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Autore: darkrin    12/01/2008    1 recensioni
Una vita intera dedicata unicamente al Caos che torna in mente in una torrida serata estiva accompagnata dal fumo della sigaretta che lento sale verso il cielo.
[ Fiction partecipante al Concorso Handle With Care ]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Riassunto: Una vita intera passata ad appiccare incendi e a vederli spegnersi da soli consumati dal lento scorrere del tempo ri

 

 

Il fumo della sigaretta scivola lento verso il cielo mentre la cenere cade  pesantemente a terra.

Un tiro dopo l'altro. Una sigaretta dopo l'altra.

Il pacchetto consumato finisce accartocciato al suolo.

 

 

Caos & Cigarettes

 

   

 

 

"La pia finzione secondo la quale il male non esiste lo rende soltanto vago, enorme e minaccioso."

 Aleister Crowley 
      

 

Era una calda notte d'estate a Londra e come era di consueto la città era silenziosa e buia se non per la musica che proveniva dai locali notturni della città e che tenuta a un ad un volume spropositato e che invadeva anche le strade della capitale inglese.

A parte questi sporadici casi, grazie anche alla calura estiva che aveva convinto tutti, giovani esclusi ovviamente, a rimanere a riposare in casa con un condizionatore acceso, la calma regnava sovrana sulla città.

O almeno l'aveva fatto fino a pochi attimi prima.

L'ennesima imprecazione in russo gli sfuggì dalle labbra mentre quei due metri e dieci di demone puro osservavano stizziti il distributore automatico di sigarette davanti a lui frenando l'impulso di distruggerlo come avrebbe fatto un vandalo qualunque.

E lui, Ivan Romanov non era certo un vandalo qualunque e non aveva alcuna intenzione di sembrare tale, anche perché quello strano macchinario che sputava pacchetti colorati era davvero affascinante certo, se poi fosse riuscito a fargli sputare un pacchetto di sigarette senza essere costretto a romperlo sarebbe stato anche meglio.

Un paio di colpi di tosse leggeri attirarono l'attenzione del russo che smise di guardare con aria da ebete il "Coso-affascinante" davanti a se per voltarsi con aria indolente verso il nuovo venuto.

Era un mago.

Indossava un completo nero e stranamente non lo fissava terrorizzato pronto a scappare appena lui avesse aperto bocca. Notò Ivan.

Il demone alzò un sopraciglio senza scomporsi.

– Te le prendo io le sigarette. – affermò tranquillamente l'uomo facendo un passo verso il distributore.

– E cosa vuoi in cambio? – domandò il demone in inglese con il suo accento pesante.

L'umano ghignò prendendo in mano il pacchetto da otto sigarette e lanciandolo al demone puro.

– Voglio che tieni d'occhio la mia famiglia per un anno. – voce apatica, morta.

Ivan aprì con mani esperte il pacchetto di sigarette e ne accese una con un accendino babbano.

La sigaretta prese fuoco sfrigolando piano.

– Va bene. – affermlò il demone tranquillamente.

Il mago tese la mano destra di fronte al russo che la strinse.

– Io sono Edward Dalton. – disse l'umano.

– Piacere Eddie. – ghignò il demone – Ivan Romanov. –

 

    

"Alcuni pensano che io sia una persona orribile, ma non è vero. Ho il cuore di un ragazzino... in un vaso sulla scrivania."

Stephen King

 

 

Ivan Alexiei Romanov, un nome che è tutto un programma.

Era nato trecentotrentacinque anni prima a Mosca durante una delle più forti tempeste degli ultimi secoli che si era abbattuta per dieci lunghissimi giorni sulla città prima di calmarsi solo dopo aver fatto innumerevoli danni alle abitazioni arrivando perfino a radere al suolo alcuni palazzi dei quartieri più poveri.

Ivan Romanov nacque l'ottavo giorno.

Probabilmente per questo in seguito girarono numerose voci che affermavano che Ivan era figlio della tempesta stessa [e del Caos assoluto].

Chiaramente si trattava solo di voci di corridoio, Ivan era figlio di Alexiei e Alexandra Romanov.

I due avevano deciso di chiamare il figlio Ivan in "onore" di Ivan il Grande e di Ivan il Terribile, non tanto perché gli interessasse molto dei principi umani ma perché trovavano che i nomi suonavano bene e che avrebbero portato fortuna al figlio [promettevano un futuro di Gloria e Caos].

Così in una notte di tempesta i vagiti – che somigliavano molto di più a degli urli di battaglia – di un neonato riempirono i sotterranei del Palazzo di Caterina I, residenza invernale degli zar portando gioia [e Caos].

 

"Ebbene, non ci faremo scrupoli. Chi non sarà con noi verrà passato a fil di spada"

William Shakespeare

   

 

Alexandra Romanov non era mai stata una madre affettuosa, ma amava il suo unico figlio e sin dalla più tenera età di Ivan l'aveva istruito nel modo che lei riteneva migliore per insegnargli i principi fondamentali su cui si basava l'educazione di ogni Romanov degno di questo nome.

– E così Caesar riuscì ancora una volta a rinchiudere Seradorn nella bara. – concluse Alexandra seduta su una poltrona nella camera del figlio di quindici anni che stava seduto sul letto cercando di non crollare addormentato davanti alla madre.

– Ma tornerà, vero? – domandò sforzandosi di tenere gli occhi aperti.

Alexandra scoppiò a ridere buttando indietro la testa.

– Certamente. –

– Allora la prossima volta sarò io a rinchiudere Seradorn nella bara. – disse.

– Ne sono sicura. – affermò la donna alzandosi – Ma ora devi dormire. –

Ivan fece una smorfia infastidito.

– Madre io non sono un bambino. –esclamò Ivan sdegnato e se avesse potuto avrebbe sputato sull'ultima parola.

– Se domani vuoi allenarti con tuo padre ora devi dormire. –

Alexandra uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle lasciando il figlio solo con i suoi sogni di gloria.

 

"I delitti sono proporzionali alla purezza della coscienza, e quello che per certi cuori è appena un errore, per alcune anime assume le proporzioni di un delitto."
     Honoré De Balzac
   
 
Era una notte d'inverno e la temperatura a Mosca era già scesa di molto sotto lo zero per questo la maggior parte delle strade erano vuote.
Le poche persone ancora in giro si erano radunate tutte in una via solitaria dove una casa stava andando a fuoco.
Il fumo saliva nel cielo in lente spirali [troppo lente per lui] mentre le fiamme creavano strani giochi di luci e ombre sulle pareti delle altre case di legno e si riflettevano sulla neve bianca.

Intorno alla casa si era formato un gruppo di gente. C'erano i soliti curiosi, c'erano disperati che piangevano dopo essere riusciti a mettersi in salvo per miracolo e poi c'erano quelli come Lui che stavano lì a godere nel vedere l'ordine cadere a pezzi proprio come quella casa lì davanti [bruciare nel Caos].

Il fuoco illuminò il volto scarno di una donna bionda che con uno scatto fulmineo e inaspettato si scagliò con violenza contro un gruppo di uomini che osservava quello scempio e rideva tenendo in mano delle fiaccole accese sollevando una trave di legno sopra la testa.

Un uomo le bloccò il braccio e la spinse via facendola cadere nella neve.

Ivan Romano, trent'anni e un metro e settanta di demone puro scoppiò a ridere divertito comodamente seduto sul tetto di un'abitazione lì di fronte accendendosi una sigaretta; le cose sembravano andare davvero meglio di come lui aveva sperato.

Forse era stato davvero il nome che gli era stato dato a portar bene, fatto sta che a trent'anni Ivan era già famoso per il fatto che con lui presente era impossibile che la calma durasse per più di dieci minuti di fila.

Qualsiasi piccolo diverbio era in grado di scatenare una vera propria rissa che finiva immancabilmente per coinvolgere tutti i presenti.

Proprio come stava avvenendo –anche – quella volta.

 

 

"La gloria è un veleno che bisogna prendere a piccole dosi"

Honoré de Balzac

 

Di ritorno da una delle sue numerose scampagnate notturne passate a seminare Caos Ivan gettò sul letto sfatto la sua maglietta rimanendo a torso nudo. Incurante della risata che il suo arrivo coperto di sangue aveva scatenato posò la spada che aveva in mano su una rastrelliera di armi che occupava tutta una parete della sua stanza.

– Vedo che ti sei divertito anche oggi Signorino. –  affermò una voce alle sue spalle calcando particolarmente sull'ultima parola.

Il demone non si curò neanche di voltarsi ne' tanto meno di dare una risposta al suo interlocutore che continuo a sghignazzare dalla sua postazione appeso alla parete nord della stanza.

Il quadro – perché di un quadro si trattava – era appeso a quella parete dalla nascita di Ivan e da allora passava il suo tempo a tormentare il giovane demone, in assenza di battaglie e stermini vari ed eventuali a cui assistere in diretta questo sembrava davvero il passatempo preferito dal quadro di Ivan il Terribile. Il fatto che in questo modo rischiava la vita non sembrava preoccuparlo particolarmente che incurante del rischio continuò imperterrito a sfottere il demone.

– Mi chiedo cosa tu ci trova di così divertente nel vedere degli stupidi umani farsi a pezzi tra di loro. Sono solo feccia! – affermò quindi il quadro ben intenzionato a portare a termine la sua missione quotidiana ovvero portare il più giovane dei due all'esasperazione.

– Anche tu eri un essere umano. – constatò banalmente il demone.

Il quadro fece un gesto vago con la mano come a dire che la cosa non aveva alcuna importanza.

– Il Caos. E' divertente vederli fare a pezzi fra di loro e scatenare il Caos. –continuò il demone.

Il Terribile fece spallucce fingendo di non capire – quando entrambi sapevano che capiva fin troppo bene che cosa si provava a scatenare il Caos e a vederlo svolgere il suo corso –.

– Sarebbe molto più divertente se fossero dei demoni puri ad ammazzarsi fra di loro. – affermò il quadro.

– Il sangue che scorre è sempre sangue. – ribatté il demone versandosi un bicchiere di vodka.

– Il sangue nero di voi demoni è più bello sparso sul terreno. – rincarò il quadro.

Ivan non rispose ma si limitò ad accendersi una sigaretta – dono portato da Winyfred da uno dei suoi numerosi viaggi attraverso il  tempo –.

– Scommetto ragazzo che non riuscirai mai a scatenare uno scontro tra demoni. Voi bastardi siete troppo ligi alle vostre stupide leggi per rischiare uno scontro tra famiglie. Neanche tu saresti in grado di compiere un impresa simile. Ma tanto tu hai i tuoi cari umani che si fanno a pezzi appena lo desideri, no? –domandò il Terribile scoppiando a ridere.

Un attimo dopo che ebbe finito di parlare un coltello centrò la tela esattamente dove si era trovata la testa di Ivan il Terribile che però era stato lesto a lasciare il suo quadro.

E con la sigaretta ancora in bocca Ivan Romanov accettò.

– Scommettiamo. –

E lui era una di quelle persone che una volta che hanno fatto una scommessa non sono capaci di perdere.

Perdere è una cosa che semplicemente loro non sono in grado di concepire.

 

"E chi muore senza portare nella tomba almeno una pedata ricevuta in dono da un qualche vecchio amico?"

William Shakespeare

 

Palazzo di Caterina I

Per i suoi duecento anni, sua madre aveva organizzato una festa nel palazzo dei Romanov che era stato addobbato a festa e aveva invitato tutti – ma proprio tutti – i demoni puri che lei stimava oltre che qualche demone impuro che aveva invitato solo per un divertimento personale e che chiaramente molto difficilmente sarebbe arrivato integro alla fine della serata. Per Alxexandra Romanov esisteva un solo tipo di divertimento; e in linea di massima riguardava il tagliare qualche testa.

Ivan era seduto su un divano e osservava la festa che si stava svolgendo in suo onore. Avrebbe preferito una rissa piuttosto che quella noiosa processione di balli e convenevoli vari ed eventuali.

Winyfred Harkansky si sedette accanto a lui ridacchiando dopo l'ennesimo ballo con un accompagnatore diverso.

– Dovresti essere allegro, sai? – affermò sorseggiando un bicchiere di vino. – Sei maggiorenne ora. –

Lui non rispose come al solito e lei sbuffò scostandosi una ciocca di ricci color rame dietro l'orecchio.

I due vennero raggiunti da Demetrius che si accomodò sul divano in stile Luigi XVI con in mano una bottiglia di vodka che passò con calma a Ivan invitandolo a bere il più possibile in fondo era pur sempre appena diventato maggiorenne Winyfred annuì convinta dalle parole di Dimitri prima di rialzarsi e cominciare un altro ballo questa volta con Brandon.

Ivan si attaccò alla bottiglia senza lamentarsi magari quello non era propriamente divertente ma sempre meglio che doversi sorbire quella noia di festa e i commenti degli amici dei suoi [il suo unico amico era il Caos].

 

 

"La potenza non consiste nel colpire forte o spesso, ma nel colpire giusto."?

Honoré De Balzac

 

22 gennaio 1905 San Pietroburgo

Ivan era rimasto a lungo ad osservare lo svolgimento degli eventi comodamente seduto sul tetto del Palazzo d'Inverno degli Zar e solo in quel momento si era deciso a scendere tra la folla per godersi gli eventi da vicino.

Gli uomini si spintonavano tra di loro per avvicinarsi il più possibile al palazzo, laddove avrebbe dovuto trovarsi lo zar Nicola II ma lui non c'era e questo Ivan lo sapeva bene; a differenza di tutti quegli uomini che avanzavano imperterriti [speranzosi] chiedendo a gran voce un cambiamento.

Le voci si sommergevano l'una con l'altra, tante, troppe voci, troppe esistenze [disperate] che si sommergevano l'un l'altra e in quella situazione Ivan lo sapeva bene che sarebbe bastato fin troppo poco a scatenare una strage e a rendere quella semplice domenica una Domenica di Sangue.

Dopo aver ricevuto l'ennesimo spintone, che il demone neanche sentì, da parte di un operaio Ivan spiccando tra gli altri grazie alla sua altezza notò tra le truppe degli Ulani e dei Cosacchi il ministro di palazzo.

Un vampiro ringhiò accanto a lui eccitato dall'odore del sangue caldo degli uomini. Ghignando il demone si smaterializzò accanto a lui e rimanendo invisibile allo sguardo degli umani gli si avvicinò sussurrandogli all'orecchio parole [che l'altro non udì] semplici ed efficaci [ma comprese].

– Loro sono malvagi. Chi colpisce per primo vincerà. Scatena l'inferno prima di loro.–

Bastò un gesto per scatenare il Caos.

Un semplicissimo gesto con il braccio destro e un ordine sibilato tra i denti dal ministro di palazzo perché gli Ulani e i Cosacchi attaccassero i rivoluzionare gettandosi con le armi in pugno contro la folla e fu una strage.

Le guardie di palazzo armate con fucili e scapoli attaccarono la folla uccidendo tutti gli operai che si paravano sul loro passaggio. I vampiri nascosti tra la folla si diedero da fare per aumentare il Caos.

Ivan rimase in disparte, accanto al ministro godendo per lo spettacolo che gli si parava davanti agli occhi.

Nei giorni seguenti furono un piacere, continui scontri causati sopratutto dal demone.

 

"Datemi la guerra, vi dico: è superiore alla pace quanto il giorno è superiore alla notte: è allegra, animata, sonora, piena di effervescenza. La pace invece è una vera apoplessia, è il letargo: insipida, sorda, sonnolenta, insensibile: una creatrice di bastardi più di quanto la guerra sia distruttrice di uomini."

William Shakespeare

 

24 dicembre 1942

Ivan era comodamente seduto sul tetto di un palazzo del Quinto Soviet e osservava.

Nell'aria c'era odore di fumo e polvere da sparo. Il bombardamento dei tedeschi era finito per quella mattina e gli esseri umani stavano cominciando ad uscire per andare a prendere le razioni di cibo sperando di poter sopravvivere all'assedio senza contare che oltre alle bombe dei tedeschi dovevano far fronte anche gli assalti dei vampiri.

In quel preciso momento nella stradina sotto di lui, Ivan vide un vampiro uccidere una giovane donna bionda e poi andare a sedersi accanto a lui sul tetto.

Pulendosi la bocca con la manica della maglietta il giovane vampiro osservò il demone in silenzio ancora eccitato dal recente pasto.

Una bomba colpì il tetto di un palazzo lì vicino ma nessuno dei due si scompose.

– C'è sempre meno da mangiare. –si lamentò il vampiro cercando di scacciare l'ansia provocata dalla vicinanza di un demone puro della famiglia dei Romanov.

– Però almeno non rischiamo di farci scoprire. Il punto è che se va avanti così rischieremo di cominciare anche noi a soffrire la fame. – continuò imperterrito il vampiro.

– Ma almeno sarebbe una morte divertente. – affermò Ivan interrompendo il succhiasangue e alzandosi con un gesto lento ed elegante sembrava che in quel quartiere per il momento non ci sarebbe stato più nessun attacco ne di esseri umani ne di vampiri quindi sarebbe andato a cercarsi qualche rissa da qualche altra parte. Dove distribuivano le razioni ci sarebbe stata di sicuro un po' di tensione da manipolare fino a farla sfociare in una rissa.

Insomma, doveva pur farsi da solo un regalo di Natale, no?

Sogghignando il demone si smaterializzò via.

 

 

"Una sciocchezza che non riesce diventa sempre un delitto."?

Honoré? De Balzac

 
 

La bambina nel quadro indossava un leggero abitino rosso con cui giocherellava allegramente mangiando un lecca-lecca e osservando pigramente le persone che entravano all'Azmodeus Club. Ivan si chiuse la porta alle spalle espirando il fumo della sigaretta. Vladimir Stockeford stava bevendo un bicchiere di vodka appoggiato mollemente con le spalle alla parete accanto al bancone.

– Gli altri? – domandò Ivan senza alcun reale interesse avvicinandosi al cugino.

Vladimir alzò distrattamente il calice in segno di saluto.

– Val e Brand si stanno facendo stracciare a poker dagli Angeli della Morte. – fu l'apatica risposta di Vlad.

– I tuoi amici sono degli idioti. – rispose Ivan facendo Evanescere la sigaretta e servendosi anche lui un bicchiere di vodka.

– Almeno loro si divertono. –

– Hai ragione! E' esaltante farsi stracciare a poker dagli Angeli della Morte. –

– No, la cosa divertente è tornare a casa in mutande. – affermò Winyfred Harkansky raggiungendo i due con un sorriso e con un calice di vino rosso in mano.

– E' da un po' che non ti si vede da queste parti, come stai Ivan? – domandò la nuova arrivata.

– Bene. – rispose il russo ingoiando rapidamente il bicchiere di vodka che aveva in mano prima di sbatterlo seccamente sul bancone e allontanandosi alla ricerca di qualcosa di divertente da fare.

In un separè un paio di auror francesi stavano parlottando in un angolo lanciando occhiatacce evidenti a un paio di vampiri che stavano sorseggiando il loro pasto.

Il demone si avvicinò agli umani che alzarono di scatto le teste fissandolo spaventati ma lui non gli prestò particolarmente attenzione anzi, si limitò ad osservare i vampiri e a mormorare [fumo che sale e accarezza l'udito dei presenti] nient'altro che quello che loro volevano sentirsi dire [e che non sentirono ma capirono]:

– Non trovate che la ragazza bionda sia piuttosto giovane? –

Gli sguardi di tutti si fissarono sulla ragazza bionda che uno dei due vampiri teneva ancora in braccio nonostante il pallore del suo volto e il petto immobile dimostrassero che la ragazza era già morta. I capelli biondi le ricadevano intorno al capo come un'aureola, il volto non aveva ancora perso del tutto la rotondità tipica dell'infanzia, gli arti erano minuti e nascosti da un vestito giallo macchiato di sangue vicino al collo.

Non doveva avere più di dodici, tredici anni.

E bastò questo a spingere gli auror ad attaccare i due vampiri con l'intento di fargli neri e poi, forse, chiudere quel che sarebbe rimasto di loro in cella.

I vampiri reagirono in fretta e si difesero abilmente scagliando un umano contro una parete.

Un auror imprecò in francese mentre un vampiro lo spintonava al suolo e tentava di morderlo. Ma vennero divisi per sommo dispiacere del russo dagli scagnozzi di Alister Dark che gli scagliarono un'occhiata gelida che stava a significare che era stato avvisato e per chiarire meglio il punto uno di questi ringhiò:

– Romanov, il capo non vuole risse all'Azmodeus. Sei pregato di scatenarle fuori. –

Ivan si limitò a lanciargli un'occhiata torva che bastò a far tremare il suo interlocutore e a fargli gelare il sangue nelle vene.

Una risata sguaiata attirò l'attenzione di tutti i presenti; Ivan compreso perché si accorse che lui quella voce la conosceva per sua sfortuna. Quindi voltandosi non fu particolarmente sorpreso di vedere Hestor Loderdail che si reggeva in piedi per un qualche strano miracolo con un bicchiere di whisky in mano come se non avesse già troppo alcol in circolo.

– Voi signori, non avete alcun motivo per temere – si interruppe un attimo per bere un sorso dal suo bicchiere – quel bastardo. I Romanov parlano tanto ma – altra pausa per bere – sono solo degli incapaci e dei codardi. – concluse con voce impastata.

Ivan estrasse un coltello con un ringhiò gettandosi contro Hestor ma venne prontamente fermato dall'intervento di Val – in mutande – e Brandon che si frapposero tra i due tentando di impedire l'inevitabile.

– E' ubriaco. – mormorò Brand all'orecchio di Ivan tentando di farlo calmare.

Ma Hestor lo sentì e affermò alzando il bicchiere in segno di saluto:

– In vino veritas. –

E questo fu troppo.

Brand e Val si ritrovarono catapultati contro le pareti dalla furia di Ivan che si lanciò addosso al Loderdail con un coltello in mano. Hestor, forse, finalmente consapevole della sua situazione tentò di proteggersi ma il russo fu pi? rapido e lo atterrò puntandogli il coltello contro la giugulare.

Hestor fermò il polso del russo con quel poco di lucidità che la paura gli aveva fatto tornare.

Riuscì a spostarlo verso l'alto, ma non bastò tanto che prima che l'intervento di Alister Dark, i suoi scagnozzi, Brand,Val e Vlad riuscisse a dividere i due demoni la lama di Ivan aveva già sfregiato la guancia del Loderdail quando finalmente i due furono rimessi in piedi il russo gli sussurrò freddamente nell'orecchio:

– Che questo ti sia da monito per il futuro. –

Subito dopo i due contendenti furono portati nello studio di Dark che esclamò facendo i cento passi nel suo studio:

– Vorrei sapere che cosa non vi ? chiaro nel fatto che non voglio risse all'Azmodeus. Se dove ammazzarvi tra di voi fatelo fuori da qui. Io non voglio grane solo perché due giovani demoni hanno deciso di regolare i conti nel mio locale. Ora andatevene!– 

 

 

"La sigaretta è il tipo perfetto di un piacere perfetto. E' squisita e lascia insoddisfatti. Che cosa si può volere di più?"

Oscar Wilde

 

 

Stava ancora aspirando il fumo dell'ultima sigaretta quando la gettò a terra e la schiacciò sotto lo stivale.

Ivan s'incamminò per la strada silenziosa illuminata solo dalla luce dei lampioni – che stranamente in quella zona funzionavano tutti – per andare a vedere i suoi nuovi protetti.

Cinque secondi dopo non c'era più nessuno davanti al distributore automatico di sigarette se non il sapore di una nuova promessa e il presagio di una sventura imminente.  

 

 

 

 

Piccole Note:*Alexiei è il patronimico di Ivan. U.U
La fiction partecipava al concorso Handle With Care indetto da Claheaven e Anfimissi sul forum Leather & Librairies i personaggi sono tratti dall'Alchimia del Sangue di Axia.

La fiction non è a scopo di lucro e i personaggi come ho già detto non mi appartengono.

Ne approfitto per far ancora i complimenti alle tre vincitrici e vi consiglio di andare a leggere le loro fiction perché meritano davvero. **

   
 
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