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Autore: Soly_D    29/06/2013    9 recensioni
[AU KibaHina | 6 flashfics | partecipante all'AU Challenge di ArabellaStark | tabella Pasticceria]
#01. Pasticcio • Il ragazzo le aveva semplicemente sorriso in segno di saluto e a lei era scivolata la teglia di biscotti dalle mani.
#02. Caffè con panna • «Il fatto che qui si possano portare gli animali è uno dei due motivi per cui mi piace venirci».
#03. Torta al cioccolato • «Solo un bacetto», la incoraggiò lui, unendo il pollice e l’indice per enfatizzare il diminutivo.
#04. Impasto • «Ho visto come ti guarda. È lo stesso sguardo che Asuma rivolgeva a me».
#05. Farina • «Forse tu non mi ami per il momento, ma giuro di renderti felice in qualunque caso».
#06. Grembiule • Lo sguardo di Kiba era lo stesso, malizioso, desideroso, ma in quel momento Hinata lo trovò più intenso, più maturo.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Kiba Inuzuka | Coppie: Kiba/Hinata
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Autore: Soly Dea
Fandom: Naruto
Titolo:
Nessun rimpianto
Pairing:
Kiba/Hinata
Genere:
romantico, fluff
Rating:
giallo
Tabella:
Pasticceria
Note:
questa fanfiction partecipa all’AU Challenge indetta da ArabellaStark.




Nessun rimpianto


1. Pasticcio

La prima volta che Hinata intercettò lo sguardo di Kiba poggiato alla porta del locale, rischiò di perdere definitivamente il suo lavoro di assistente pasticcera: il ragazzo le aveva semplicemente sorriso in segno di saluto e a lei era scivolata la teglia di biscotti dalle mani. Imbarazzata, si era chinata a raccogliere ciò che era ancora commestibile e a pulire il pavimento sporco di briciole e scaglie di cioccolato, ma – rialzandosi in piedi – aveva sbattuto la testa contro il bancone e provocato una reazione a catena di tutti gli ingredienti presenti su di esso.
Quando riaprì gli occhi, il pasticcio non aveva coinvolto solo il locale, ma anche i suoi capelli, ora incollati di crema per dolci.
Si sforzò di trattenere le lacrime, tirando su col naso: non era la prima volta che combinava disastri – d’altronde era stata cacciata via da ben tre pasticcerie – ma ormai si era affezionata a quel locale e alla proprietaria, Kurenai, e le sarebbe dispiaciuto tantissimo essere licenziata per l’ennesima volta.
In quel momento ricordò il motivo del pasticcio e alzò gli occhi sulla porta del locale: Kiba la fissava a metà tra l’intenerito e il... pervertito? Stralunata, si guardò da capo a piedi: una spallina del grembiule le era scivolata lungo il braccio e con essa anche quella della canotta, lasciando intravedere parte di quel seno abbondante che aveva sempre tentato di nascondere.
Svenne.



2. Caffè con panna

Quando il primo cliente di quel giorno varcò la soglia della pasticceria, Hinata sgranò gli occhi e indietreggiò fino alla dispensa, dove Kurenai si apprestava a mettere in ordine alcuni ingredienti. «Qualcosa non va?», le chiese affettuosamente.
«Q-quel ragazzo... i-io... n-non posso...», farfugliò Hinata, rossa in volto, indicando Kiba che nel frattempo si era seduto e attendeva pazientemente di essere servito.
Kurenai ridacchiò. «Ti piace?», le chiese. «Un motivo in più per andare a parlargli».
Hinata avvertì le mani della donna poggiarsi sulla sua schiena e spingerla fuori dalla dispensa. Quando lo sguardo perplesso di Kiba si posò su di lei, la ragazza ebbe un tuffo al cuore e ingoiò a vuoto: non che provasse dei sentimenti per lui o che al contrario gli stesse antipatico, semplicemente non sapeva comportarsi in sua presenza perché in giro si vociferava che avesse una cotta per lei.
Se a questo si aggiungeva il pasticcio di cui era stato testimone qualche giorno prima, allora non era sicura di poter reggere una conversazione con lui. Ma il dovere la chiamava, e le sue gambe si mossero quasi automaticamente verso il tavolo al quale era seduto il ragazzo. «C-cosa d-desideri?», gli chiese, mantenendo la testa bassa e nascondendo lo sguardo dietro la frangetta corvina.
«Un caffè con panna, taaaanta panna, grazie», rispose lui.
Hinata – alzando finalmente gli occhi – si accorse solo in quel momento del cagnolone comodamente stravaccato ai piedi del tavolo. Aveva un’aria tranquilla e rilassata, ma reputò opportuno mantenere le distanze per precauzione.
«Stai tranquilla, Akamaru non farebbe male ad una mosca».
Arrossì, colta alla sprovvista, ma il sorriso rassicurante di Kiba mise fine ad ogni incertezza.
«Il fatto che qui si possano portare gli animali è uno dei due motivi per cui mi piace venirci».
Hinata sollevò appena le sopracciglia in un moto di curiosità. «E l’altro?».
Kiba si appoggiò allo schienale della sedia, portandosi le mani dietro la testa. «Sei tu».
La ragazza non capì se fosse più forte il desiderio di sparire per l’imbarazzo o quello di sorridere per l’emozione.



3. Torta al cioccolato

Ottenuta la certezza che Kiba provasse qualcosa per lei, Hinata cominciò a chiedersi se non fosse lo stesso per Akamaru.
Il fatto che, appena varcata la soglia della pasticceria, si buttasse su di lei e le leccasse il viso fin quando Kiba non gli ordinava di smettere, significava due cose: o gli stava simpatica perché profumava di dolci e gli offriva sempre qualcosa da mangiare, o era tutto un piano elaborato dal padrone per attirare la sua attenzione.
«A-Akamaru, c-così mi fai m-male!», balbettò, cercando di liberarsi dal cane che la teneva stretta sotto di sé e continuava ad annusarla e leccarla ovunque.
Kiba lo afferrò con entrambe le braccia, tirandolo via. Quando Hinata lo vide accucciarsi per terra con lo sguardo deluso, sentì il cuore stringersi in una morsa dolorosa e sorrise intenerita.
Così sparì dietro il bancone, per poi tornare con una torta al cioccolato di tre piani, decorata con la panna e le fragole. A quella vista, Akamaru si rianimò improvvisamente e si avvicinò al tavolo sul quale la ragazza aveva poggiato quella prelibatezza.
Kiba la osservò tagliarne una fetta, sistemarla in un piattino e offrirla al cane, che la divorò in poco tempo e non ci mise molto a reclamarne una seconda. «Solo un’altra e poi basta, okay? Non ti fa bene, questa», disse Hinata, porgendogli un’altra fetta di torta. Gli accarezzò la testa e gli depositò un bacio sulla fronte con fare materno.
Lo sbuffo contrariato di Kiba lasciò Hinata interdetta. «Kiba-kun?», chiese, scrutandolo.
«È che sono geloso», rispose lui, incrociando le braccia al petto. «A me non hai dato niente».
Hinata sorrise colpevole, poi tagliò l’ennesima fetta di torta. «S-scusa, ecco a te».
Kiba fissò il piattino per qualche secondo, poi scoppiò a ridere. «Mi riferivo al bacio».
La ragazza arrossì vistosamente e abbassò la testa.
«Solo un bacetto», la incoraggiò lui, unendo il pollice e l’indice per enfatizzare il diminutivo.
E contro ogni previsione, Hinata si disse che in fondo se lo meritava: si avvicinò a Kiba e poggiò le labbra sulla sua guancia, ma il ragazzo voltò inaspettatamente il viso e i due si ritrovarono con le labbra incollate.



4. Impasto

«Allora ci avevo visto giusto», disse Kurenai, senza smettere di impastare sul tagliere di legno.
Apparentemente interessata ai movimenti decisi ma eleganti di quelle mani, Hinata sembrava persa in chissà quali pensieri.
«Tra te e Kiba, intendo», aggiunse la pasticcera, subito dopo.
A quel nome, Hinata sobbalzò e fissò Kurenai con aria stralunata. «C-ci hai visti?».
«Ho visto come ti guarda», rispose la donna con tono dolce. «È lo stesso sguardo che Asuma rivolgeva a me».
Hinata non si lasciò sfuggire il velo di tristezza che si posò sugli occhi della donna nel pronunciare quelle parole.
«Io... ho paura», ammise in un sussurro, torturandosi le dita.
Kurenai sorrise: l’impasto tra le sue mani cominciava a prendere forma.
«Se quel giorno non avessi osato con gli ingredienti, ora la mia torta non sarebbe famosa in tutto il paese».
Hinata fissò confusa la pagnotta sul tagliere.
«Se mi fossi arresa di fronte al prezzo di questo locale, ora non sarebbe la mia pasticceria. Se non ci avessi provato con Asuma quel giorno di tanti anni fa, nostro figlio non sarebbe mai nato».
In quel momento si udì il rumore della porta d’ingresso che si apriva, accompagnato dall’abbaiare festoso di un grosso cane.
Fu come se Hinata si fosse appena risvegliata da un sogno. «Grazie», disse a Kurenai, abbracciandola, poi sparì nel corridoio.
La donna non potè fare a meno di spiare la scena nell’ingresso: Kiba si grattava la testa imbarazzato, Hinata sorrideva con un velo di rossore sulle guance e Akamaru scodinzolava allegramente intorno ai due. Sorrise tra sé e sé, mentre lo sguardo saettava quasi automaticamente sulla foto di Asuma posta sul ripiano in marmo della cucina.



5. Farina

Kiba l’aveva avvertita: lui, il cibo, sapeva solo mangiarlo.
Hinata ne ebbe la certezza quando, una sera come tante, il ragazzo volle rimanere in pasticceria a guardarla preparare i dolci per il giorno dopo: gli aveva raccomandato di non toccare niente mentre lei prendeva gli ultimi ingredienti dalla dispensa, ma al suo ritorno aveva trovato l’intera cucina imbiancata di farina, compreso lo stesso Kiba.
«Ehm... volevo solo aiutarti», si scusò. A Hinata parve un cucciolo indifeso.
Si sollevò leggermente sulle punte dei piedi e gli pulì il viso con entrambe le mani. Kiba osservava rapito i suoi movimenti, sorridendo appena. Quando lei, poi, gli scompigliò i capelli per togliere gli ultimi resti di farina, lui le afferrò i polsi e la avvicinò a sé.
Con la testa premuta contro il petto del ragazzo, Hinata poteva sentire il suo cuore battere frenetico.
«Ti amo, Hinata», le sussurrò in un orecchio, stringendola un po’ più forte.
Hinata si irrigidì improvvisamente. «Forse tu non mi ami per il momento», disse lui, accarezzandole i capelli con fare protettivo, «ma giuro di renderti felice in qualunque caso».
Lei sentì gli occhi pizzicare, mentre si staccava dal ragazzo.
«Ora sei sporca anche tu», le fece notare lui, ridacchiando, per alleviare la tensione.
Hinata sorrise, asciugandosi gli occhi lievemente umidi con il dorso della mano.
«Sai che non puoi competere con i miei disastri».
«Scommettiamo?», rispose lui, afferrando la prima cosa che trovò sul ripiano della cucina: un barattolo di nutella.
Pochi secondi dopo, i due si rincorrevano per l’intera pasticceria, urlando e ridendo come bambini: il giorno dopo, trovando l’intero locale a soqquadro, Kurenai avrebbe chiuso un occhio per poi rimboccarsi le maniche e prepararsi ad una sessione prolungata di pulizie.



6. Grembiule

Hinata si asciugò il sudore con il dorso della mano, mentre Kiba vicino a lei russava sonoramente.
Si diede un’ultima occhiata intorno per verificare di non aver dimenticato niente e poi si stese accanto al ragazzo, accucciandosi contro il suo petto, mentre Akamaru sonnecchiava un po’ più distante.
Non fece in tempo a chiudere gli occhi, che Kiba si svegliò.
«Abbiamo finito davvero?», chiese lui, stiracchiandosi e sbadigliando.
«Davvero davvero», rispose Hinata, sorridendo.
Alzarono lo sguardo contemporaneamente: c’era voluto tempo e lavoro, ma alla fine erano riusciti a terminare la nuova pasticceria. «Non è bellissimo, Kiba-kun?», chiese lei, alludendo a quello che era sempre stato il suo sogno e che si era trasformato in realtà.
«Tu sei bellissima». Kiba seguì con le dita il contorno delle labbra di Hinata che, a quel contatto, si incurvarono in un sorriso ancora più dolce. La ragazza gli regalò un piccolo bacio. «Alla fine ci sei riuscito».
Kiba la baciò a sua volta, prima sulle labbra, poi sul collo. «A fare cosa?».
«A farmi innamorare di te e a rendermi felice», rispose lei, intrecciando le dita nei suoi capelli.
Lo sentì sorridere contro le proprie labbra e accarezzarle i fianchi.
«E tu sei riuscita a raggiungere il tuo obiettivo».
Hinata annuì: ora aveva una pasticceria tutta sua. «Possiamo ritenerci soddisfatti».
«Non prima di aver inaugurato la tua nuova impresa come si deve».
Kiba, a quel punto, le afferrò una spallina del grembiule e la fece scivolare sul braccio insieme a quella della maglia, sorridendo famelico di fronte al taglio del seno. Hinata arrossì, ricordando il pasticcio del giorno in cui i loro sguardi si erano incrociati per la prima volta. Quello di Kiba era lo stesso, malizioso, desideroso, ma in quel momento Hinata lo trovò più intenso, più maturo.
E mentre il ragazzo le sbottonava il grembiule e la baciava ovunque, Akamaru capiva che era meglio andare a dormire da un’altra parte, mentre Hinata ringraziava mentalmente Kurenai per averle insegnato a non arrendersi di fronte al primo ostacolo.
Se in quel momento non aveva rimpianti, era solo perché aveva osato.















Note dell'autrice:
La KibaHina mi piace molto coppia, quasi quanto la SasuHina e mi sembrava carino scriversi qualcosa a riguardo.
Spero che queste 6 flashfics vi siano piaciute, mi fate sapere cosa ne pensate? Grazie a chi leggerà/recensirà.
E questa è l'ultima AU che scrivo per la challenge... ora vorrei dedicarmi ad altri fandom, ma tanto dico sempre la stessa cosa e alla fine me ne esco sempre con qualche NaruSaku XD alla prossima!

Pubblicità: se aveste tempo e voglia, mi farebbe piacere la vostra opinione su questa JiraTsu e questa SuiKa. Grazie a tutti!
  
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