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Autore: bebe    13/01/2008    2 recensioni
Li abbiamo lasciati neo genitori ed in procinto di sposarsi. Li ritroviamo sposati ed alle prese con un incidente che ha cambiato le loro vite, rischiando di allontanarli definitavamente.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Monaghan, Orlando Bloom
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Visto che oggi è il compleanno del protagonista delle mie storie, ho pensato di regalarvi un aggiornamento extra...Questo capitolo è un pò particolare, le cose si complicano, ma vi assicuro che c'è una ragione. E poi siamo quasi in dirittura d'arrivo, mancano solo tre capitoli! Grazie alle mie commentatrici e ai lettori silenti! Buona lettura!

Nonostante si fosse resa conto di tenere ancora ad Orlando e di amarlo come il primo giorno, Victoria non volle affrettare le cose. Approfittò delle vacanze dei ragazzi col padre per stare in famiglia, con sua madre, il fratello Robbie, la cognata ed il nipote. In seguito, appena Emma e Joy tornarono dal viaggio in Italia con Orlando, li portò in Provenza, per stare con Amy e la sua famiglia. Cercò di sfruttare appieno il tempo che aveva coi ragazzi, e di riflettere sulla sua situazione col marito. Anche se il divorzio era ormai una formalità, Orlando era sempre suo marito e lo sarebbe sempre stato. Voleva con tutto il cuore ricucire il rapporto con lui, ma non sapeva come fare. Si sentiva impacciata come una ragazzina alla prima cotta; ed era paradossale che dopo tutto quello che avevano condiviso, fosse diventato così difficile parlarsi. Certo, avevano dei rapporti civili, lui era sempre disponibile e puntuale rispetto ai ragazzi, ma di loro due non avevano più parlato, dopo quella breve conversazione sul divorzio. E continuavano a ronzarle in testa le parole di David e, soprattutto, quanto le aveva detto Orlando quel giorno al centro.
Si sforzava di mostrarsi serena, ma Amy la conosceva troppo bene. Una mattina, mentre i ragazzi erano con Jacques e Maggie a fare una passeggiata sul lungomare, lei e Vicky erano rimaste sotto l’ombrellone a leggere, ed Amy colse l’occasione per testare il terreno.
“Va tutto bene? Mi sembri pensierosa…”- esordì, richiudendo il suo libro.
“No…sto bene…non si vede?”- rispose.
“E’ da quando sei arrivata che ti vedo strana…sei preoccupata per qualcosa?”- riprese.
“No, davvero va tutto bene…qui è un paradiso…Emma e Joel si stanno divertendo un mondo…”-
“Il mio sesto senso mi dice che David c’entra qualcosa…non mi pare che vi siate mai sentiti da quando sei qui…”- le fece notare.
“Con lui è finita…”- le disse.
“Mi spiace…eppure mi sembrava che ci tenesse a te…”-
“Infatti…sono io che ho rovinato tutto…non lo amo Amy…lui l’ ha capito e si è stancato di aspettare…”- le spiegò.
“Pensi ancora ad Orlando vero?”-
“Si…credevo di essere pronta a voltare pagina, ma non lo sono…è ancora presto…”-
“Siete ancora troppo legati…sei sicura di volere il divorzio?”- le domandò.
“Io rivorrei la mia famiglia…rivorrei la mia vita di prima…farei qualsiasi cosa per tornare indietro…”- osservò tristemente.
“Lo so tesoro…ma purtroppo non è possibile…però potete andare avanti insieme…sono certa che se vi mettete ad un tavolo e vi parlate, mettendo da parte l’orgoglio e la cocciutaggine, ne uscirete più forti e più uniti di prima…”- le consigliò Amy.
“Non lo so…è complicato…forse siamo andati troppo oltre…adesso è difficile ricominciare…”-
“Certo se non ne parlate diventerà sempre più difficile…state lì a scrutarvi, ad aspettare che l’altro faccia una mossa…e così nessuno dei due fa niente…”- sottolineò.
“Io non mi sento ancora pronta ad affrontarlo…non saprei cosa dirgli e non voglio nemmeno illudere i ragazzi per niente…mi serve ancora un po’ di tempo…Quando starò bene, allora potrò pensare a come gestire la cosa…”- concluse.
La vacanza in Provenza volò via velocemente. Ben presto arrivò il giorno della partenza e dopo una settimana ricominciarono le scuole e, con esse, la routine quotidiana: la mattina Victoria andava al centro e nel pomeriggio stava coi ragazzi e li accompagnava agli allenamenti o in biblioteca; nel week-end Orlando passava a prenderli e li teneva con sé fino alla domenica sera e, a volte, li portava direttamente a scuola il lunedì mattina.
Tra loro non era cambiato niente: come aveva saggiamente osservato Amy, si studiavano reciprocamente senza esporsi. Orlando era convinto di aver fatto quanto in suo potere e di averle fatto capire, pur se tardivamente, che teneva ancora a lei. Vicky, dal canto suo, si sentiva stanca, come se la tensione degli ultimi mesi le stesse scivolando addosso solo ora. Non era in grado di pensare a nessun altro, all’infuori dei suoi figli e di se stessa. Si sentiva incapace di accollarsi anche i problemi e le incertezze di altre persone. Nel frattempo, David aveva interrotto la collaborazione col centro, inviando di tanto in tanto un collaboratore del suo studio in vece sua. Sarebbe stato oltremodo pesante per lei dover avere a che fare tutti i giorni con lui, visto che si sentiva in colpa per averlo illuso ed, in qualche modo, usato.
La tensione accumulata in quei mesi e la stanchezza la fecero dimagrire, ed era sempre piuttosto pallida. Tuttavia, non voleva rallentare i ritmi usuali.
Un pomeriggio tardi, era appena andata a prendere Emma a casa di un’amica e si stava dirigendo al campo sportivo per riprendere Joel, dopo gli allenamenti di calcio. Pioveva a dirotto, la visibilità era ridotta e lei era particolarmente stanca. Imboccò male una curva e non riuscì a frenare, visto che l’aderenza delle ruote all’asfalto era ostacolata dalla pioggia ed andò a sbattere contro un albero.
L’autista di un autobus che era dietro di lei chiamò subito polizia ed ambulanza ed arrivarono anche i pompieri per estrarla dalla macchina. Fortunatamente Emma, che era seduta sul sedile posteriore e che aveva la cintura allacciata, stava bene, era solo un po’ ammaccata e molto spaventata. Per Victoria, invece, la situazione si presentò subito grave. Fu operata d’urgenza ed i dottori le asportarono la milza, che era rimasta danneggiata dall’urto contro l’airbag; inoltre presentava una frattura ad un polso, aveva due costole incrinate e numerose escoriazioni. Per come era ridotta l’auto era un miracolo che ne fosse uscita viva.
Per tutta la famiglia fu come rivivere un incubo. Orlando cercò di fare il possibile per tranquillizzare i ragazzi, che erano terrorizzati all’idea che potesse succedere qualcosa alla madre. Le sue condizioni, dopo due giorni dall’intervento d’urgenza, erano gravi ma stazionarie. I medici avevano optato per un l’induzione di un coma farmacologico, in modo da dare al suo corpo il tempo di assorbire gli ematomi e ridurre le possibilità di emorragie interne. Si trattava solo di aspettare che si svegliasse.
Orlando non la lasciò un attimo. Restava con lei il più possibile e si lasciava convincere ad andare a casa solo per stare con i figli. Per due intere settimane fece la spola tra casa loro, dove suo padre e Josephine si alternavano per stare coi ragazzi, e l’ospedale.
La fissava, immobile in quel letto, pallida, con flebo e tubicini vari che la collegavano alle macchine e controllava di tanto in tanto il monitor dell’elettrocardiogramma. Gli sembrava tutto così ingiusto e paradossale: pareva che la sfortuna si fosse accanita contro di loro. E si ritrovò a pensare a tutto il tempo che aveva sprecato allontanandola e respingendola. Più riviveva quei momenti più si sentiva un perfetto idiota, un ingrato che non aveva saputo aiutarla e starle vicino. Sperava che si svegliasse, voleva guardarla ancora negli occhi e rimediare agli errori che aveva commesso. Voleva stare con lei e dimenticare insieme tutto quello che era successo. Avrebbe voluto parlarle, visto che gli era stato detto che chi è in coma può comunque sentire e riconoscere le voci dei propri cari, ma ogni volta che ci provava le parole gli morivano in gola. Il solo pensiero di perderla lo soffocava. Ma lei ancora non si svegliava.
Emma e Joel continuavano a chiedere di lei ed insistevano per vederla.
“Papà…voglio vedere la mamma…”- stava appunto chiedendogli Emma quella sera.
“Tesoro…non si può…fanno entrare pochissime persone…solo lo zio, la nonna e me…e poi ci sono degli orari…Appena si sveglia ti prometto che vi porto da lei..”- le spiegò.
“Perché non si sveglia?”- domandò Joel.
“I medici la fanno dormire così guarisce prima…ma si sveglierà, vedrai…”- li rassicurò.
“E se non si sveglia?”- riprese Emma.
“Non voglio nemmeno che le pensi certe cose…andrà tutto bene..”- le rispose fermo e deciso.
In realtà non ne era sicuro, ma non voleva appesantirli ulteriormente, visto che avevano già passato dei brutti momenti.


Passò un’altra settimana ed i medici iniziavano ad essere preoccupati: più tempo passava, meno possibilità c’erano che si svegliasse. Per fortuna pochi giorni dopo Victoria aprì gli occhi. Era una mattina presto, verso le otto. Orlando era appena arrivato e si era seduto come sempre sulla poltroncina. Ad un certo punto, notò che stava muovendo una mano e, spostando lo sguardo sul su viso, notò che aveva riaperto gli occhi.
“Victoria…”- la chiamò.
Lei lo guardò ed abbozzò una specie di stanco sorriso.
“Cos’è successo? Mi fa male dappertutto…”- riuscì a dirgli.
Sollevato, andò subito a chiamare i medici, che la visitarono e sciolsero finalmente la prognosi. Certo, la ripresa sarebbe stata lunga, ma era finalmente fuori pericolo. Il peggio era passato.
Come promesso, Orlando portò i loro figli a trovarla il giorno dopo. Rimasero poco tempo, giusto dieci minuti, visto che non poteva stancarsi troppo, ma quella breve visita fu un toccasana sia per i ragazzi, che si tranquillizzarono, sia per Vicky, che non vedeva l’ora di riabbracciarli. Li rassicurò, promettendo loro che ce l’avrebbe messa tutta per guarire in fretta e tornare a casa da loro. Poi, Josie andò a riprenderli per accompagnarli a scuola e lei rimase sola con Orlando.
“Emma è un po’ dimagrita…sta mangiando abbastanza? Joy invece l’ ho visto abbastanza bene…”- osservò.
“E’ stato un periodo pesante…Emma soprattutto era molto spaventata…era in macchina con te e ha temuto il peggio…”- rispose.
“Era in macchina con me?”-
“Si…ma per fortuna era seduta dietro…Non ti ricordi niente?”- si sincerò.
“No…pensavo di essere sola…ricordo solo che pioveva e che ero stanca…”- si sforzò di fare mente locale su quel giorno.
“Perché non hai chiamato me? Sarei potuto andare io a prenderli…”-
“Io non lo so…non li metterei mai in pericolo…non sono riuscita a frenare…”- gli spiegò.
“Lo so, lo so…non è colpa tua…stai calma…non devi agitarti, non ti fa bene…”- la rassicurò, prendendole una mano.
Lei prese un bel respiro. Era ancora molto debole e dolorante, ma smaniava già per tornare a casa. Odiava gli ospedali ed era certa che si sarebbe rimessa molto più velocemente a casa sua.
“Quando mi dimettono?”- gli chiese, impaziente come una bambina.
Gli strappò un sorriso.
“Vic…è presto…so che detesti stare qui, ma li hai sentiti i dottori…devi rimanere qui almeno altri quindici giorni…sei stata in coma tre settimane…Abbi pazienza, appena sarai in condizioni accettabili ti rispediranno a casa…Pensa a guarire e non preoccuparti di nient’altro…ai ragazzi ci penso io..”- le rispose guardandola con un’espressione amorevole che da tempo mancava nei suoi occhi.
“Va bene…ci provo…però portali ancora qui…non riesco a stare senza vederli a lungo…”-
“Certo…te li porto tutti i giorni…”-
“E il tuo lavoro? Come fai?”- riprese.
“Ti ho detto di non preoccuparti di niente…A cosa serve avere un proprio studio se poi non si può fare quel che si vuole? Dom se la cava anche da solo…Anzi, mi ha detto di salutarti, poi quando starai meglio passerà a trovarti…”-
In quel momento entrò l’infermiera per cambiare la medicazione e le flebo ed invitò Orlando ad uscire.
“Allora vado…Cerca di riposarti…torno fra un paio d’ore…”- le disse prima di uscire.
“Orlando…”- lo richiamò, facendolo voltare- “Grazie di tutto…”-
Lui sorrise.
“Tu avresti fatto lo stesso…A dopo”-
Victoria si sentiva uno straccio, come se un tir le fosse passato sopra, eppure era leggera nell’animo, come non le succedeva da tempo. Vedere Orlando così attento e premuroso la riempiva di gioia e la faceva sentire ancora la “sua” Vic.


  
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