Meanings [Behind
words and lies]
~
Words, words, words ~
“È
meglio commettere un peccato con fervore
che una buona
azione senza entusiasmo.”
I. Singer, La distruzione di
Kreshev
“Nomen omen”
Plauto, Il Persiano
“La verità […]non è un cristallo che si può mettere in
tasca,
bensì un liquido sconfinato in cui si casca
dentro.”
R. Musil, L’uomo senza
qualità
La stranezza dell’esser donna, o il punto di forza a detta
di altri, sta nella capacità di poter fingere l’assenza del passato,
all’occorrenza e a proprio piacimento.
Caroline Dalton camminava a testa alta per i corridoi di
Hogwarts con i lunghi capelli biondi ad ondeggiare e a catturare la luce di
quella singolare giornata di sole, apparsa all’improvviso dopo la settimana
piovosa che aveva lavato via semplicemente tutto.
Piante, oggetti abbandonati fuori, sentimenti dimenticati.
In un certo senso, vento e pioggia si erano portati via
parti di loro, con una violenza così ripetuta da apparire ormai come
abitudinaria.
Gli occhi degli studenti, osservò Caroline, sembravano
mormorare in silenzio alla luce. Forse pregavano, ringraziavano quella che sembrava una
giornata benedetta. Eppure non c’era grazia che potesse restituire loro quello
che la tempesta aveva così malamente strappato via: il vuoto nascosto nei loro
occhi, non era altro che la paura – l’attesa, il presagio – di una nuova
violazione.
Nei giardini, l’erba era ancora troppo umida per potercisi
sdraiare sopra, pena rischiare di macchiarsi di fango la giubba e Caroline non
voleva rischiare di sporcarsi. Non quel giorno almeno: c’era in lei il vago
sentore di un momento, ormai comunque passato, in cui si era sentita così sporca
da non riconoscersi.
Decise di girare al largo.
O almeno, di provarci, considerata la sua fortuna
nell’esser intercettata.
I corridoi di una scuola, possono rivelarsi più pericolosi
di un campo aperto senza alberi, per chi vuole restare
nascosto.
A volte aveva desiderato essere come un camaleonte:
invidiava la loro capacità di diventare quasi invisibili. Di diventare colore.
Lei invece, piccola e misera umana, non poteva mimetizzare se stessa e i suoi
sentimenti con il paesaggio, era costretta ripetutamente a tradirsi, a svelarsi. C’era sempre qualcosa in lei
che scavalcava le parole e le bugie: poteva essere una goccia di sudore, un
tremito della pelle, un battito di
cuore…
<< Caroline.>>
Poteva essere un nome, una voce.
Non si fermò, fece semplicemente finta di non aver sentito,
sebbene nel suo corpo, nelle sue orecchie, rimbombasse il suo nome quasi
maledetto pronunciato da quella voce così ruvida, quasi perforante. Accelerò il
passo, per analogia involontaria al ritmo del suo cuore che cominciava ad
aumentare.
Non voleva parlare; non voleva
parlarne.
[Del passato, no,
non voleva parlarne]
<< Caroline. >>
Un camaleonte, Dio, quanto avrebbe desiderato esserlo. E
poi magari anche aria, o nebbia, pronta a dissolversi al sole, a sfuggire alle
prese di chiunque, ad essere intoccabile.
Si fermò. Non per sua scelta naturalmente: non si trattava
mai di una sua scelta, quando si
trattava di loro, ma di un subire.
Così, si trattava di passione. Strinse le labbra a quel
pensiero.
[Potior Subire
Passione]
<< Caroline. >>
[Possessione]
Gli sarebbe bastato sentire il suo nome pronunciato da lui,
in pubblico, un’altra, sola volta. E sarebbe morto [morta] all’istante, quant’è vero che si
chiamava..
<< Caroline, mi stai ascoltando?
>>
Alzò la testa sul ragazzo che le stava
davanti.
Le bastarono poche occhiate per riconoscere marchiate su di
lui le parole che il sesso usava per discutere, durante la notte: Derek
Hansberger era gonfio di sesso quella
mattina. Aveva le labbra piene, la pelle appena arrossata, i muscoli rilassati e
pieni di quella debolezza propria delle membra femminili. Aveva negli occhi però
la pienezza e la completezza di un
orgasmo consumato al riparo da qualsiasi pioggia.
Aveva il sole negli occhi.
[A chi hai pensato
ieri notte Vicious, mentre godevi con una sconosciuta tra le
lenzuola?]
<< No Vicious. Era lampante quanto io ti stessi
ignorando, e stava andando davvero tutto bene. Perché devi rovinare sempre
tutto? >>
<< Tu non sai quanto io possa rendere piacevole anche
il più insignificante dei gesti, Caroline. >>
Lo guardò stizzita e irritata, con una mano sul fianco e
l’altra a reggere i libri contro il petto. Non sapeva in quale ordine dovesse
odiare gli aspetti che lo caratterizzavano. Era indecisa se mettere al primo
posto la sua fissazione per il suo nome o il suo trovarsi sempre al posto
sbagliato nel momento sbagliato.
[Giusto Caroline, è
sempre il momento giusto per morire, Caroline]
Le prese i libri con un gesto troppo veloce perché lei
potesse fermarlo, e in men che non si dica, la portò sottobraccio accanto ad una
delle tante arcate al riparo da sguardi indiscreti.
La luce - riuscì ad osservare distratta, mentre sentiva la
pietra tiepida [è fredda la pietra
Caroline e lui che è così caldo Caroline] premerle contro la schiena –
faceva vedere cose che gli occhi non erano abituati a scorgere. Il pulviscolo
danzava nel bagliore con una libertà
e una casualità che la fece sorridere.
Può mai la polvere essere spensierata?
In quella manciata di secondi in cui, distratta dai giochi
di luce sul pavimento non aveva badato a chi le stava davanti, Derek ne aveva
approfittato per osservarla.
O forse, osservare non era esattamente il verbo adatto.
Sembrava piuttosto che Derek tentasse di inglobare la visione di Caroline dentro
di sé. I capelli d’oro, le labbra sottili, gli occhi leggermente a mandorla,
acuti nello sguardo, la pelle rosa come un acquerello.
Tutto quanto, dentro di lui. In un unico
gesto.
[Come se ce ne fosse
il bisogno Derek]
Due dita andarono ad insinuarsi leggere tra i capelli di
lei, e cominciarono a compiere gesti talmente impercettibili che lei stessa,
così attenta di solito [siamo deboli ci
facciamo trovare deboli perché vogliamo esserlo Caroline mia dolce Caroline]
non se ne accorse, sebbene il piacere si facesse strada dentro di lei come
un’onda di marea.
Oh, il piacere.
Così subdolo, così incontrollabile.
Così
vicino.
Quando vide lo sguardo perso di lui, tutto intento a
fissare il suo viso, le dita così esperte nel [farti impazzire mein Caroline] tracciare
linee sul suo collo e dietro le sue orecchie, inizialmente non riuscì ad urlare,
o a scrollarselo di dosso o ad allontanarlo o a spingerlo o a fare qualsiasi
cosa necessaria per mandarlo via.
Era semplicemente t r o p p o.
<< A proposito di ieri.
>>
E la sua voce, la sua voce maledetta, così roca e così
pura. C’era una sorta di spirito nella sua voce, qualcosa che dipendeva dalla
sua lingua. Che anche la sua intonazione fosse atta a sedurre, allenata nel
provocare piacere, Caroline non ne aveva dubbi.
Il dubbio era sulla sua resistenza.
<< Si? >> e quanto a lungo sarebbe riuscita a
parlare senza tremare.
[E le parole
Caroline devi scegliere le parole più adatte]
<< Mi hai lasciato da solo. Non si lascia un ragazzo
da solo in quel modo. >>
Caroline deglutì. Le
parole Caroline, sono le parole i tuoi gesti.
<< Quella discussione non ci avrebbe portato a
nessuna parte. >>
[è come fare l’amore
con le parole vero mein Caroline?]
<< Ci avrebbe portato nella mia camera da letto
Caroline, il luogo in cui ti saresti svegliata questa mattina se solo non mi
vedessi come un nemico. >>
<< Chi si è svegliata invece nel tuo letto questa
mattina, Derek?
>>
Teso su di lei, la pugnalata al cuore penetrò più in
profondità, ma nel sentir la lama scendere nel suo cuore Derek riuscì quasi ad
accarezzare la mano [tutti i sentimenti
tutta l’essenza di lei scendere in lui e annegare e annegarci nel sangue del
nostro] che spingeva e spingeva dentro di lui [amore mein Caroline
dillo].
<< È un circolo vizioso il nostro, a quanto pare.
Facciamo gli stessi discorsi di sempre, sempre con le stesse parole, sempre
con…le stesse reazioni a quanto vedo.
>>
Si chinò verso il suo petto con il fiato quasi
mozzo.
Il cuore, traditore di un cuore.
Pulsava così forte che Caroline non si sarebbe sorpresa nel
sentirlo anche all’infuori del suo corpo, riecheggiare nel
corridoio.
Socchiuse le palpebre e si portò una mano al petto, con più
disinvoltura possibile.
Dietro di loro, anche l’ultimo studente era ormai corso in
Sala Grande per il pranzo e nessuno si attardava a catturare l’ultimo pigro
raggio di sole: Derek sembrava non cogliere nemmeno il più immediato di quei
particolari. Aveva ben altro sole di cui bearsi, in quel
momento.
Avvicinò le sue labbra all’orecchio di lei, una mano al
muro accanto al suo viso.
<< Perché così ritrosa Caroline? – un soffio, il suo nome maledetto in un
soffio rovente - Die
Höflichkeit öffnet alle Türen… >>
Non lo capiva. Non capiva quella lingua, eppure le sembrava
che qualcosa di infinitamente caldo
l’avviluppasse. Le tremavano così tanto le gambe che fu costretta a reggersi
poggiando una mano su una sua spalla. Tentò di far forza, di allontanarlo da sé,
ma ottenne l’effetto contrario.
Era sua, di nuovo e semplicemente sua, tra le sue
braccia.
E tutto quello che lei possedeva era un mostruoso volere e
non volere.
Voler non tanto il peccato, la perdizione, quanto l’incoerenza. Voler infrangere principi e
promesse: avrebbe dato tutto il suo orgoglio di Gryffindor per una notte di
piacere con lui [di amore mein Caroline
di parole di amore per tutta una notte di amore], per giacere e soffocare
tra le spire del serpente.
E non volere, non volere morire per una bugia, per una
parola che si sarebbe persa nel vento, che lui non avrebbe più ricordato, che
avrebbe sussurrato ad altre mille ragazze nel momento del piacere, per un nome
che lui avrebbe confuso presto tra tanti altri cento.
Un nome che per una seconda volta, sarebbe stato gettato
nel dimenticatoio, dalle persone che più amava.
Ma
perché?
Perché
Derek?
Perché
Papà?
Perché?
Davvero. Perché?
Caroline, Mein Caroline
[Solo Rabbia E
Confusione]
Aveva buttato il suo nome: lo aveva
sepolto in una tomba. Ogni lettera, ogni suono, ogni diversa
pronuncia
[ogni ricordo, ogni gesto, ogni diverso
momento]
A dormire [marcire marcire e vermi rosa e ossa bianche]per sempre sotto
metri cubi di solido rancore.
E di desiderio,
naturalmente.
Per essere libera, Caroline aveva dovuto
imprigionare il suo desiderio di essere amata.
Perché per un desiderio che viene
esaudito c’è sempre un prezzo che va pagato.
Ma non c’era, no, non c’era e mai ci
sarebbe stato alcun prezzo per quei giorni di gloria trascorsi a ridere al vento
e alla luce nella campagna, con l’erba alta ad accarezzare le gambe e i capelli
odorosi di fiori e di ortica. Quei giorni in cui tutto era perfetto ed ogni cosa era al suo
posto.
Era dove e come doveva
essere.
[Una madre un padre una figlia un
figlio]
E l’odore dell’uva matura: si beveva
l’aria stessa come se fosse stata vino. E Caroline bambina non aveva mai bevuto
il vino ma sapeva che se avesse avuto un sapore, sarebbe stato quello che
sentiva scendere giù dal naso, colarle dentro ed
ubriacarla.
Gli occhi lucidi, le labbra socchiuse, la
gonna tirata sulle gambe, quella Caroline bambina ed ebbra di gioia con i
capelli biondi di luce, persa nell’infinità verde del sottobosco, le orecchie
tese a catturare suoni presenti.
E suoni futuri.
<<
Caroline!>>
[Caroline mein
Caroline]
E al suo voltarsi, un bagliore
iridescente di luce, di frammenti di colori spezzettati e sparsi nelle punte dei
suoi capelli, una macchina fotografica nelle belle mani del padre.
Il nome di lei sulla sua
bocca.
Ancora una volta il suo nome per un
inganno.
Odio le fotografie papà. Prometti di non farmene mai.
Rubano l’anima quelle cose e non la ritornano.
Prometti papà.
Certo Caroline mein Caroline.
Quegli attimi ora sono morti. Perché non
sono vivi. Sono intrappolati in vecchie fotografie polverose, a marcire in
pesanti cornici, in case ricolme di morti che camminano.
Tanti morti e tanti specchi e tante ombre
e tanti echi.
Sempre il suo nome, sulla bocca di chi ha
amato.
Sempre un inganno.
Della confusione che Caroline aveva
provato quel giorno, emblema era stato il mutismo in cui si era chiusa mentre
tornavano a casa. Suo padre la guardava e continuava a ripetere Caroline [mein] Caroline perché [non mi baci] non mi parli? E Caroline
gli aveva dato la sua mano ma non c’era l’accenno di un sorriso sulle sue
labbra, né di una parola. C’era piuttosto il furore della rabbia alimentata
dalla consapevolezza di essersi vista sottrarre la sua anima tramite il proprio
nome.
Era stato un inganno subdolo, portato a
termine da suo padre.
Eri troppo bella Caroline [mein Caroline]
per non
catturarti.
Il
corpo sfiorisce, ma l’anima resta immortale.
[Eri troppo bella per non violarti mein
Caroline]
Prometti che resterai sempre con noi
papà.
Prometto.
Caroline, mia Caroline.
Prometto.
Edward Deverall Dalton non era stato un padre esemplare,
come non lo era stata sua madre. Ma d’altro canto, nemmeno lei stessa era mai
stata la figlia perfetta, quindi tutta quella fenomenale situazione, nella sua stasi,
reggeva. O almeno aveva sempre retto fino a quando nella sua vita perfettamente
imperfetta non era entrato lui.
Niente di speciale: un maschio come tanti altri. Probabilmente
più bravo di tanti altri sotto le lenzuola, ma questo a Caroline
non importava.
Derek William
Hansberger.
Cosa sapeva di lui? Che era uno Slytherin, e dunque un
traditore, un voluttuoso, un amorale per eccellenza, che era l’amante di Glory e
che anche la sua famiglia aveva qualche problema.
Evidentemente al giorno d’oggi doveva essere un problema
molto in voga, vista la situazione delle famiglie degli studenti del suo
anno.
Ma non era lì il problema.
Era bello. Alto, ben fatto, armonia nel suo corpo, una
sensualità atroce nel suo volto.
Sulla sua bocca poi, Caroline avrebbe potuto spenderci
tante, davvero tante parole.
Ma c’era quel serpente ricamato sul suo petto, e non poteva
fidarsi.
Non di un uomo che la chiamava per nome, con un tono che
non avrebbe potuto ignorare nemmeno se lo avesse voluto, o se fosse stata
sorda.
Un brivido violento e infido le attraversava la spina
dorsale ogni singola volta: quelle lettere, dal basso della loro tomba,
sembravano gettare echi violenti, bramosi come non mai di tornare in vita. Erano
voci umane, non divine. Era una voce rocca, bassa, niente di chiaro o puro o
limpido. Non c’era la luce di quei giorni lontani in cui lei era ancora la
bambina dalle guance rosse per il troppo correre, ma piuttosto l’ombra degli
alberi il giorno in cui suo padre, chiamandola per nome, le aveva rubato
l’anima.
E il peso di una promessa.
Mai più
Caroline.
Prometti.
Quando suo padre la chiama per nome, lascia che nella
cadenza e nell’intonazione scivoli l’amore che prova per lei. C’è un che di
mitezza, di candore, di appartenenza, di affetto. Di passione sbiadita. È come
un abbraccio, come una carezza sulla guancia fatta da mani
lontane.
Ma quando lo fa Derek
invece, il tono di base si rivelava ostinatamente troppo simile a quello
che suo padre utilizzava in quel giorni ormai così lontani, che utilizzò in quel
pomeriggio inoltrato, nel bosco. Scivolano sulla sua lingua e fioriscono sulle
sue labbra lettere che suonano colme di presagio, di verità, di un desiderio a
fatica trattenuto. È come se i colori bruciati di quelle fotografie dimenticate
tornassero ad un tratto vividi, fortissimi, pronti ad attaccarla e a renderla
ancora ebbra, come se la forzassero a bere ancora quell’aria di vino e
spingessero il vento a sollevarle la gonna.
Tutto troppo potente. Quella sensazione di libertà mista
all’erotismo della natura.
Tutto troppo chiaro per gli occhi inesperti di una bambina,
ma troppo, troppo confuso per un’anima rubata di
adolescente.
Verrà e si
prenderà di nuovo la mia anima verrà e lo farà chiamandomi e dirà Caroline mein
Caroline voltati e guardami e amami e donami la tua anima Caroline Caroline
Caroline
· Epilogo ·
<< Sai cosa significa Caroline?
>>
Non era successo niente. Nella vita, un uomo e una donna
quando arrivano al limite non possono che scendere a dei compromessi.
Con loro stessi prima che con gli
altri.
<< È tedesco – il mistero della sua bocca perfetta intenta
a pronunciare il suo nome così prezioso così sporco così perfetto - . La
radice è la stessa di Karl. >>
Si voltò verso di lei.
I suoi occhi fiammeggiavano di un desiderio troppo grande,
di una richiesta che lei non poteva accogliere, di una constatazione che
l’avrebbe irrimediabilmente spezzata.
Che l’avrebbe cambiata.
<< Significa “libera”. >>
La traduzione della frase in tedesco è “La gentilezza apre tutte le porte”
Oh, beh.
Non mi aspettavo il primo posto. Quindi devo ringraziare ancora e ancora tutte le 29 persone che hanno votato questa shot.
E tutte le L&L.
Artemisia
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