Questa storia è dedicata a mia sorella,
dalla prima sua lettera, all’ultimo
punto
It’s Raining Kneazles and Dogs
Prologo
Odiava dover lavorare per lui.
E odiava tutti i maledetti Decreti per
Entrò
nell’ascensore del Ministero assieme a cinque o sei aeroplanini
di carta colorati.
Li guardò
svolazzare silenziosi sopra la propria testa, e sbuffò.
Come poteva svolgere al meglio il proprio lavoro, se le impedivano di portare a casa il piccolo di Kappa che aveva prelevato nel corso del suo ultimo viaggio in Giappone?
Un Kappa,
per le braghe di Merlino, non un Ungaro Spinato!
Era
solamente un innocuo, banalissimo Kappa Albino, a cui bastava dare un cetriolo
perché stesse tranquillo.
Un tenero
cucciolo dalle squamette candide, con in testa una
ciotola talmente poco sviluppata che conteneva a stento due dita d’acqua…
L’acqua
era la fonte di energia di questi demoni, come aveva
cercato invano di spiegare al suo capo per quasi tre quarti d’ora, di
conseguenza il povero Elibar era a stento capace di far fuori un merluzzo. E anche se fosse diventato violento, sarebbe bastato
rivolgergli un cortese inchino – i Kappa devono rispondere agli inchini,
fa parte della loro natura – per tenerlo a bada.
Ma
quell’idiota di Jacob non aveva ascoltato un accidenti, mentre Roberta tentava
di spiegargli che era in grado di gestire la creatura senza problemi!
Indossò
il mantello, e uscì in strada.
Pioggia,
naturale.
Perché
no, dopotutto?
Ogni
giornata nera che si rispetti non può concludersi
senza una doccia gelata in piena regola, metaforica o reale che sia.
Si diresse camminando verso il negozietto di accessori per animali all’angolo, tentando di evitare tutte le pozzanghere che incontrava sul marciapiede malandato, mentre ripensava allo strano gufo che aveva ricevuto il pomeriggio precedente.
Gentile Roberta,
immagino che sarai alquanto sorpresa, nel
ricevere questa mia: in effetti sono passati alcuni anni dal nostro ultimo
incontro.
Mi auguro che nel frattempo la tua
carriera all’interno dell’ Ufficio Regolazione e
Controllo delle Creature Magiche sia proceduta con la speditezza che le tue
brillanti doti meriterebbero. Ricordo ancora con chiarezza il tono entusiasta
del professor Kettleburn, quando mi parlava dei tuoi interventi
durante le sue lezioni!
Ma veniamo alla ragione principale
per la quale ho ritenuto opportuno disturbarti: avrei bisogno di sottoporti una
questione, e vorrei parlartene di persona domani, se ti fosse possibile.
In caso di tua risposta positiva, ti attenderò nel mio ufficio per le ore 17.
Ci raggiungerà anche Nimphadora
Tonks - sono certo che la ricordi perfettamente: avete frequentato Hogwarts
durante i medesimi anni -, e sarò lieto di offrire ad entrambe una buona tazza
di tè e Api Frizzole a volontà, se le gradirete.
In attesa di tue notizie, ti mando i miei più sinceri auguri per il tuo futuro.
Cordialmente,
Albus Silente
Mentre ordinava una confezione media di Croccantini Ippogrifici al gusto furetto e verdure, si domandò se questa convocazione avesse a che fare con le voci sul ritorno di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, che aveva sentito in ufficio la settimana precedente.
“Sciocchezze”
si disse.
Dopotutto,
anche se fosse stato tutto vero, cosa mai poteva
c’entrare lei?
Forse
Hagrid aveva di nuovo qualche problema con gli Unicorni, e
Silente aveva pensato di chiederle aiuto.
Già, ma
allora perché aveva invitato anche Tonks? Non riusciva ad indovinarlo.
Pagò il
dovuto alla commessa, ringraziò ed uscì nuovamente.
La
pioggia si era intensificata, e scrosciava contro i vecchi tetti rossi di
tegola delle case della zona.
“Non importa. Lo scoprirò fra qualche ora.”
Si incamminò
verso casa, che si trovava a pochi isolati da lì.
Il
walkman babbano che le aveva regalato sua cugina non
voleva saperne di funzionare, così lo ripose in una tasca.
D’un tratto un’ombra scura attirò la sua attenzione, in un vicolo buio. Sembrava la sagoma di un animale di grandi dimensioni.
Cautamente
fece qualche passo in avanti, scoprendo un grosso cane nero simile ad un orso,
di spalle, intento ad ispezionare un bidone dell’immondizia.
Il pelo
semilungo era abbastanza arruffato, e Roberta non gli
vide addosso nessun collare o piastrina.
“Randagio”, pensò.
Avanzò
ancora di un passo. Un suo piede andò a sbattere contro una
lattina di birra, e nell’udire il rumore il cane si voltò di scatto,
spaventato.
La
lattina rotolò verso di lui, ma l’animale non la degnò di uno sguardo.
La strega riconobbe subito la posizione di difesa: le orecchie tese indietro, i denti appena scoperti, gli occhi che balenavano senza sosta fra lei e le possibili vie di fuga.
Senza
scomporsi si accucciò lentamente, a dimostrazione di non costituire una
minaccia. L’animale parve rilassarsi un poco.
Si
guardarono in silenzio per alcuni istanti, finché il randagio non sembrò
tranquillizzarsi.
Trotterellando piano, le si avvicinò.
-Ciao,
cane.-
Quello
abbaiò due volte, in risposta.
Era piuttosto malandato, valutò Roberta.
-Fame, eh?- gli domandò.
Lui si limitò a fissarla con due grandi occhi grigi.
-Mi spiace, ho solo questi e non credo ti piacerebbero.- disse, scuotendo la scatola di cartone che aveva in mano.
La bestia accostò il muso ai Croccantini Ippogrifici, quasi volesse leggerne gli ingredienti, poi uggiolò con disappunto.
-Lo immaginavo. Fanno schifo anche a me.- disse lei.
Il cane
annusò sonoramente le dita che la ragazza gli porgeva, poi le leccò un poco con
la lingua rosata.
Roberta
gli accarezzò il capo, grattandolo dietro un orecchio.
Il cane
scodinzolò.
-Se ci sei anche domani, ti porto qualche buon bocconcino.-
Quasi avesse capito, il randagio abbaiò allegro, mettendole le
zampe sulle spalle, nel tentativo di leccarla in faccia.
Cercando
di tenerlo a bada, la giovane guardò l’orologio da taschino che aveva nel
mantello: le quattro e un quarto.
-Devo andare.- mormorò, con un sospiro stanco.
Si alzò e diede un’ultima grattatina di saluto all’animale, che strusciò il muso contro le sue gambe.
-Ci vediamo, cane.- disse. -E trovati un riparo, per favore. Piove.
S’incamminò
verso il proprio appartamento, pensando ancora a Silente. Aveva giusto il tempo
per farsi una doccia veloce, prima di prendere
Due occhi grigi la seguirono allontanarsi sotto la pioggia, finché la sagoma non fu più in vista.
Per un
po’ il cane nero rimase immobile, a guardare il punto della via dove la ragazza
era sparita.
Temeva
che potesse rispuntare all’improvviso, come era
accaduto poco prima.
L’aveva
quasi colto sul fatto.
Il pelo
scuro fu scosso da un brivido di puro terrore.
Aveva
rischiato molto.
Aspettò
ancora un minuto, scrutando la traversa abbattuta.
Diede
un’annusata veloce. Soddisfatto, lanciò un’ultima occhiata alla strada.
“Via libera.”
Con circospezione sollevò la zampa posteriore destra, attento a non toccare il freddo metallo con i cuscinetti sul palmo, e attese.
Una
sensazione di piacere lo pervase.
Merlino,
quanto aveva atteso…
Fare pipì non si era mai rivelato altrettanto complicato, prima d’allora.