lo avvolse.


«Vibrazioni... metropolitana, lavori...» bofonchiò, incapace di registrare quel dato privo di ogni apparente logica.

 

Jerome si chinò a leggere la targhetta dinanzi alla statua. «“Statuetta volitiva raffigurante il sacerdote Rog-af-Leb...”»

 

«Il carnefice» sussurrò Gaspard.

 

«Cosa?»

 

«L’altro ieri, il professor Mathianeux teneva un seminario... c’era la porta aperta, quindi ho sentito piuttosto chiaramente quello che stava dicendo.» Indicò la statuetta. «Il nostro amico fu uno dei più grandi nemici del crimine che il Nilo abbia mai conosciuto, o almeno così ha detto il professore... pare che abbia giustiziato una gran quantità di gente, ai suoi tempi.»

 

Jerome sgranò gli occhi. «Una maledizione.»

 

«Oh, ma piantala.»

 

«La maledizione del carnefice. Il sacerdote che anche da morto continua a compiere il suo dovere...»

 

«Senti, basta Jerome» latrò Gaspard. Sarebbe morto piuttosto che ammettere che il collega era riuscito ad impressionarlo. «E’ stata una casualità. Non pensiamoci più, va bene? Abbiamo di meglio da fare che raccontarci storie dell’orrore.»

 

 

***

 

 

Mathieu Marcognet spense il mozzicone di sigaretta nel posacenere accanto alla finestra. Era una follia continuare ad abitare nel suo appartamento proprio di fronte al Louvre, sulla sponda opposta della Senna. Ma guardare il vecchio museo sapendo quello che aveva fatto...

 

... oh sì, è una gran goduria.

 

La refurtiva giaceva giù in cantina: monili, specchi e altra chincaglieria, tutta rubata dal deposito del museo. Non era la Monna Lisa, ma Mathieu si aveva già trovato parecchi acquirenti interessati al frutto del suo lavoro.

 

Il sole era già tramontato da un bel pezzo, e Mathieu cominciava ad avere sonno. L’indomani si sarebbe alzato all’alba, avrebbe preso tutta la sua refurtiva e sarebbe sparito.

 

E poi i Caraibi.

 

Non riusciva a credere di non averci pensato prima. Tre anni di quel lavoro schifoso e solo ora se ne era uscito fuori con questo colpo di genio.

 

Si sdraiò sul letto, sentendo il sonno avvolgerlo. Il suo ultimo pensiero prima di addormentarsi fu una spiaggia assolata.

 

 

 

Fece sogni strani. Una cripta buia... cieli rossi... una gigantesca statua spuntata dalle sabbie... 

 

Poi qualcosa lo svegliò di soprassalto. Il vento aveva fatto sbattere l’anta di una finestra contro il muro: la tenda ondeggiava pigramente nella penombra, mentre i suoni dell’esterno si infiltravano nella stanza.

 

Mathieu scese dal letto e imprecando chiuse la finestra.

 

Fu in quel momento che ebbe la sensazione di non essere solo.

 

Ispezionò rapidamente la stanza buia. Non vedeva praticamente niente, ma il silenzio era tombale. Se qualcuno avesse respirato, lo avrebbe sentito.

 

Scosse la testa, cercando di scacciare quella brutta sensazione, e si rimise a letto.

 

Proprio mentre stava socchiudendo gli occhi, un'automobile passò sotto casa sua, gettando fasci di luce inquieta nella stanza.

 

Fu un attimo. Un attimo in cui il corpo di Mathieu si tese come la corda di un arco in un unico, terribile, spasmo di terrore.

 

Nella stanza c’era qualcuno. O qualcosa.

 

Una figura alta, ammantata di nero, con il volto celato da una sfarzosa maschera funeraria egizia d’oro. Era immobile, dall’altra parte della stanza.

 

E guardava Mathieu.

 

Poi la macchina si allontanò, e fu il buio. Come una ragni impazziti, le mani di Mathieu corsero a ad accendere l’abat-jour che aveva sul comodino. La stanza fu inondata dalla luce calda della lampadina.

 

Nessuno.

 

La stanza era vuota.

 

Mathieu tirò il più grande sospiro di sollievo della sua vita, poi corse in bagno a vomitare.

 

Per un po’ rimase immobile sul letto, con la luce accesa, a meditare su quello che aveva visto.

 

... o che credo di aver visto?

 

Forse la sua mente era ancora ancorata al sogno che stava facendo, e aveva avuto un'allucinazione.

 

Quel che è certo è che non entrerò mai più in un museo, finchè avrò vita.

 

Il pensiero lo rilassò. Spense la luce, si rannicchio sotto le coperte e si voltò dall’altra parte, con un gemito soddisfatto.

 

Due occhi spalancati pieni di furia spietata lo fissarono.

 

La cosa era lì, accanto a lui. La maschera d’oro, il mantello nero adagiato sotto di lei, nascondiglio di un’essenza incorporea.

 

Gli occhi della maschera si illuminarono, ma le iridi rimasero buie: due buchi neri contornati di fiamma che gli scavavano l’anima.

 

Poi una voce terribile, antica come la sabbia e il tempo, gridò il suo nome.

 

Mathieu urlò con tutta la voce che aveva in corpo. O almeno, credette di farlo.

 

Poi tutto divenne buio.

 

 

***

 

«Ehi, Gaspard, hai sentito?»

 

«Cosa?»

 

«Mathieu. Mathieu Marcognet. Te lo ricordi?»

 

«Il tipo del magazzino?»

 

«Sì, lui! Lo sai che l’hanno beccato morto?»

 

«Ah sì?»

 

«Sì! E sai dove? Qui davanti!»

 

Gaspard guardò fuori dalla finestra. Sull’altra sponda del fiume, davanti ad un palazzo si poteva scorgere una volante della Gendarmeria.

 

«E come è morto?»

 

«Non si sa. David mi ha detto che il corpo era quasi uno scheletro, come se fosse rimasto lì da anni.»

 

«E David come lo sa?»

 

«Amici di amici di poliziotti... ehi, ma lo sai che in cantina gli hanno trovato un sacco di roba del museo?»

 

«Davvero? Ma qui non è mai mancato niente»

 

«Non qui, l’ha preso dal magazzino. Roba di seconda scelta, ma sempre roba... in effetti, mi chiedevo quanto ci sarebbe voluto prima che qualcuno cercasse di portarsi a casa qualcosa. La sicurezza del magazzino è penosa.»

 

«... davvero?»

 

«Ma sì: telecamere finte, quel pigrone di Laurent alla guardia... ci riuscirebbe anche un bambino. Comunque ehi, hai visto? Avevi ragione tu: la statua ha smesso di muoversi. Niente maledizione...»

 

Ma Gaspard non lo ascoltava. Continuava a ripensare a quello che il suo collega gli aveva appena detto.

 

... ci riuscirebbe anche un bambino.

 

Gaspard Leville, quarantanove anni, tre figli e una moglie disoccupata, ebbe un’idea sbagliata su come riuscire a fare qualche spicciolo in più e portare finalmente la famiglia a Disneyland.

 

Alle sue spalle, la statua, immobile da una settimana, guardava fisso di fronte a se’, stringendo il suo lungo bastone.

 

E lentamente, molto lentamente, cominciò a girarsi verso di lui.


NOTE DELL'AUTORE: una sera me ne stavo tranquillo a letto quando il mio occhio cade su una notizia alquanto particolare: in un museo di Manchester, una statuetta egizia si diverte a muoversi da sola, a causa delle vibrazioni del pubblico durante tutto il giorno. Essendo notte fonda, ed essendo io un maledetto fifone, mi sono deliziosamente autoimpressionato: la storia che avete letto è nata quella sera, mischiando questa simpatica statuetta, il cattivo del film Stargate e il fantasma del Louvre.
Inutile dire che ho faticato ad addormentarmi.


 

  
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