Starsailor
Certe volte Tim si chiede se nel corso degli anni
abbia peccato di egoismo… la risposta è difficile da dare.
È chiaro che dipende dalla persona a cui questa
domanda verrà posta: di certo Judy e Taylor non possono rimproverargli quasi
nulla.
Qualcun altro, invece, ha di che reclamare.
Eccome.
I
never asked to be your mountain
I never
asked to fly
Mary… lei sì che si può lamentare.
Ma d’altronde lui gliel’ha fatto capire quasi subito
che cercare di aggrapparsi a lui sarebbe
stata soltanto una scelta infelice.
Gliel’ha detto più di una volta: Tim Buckley non è una montagna, non lo è mai stato, ma lei no, lei –così
terribilmente cocciuta- ha continuato a stargli accanto, provando a farlo
abituare all’idea di trascorrere una vita intera rivestendo il ruolo di sua
roccia…
Ma Tim non ha mai chiesto di essere la sua montagna.
Tim non è una
montagna, Tim è l’aquila che ci vola intorno.
The
flying pisces sails for time
And
tells me of my child
Wrapped
in bitter tales and heartache
He
begs for just a smile
Oh, e ovviamente poi c’è Jeffrey Scott… Anzi, Jeff.
Si sono “incontrati” una sola volta: era un anno fa e
Tim se ne stava nella sua stanza, a comporre e fumarsi delle sigarette, un tè
ormai freddo poggiato sul tavolino poco distante e un disco di Billie Holiday in sottofondo.
D’improvviso aveva riconosciuto la voce di Mary, a cui
ne era seguita una più infantile, che aveva detto pressappoco “Non chiamarmi Scotty di fronte a lui… chiamami Jeff”
Dopodiché la figuretta esile di un bimbo dai capelli
mossi aveva fatto capolino dalla porta: contrariamente alle sue aspettative,
Jeff se n’era però rimasto immobile sull’uscio.
Non aveva aperto bocca, non gli era corso incontro…
niente di niente.
E Tim si era limitato ad ignorarlo, fingendosi troppo
concentrato sulle proprie canzoni per potersi accorgere della sua presenza.
Quando aveva finalmente alzato lo sguardo aveva
scoperto che il bimbo non c’era più.
In quel momento –solo in quel momento- si era pentito
di non aver saputo togliere la puntina dal vinile e di non aver dedicato un po’
d’attenzione a quel figlio che non era mai stato suo.
Oh,
he never asked to be her mountain
He
never asked to fly
And
through his eye he comes his love
And
tells her not to cry
Forse Jeff lo odia.
Per carità, ha moltissimi motivi per cui farlo: lui e
Mary hanno divorziato ancor prima della sua nascita e Tim non s’è mai
preoccupato di farsi vivo per i suoi compleanni, il Ringraziamento, Natale o
altre occasioni varie… l’unica sottospecie d’incontro che hanno avuto ha ben
dimostrato quanto poco futuro possa avere un eventuale rapporto padre-figlio.
Se sul serio lo odia, non può biasimarlo…
Eppure Tim, in fondo, un po’ di bene a questo figliolo
sciagurato lo vuole.
Se non altro lo ringrazia tacitamente per essere
riuscito a capire che no, lui non sarebbe stato la sua montagna; Jeff infatti
non è mai andato in cerca di lui e questo, lo deve ammettere, per lui è stata
grandissima fonte di sollievo.
E potrebbe scommettere che ci sia sempre suo figlio
dietro il progressivo distacco che è intercorso tra lui e Mary: se dapprima
questa aveva forse tentato di farlo sentire in colpa, sbandierandogli sotto il
naso quel sangue del suo sangue dagli occhi e il sorriso troppo simili ai suoi,
a poco a poco la donna s’è acquietata… è tornata nell’ombra, e con lei pure
Jeff.
Tim può vederli chiaramente, seduti vicino ad una
finestra, con un temporale che impazza fuori e il figlio che le asciuga le
guance con un fazzoletto ricamato.
“Non regalargli anche le tue lacrime”, lo sente dirle
con triste dolcezza.
As
I die I can't remember
Where
I saw the rain:
Could
it be that her laughter
Drove me
down again?
Comunque sia, Tim ora non riesce a spiegarsi tutta
questa pioggia che lo sta bagnando lentamente: gocce, una dopo l’altra, lo
sfiorano fino a rotolare sul pavimento, e a lui sembra di sentire una risata
tetra in sottofondo.
Non è Mary, no, e neppure Judy: è un’altra signora, ben più sordida e losca, ed è
dura realizzare di non essersene definitivamente sbarazzati…
Avrebbe dovuto metterlo
in conto.
Ma la carne è debole, si sa, e la volontà lo è ancor
di più: voleva solo conciliarsi il sonno, Tim, e invece…
Invece si sente scivolare
per terra.
In
midnight gazes
I've
found you far from me
If
you lead me on
Please,
leave me down
Ha le palpebre abbassate, Tim.
Judy ha richiesto spiegazioni a gran voce e i suoi
amici gliele hanno fornite con balbettii e un fortissimo senso generale di
confusione –smarrimento- tanto che
alla fine s’è rassegnata e ha lasciato perdere.
Ora sta trascinando suo marito in camera da letto –dorme già, Tim, il respiro così lieve- e
ogni tanto le viene la tentazione di poggiarlo per terra e andarsene, ma non
può.
Sa che dietro la cortina di sbagli si cela un essere
umano come tutti gli altri… l’uomo che
ama, per l’appunto.
Non può
lasciarlo così.
I'm
sailing all my sins
And
I'm climbing all my fears
And soon
now I'll fly
Tirare le somme è più difficile del previsto, no?
Tim ha sempre pensato di potersela cavare in quattro e
quattr’otto, e invece la faccenda s’è rivelata un pochino più complicata.
Com’è che funziona in
questi casi? Un Padre Nostro e tutto è sistemato, giusto?
Bah, non che Tim stia morendo dalla voglia di pregare,
eh… Una sigaretta, piuttosto.
Ecco, una sigaretta ci starebbe proprio tutta, e pure
un po’ della tromba di Miles Davis.
Se solo si ricordasse dov’è andato a finire In a Silent Way,
forse la faccenda sarebbe diversa…
Ma l’unica cosa che riesce a scorgere in questo
istante, sotto le palpebre chiuse, è quel che resta di un mucchietto di polvere
bianca e il vapore che si alza, si alza e non si ferma…
Non si ferma.
I've
been gone too long
Now
I'm home to stay
Ha girato un po’ per il mondo, Tim.
Qualche volta su un aereo, altre cavalcando un drago… gli piace viaggiare, tutto qua.
Però gli piace anche tornarsene a casa e trovare le
pantofole accanto al caminetto, Taylor che gli mostra l’ultima A che ha preso
in biologia e Judy che, appoggiata allo stipite della porta, li osserva ridere
con complicità.
È felice di aver avuto l’opportunità di cambiare
opinione sulla parola “casa”: un tempo non riusciva ad associarla alla
sensazione di serenità che prova ora…
Un tempo i vinili di Johnny Cash avevano lasciato
spazio abbastanza in fretta ai cazzotti e, si sa, i pugni non sono mai sintomo di quiete e tranquillità.
Ma ora l’importante è che Tim sia tornato a casa, per
restarci.
Please,
don't leave me again this way
Don't
leave me again this way
Don't
leave me again this way
Niente più pugni, solo
tantissimo sonno…
Tim si sente scivolare tra le lenzuola –il petto che
si alza e si abbassa sempre più lentamente- e la mano di Judy gli lascia una
carezza tenera tra i capelli.
Lo spiraglio di luce che sbuca dalla porta gli fa
intuire che sua moglie lo ha lasciato lì da solo, e così un po’ si rabbuia.
Non dovrebbe abbandonarlo così, non in una camera da
letto che non assomiglia più a quella che ha conosciuto in questi ultimi anni…
Tim Buckley scuote le spalle e chiude nuovamente gli
occhi: il Sonno lo chiama, il Sonno lo reclama a gran voce, quasi fosse un
pubblico mai sazio della sua presenza.
“Arrivederci, piccola” sono le ultime parole che ha da
offrirgli, un’uscita di scena poco clamorosa.
Al marinaio delle stelle però non importa: è già sulla
sua barca, e intorno a lui tutto tace.
Please, come
home
Note autrice
Il 29 giugno 1975 moriva Tim Buckley, fantastico cantautore e padre del
leggendario Jeff.
Non ho mai nascosto la mia preferenza per il figlio (con conseguenti liti
con mio fratello, che venera Tim) ma, bisogna ammetterlo: Tim era geniale.
Basta leggere alcuni dei suoi testi per rendersi conto della sua abilità
nel mettere in musica quelle che sono delle vere e proprie poesie.
Ho scelto una delle mie preferite, I Never Asked To Be Your Mountain,
per fare da cornice a questa fesseria che ho buttato giù per omaggiarlo.
L’ho scelta innanzitutto perché la reputo meravigliosa, ma soprattutto
perché Tim la dedicò a Mary Guibert e Jeff.
E proprio suo figlio la cantò il 26 aprile 1991, al concerto tributo “Greetings
from Tim Buckley”: il pubblico restò rapito dalla sua performance e dalla sua
somiglianza con il padre, e in molti considerano quest’esibizione come il
trampolino di lancio di Jeff, che gli permise di acquistare un po’ di
notorietà.
Jeff odiava essere paragonato a suo padre, sia per la somiglianza a livello
fisico e vocale, sia per l’aver scelto d’intraprendere il suo stesso mestiere…
non nasconderà mai l’ostilità provata nei confronti di Tim, ma quest’ostilità
nel corso degli anni calerà gradualmente.
Nella mia fanfiction ho cercato di dosare
equamente fatti veramente accaduti con escamotage di mia personale invenzione:
per esempio, Jeff dichiarò di aver incontrato il padre una sola volta, all’età
di otto anni (quindi, presumibilmente, nel 1974). La madre lo aveva portato a
casa di Tim, ma questi era rimasto rinchiuso in una stanza a scrivere canzoni,
e la visita si concluse lì.
Io ho voluto aggiungere un ipotetico contatto visivo tra i due: Jeff che fa
per entrare nella stanza ma che poi si blocca, consapevole di poter disturbare
suo padre, è un’immagine che mi piacerebbe fosse successa davvero.
Comunque sia, all’epoca Jeff non sapeva che Tim fosse suo padre, e si
faceva ancora chiamare Scotty Moorhead:
fu solo dopo la morte di Tim che chiese alla madre chi fosse e ritrovò il
proprio certificato di nascita, decidendo di farsi chiamare Jeff Buckley.
Io ho voluto far finta che Jeff nel 1974 sapesse già tutto quanto e, di
fronte ad un ipotetico incontro con il padre, volesse farsi chiamare con un
nome che –in qualche modo- lo potesse legare di più a Tim.
- La signora sordida è,
ovviamente, l’eroina: Tim Buckley è morto per un mix fatale di eroina, morfina
ed alcool. Svenne e gli amici lo riportarono a casa, dove la moglie chiese
spiegazioni: dopo averlo lasciato un po’ sul divano, la donna lo portò a letto.
Quando tornò per controllare la situazione, lo trovò immobile e con la pelle
bluastra: a nulla servirono i soccorsi e i tentativi di rianimarlo.
- Judy Brejot Sutcliff
è la seconda moglie di Tim e Taylor Keith Sutcliffe è
suo figlio, che venne adottato da Buckley.
- In a Silent
Way è un disco di Miles Davis e, secondo quel che dice Judy, l’unico
posseduto da Tim (mentre io ho fatto finta che avesse anche qualcosa di Billie Holiday, una delle cantanti preferite di sua madre)
- “mucchietto di polvere bianca e il vapore che
si alza”: all’epoca l’eroina non si assumeva per iniezione, ma
attraverso l’inalazione. “Quest'ultimo metodo è noto con l'espressione "cavalcare il drago" (en. chasing the dragon), che si riferisce
letteralmente all'operazione di inalare l'eroina cercando di mantenerla
costantemente liquida” (da Wikipedia)
- il padre di Tim Buckley gli fece conoscere la musica di Johnny Cash: era
un veterano della II Guerra Mondiale e, a causa di una seria ferita alla testa,
il suo equilibrio mentale divenne instabile e lui stesso violento. La relazione
con Mary (la prima moglie) aiutò Tim ad evadere da questa realtà familiare
piuttosto difficile e lo stesso Jeff ammise che, grazie a Judy e Taylor, il
padre poté finalmente godere di un ambiente familiare pacifico e sereno.
- Richard Keeling, amico di lunga data di Tim che
gli diede l’eroina (e che venne accusato di omicidio preterintenzionale)
dichiarò che le ultime parole che Buckley disse furono “Bye, bye, baby”
- Starsailor (“marinaio delle stelle”) è il titolo
dell’album di Tim uscito nel 1970 e anche dell’omonima canzone.
Concludo queste note lasciando il link di I Never Asked To Be
Your Mountain: questa
è l’originale e invece qui
c’è la versione di Jeff.
Ringrazio infinitamente chi si prenderà la briga di leggere questa cosuccia
insignificante e, perché no?, magari mi lascerà un paio di righe, giusto per
farmi sapere se fa tanta pena o se si salva :’D
Dazed;