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Autore: Amor31    29/06/2013    2 recensioni
Due ragazze da sempre rivali.
Due sconosciuti in attesa del loro arrivo.
Un'avventura che le unirà nel bene e nel male.
*PROSSIMO AGGIORNAMENTO: SABATO 5 APRILE*
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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34.  Lo sbarco

Da quando aveva ballato con Duncan, Lady Courtney non aveva più visto né il capitano né Gwen. Ciò che maggiormente la lasciava basita era il fatto che il pirata sembrasse volerla evitare a qualsiasi costo; dopotutto, questa tesi era rafforzata dalle parole di Sam, che la mattina dopo lo “scandalo” aveva bussato alla sua cabina per informarla che avrebbe fatto colazione sì nella stanza di Crouch, ma solo in compagnia di Heather.
-Come mai questa improvvisa decisione?-, aveva chiesto Courtney sollevando un sopracciglio, sospettosa.
-Ordini del capitano. Credetemi, non so altro-.
Richiudendo la porta, la donna aveva intercettato lo sguardo della dama di compagnia, che per tutta risposta le aveva restituito un’occhiata ammonitoria.
-So cosa state pensando-, aveva detto Lady Bennet sistemandosi le pieghe dell’ampia gonna, -ma vi pregherei di tacere-.
-Non ho proferito parola-, aveva replicato Heather sollevando le mani a mezz’aria.
-Meglio così, allora. Perché le vostre elucubrazioni sono sempre molto fantasiose-.
-Potrete anche pensarla in questo modo, ma dovete convenire con me che molto spesso ho avuto la giusta intuizione-.
A quell’affermazione Courtney aveva sbuffato sonoramente. Odiava dare ragione ad altri che non fossero lei stessa.
-Comunque sia, ieri sera avete esagerato. Insinuare che quel pirata sia attratto da me… Ah! Ma come avete concepito una simile idea?-.
-My Lady, ho forse scorto nel tono della vostra voce un certo piacere?-.
-Cosa?! Ma Heather, siete impazzita? E come osate rivolgervi così a me, vostra padrona?-.
-Vi prego di scusarmi se vi siete sentita offesa-, aveva sottolineato la dama abbozzando un inchino. -Non era questa la mia intenzione. Ma sappiate che il mio giudizio non cambierà finché non sarò in possesso di prove che confermino il contrario di quanto da me supposto-.
Courtney aveva deciso di troncare lì il discorso, che stava prendendo inevitabilmente una brutta piega; Heather, d’altro canto, non aveva insistito più di tanto: si divertiva troppo a stuzzicare la padrona. Finalmente si sentiva libera di potersi esprimere senza la paura di essere in alcun modo rimproverata o punita; ormai non aveva nulla da perdere.



 
I dieci giorni successivi trascorsero molto lentamente. Le due ragazze non avevano nulla da fare, se non confabulare e passeggiare di tanto in tanto sul ponte spazzato da un forte vento che aveva fortunatamente accelerato la navigazione verso sud. Courtney cercava di incrociare Duncan in ogni modo: desiderava parlargli il prima possibile per ottenere le risposte che non aveva ottenuto la sera del ballo, ma il pirata continuava ad evitarla, voltandosi dalla parte opposta al solo vederla apparire da sottocoperta.
-Sam, potete dire al capitano che necessito di un’udienza in sua presenza?-, chiese un pomeriggio al solito mozzo di cui aveva imparato a fidarsi.
-My Lady, mi sono state impartite severe disposizioni in merito-, le disse il giovane con rammarico. -E purtroppo sono costretto a comunicarvi che parlarvi non è tra i voleri del capitano-.
-Ma cosa significa?!-, sbraitò la nobile facendo sobbalzare Heather al suo fianco e richiamando l’attenzione di metà ciurma.
-Shhh, calmatevi, per favore!-, cercò di tranquillizzarla Sam.
-Come posso esserlo se mi viene rifiutata perfino un’udienza? È mio diritto essere ascoltata!-.
-Comprendo bene le vostre ragioni, ma…-.
-Torna al lavoro, mozzo! E bada a non conferire troppa importanza a quella donna!-.
Courtney, Heather e il giovane pirata si voltarono nello stesso momento e videro Duncan affacciarsi e avanzare verso il parapetto superiore che separava la poppa dalla prua.
-Dannato!-, esclamò la nobile inglese senza troppi complimenti. -Avete forse dimenticato il codice che regola le vostre attività di pirata?-.
-In verità ho scordato da tempo quelle norme-, replicò il capitano. -Se le avessi tenute a mente, a quest’ora né voi né nessun’altra donna a bordo sarebbe stata ancora viva. Sareste stata cibo per pesci, sapete? Ma forse sono stato davvero troppo buono. Forse preferite finire preda di un qualche squalo solitario e affamato…-.
-Le vostre minacce non mi spaventano-, disse Courtney con ardore avanzando di un passo. -Abbiate il coraggio di venire qui e dirmi come stanno davvero le cose! Siate uomo, per una volta nella vostra vita!-.
-Non credo che abbiate bisogno di ulteriori dimostrazioni della mia virilità-, ribatté Duncan scatenando le impetuose risate degli altri compagni.
-No, infatti-, affermò Lady Bennet abbassando appena il tono della voce. -La vostra scarsa intelligenza e maturità abbassa perfino la media del genere maschile-.
-Oh! Attenzione, ciurma: Miss Perfezione ha appena sfoggiato tutta la sua gran cultura!-.
Un nuovo coro di risa si levò dalla folla, mentre Courtney, rossa in viso per l’ira, se ne tornava dritta in cabina seguita dall’onnipresente Heather.
-Ah, quell’uomo! Mi renderà pazza!-.
“Come se fosse necessario”, pensò tra sé e sé la dama di compagnia.
-Devo assolutamente escogitare un buon piano per trovarlo da solo: a quel punto, lontano dagli altri buzzurri, non potrà non prestarmi ascolto. Heather, cosa ne pensate?-.
-Il vostro proposito è buono, ma di difficile realizzazione-, sentenziò. -Ricordate che ormai il capitano ha abbandonato quasi completamente la propria cabina-.
-Che intendete?-.
-Voglio dire che egli ha smesso di tornare nel suo alloggio. Pur di evitarvi è disposto a lasciare perfino la comodità della sua stanza-.
-Ma perché si comporta così?-, chiese ancora Courtney. -E che cosa ne è di Gwen?-.
-Lady Bennet, conoscete già le mie teorie…-.
-Sì, sì, non c’è bisogno che le ripetiate…-.
-E allora dovrete pazientare. Oppure sperare che il capitano torni nella sua camera una di queste sere. Soltanto allora avrete la possibilità di scambiare qualche parola con lui. Nel caso in cui questo accada, dimostratevi affabile e cortese; studiate bene le sue reazioni e poi raccontatemi tutto: in men che non si dica scioglierò ogni vostro dubbio-.
-Davvero credete che questa tecnica funzionerà?-, domandò scettica Courtney.
-Fidatevi di me-, assicurò Heather.
 



Dovettero passare altri cinque giorni prima che la nobile ottenesse un qualsiasi risultato positivo.
Ogni sera, subito dopo cena, le due ragazze tornavano immediatamente nella loro cabina e dopo aver fatto scattare dall’interno la serratura si sistemavano accanto alla porta nella speranza di udire avvicinarsi i passi di Duncan. Purtroppo avevano atteso invano l’arrivo dell’uomo, che sembrava deciso più che mai a non spingersi in quel lato della nave.
-È inutile-, rifletté a voce alta Courtney con aria rassegnata. -C’è bisogno di cambiare strategia-.
-My Lady, non disperate del tutto. Sapete cosa è accaduto la scorsa notte?-.
-Raccontate!-.
Heather assaporò per un istante il silenzio calato improvvisamente nella stanza e riprese: -Poco prima dell’alba mi sono svegliata di soprassalto; un terribile incubo ha turbato la mia quiete e…-.
-Tagliate corto!-.
La dama di compagnia ridusse gli occhi a due fessure e squadrò la padrona come a rimproverarla.
-Se non vi dispiace-, tentò di riparare Courtney addolcendo il tono della voce.
-Ebbene-, riprese Heather, anche se non del tutto convinta, -ho sentito il bisogno di alzarmi per cercare di calmarmi. Ho fatto un giro della stanza tentando di non far rumore per non svegliarvi; il silenzio era palpabile. Stavo per tornare a dormire, quando dei rumori provenienti dal corridoio mi hanno raggelato il sangue nelle vene. In un primo momento sono rimasta come paralizzata, ma poi, presa dalla curiosità e spinta da una mia nuova intuizione, mi sono fatta coraggio e ho sbirciato attraverso la serratura della porta. Potete ben immaginare chi ho visto-.
-Era forse Gwen?-.
-My Lady, non stavamo parlando del capitano Crouch?-.
-Ah! Davvero era lui?-.
-Sì-.
-Ne siete completamente certa?-.
-Courtney, i miei occhi non hanno mai sbagliato-.
-E cosa pensate stesse facendo nel cuore della notte?-.
-Aveva intenzione di controllare la propria cabina senza essere disturbato da nessuno, evidentemente. Ne è uscito non meno di dieci minuti dopo e, credetemi, stava sicuramente cercando qualcosa. Deve aver messo a soqquadro l’intera stanza, prima di andarsene-.
-Ma a colazione tutto era in perfetto ordine!-, fece notare Courtney.
-My Lady, è chiaro come il sole che non era sua intenzione dare nell’occhio. Avrà sistemato ogni cosa, dopo aver trovato ciò che tanto agognava-.
-E cosa deducete da tutto questo?-.
-La mia è solo una supposizione, ma ritengo che stia nascondendo qualcosa. Altrimenti non si darebbe tanta pena di venire a controllare da cima a fondo la sua stanza, non credete?-.
Courtney rimase zitta; quella notizia, per quanto potesse sembrare banale, probabilmente nascondeva la chiave del mistero.
-Cosa proponete di fare?-, chiese a Heather.
-Per quanto ne sappiamo, il capitano potrebbe aver ispezionato la cabina ogni notte, da quando vi ha allontanata. Se questa deduzione è esatta, allora non mancherà di tornare nelle ore più buie della mattina, esattamente come accaduto ieri; vi consiglio quindi di dormire, my Lady: quando sarà il momento, vi sveglierò io e lo sorprenderete con le mani nel sacco-.
-Non ho mai conosciuto una donna scaltra quanto voi-, le disse ammirata la nobile. -Come farei, se non foste qui?-.
-Vi ringrazio del complimento, ma adesso riposate: le vostre palpebre non reggeranno un minuto di più-.
Courtney si svestì rapidamente e prese posto tra le lenzuola calde sotto lo sguardo di Heather.
-Buonanotte-, le augurò chiudendo finalmente gli occhi.
-Buonanotte-, replicò la dama sedendo accanto alla porta e pregando di riuscire a vegliare per tutto il tempo necessario.



 
Uno scalpiccio dall’esterno la fece sobbalzare.
Heather tese l’orecchio e accostò un occhio alla serratura: aveva appena intravisto la giacca nera di Crouch svolazzare nel corridoio, a meno di tre passi dalla porta della cabina.
La dama si alzò e scosse energicamente la padrona, sussurrandole un imperativo “Alzatevi!”.
-Cosa… Che succede…-.
-È qui, my Lady. È arrivato-.
-Fatemi passare!-.
Improvvisamente sveglia, Courtney si drizzò in piedi, indossò una vestaglia che Gwen si era vista costretta a prestarle e raggiunse la porta, facendo scattare in un sol colpo la serratura.
-Ricordate ciò di cui abbiamo parlato!-, le rammentò Heather un istante prima di vederla uscire. -Siate affabile!-.
Ma alla nobile interessava poco dimostrarsi cortese in quel momento. Desiderava solo due cose: essere ascoltata e scoprire cosa stesse nascondendo il capitano. L’ultima cosa di cui si preoccupava era il modo in cui avrebbe ottenuto entrambe le cose.
Lasciò la porta della propria stanza socchiusa e con passo leggero si avvicinò a quella del pirata; più accorciava la distanza, più percepiva il cuore martellarle nel petto.
“Non è questo il momento di avere paura”, si disse per farsi forza. “Dimostrerò a quell’uomo che si è messo contro la persona sbagliata”.
Ormai soltanto un altro passo la divideva dalla porta di legno che aveva di fronte. Poteva sentire chiaramente dei rumori provenire dall’interno, rumori simili al frusciare della carta. Allungò il collo e spiò attraverso la fessura a cui inavvertitamente il capitano non aveva prestato troppa attenzione.
Courtney lo vide trafficare tra quelli che, da lontano, le parvero appunti di viaggio. Il pirata sfogliava rapidamente pagine consunte e ingiallite dal tempo, tanto delicate che avrebbero potuto essere ridotte in polvere con un solo spiraglio di vento.
Per un intero minuto la ragazza rimase ferma a contemplarlo nella semioscurità del corridoio, poi, preso un profondo respiro, spinse la porta che, cigolando, le aprì uno spazio tale che bastasse per farla entrare.
Colto alla sprovvista e spaventato per quella inaspettata interruzione, il capitano si voltò.
-Voi!-, esclamò con un tono di voce a metà tra il sorpreso e l’adirato. -Che cosa fate in piedi a quest’ora? E perché siete entrata nella mia stanza?-.
-Sono esattamente le domande che mi stavo ponendo-, gli rispose Courtney avanzando appena.
-Tornatevene a letto e rimaneteci fino a domani mattina! Ora!-.
-A dire la verità, non ho alcuna intenzione di obbedire al vostro ordine-.
Il volto di Duncan, già di una sfumatura aranciata a causa della luce emessa dalla lampada a olio, divenne completamente rosso d’ira.
-Credo di non aver capito bene-, affermò tentando di rimanere calmo.
-Mi avete sentita. Non me ne andrò finché non avrete risposto a tutte le mie domande-.
Il ragazzo abbandonò la risma di fogli che stava consultando e si diresse verso la nobile abbassando lo sguardo solo per un istante: -Siete una gran cocciuta, non è vero?-.
-Fiera di esserlo-, ribatté Courtney, -se questo atteggiamento mi è utile per trovare ciò che cerco-.
-Ma cosa volete da me, eh? Adesso avete iniziato a spiarmi anche nel cuore della notte?-.
-La colpa è vostra, messere: tutto ciò non sarebbe accaduto, se mi aveste dato le giuste risposte alle domande che vi ho rivolto precisamente quindici giorni fa-.
Il pirata si stropicciò stancamente l’occhio sinistro, spazientito: -Quindi ciò che volete chiedermi è…-.
-Come mai Lady Thompson non osa più uscire dalla propria cabina e quali sono i vostri dannati piani-, lo interruppe la ragazza.
-Ascoltatemi, una volta per tutte: non ho idea del motivo per cui Gwen non voglia più uscire da quella maledetta stanza. Pensate forse che non abbia tentato più volte di parlarle? Pensate davvero che io sia così spregevole?-.
-Non me ne stupirei-, replicò con sincerità Courtney.
-Tuttavia, anch’io possiedo un cuore e sono molto preoccupato per lei. L’unico con cui abbia mantenuto i contatti è Light, il mio secondo; ma per quanto gli chieda in continuazione di Gwen, egli si ostina a ripetere che la ragazza non è intenzionata a vedere nessuno-.
-Ma perché?-, provò di nuovo Lady Bennet, sperando che il pirata si contraddicesse in qualche modo.
-Non lo so. Sono stato abbastanza chiaro, adesso? È inutile che mi riproponiate la stessa domanda in chiave diversa…-.
-D’accordo, allora. Potrei però sapere cosa avete intenzione di fare delle vostre prigioniere?-.
Una strana luce illuminò gli occhi di Duncan, che chiese incuriosito: -Vi ritenete seriamente mio ostaggio?-.
-E come, altrimenti? Sono forse libera di andare dove desidero e fare ciò che più mi piace?-.
-Se foste davvero una prigioniera, stareste ancora marcendo nella cella sotto la stiva. Eppure, fino a prova contraria state usufruendo di tutte le comodità; sarei pronto a scommettere cento sterline che vivete meglio a bordo della mia nave, piuttosto che sulla fatiscente American Hope-.
Courtney fece un rapido paragone e fu costretta ad ammettere a se stessa che il capitano aveva decisamente ragione.
-Non avete ancora risposto alla mia domanda-, ribatté la nobile spezzando quel momentaneo silenzio che si era venuto a creare.
-Saprete tutto solo vivendo questa avventura-, affermò con un ghigno Duncan.
-Molto poetico, sì… Ma non è questo ciò che volevo sentire!-.
-Beh, dovrete accontentarvi. Sono pur sempre un pirata, ricordate?-
-Bene. Bene! Toglietemi un’ultima curiosità-.
-Ditemi-, la incoraggiò divertito il capitano.
-Perché fino ad oggi avete cercato di evitarmi in tutti i modi?-.
Il sorriso abbandonò rapidamente le labbra di Duncan, che divenne serio di colpo.
-Allora?-, lo esortò Courtney, notando come il ragazzo avesse abbassato di nuovo lo sguardo fissando la pavimentazione lignea.
Il minuto di silenzio trascorso prima della risposta parve ad entrambi pari ad un secolo.
-Perché non vi sopporto. Non sopporto la vostra voce, i vostri capricci, le continue lamentele… Siete sempre tra i piedi e non avete alcuna utilità. Se lo avessi saputo, di certo avrei preso un’altra donna come mio bottino-.
Courtney preferì non sindacare sull’uso del termine “bottino”, anche se la cosa la urtò non poco. Ciò che la insospettiva era vedere come il capitano sembrasse non avere la forza di sostenere il suo sguardo.
-A quanto pare non tollerate più nemmeno la mia vista-, lo punzecchiò per esaminarne la reazione.
-Cosa ve lo fa pensare?-.
-Il fatto che non mi guardiate negli occhi-.
Duncan rimase zitto; nella semioscurità Courtney credette di aver visto un improvviso rossore imporporargli le guance.
-Sono stanco, ora. Ho risposto a tutte le vostre domande, eppure siete ancora qui, al contrario di quanto mi avevate promesso...-.
-Non ricordo di aver pattuito nulla di tutto ciò-, fece finta di niente la nobile.
-Tornate nella vostra camera. Se si svegliasse…-.
-Heather dormirà sonni tranquilli anche senza di me-, replicò Courtney. -Piuttosto, credo che siate voi a non riposare bene. Dalle occhiaia deduco che sia almeno una settimana che…-.
-Lasciatemi dormire, allora. Andate via-.
-Guardatemi e ripetete l’ordine-.
-Basta con queste sciocchezze…-.
-Abbiate il coraggio di guardarmi! O forse mi considerate un mostro?-.
-Che c’entra questo con quanto stavamo dicendo?-, chiese Duncan stizzito, ma quasi spaventato.
-Siete voi a provocare, sapete? Ed ora rivolgete i vostri occhi verso i miei-.
Duncan le diede le spalle, allontanandosi verso l’oblò. Una fredda luce azzurra penetrava attraverso il vetro cominciando a rischiarare la cabina.
-Ne avete ancora per molto?-, domandò spazientita Courtney incrociando le braccia sul petto.
Il pirata non mosse un muscolo. Contemplò ancora l’intenso blu dell’oceano, tentando di prendere una decisione, poi, girandosi pian piano, disse: -Vorrei proprio sapere cosa avete in mente di…-.
-AAAH!-.
Un urlo tremendo lo interruppe, facendo sobbalzare entrambi i ragazzi.
-Devo andare!-, disse alla nobile sistemandosi meglio la giacca e sfrecciando via dalla stanza.
-Sappiate che non finisce qui!-, gli urlò dietro Courtney. -Non riuscirete a cavarvela così facilmente!-.
Pestando un piede a terra, la giovane uscì nel corridoio e si chiuse alle spalle la porta, dimenticandosi completamente dei documenti che il capitano stava consultando fino al suo arrivo. Tornò quindi nella sua stanza e vi trovò una Heather ben sveglia, ma tremante a causa del grido appena udito.
-Che cosa è stato?-, chiese alla padrona.
-Non ne ho idea. Sarà meglio raggiungere il ponte per controllare che cosa sta succedendo-.
Le due si vestirono velocemente e salirono in sovraccoperta. La ciurma, più in tumulto che mai, era intenta ad ammainare le vele e ad assicurare le cime.
-Che accade?-, domandò Courtney avvicinandosi ad un mozzo.
-Guardate dinanzi a voi, my Lady-, le rispose quello semplicemente. -Affacciatevi dalla prua-.
La nobile non se lo fece ripetere una seconda volta: si avvicinò al parapetto e strizzò gli occhi alla ricerca di un qualcosa non meglio identificato all’orizzonte.
-Lì, lì! Courtney, la vedete anche voi?-, la chiamò Heather in preda all’eccitazione.
-Cosa? Dove?-.
-Dritta davanti a voi!-.
E finalmente, nella foschia del primo mattino, Lady Bennet individuò ciò che stava cercando: a qualche miglia di distanza si stagliava il profilo di quella che le parve un’enorme isola verdeggiante.
-Che meraviglia…-, sussurrò quasi pietrificata.
-Uomini, siete pronti?-.
La voce di Duncan risuonò nell’aria fresca e venne accolta dal favorevole frastuono della ciurma.
-Ognuno mantenga la propria posizione: tra quattro ore sbarcheremo a Cuba!-.
Un nuovo urlo festoso si levò dalla folla, che in un batter di ciglia si disperse riprendendo le dovute mansioni.
-Avete sentito, my Lady? Stiamo per tornare sulla terraferma dopo mesi di estenuante viaggio in mare! Non siete felice?-, domandò Heather sprizzando incontenibile gioia da tutti i pori.
-Sì-, disse con un mezzo sorriso Courtney, -lo sono. Ma ho come la sensazione che non avverrà nulla di positivo per noi…-.
-Non siate pessimista! Per una volta che riesco a vedere il bene, vi mettete a contraddirmi?-.
Heather riuscì a strappare una risata alla padrona, ma l’effetto non durò a lungo; in quel momento l’unica cosa che occupava la testa di Courtney era il pensiero dello sbarco. E l’idea di un piano che poco a poco si faceva strada nella sua mente.
   
 
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