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Autore: cemetriesoflondon    29/06/2013    5 recensioni
Erwynn è un giovane ragazzo, uno tra i tanti. Figlio di un artigiano e di una maga, sarà costretto ad imparare la nobile arte della magia per salvare Ireth, l'antica città magica. Potrà contare sull'aiuto di molti ma dovrà compiere anche una ricerca all'interno di sé stesso e del mistero che copre e sovrasta Ireth. Una storia avvincente, tra misteri e magia che si intrecciano tra i personaggi frutto della fantasia di un giovane scrittore.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Capitolo 1) Partenze. 

Spinto da una leggera brezza estiva Erwynn passeggiava intorno alle mura di Ireth, assaporando i rumori e gli odori che provenivano dalle case vicine. Era calato da poco il sole e una macchia rosso sangue si stava spargendo sul cielo, coprendo i tetti della piccola città. Seduto su un basso muretto, il suo sguardo si perdeva tra le valli che circondavano l'antica città fortificata dove ogni colore, sapore e rumore penetrava nel vivo, nel cuore pulsante e si percepiva tra le pietre, le mura e in ogni angolo. Veniva racchiuso e custodito, come una perla unica e rara che solo il tempo avrebbe potuto rovinare, e solo un ricordo leggero come un soffio sarebbe riuscito ad evocarlo. Protetta da alte mura ormai Ireth era diventata sempre più forte e grande, fino a sovrastare l'intero territorio circostante, arroccata su un monte e protetta da qualsiasi attacco. Erwynn guardò dal grande arco che si trovava ad Est le piccole capanne vicine ai campi, dove abitavano i contadini e si ricordò di quando sua madre non gli permetteva di uscire dalla città. Erano altri tempi.  Pensò cercando quasi di evitare e oscurare quella memoria che aveva distrutto, fatto a pezzi, pur di dimenticare.
Si alzò poi un vento sempre più fresco che lo costrinse a rientrare a casa. Dopotutto era ancora fine estate e l'autunno si faceva sentire sempre di più giorno dopo giorno: le foglie ormai così secche e fragili si ammassavano negli angoli della campagna e le piogge sempre più frequenti purificavano l'aria secca dell'estate.

Dopo alcuni passi all'interno del borgo giunse nel mezzo della via dalla quale poteva vedere le scale che portavano ad alcune abitazioni più alte e difese. Riconobbe una figura alta, robusta e vigorosa che stava uscendo da una piccola bottega e nell'avvicinarsi capì che era suo padre. Mentre il cielo si faceva sempre più scuro si avvicinò al padre e lo guardò silenzioso mentre con gesti veloci chiudeva la piccola porta in castagno del laboratorio dove lavorava. Con le sue mani intagliava qualsiasi oggetto in legno e con abilità e accuratezza riusciva ad ottenere sculture dalle linee e dalle forme che davano un equilibrio e un'armonia ineguagliabile. Lavorava in quel piccolo laboratorio sotterraneo e passava lì perfino la notte quando ispirato lavorava e dalla piccola finestrella con accesso sulla strada si vedeva solo la luce fioca di una candela che lo illuminava o un sottile raggio di luna penetrava nella taverna, creando  ombre e sagome di ogni tipo. Uno dei più abili artigiani del legno di tutti i territori conosciuti, conosciuto nell'intero regno che i più nobili e ricchi conoscevano e acclamavano per farsi creare il proprio arredo con materiali naturali provenienti dalle foreste nei dintorni, creato dalle ruvide e forti mani di un artigiano che girava di corte in corte, soddisfando ogni richiesta. 

Non ci faceva caso, ma per Erwynn ormai era un'abitudine vederlo solo per pochi mesi all'anno e la mancanza di una figura paterna rappresentava per lui una mancanza, un bisogno, una perdita che non riuscirà mai a colmare e recuperare.  Ascoltava ogni volta al suo ritorno i racconti di viaggio, le storie che i menestrelli raccontavano alla corte di ogni nobile e le descrizioni dei paesaggi nei quali si immedesimava ogni volta che sentiva il padre raccontargli di mondi e territori lontani che nella sua mente trovavano subito spazio per la fantasia e l'immaginazione. Leggeva molti libri, e portava dentro di sé ogni cultura, ogni leggenda e ogni mito e sperava che un giorno le avrebbe potute vivere a pieno, e aprire la sua mente verso nuovi sguardi e orizzonti, ma la sua vita era qui. Non c'era tempo per viaggiare, doveva imparare un mestiere o studiare all'accademia, e in entrambi i casi avrebbe dovuto compiere grandi sforzi e mettersi alla prova. Forse non era pronto, ma era giunto il momento.



«I regnanti della Terra dei Fiumi si sposeranno a poco, e dovrò costruire per loro un talamo nuziale. Riuscirò a tornare forse solo quando qui sarà caduta la prima neve. E' veramente importante, spero in ogni caso di riuscire a non trattenermi per più di pochi mesi. Tra pochi giorni mi attende una carrozza per partire. E..» 

Sospirò, buttando fuori tutto ciò che aveva dentro. Socchiuse gli occhi, sperando che quel momento non fosse mai successo, ma quando li riaprì, scoprì che la realtà era più nitida e chiara di quanto credesse. Non c'era bisogno di spiegazioni, ormai Erwynn lo sapeva. Se lo aspettava, e non c'era niente che avrebbe potuto fare. Thalion lo guardò per l'ultima volta e percepì nei suoi occhi uno sguardo assente, perso, e confuso. Si limitò a salire le scale ed entrò in casa, lasciandosi dietro alle spalle la fredda notte di fine estate ed entrò subito nella piccola stanza molto calda e accogliente dove passava gran parte del suo tempo, immerso nella lettura su una poltrona davanti al camino o dove erano soliti mangiare. Il silenzio già presente nella stanza si fece sempre più forte. Era un eco, un grido trattenuto, quelle parole mai dette si perdevano nella mente confusa. Perse il suo sguardo nella stanza nella ricerca di aggrapparsi ad una figura, ad un oggetto o qualsiasi cosa che potesse ricordargli che la vita non era così. Non era solo ricordi e rimpianti.

«Mangia, ti farà bene»

«Non ho fame, preferisco andare a letto, è stata una giornata molto stancante»

«Erwynn, so che forse sarai arrabbiato con me ma ciò che faccio è per garantirti un futuro, una vita migliore»

disse il padre con voce leggera e pacata, quasi le parole si perdessero nell'aria. Erano promesse, desideri e discorsi che volavano leggiadri come farfalle. Destinati a morire, così fragili e deboli, ma di una bellezza e una leggerezza che pareva una melodia senza tempo, una di quelle che non hanno mai fine e che allontanano dalla realtà quasi da sembrare un sogno. La realtà invece cadde come un castello di carta, la disillusione di un mondo ormai sempre più irreale squarciò la sua mente con il peso di quelle parole.

«Il mio futuro non è certamente qui, e lo sai»

Aveva un sogno Erwynn, un sogno che manteneva viva la sua speranza e che lo ossessionava giorno dopo giorno, notte dopo notte, finché non sarebbe arrivato il momento che lo avrebbe realizzato. Non c'era spazio per sognare nel suo paese e nella sua famiglia, dovevano solo dedicarsi al lavoro e alla produzione, una volta conquistato il successo, crearsi una famiglia e portare avanti il lavoro per le generazioni future. I sogni erano oppressi dalla realtà dura e cruda di ogni giorno, rappresentavano la libertà, l'aspirazione e il desiderio di conoscenza che andavano contro la “normalità” della vita che ogni giovane doveva raggiungere. Sognava di viaggiare il mondo, scoprire nuove culture e nuove persone e una volta acquisita la conoscenza, fermarsi presso la corte di un sovrano e trasmetterla agli altri, raccontare storie e leggende dei mondi che aveva visitato.

«Sai bene che è quasi impossibile fuggire da Ireth. Il re in questi tempi non lo permette e l'accesso alla città è sempre più controllato, se vuoi veramente costruirti un futuro, dovrai costruirtelo qui. Passerà, è solo un momento..»

«No, non passerà. Saranno sempre le solite persone, le mie solite stupide idee, la mia voglia di essere libero e il tuo tenermi vicino a questo paese che ormai sai già che non è mio»

Il vortice delle parole rimbombava nella stanza e si alternava a grida e silenzi che facevano vibrare e tremare la terra dalla loro forza per buttare fuori tutto ciò che aveva dentro, tutta quella rabbia e tutta quella delusione che ormai portava dentro da tempo.

Thalion ascoltò attentamente le sue parole e ci pensò a lungo. Non dormì quella notte, ma rifletté continuamente a quelle parole senza chiudere un occhio. Chiuse la porta e andò poi nel suo laboratorio, come quasi tutte le notti, per dedicarsi al lavoro senza che i pensieri lo tormentassero più di quanto non facessero prima. Pensò alla sua gioventù, a suo figlio, alla sua vita e a tutte quelle esperienze che avevano fatto di lui quello che adesso era. Anche lui aveva un sogno come Erwynn, un sogno che però si era allontanato da lui e che non gli permise di crearsi la vita che sognava, ma nonostante tutto poteva considerarsi “felice”. Avrebbe voluto che suo figlio potesse finalmente essere felice e che avesse potuto crearsi la sua vita.

Partì quella notte, proprio mentre l'alba rischiariva il cielo e il sole saliva lentamente. La luce del mattino rendeva più nitido il paesaggio circondato da una leggera nebbia, le tenebre della notte si mescolavano con le luci del giorno e un vento leggero soffiava sulla città. Fuggì passando dai campi, senza lasciare traccia di sé, liberandosi dei pensieri e con solo i suoi attrezzi per fargli da compagnia. Liberò il suo cavallo ed insieme galopparono lontani verso la terra dei Fiumi, correndo velocemente per i boschi e le radure, dove avrebbe potuto terminare il suo lavoro e una volta concluso, poter ritornare nella sua terra. Nel cammino lo accompagnarono stormi di rondini che volevano nella speranza di poter passare l'inverno e ritornare in primavera al proprio nido, così come lui che dopo il lungo viaggio sarebbe tornato finalmente a casa dalla propria famiglia.

Lasciò solo una lettera ad Erwynn, una scritta da tempo, che custodiva in un cassetto, l'appoggiò sul cuscino vicino a lui e accarezzò le sue morbide guance prima di abbandonarlo. § L'aurora del mattino seguente portò un vento di novità e sconvolgimenti per Erwynn che non appena si risvegliò sentì subito l'assenza e la mancanza di calore, come le ceneri spente nel camino, ormai gelide e quasi indifferenti, prive dell'ardore tipico del fuoco. Gettò un'occhiata di colpo sulla pergamena posta sul cuscino, l'aprì di scatto, la lesse senza troppa attenzione e la lanciò nel camino dove un tizzone ancora acceso la consumò fino a diventare polvere fine, così sottile che non stava nemmeno nel pugno della sua mano, impalpabile proprio come i suoi sogni.

Si vestì velocemente e uscì di fretta di casa, senza nemmeno mangiare qualcosa e salutare sua madre, prendendo la scarsella e dirigendosi con passo svelto verso la parte alta della città. La parte alta della città era proprio la zona più importante e sacra di Ireth dove si trovavano il palazzo reale, il tempio, l'accademia e la fortezza, edifici maestosi e sfarzosi che si elevavano verso il cielo, tra cui la Fortezza, le cui mura si scorgono per fino dai territori più lontani. Si narra infatti che le mura furono state erette durante la guerra, per scopo difensivo e successivamente ampliate per dimostrare la potenza e la ricchezza della città. Mura così alte partono dalla fortezza e cingono le case tanto che in alcuni punti non è ancora possibile vedere il paesaggio e le valli circostanti mentre in altri il tempo e alcune distruzioni hanno lasciato spazio ad una vista che si apre verso i colli e i boschi circostanti.

All'interno i vicoli e le piccole strade si intersecano tra loro fino a formare un labirinto quasi infinito che termina solamente nelle grandi piazze dove si aprono i luoghi di scambio, di commercio e il cuore centrale di Ireth, da dove partono scalinate infinite che procedono in altezza fino a raggiungere il Palazzo Reale.

Le piazze ospitano i luoghi più importanti dove si ritrovano gli abitanti per riunirsi in assemblea, per compiere scambi ed acquistare nuovi merci all'interno del Mercato o solamente per scambiare alcune parole nelle botteghe o sedendosi sulle panche in legno e in pietra sparse nella piazza, sotto l'ombra degli alti castagni dei boschi circostanti. Grandi piazze che si susseguono l'una con l'altra lungo tutto il paese, dove si confondono rumori, colori, persone e storie che si intrecciano nella luce del giorno e nella confusione delle piazze.

Ognuno alla ricerca di un proprio posto nella città, diretto verso la propria strada, trascinandosi dietro con se la propria ombra che si perde poi dietro le mura di una via e allontanandosi velocemente, quasi come giocando a nascondino. Rimaneva ogni volta stupito da questo spettacolo, e da piccolo spesso si sedeva su una lastra di pietra ed ammirava tutti i volti, gli occhi e le parole che incrociava, meravigliandosi in silenzio, soltanto per vedere quante persone, quanti popoli e quante culture diverse esistono al mondo e si incontravano proprio in quella piazza di quella città. Arrivava infatti gente da ogni luogo ad Ireth: alcuni studiavano all'Accademia, altri cercavano la fortuna in città mentre altri ancora ne ammiravano la bellezza e la potenza da lontano, senza prenderne parte, proprio come lui. Quella mattina però andava di fretta, ed era totalmente assorto nei propri pensieri cercando di farsi spazio tra la folla, tra i banchi in legno del mercato e i consigli di anziani che si riunivano per discutere tra loro, salendo le dure scalinate in pietra verso l'alto, riconoscendosi nelle figure che un tempo guardava da lontano. Come sempre notò alcune guardie cittadine ed alcuni soldati sotto l'ombra del grande castagno che discorrevano tra loro e controllavano il flusso di cittadini e stranieri all'interno delle grande arterie di Ireth.

Procedeva salendo sempre di più mentre il sole batteva forte sulla pietra riscaldandola, oltre ai venti caldi che si diffondevano e alla folla di gente che spingeva e che andava in ogni direzione.

Raggiunse poi il Grande Arco, sulla cui fronte porta lo stemma della città: un drago nero e una tenaglia con il simbolo del fuoco e lo sfondo delle montagne che circondano la città, lo guardò in lontananza e si avvicinò verso l'ingresso alla parte più alta della città quando fu fermato improvvisamente da una guardia cittadina.

“E VOI sareste?” disse la guardia ai lati dell'ingresso che reggeva sulla mano destra una lancia in ferro a scopo di protezione e che mise davanti ad Erwynn per ostacolare il suo passaggio.

“Ehm..” si schiarì la voce e disse: “Vorrei recarmi all'Accademia, devo ritirare un libro molto importante”

“Un libro molto importante?”
replicò la guardia con tono ironico, “vedi ragazzino, l'Accademia non è un posto per voi, semplici figli di artigiani o di piccoli lavoratori. All'Accademia studiano solamente i più nobili e ricchi Principi di tutti i Regni che vengono fin qui dalle terre più lontane. E io adesso dovrei lasciarti passare? Non sai forse bene cosa sign..”

Il soldato non finì nemmeno le sue parole che Erwynn era già alla ricerca di qualcosa nella sua scarsella di pelle marrone, sbirciò dentro e sentito un tintinnio tirò fuori una moneta e la porse nelle mani del soldato che lo lasciò passare senz'alcuna obiezione. Era una moneta di argento, limpida e splendente, con coniato lo stemma della città e l'effigie del re, una moneta il cui valore è sicuramente notevole per gli artigiani e i commercianti che riescono a guadagnarne poco più che una decina in un mese pieno di prosperità e fecondità.

Passò quindi oltre ed entrò nella piazza che si apriva e circondava interamente la parte alta della città. Riconobbe una schiera di soldati posti davanti al Palazzo Reale, le cui merlature e mura proteggevano il regnante da ogni possibile attacco, e vide un gruppo di giovani parlare in cerchio davanti ad un piccolo patio retto da colonne che nascondevano al loro interno un cortile dove si intravedevano alcune statue, una fontana centrale e un albero che faceva ombra su gran parte del chiostro. Capì che doveva essere quella l'Accademia, il luogo per eccellenza dell'istruzione e della cultura conosciuto in tutti i regni, dove si recavano i più importanti principi e nobili per apprendere qui le arti e i mestieri, e una volta concluso il loro studio ritornare nella propria terra natale.

§

Entrò con un passo lento e percorse il chiostro guardando ogni particolare ed ogni volto con circospezione fino a giungere all'interno di una grande sala non molto illuminata dove sedevano silenziosamente alcuni ragazzi intenti a leggere con attenzione libri e a scrivere pergamene illuminati dalla luce fioca di una candela. Si fece avanti e si avvicinò presso una tavola di legno dietro la quale su una sedia in pelle pregiata sedeva un anziano signore concentrato a scrivere velocemente con una piuma dalle rifiniture d'argento su numerose pregamene sparse sull'intera tavola.

Erwynn tossì silenziosamente e non appena il vecchio alzò gli occhi vide che aggrottava le ciglia e che lo guardava con un'aria piuttosto sospetta ed estraniata. Lo squadrò dai piedi fino alla testa e la prima domanda che gli fece fu:
“Benvenuto all'Accademia Reale. Scusate ma non riesco a riconoscere il vostro volto. Sapete, ci sono molti regnanti e nobili ultimamente nelle nostre terre..Ma ditemi, qual è la vostra casata?”
Erwynn attese pochi secondi, pensò immediatamente alla prima parola che gli passava per la testa e disse: “Oh beh, faccio parte della casata dei Cetius, nobili lavoratori del legno..”
L'anziano signore prese gli occhiali vicino alla candela, li mise e prese un grande libro che si trovava dietro di lui su una mensola poco più alta. Iniziò a scorrere il registro velocemente e quando si accorse che nessun Cetius era registrato nel Grande Libro delle Nobili Casate sorrise e pensò che doveva essere sicuramente uno scherzo architettato all'ultimo minuto.
“Sono ormai molti anni che lavoro qui ma non ho sentito parlare di nessun Cetius, non c'è ombra di dubbio che sia una delle più nobili casate di queste terre ma forse non sono stati registrati perché la loro sapienza va ben oltre ciò che si può imparare tra queste mura..”

Erwynn sorrise, nonostante non era riuscito nel suo intento e quando vide che l'anziano signore era tornato a lavorare se ne andò, e sulla soglia della porta disse salutandolo: “Addio, è stato un piacere, messere.”

Gli sarebbe piaciuto poter studiare lì ma pensò che forse era un mondo troppo lontano e che sarebbe stato meglio apprendere un mestiere pratico, così avrebbe potuto subito iniziare a guadagnare qualche soldo, e chissà magari avrebbe potuto viaggiare lontano per qualche mese, fin quando il denaro glielo avrebbe permesso.

Scese dalla città alta fino a raggiungere la città bassa per tornare a casa e sulla via incontrò molta gente che lo guardava con occhi strani, tra cui due donne anziane vicino ad una fonte che sussurrarono tra di loro: “Quello è il figlio di Thalion, l'artigiano. Si dice che sia partito ieri notte per un incarico importante, chissà..”

Da “Cronache, leggende e storie della Terra delle Nebbie”

[…]
La tradizione dell'accademia era così: solamente chi era registrato come casata poteva accedere all'accademia e doveva portare onore raggiungendo la massima sapienza e conoscenza delle arti fin quando compiuta la maggiore età doveva dimostrare i propri valori e la propria saggezza al pubblico in una grande cerimonia che si teneva al principio di ogni estate nella Sala Grande dell'Accademia. […]

Solamente per pochi anni, dal III del Regno di Meirion, chiunque volesse aveva accesso all'Accademia, dietro il pagamento di un'ingente somma di denaro. Molti frequentarono l'accademia e negli anni a seguire si ebbe uno splendore massimo della cultura in tutta la Terra delle Nebbie, alcuni studenti successivamente assunsero anche posizioni importanti e uno di loro diventò anche Consigliere Reale, ma ben presto si rivelò spietato e letale.

Si avvicinò molto al re Meirion e con astuzia, come un abile stratega, progettò tutti i minimi particolari per compiere una rivoluzione e prendere il potere. Trasformò la Grande Foresta in un posto orribile, impose tasse, taglie e torture sulle creature che vi abitavano ed iniziò a costruire torri e castelli che si ergevano verso l'alto a dimostrazione del suo potere e sulla cui vetta soffiava lontana il suo stemma, nero come la pece, come il buio e la morte che si spandeva sempre più verso i regni vicini.

Il re Meirion se ne accorse sebbene fosse tardi, e per paura che potesse ucciderlo e conquistare il potere nel X Anno del suo Regno lo fece catturare e giustiziare nella cittadina di Dunos. La leggenda narra che sul punto di morire lanciò una maledizione sul piccolo borgo, sul regno e su tutti i re che si sarebbero successi nella Terra delle Nebbie finché non si fosse stabilito l'equilibrio.

Da quel momento il re fu sempre più restrittivo sugli studenti dell'Accademia e sulle cariche reali più importanti, allontanò quindi i rapporti tra il re e i cittadini, perseguendo sempre chi tentava di sopraffare e ingannare il re. Ricercò a lungo i compagni di Dith, il malvagio consigliere, ma non furono mai trovati, e molti, nonostante siano passati ormai più di 50 anni sospettano che possano essere ancora vivi.
[...]


Pensava di tornare a casa ma mentre scendeva decise di andare nel Bosco di castagni che si trovava poco lontano da casa sua, per raccogliere qualche frutto e un po' di legna per l'autunno e l'inverno che ogni giorno si affacciavano sempre di più con il loro vento freddo, le loro piogge insistenti e le prime nevicate. Il bosco si trovava proprio ad Ovest, a poche miglia dalla città in un'area dove anticamente si trovava un rifugio per chi attraversava la grande valle che univa la Terra delle Nebbie con la Terra delle Foreste, una valle molto percorsa anticamente, fulcro del commercio e degli scambi tra i due regni.

Passando dalla città i mattoni in pietra si diradavano sempre di più lasciando spazio ad una terra umida percorsa a tratti da piccoli ruscelli e piccole cascate che scendevano giù dai monti più alti, in un ambiente fresco ed umido dove si trovavano i grandi alberi di castagno e sotto la loro ombra i rovi con i prelibati frutti di bosco.

Camminò silenziosamente scricchiolando sulle foglie quasi secche e raccolse un po' di frutti nel cammino, prese dell'acqua dalla fonte e continuò ad inoltrarsi nel bosco da solo, a contatto con la natura e i suoi rumori. Passo dopo passo non si accorse che il tempo passava e che stava giungendo quasi il tramonto ma continuava imperterrito a camminare, fermandosi qua e la a raccogliere qualche rametto un po' più robusto e resistente.

Si sedette un attimo su una roccia, per riposarsi dopo il lungo tratto percorso e pensò che doveva sicuramente trovarsi a poche miglia da Bagos, un piccolo paese vicino ad Ireth, proprio sotto il Grande Monte che dominava la valle, a tratti innevato e coperto dalle nebbie. Erwynn alzò gli occhi al cielo, vide che la luce del sole si faceva sempre più tenue ed iniziò ad orientarsi, incamminandosi verso casa. Il fardello che portava con se era pesante e perciò allentò il passo, sperando di riuscire in ogni caso a tornare a casa prima che scendessero le tenebre.

La valle tra i due regni dagli ultimi decenni aveva perso importanza come via di comunicazione ed era diventata un luogo immerso nella natura dove si rifugiavano creature di ogni tipo, ma sopratutto gli “altri”, chi non aveva un posto dove dormiva e vagava errante nel bosco. Era considerato pericoloso attraversarla ed ormai in molti passavano lungo la costa, più in basso, sotto le mura di Ireth.

Il sentiero che attraversava la valle era infatti più nascosto ed ormai abbandonato, per cui abitato dagli “invisibili” e da chi tentava di raggiungere la città senza essere visto. Aveva paura di poter rimaner intrappolato tra le ombre della notte e di perdere il sentiero che lo avrebbe portato a casa ma cercò di fare in fretta e non appena vide le mura della città ebbe un gran sollievo. 
  
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